CASO CENERE. NUOVO ATTO: «Contributi: recupero entro 1/5 di stipendio»
Data: Mercoledì, 09 aprile 2008 ore 21:28:17 CEST
Argomento: Rassegna stampa


I tremila dipendenti Inpdap, costretti a restituire in 24 rate i contributi 2002 per gli eventi vulcanici (meglio noti come contributi cenere) hanno ottenuto una vittoria parziale. Nei giorni scorsi il ministero delle Finanze avrebbe inviato una nota alla direzione provinciale del Tesoro di Catania per rispondere a un quesito che era stato formulato dal preside dell’istituto Boggio Lera, prof. Giovanni Torrisi. Il dirigente scolastico, che fa parte dei tremila dipendenti pubblici «tartassati» dallo stato per avere richiesto e ottenuto i contributi che erano stati disposti da una ordinanza della Protezione civile, aveva interrogato il ministero sulla mancata applicazione delle disposizioni per il prelievo di oltre un quinto dello stipendio. Adesso il ministero ha risposto con una nota nella quale, tra le righe, indica alla direzione del Tesoro di «che nell’ambito del recupero dei contributi venga operato il rispetto del quinto dello stipendio, nel rispetto dell’art. 2 del testo Unico approvato col Dpr n. 180/50».

Vinta una battaglia, resta, però, da continuare una guerra, caratterizzata da errori grossolani di enti nazionali, che continua da lunghi anni e che si è aggravata dal giugno 2005, quando la presidenza del Consiglio di centrodestra, in carica in quel periodo, emanò una ordinanza che riduceva da 128 a 24 le rate per la restituzione dei contributi ottenuti. La disposizione divenne esecutiva successivamente, quando l’Inpdap trasmise alla Direzione del Tesoro di Catania la disposizione per disporre le ritenute in busta paga, gettando sul lastrico tremila famiglie che avevano usufruito delle agevolazioni, peraltro negate «in toto» a tutti i dipendenti del settore privato.

Oggi, proprio a causa di questo provvedimento capestro, ci sono impiegati pubblici che, dovendo far fronte ad altre ritenute private (prestiti, mutui...) arrivano a percepire buste paga di 300, 400 euro e si ritrovano in una situazione di povertà assoluta non dovuta per causa loro, ma frutto di gravi interpretazioni di ordinanze statali.

C’è poi la disparità di trattamento a rendere ancora più paradossale una vicenda ingarbugliata da decreti e controdecreti. Quando la presidenza del Consiglio dispose la riduzione delle rate i dipendenti pubblici del settore militare fecero ricorso al Tar ottenendo l’accoglimento e il ripristino delle 128 rate per la restituzione. Per i dipendenti pubblici del settore civile, invece, il giudice del lavoro non ha accolto la richiesta, ritenendo legittima la restituzione dei contributi in 24 rate. L’argomento cenere e disparità è stato oggetto ieri di un incontro promosso dalla Federcontribuenti che ha voluto, così, evidenziare «la drammaticità della situazione in cui si trovano oltre 3000 dipendenti pubblici etnei che sono costretti dall’Inpdap - spiega il presidente Carmelo Finocchiaro - a una restituzione dei contributi previdenziali attraverso un prelievo coatto».

«La modalità di recupero - ha aggiunto Finocchiaro - adottata con propria circolare, ordina la restituzione dei contributi previdenziali nell’arco di 24 rate invece che in 128. Risulta così evidente come tale imposizione, assolutamente non prevedibile, abbia determinato gravissimi disagi economici alle famiglie coinvolte, molte delle quali erano già state costrette a ricorrere a prestiti per condurre una vita quanto più dignitosa».

Obiettivo della Federcontribuenti è quello di farsi portavoce di queste famiglie per chiedere ancora una volta una modifica delle disposizioni che «allo stato attuale costringono le famiglie a sopravvivere in una società che si dichiara attenta e sensibile alle problematiche sociali, ma che attraverso le istituzioni continua, come in questo caso, a produrre situazioni di ingiustizia.

GIUSEPPE BONACCORSI (da www.lasicilia.it)







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