La Palestina di duemila anni fa
Data: Domenica, 23 febbraio 2003 ore 00:00:54 CET
Argomento: Istituzioni Scolastiche


ITINERARI STORICO - CULTURALI
LA PALESTINA  DI DUEMILA ANNI FA

1. ALIMENTAZIONE
Le donne palestinesi di 2000 anni fa faticavano sodo, districandosi tra i lavori di cucito, bucato, ricamo. Una cura particolare veniva messa nella pulizia della casa e nel cucinare. Il cibo non era ricercato, ma sempre impegnativo. Oltre al pane e ai suoi derivati, a seconda dei giorni, si faceva uso di uova, latte, burro, ricotta, olive, cipolle, frutta, zucchini, fave e le immancabili erbe amare. Questi erano i cibi comuni dei poveri di allora come di oggi, nei villaggi del Medio Oriente.
Nei giorni di festa, o in occasione dei pellegrinaggi, la donna era sollecita nel preparare e servire carne o pesce, e anche un calice di vino, "che rallegra il cuore dell'uomo" (Sal 103,6). Di solito la carne, nelle rare circostanze in cui veniva servita, era di agnello o capretto. Era la donna stessa a dissanguarla bene prima della cottura, in ossequio alle prescrizioni della Legge. La cottura veniva anticipata sempre nel giorno di vigilia della festa, chiamato appunto "parasceve", che significa: preparazione dei cibi cotti. Nei sabati e nei giorni festivi, anche il lavoro di cucina era proibito dalla legge del riposo sabbadico.
Una antichissima norma detta legge del kosher, proibiva in modo assoluto alcuni cibi, come la carne di maiale, le aragoste, le anguille, ecc., e imponeva anche disposizioni sul modo di servire le vivande. Ad esempio, quando si mangiava la carne o il pesce, non si poteva bere il latte o mangiare il formaggio.
Era prescritto anche l'orario del pranzo: allo scoccare dello zenit (cioè del mezzogiorno astronomico) o alla sera. In quest'ultimo caso si consumava a mezzogiorno solo una zuppa.
I vari cibi venivano predisposti dalla donna di casa su un vassoio unico, come fanno ancora oggi le donne in molti villaggi del Medio Oriente; il vassoio veniva posto sopra un tavolo e i commensali, seduti in piccoli sgabelli, vi attingevano con le mani, ciascuno la propria parte. Al posto delle posate che non esistevano, si utilizzavano le morbide fette di pane, preparato con poca mollica e una crosta leggera. Il pane veniva spezzato e distribuito a tutti dal capofamiglia.
Nei giorni di festa, il capofamiglia prendeva una ciotola o un calice, entro cui la donna aveva versato del vino, ne beveva e lo passava alla sposa e agli altri commensali, perché ne bevessero anche loro. Il cibo era condito generalmente con aceto; talvolta vi si aggiungeva un po' di olio. Durante i viaggi, oltre al pesce fritto o salato, fresco o conservato, tra un pasto e l'altro si masticavano volentieri grani di frumento o di sesamo, per ingannare lo stomaco e tener fresca la lingua.
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2. LUOGHI FAMOSI
A) NAZARET UN VILLAGGIO SCONOSCIUTO
Duemila anni fa, Nazaret era abitata da umili agricoltori e artigiani che vivevano in modeste case in muratura fornite di grotte sotterranee naturali di cui è ricco il sottosuolo calcareo della collina su cui  sorgeva il paese. Queste grotte servivano abitualmente da "dependences" ed erano adibite a vari usi, come: cisterne per l'acqua, riserve per il vino o altri liquidi, granai..... Vi erano anche delle grotte artificiali, tagliate nella roccia, che in certo qual modo facevano corpo con la casa ed erano adibite a stanze per provviste o, talvolta, anche per abitazione, così come si suppone sia avvenuto per la grotta dell'Annunciazione. Gli abitanti di Nazaret come di altri simili villaggi erano considerate persone molto retrograde per cui non c'è da meravigliarsi se Nazaret non è menzionata nei documenti storici di Israele e di Roma, come invece è avvenuto per la vicina e signorile Sèfforis. Il primo villaggio di Nazaret sorgeva più a Nord, al di sopra della cosiddetta "fontana della Vergine", risale al periodo del medio e recente bronzo, ossia circa due mila anni a. C., pressa poco all'epoca dei Patriarchi. Poi verso l'VIII - VI secolo a. C. c'è stato lo spostamento verso la zona sud del colle, dove ha origine la Nazaret evangelica.
B) BETLEMME TERRA DI DAVIDE
Betlemme (beit - lehem = "casa del pane") era un modesto villaggio situato a est dell'attuale città e risale all'età del ferro. Nella storia è ricordata per la prima volta alla morte di Rachele, seconda moglie di Giacobbe, che qui fu seppellita. In quel tempo si chiamava "Efrata", che vuol dire "fruttifera", forse a causa della straordinaria fertilità dei suoi colli e delle sue valli. A Betlemme è nato Davide, figlio di Jesse, e ivi unto re dal profeta Samuele, come successore di Saul. Dal casato regale di Davide, vissuto mille anni prima, discendono Giuseppe e Maria. Il caravanserraglio, dove Giuseppe e Maria non trovarono posto, era uno spazio quadrato o rettangolare, a cielo aperto, con un basso recinto di protezione e un'unica porta d'ingresso. L'albergo era diviso in due settori: un portico e un camerone riservato all'alloggio delle famiglie, e un cortile dove venivano sistemati alla rinfusa gli animali. Spesso c'era frastuono, chiasso, anche qualche litigio, ragli e belati di bestie. Talvolta c'era la sorpresa del vagito di un neonato o del rantolo di un morente. La grotta dove nacque Gesù è simile a molte altre grotte scoperte lungo il pendio orientale della collina di Betlemme, che nel VIII e VI secolo a. C. furono probabilmente adibite ad abitazioni e successivamente abbandonate per uno sconosciuto motivo. Solo all'inizio della nostra era tornarono ad essere adibite ad abitazioni. La mangiatoia certamente non era una mangiatoia di legno fatta ad arte ma un semplice incavo a forma di nicchia o arcosolio, praticato nel fondo della stessa grotta, ove si poneva il fieno per gli animali, legati davanti. L'incavo poteva avere la base rivestita da una lastra di argilla battuta e mescolata a paglia, per impedire che la polvere si mescolasse con il fieno.
C) CANA, LA CITTÀ DELLE NOZZE
La città di Cana di Galilea non era un villaggio come Nazaret dove gli abitanti vivevano ancora nelle grotte - case addossate alla collina, ma era una città vera e propria, con case costruite in pietra. Il nome stesso, con il suo specifico appellativo di "Kafr", che vuol dire appunto "pietra", lo lascia intendere chiaramente. Anche oggi si chiama "Kafr Kann", e sorge nello stesso sito dell'antica città evangelica.
D) CAFARNAO
Tra Cana e Carfarnao c'è un dislivello di circa 500 metri. Cana si trova a 300 metri di altitudine, mentre Cafarnao è a 212 metri sotto il livello del Mediterraneo. Il tragitto di circa trenta chilometri in una strada in discesa, ha richiesto probabilmente una giornata di cammino. Cafarnao era un città più grande e più bella di Cana di Galilea; era la più importante delle città rivierasche del lago di Tiberiade. Sorgeva a nord, lungo la "via maris", vicino alla confluenza del Giordano nel lago. Molti erano i pescatori del lago, ma anche i contadini che con l'asinello si recavano al lavoro nelle campagne circostanti, ricche di alberi e di fertili colture. Alcune delle carovane di passaggio, si fermavano qui per vendere e scambiare le loro merci e a far provviste di pesce, pane, frutta e altre cose necessarie al loro viaggio.
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3. FIDANZAMENTO E NOZZE
A) IL FIDANZAMENTO
Il fidanzamento al tempo di Cristo era chiamato "erusin", ma aveva anche un altro splendido nome, "aiddusin", che significa santificazione. Nessun popolo ha dato all'amore dichiarato di due giovani una consacrazione più bella. La domanda di fidanzamento veniva presentata dal padre del giovane al padre della giovane e ad essa si chiedeva il consenso. Poi i genitori stabilivano la dote o "mohar" e si scriveva il contratto. Quindi davanti a due testimoni si celebrava un breve rito: il fidanzato presentava un dono alla fidanzata come pegno di nozze e seguiva una piccola festa familiare. Forse già a quei tempi il fidanzato presentava come pegno un anello d'oro, dicendo alla fidanzata: "Ecco, per questo anello tu mi sei promessa, secondo la legge di Mosè e d'Israele" (Kidduscin 1,1).
Il fidanzamento per gli Ebrei aveva valore di stretto vincolo, perciò per divorziare dalla fidanzata occorreva il libello di ripudio; la fidanzata infedele veniva lapidata (Deut. 22,23) e se perdeva il fidanzato era considerata vedova. Prima del matrimonio, o "nissuin", in cui lo sposo andava a prendere la sposa per introdurla nella sua casa, si attendeva circa un anno: così la giovane aveva tempo di preparare il corredo e il giovane sistemava la casa e si procurava i soldi per la festa che sarebbe durata a lungo.
B) LA FESTA DELLE NOZZE
Dopo circa un anno di fidanzamento, si celebravano le nozze. Lo sposo, in corteo con gli amici e accompagnato da una piccola banda, si recava alla casa della sposa per prenderla e condurla solennemente nella sua casa. La sposa, dopo il bagno, era aiutata dalle amiche ad abbigliarsi e profumarsi. Si vestiva con una tunica bianca, stretta alla vita da una cintura; un ampio velo bianco dal capo, cinto di mirto, le scendeva fino ai piedi. Dieci vergini, anch'esse vestite di bianco, con lampade attendevano che giungesse lo sposo. Questi, al suo arrivo, veniva accolto in casa e con la sposa accanto sedeva sotto un baldacchino. Sul loro capo si poneva il telo della preghiera, su cui erano scritte preghiere adatte alla circostanza. Il padre della sposa poneva la mano destra della figlia nella destra dello sposo, dicendo: "Il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe sia con voi e vi unisca: faccia discendere su di voi la sua benedizione e vi permetta di vedere i figli ed i nipoti fino alla quarta generazione".
Quindi il ministro andava dietro al baldacchino, alzava il calice della benedizione, che invocava sugli sposi e i loro parenti, poi tornava dagli sposi e cedeva loro il calice pieno di vino. I due brindavano, successivamente lo sposo gettava il calice a terra per infrangerlo e giurava fedeltà per tutto il tempo che i frammenti del calice non si fossero ricomposti. Infine i presenti giravano intorno agli sposi, gettando riso o grano, simboli di abbondanza e fecondità. Al tramonto lo sposo in corteo conduceva la sposa in casa sua, dove era imbandito il primo banchetto nuziale. Alla fine del quale, il padre dello sposo, come aveva già fatto il padre della sposa, benediceva gli sposi. La festa si protraeva per una settimana, o tre giorni se non si era benestanti.
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