Merito e responsabilità: è troppo chiedere
che questi due principi tornino ad essere
i pilastri della formazione scolastica?
A porre la domanda (retorica) sono
quattro professori del "Gruppo di Firenze"
che hanno scritto e presentato una
lettera aperta alla classe politica per ottenere
qualche risposta convincente prima
delle elezioni.
Scrittori e intellettuali si sono affrettati
a sottoscrivere l’iniziativa (da Ernesto
Galli della Loggia a Mario Pirani, da Giorgio
Israel a Sebastiano Vassalli e Giovanni
Sartori, solo per citarne alcuni), condividendo
su tutta la linea un concetto
che dovrebbe essere acquisito e che invece
sta scomparendo dall’esperienza
formativa: cioè, che una scuola estranea
alla meritocrazia non può funzionare.
Che l’eccesso di indulgenza non paga,
anzi danneggia gli studenti e l’intera società.
A parole sono tutti d’accordo. Ma nei
fatti sono proprio gli amministratori,
quelli che comandano le leve, a dimostrare
scarsa applicazione, come direbbero
certi insegnanti. Se le nostre scuole
si sono ridotte in molti casi a "diplomifici",
da cui escono ragazzi che hanno difficoltà
a destreggiarsi perfino con la lingua
italiana, (gli scritti dei concorsi pubblici
aperti a giovani laureati abbondano
di strafalcioni grammaticali e sintattici)
qualcuno dovrà pur assumersi la responsabilità
di invertire la tendenza.
I professori del «club di Firenze» la
mettono così. "I partiti hanno il dovere di
esporre con chiarezza ai cittadini-elettori
il loro programma in materia di istruzione",
scrivono, spiegando che "l’aggiornamento
dei programmi, la riorganizzazione
dell’istruzione superiore e
l’autonomia delle scuole potranno dare
risultati effettivi e duraturi solo recuperando
e mettendo in pratica il merito e la
responsabilità, che sono elementari
principi dell’etica pubblica e privata".
Il problema investe prima di tutto i dirigenti
scolastici e il corpo docente,
"spesso demotivato e reso scettico da
troppe frustrazioni".
Da lì bisognerebbe ripartire, attraverso
una più ferrea selezione, corsi di aggiornamento
e, anche in questo caso,
una sana meritocrazia che abbia riscontri
pure economici.
Occorre "restituire ai docenti il prestigio
e l’autorevolezza del loro ruolo, intervenendo
però con tempestività e rigore
- si legge nella lettera - nei casi (pochi ma
negativi per l’immagine della scuola) di
palese negligenza o inadeguatezza".
Con lo stesso metro andrebbero valutati
gli studenti. La scuola deve essere
più esigente "sul piano dei risultati e del
comportamento" e imporre un po’ di rigore
"dopo decenni di lassismo".
Altro che sei politico di sessantottina
memoria. Il mito dell’egualitarismo ha
fatto il suo tempo e sarebbe bene iniziare
a impararlo sui banchi di scuola, valorizzando
piuttosto il senso dell’equità,
delle proporzioni tra chi studia e chi va
bocciato. Una formazione di questo genere,
secondo il Gruppo di Firenze, sarebbe
anche un modo per contrastare
disagio giovanile, i cui effetti finiscono
spesso sulle cronaca nazionale.
GABRIELLA BELLUCCI (da www.lasicilia.it)