ROMA. Più di un milione di cattivi si scagliano verso l’obiettivo,
ma sono respinti da un manipolo di 7 mila "cavalieri
bianchi" che li annullano. Nel frattemo gli "infiltrati" entrano
in azione e oltre a spiare i nemici li inquinano rendendoli
inoffensivi. Non è l’ultimo videogioco inventato ma lo
scenario di una possibile strategia contro i botnet, le reti di
computer "cattivi" che spargono virus e spam, emerso dall’ultima
edizione dello Usenix, il principale simposio sulle reti
informatiche che si è tenuto pochi giorni fa a San Francisco,
come è stato presentato da due diversi gruppi di ricerca.
I botnet sono creati da produttori di virus, che infettano un
gran numero di computer con dei "trojan", cioè dei virus
informatici che permettono di controllare le macchine dall’
esterno. Quando si è raggiunto un numero sufficiente di pc
infettati, questi eserciti possono essere lanciati contro i server,
cioè i "nodi" attraverso cui passa tutto il traffico della rete,
per bloccarli o per diffondere spam e altri virus. Secondo
le ultime statistiche, gli undici principali botnet in funzione
controllano insieme più di un milione di computer, e sono in
grado di diffondere 100 miliardi di messaggi spam al giorno.
Nonostante i componenti dei botnet siano tanti e resi
"agguerriti" da software sempre più sofisticati, basta un
manipolo di "cavalieri bianchi" ben addestrati per fermarli.
Lo hanno dimostrato i ricercatori della Washington University,
che hanno ideato un programma in gradi di connettere
tra loro i computer in modo da farli piazzare "a difesa" dei
server intercettando gli attacchi prima che raggiungano i
punti nevralgici. I primi test dell’algoritmo hanno mostrato
che bastano 7200 computer messi "a difesa" per respingere
un assalto di un milione di cattivi.
A far parte di Phalanx, questo il nome del programma, potrebbero
essere proprio i pc più colpiti dallo spam: «Per cominciare
potrebbero essere arruolate le reti di computer
aziendali, che potrebbero proteggere il loro server - ha spiegato
al settimanale New Scientist Colin Dixon, uno dei partecipanti
al progetto - ma anche gli utilizzatori dei programmi
per il file sharing. In futuro comunque qualsiasi pc
domestico potrebbe far parte di Phalanx».
(da www.lasicilia.it)