Il dicastero della Istruzione non sembra particolarmente ambito
dai politici e questo la dice lunga sull’importanza che si dà
al futuro della Nazione, visto che non si attribuisce prestigio
sufficiente alla cultura. In base alle previsioni tuttavia è probabile
che ministro possa essere Maria Stella Gelmini, redattrice
di parte del programma del Pdl, ma che ha fatto capire di possedere
la passione giusta per speranza al mondo della scuola
e a cui si affiancherebbe Valentina Aprea che di insegnamento
ne capisce.
Ma chiunque sia il nuovo ministro ha da gestire cose complicate
come un milione di personale e oltre 7 milioni di studenti,
a parte il lascito dei tentativi di aggiustamento di Fioroni, 150
mila precari, 2 aborti di riforma: quella di Belinguer e di Moratti,
il dimensionamento degli istituti tecnici e professionali più
altre questioni come il rinnovo della parte salariale del contratto
2008/09. Tuttavia la faccenda più seria da sbrogliare è quel
federalismo scolastico, ardentemente voluto dalla Lega, con la
conseguente definitiva attuazione della modifica al titolo V della
Costituzione con cui si dà mandato allo Stato di fissare le norme
generali, i principi e i livelli delle prestazioni e alle Regioni
la programmazione e la gestione dei servizi.
La materia è polvere da sparo allo stato puro con capacità più
deflagrante se le ventilate gabbie salariali venissero attuate, pagando
di più i docenti del Nord, e se la valanga dei precari non
venisse sistemata, così come si prospetta da anni, e se i trasferimenti
venissero pure regionalizzati. E non basta. Come è noto
Fioroni ha riportato l’istruzione professionale di competenza
dello Stato: col nuovo governo passerà di nuovo alle Regioni?
Con tutta probabilità sarà così anche per non smentire le dichiarazioni
della campagna elettorale benché sulle conseguenze
è meglio sospendere il giudizio come pure sulla sicura
ri-promozione delle scuole private alle quali è stato da sempre
promesso la possibilità di competere col pubblico con incentivi
alle famiglie o in termini di voucher o di detrazioni fiscali.
Il rischio possibile è che se i musulmani, ma pure gli zoroastriani
e i buddisti, volessero aprirsi una scuola tutta loro bisognerà
dare le stesse sovvenzioni previste per tutti le altre istituzioni
scolastiche non pubbliche: cattoliche e no.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)