Il Corriere di Catania del maggio 1952 riporta un
singolare articolo dal titolo: "Il nuovo maestro" con
cui l’editorialista, che si firma Calcante, a sua volta
fa riferimento all’intervento tenuto da Giorgio
Gabrielli (tra gli esperti per la riforma della scuola
elementare) nel 1911 (a 40 anni quindi di distanza)
al 1° Congresso contro l’analfabetismo e la delinquenza
svoltosi in Sicilia. Il relatore, riferisce
Calcante, annunciava che per fare buoni cittadini,
istruiti e perbene, occorreva creare una nuova
scuola (non più in mano alla Chiesa che aveva fallito
la sua missione educativa visti i risultati) bella,
accogliente e confortevole ma soprattutto aperta
a ricevere il popolo in ogni momento della giornata,
che diventasse una sorta di "casa del popolo"
dove il maestro avesse la funzione di sicura guida
spirituale, del consigliere puntuale, dell’amico a cui
si apre il cuore e tramite il quale si raggiungono i
sentieri della sapienza e del vivere civile. Una scuola,
diremmo oggi, a tempo pieno così come la propose
l’ex ministro Berlinguer.
Tuttavia nel 1911, continua Calcante, gli analfabeti
raggiungevano il 90% circa della popolazione
siciliana e da allora di poco la percentuale si è abbassata,
anzi, considerando i tempi, il 1952, questa
è più pericolosa di quella di prima.
Come mai? Perché la Regione siciliana, aggiunge
l’editorialista, farebbe poco per reclutare nuovi
maestri nonostante il preoccupante tasso di disoccupazione
intellettuale che è il più pesante d’Italia?
E poi aggiunge che nell’ultimo dibattito all’Ars si
sono dette solo parole da parte dei politici anche in
funzione della necessità di una nuova edilizia scolastica
mentre risorse finanziarie effettive per costruirne
di nuove e per nuove opportunità culturali,
come le mancanti biblioteche, non se ne sono
trovate, né si intravede la possibilità di trovarne.
Quale soluzione allora? Calcante a questo punto
dice la sua: non bastano solo le nuove scuole, ciò
che è fondamentale è una nuova figura di maestro:
"un maestro culturalmente, moralmente e socialmente
pronto al disimpegno della grande, delicata,
umana, e cristiana funzione educativa e culturale".
Ebbene, basandoci su quell’intervento, possiamo
dire che, a quasi 100 anni da quel Congresso e a 60
dall’articolo, nulla è cambiato se si fa eccezione dei
termini che oggi si chiamano bullismo e ignoranza.
Non è cambiata neanche l’emergenza della disoccupazione
intellettuale, né il problema dell’edilizia
scolastica né quello della preparazione dei docenti.
Ma c’è di più. Sempre sul Corriere di Catania
di quell’anno troviamo tra le lettere al direttore, a
firma di Arturo Mannino, questo titolo: "Il pericolo
più grave è che i giovani contagino agli adulti la
loro vuotagine". Motivo dello scritto? Arturo Mannino,
che sarebbe presto divenuto preside, lamentava
il fatto che i giovani del tempo fossero proprio
analfabeti e propensi alla delinquenza tanto che alla
lettura del giornale o dei Promessi sposi preferissero
solo le notizie sportive o le partite di calcio al
termine delle quali li ha visti uscire dagli stadi
"malridotti dai pugni e dai calci dei tifosi della
squadra rivale". E fa pure altre considerazioni sulla
loro volgarità, invadenza e maleducazione che i
genitori però non tentano di frenare e da qui il possibile
contagio.
Ma fra le altre tantissime abbiamo trovato, sempre
sul Corriere di Catania del 13 aprile, un’altra
chicca emblematica. Ecco l’attualissimo titolo in
prima pagina, a firma di Lincoln Chiavicchioli: "La
rinascita del Mezzogiorno è condizione per lo sviluppo
del Nord. De Gasperi all’inaugurazione della
Fiera di Milano. Non c’è distinzione fra Nord e
Sud. La Patria ha bisogno di unità e soprattutto della
solidarietà economica". A distanza di mezzo secolo,
la questione è ancora sul tappeto.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)