CARI INSEGNANTI, ARRENDETEVI
Data: Venerd́, 25 aprile 2008 ore 09:39:18 CEST
Argomento: Opinioni


Cari insegnanti arrendetevi.

Siamo in attesa solo della mazzata finale: la designazione del nuovo ministro.
 In questo panorama ci mancavano le parole di un preside
 di un Istituto d’Arte di Perugia - Roberto Volpi - castigamatti di professione,
 che in una circolare esorta i docenti alla sanatoria delle insufficienze.

Marina Boscaino da l'Unità del 25.4.2008

La scuola italiana e molti degli insegnanti che vi lavorano sono in serie difficoltà. Siamo in attesa solo della mazzata finale: la designazione del nuovo ministro. In questo panorama ci mancavano le parole di un preside di un Istituto d’Arte di Perugia - Roberto Volpi - castigamatti di professione, che in una circolare esorta i docenti alla sanatoria delle insufficienze degli studenti. Scrive Volpi: «Sia nelle prime quattro classi del corso ordinario che nei bienni la valutazione degli alunni ha avuto esiti catastrofici». E continua: se «fossimo oggi al termine dell’anno scolastico le bocciature riguarderebbero percentuali tra il 70 e il 90 per cento degli iscritti, con conseguenze disastrose sugli organici e sulla sopravvivenza stessa dell'istituto». Una risposta eloquente a chi - trasversalmente - ha vincolato l’esistenza degli istituti scolastici e le sovvenzioni da essi ricevute al numero di iscritti: una sorta di mercato all’incanto che ogni anno sublimiamo chiamandolo “orientamento”; in realtà, pura propaganda per far acquistare il prodotto offerto dalla scuola. Perché da quell’acquisto dipende il futuro. Non importa se il Piano dell’Offerta Formativa sia rispettato. L’importante è che il marketing usi formule accattivanti. E, di conseguenza, produca l’effetto di cooptare clienti.

 Continua Volpi nella sua circolare: «Il netto peggioramento (...) non può che indurre al terribile sospetto che alla base di certe valutazioni ci sia anche il desiderio di accedere alla spartizione della torta rappresentata dai cinquanta euro l'ora per lo svolgimento degli Idei (Attività didattiche educative integrative, ndr)». Parole gravissime. Tra gli insegnanti, oggi, c’è di tutto: demotivati, stanchi, incapaci, fannulloni, malpagati. Ma nelle scuole esiste anche altro. La cifra (lorda) indicata dal preside - indipendentemente dall’assoluta inadeguatezza del provvedimento sul recupero delle criticità - è il primo riconoscimento vagamente accettabile di una prestazione professionale nel nostro campo. Evidentemente, però, Volpi non ritiene i docenti all'altezza della situazione: «È comunque inaccettabile che in cinque mesi di lezione non si riesca a coinvolgere (...) non dico la totalità o la maggioranza, ma almeno una quota significativa delle proprie classi». Pertanto, conclude la circolare, «è bene scoraggiare qualunque corso di recupero e provvedere attraverso modalità alternative e meno dispendiose». Insomma, nella penosa guerra tra poveri di cui la scuola italiana - laboratorio del fallimento della sua stessa missione - è protagonista, la colpa principale è degli insegnanti. Non di una classe politica che tenta di dare risposte farraginose, inadeguate e inefficaci al grave fatto che il 70% degli studenti italiani abbia almeno un debito. Non che quella percentuale fotografa una scuola che non è più in grado di fornire risposte coerenti alle domande del reale e perciò produce disaffezione e insuccesso. Non che il livello di professionalità degli insegnanti italiani, sul quale da decenni nessuno investe più nulla (comunque inadatto a giustificare la “Caporetto” della scuola italiana), è tale da richiedere interventi sulla formazione iniziale e sulla formazione in itinere e un dibattito più ampio sulla rifondazione del cosa e del come insegnare, su efficaci risposte ai perché che il mondo fuori pone ai nostri ragazzi. Non che il problema della valutazione continua ad essere ignorato. La guerra tra poveri non guarda alle ragioni di lungo periodo, non è lungimirante. Perché proporre un surrettizio aggiustamento della valutazione, delegittimando in modo ingiustificato intenzionalità, competenze, conoscenze degli insegnanti che dovrebbero provvedere al recupero, significa insultare non solo la professionalità di quanti lavorano quotidianamente con impegno; ma anche dequalificare questa specie in imminente via di estinzione che si chiama scuola pubblica. Peraltro, non avere alcun autentico rispetto per i ragazzi che la frequentano e per i futuri cittadini che saranno. E dare il “la” alle più fantasiose (e pericolose) interpretazioni della valutazione degli insegnanti: una proposta che mette d’accordo i due principali schieramenti politici, ma ricca di insidie e di possibili arbitrarietà o negazioni di diritti.







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