Un milione e centomila dipendenti, 50.000 scuole,
più degli uffici postali e delle stazioni dei carabinieri,
nove milioni di utenti tra alunni e genitori. Sono
queste le cifre dell’Azienda-scuola, la più grande
del Paese e la più assente in questa campagna
elettorale. Sono molti gli interrogativi e le perplessità
che sovrastano l’efficienza dell’Azienda che
neanche la Confindustria prende in considerazione,
sulla quale l’alternanza degli schieramenti partitici
segna una direzione ogni volta divergente.
Da Berlinguer a Di Mauro, da Di Mauro alla Moratti,
dalla Moratti a Fioroni ed ora…? Si avrà lo scongelamento
della Moratti o la ripresa di una nuova politica
scolastica del gambero rosso, dal motto:
“avanti adagio, quasi indietro”? Si avrà forse la
riforma della controriforma? In una società italiana
segnata da una forte crisi economica, nella quale
gli unici stipendi intoccabili sono quelli dei parlamentari,
il nuovo governo sarà in grado di investire
nella scuola e di progettare un futuro per l’istruzione
e per la crescita cultura dei suoi futuri cittadini?
Da 15 anni si assiste ad un continua riduzione
delle risorse destinate al settore dell’istruzione
e le modeste somme assegnate non sempre vengono
investite bene e addirittura al viale Trastevere se
le fanno anche rubare. Nei dibattiti politici e nei comizi
elettorali si sprecano le promesse di qualità,
efficienza, progettualità, sviluppo, mentre la fotografia
della scuola italiana presenta diffuse sacche
di inefficienza, di carenze strutturali e di servizi, di
limitato sostegno alla progettualità degli operatori
che vorrebbero fare tanto e spesso rimangono
con le mani legate e con la bocca asciutta. Obbligo
scolastico, diritto allo studio, sistema formativo,
biennio obbligatorio, formazione del personale,
innovazione metodologica e didattica sono alcuni
dei filoni che il nuovo governo dovrebbe attenzionare
e segnalare nei programmi e nei dibattiti politici.
Perché non se ne parla? Nove milioni di docenti,
studenti e genitori sono forse cittadini di serie
B ? I genitori che fanno “i sindacalisti” dei figli a
scuola, perché non scendono in piazza a reclamare
il diritto all’istruzione e alla formazione seria e
continua, in ambienti sereni e funzionali ad un vero
apprendimento? Il pullman di Veltroni o l’elicottero
di Berlusconi non si sono mai fermati in una
scuola, perché i ragazzi non votano, ma non sanno
che in ogni istituto con ottocento alunni ci sono
1.600 genitori elettori? Non sanno i politici che investendo
nella scuola garantiscono stabilità di governo
e sicuro sviluppo per il Paese?
Non è forse vero
che una buona scuola, una scuola di qualità è garanzia
di un Paese migliore, di una società sana e
onesta, di nuove energie e preziose intelligenze? Il
prossimo 1° aprile a Roma, presso la Camera dei
Deputati si terrà un incontro, con collegamento
internet, tra le due primedonne della Minerva, i viceministro
Valentina Aprea dell’era morattiana e
Mariangela Bastico del governo Prodi-Fioroni. Parleranno
di progetti, risponderanno alle domande
dei dirigenti e docenti delle scuole d’Italia, affronteranno
temi concreti e anche scomodi: organico
da incrementare e non ridurre personale da motivare
e qualificare, nuovi criteri di assunzione e selezioni,
innovazioni didattiche e metodologiche
per una scuola europea, organi collegiali, assestamento
amministrativo ed organizzativo degli uffici
centrali e periferici. Speriamo che non si riduca
ad un pesce d’aprile!
GIUSEPPE ADERNÒ
(da www.lasicilia.it)