Continuo a leggere sul nostro
quotidiano articoli sul bullismo
e sui tentativi di risolvere il problema
da parte di docenti e istituzioni.
Intravedo, nel complesso,
una grande debolezza di intenti:
presidi impauriti all’idea
di vedere venir meno la credibilità
della loro scuola e autorità
preoccupate che i giovani, quei
giovani, possano perdere fiducia
nelle istituzioni.
Le famiglie che credono ancora
nel diritto allo studio sono confuse:
la scuola, che un tempo assicurava
formazione ed educazione,
è diventata - con le dovute
eccezioni - uno strano ambiente
dove, se non sai difenderti
dallo spaccone di turno, come
minimo ti ritrovi la testa nel water
e se vuoi partecipare alla lezione,
rispondendo alle sollecitazioni
dell’insegnante, c’è qualche
compagno che ti affibbia appellativi
ingiuriosi.
Da molti anni, ormai,
la razza dello "sgobbone" si è estinta per selezione naturale, e forse è meglio
così, ma è triste constatare che rischia di estinguersi quella del ragazzo serio
e studioso che sa anche divertirsi con gli amici in modo sano. Nessuno si occupa
di lui, perché al centro dell’attenzione generale ci sono loro: i bulli.
Per loro si
organizzano convegni, studi e lunghe analisi, tipo: "Come curare le loro turbe
comportamentali, senza scalfire il già precario equilibrio psichico?" Perché,
invece, non cominciamo a chiamarli con il giusto nome? Criminali in erba; perché
questo sono e come tali vanno considerati.
E cominciamo a metterli in difficoltà
affinché capiscano la differenza
tra premio e punizione,
non sospendendoli dalle lezioni,
perché è proprio quello che loro
cercano, ma facendoli semplicemente
lavorare: vera formazione
della vita.
Ci sono le aiuole che loro hanno
danneggiato da zappare, le pareti
dei corridoi che loro hanno
imbrattato da tinteggiare, le finestre
che hanno divelto da sistemare,
gli estintori che hanno
svuotato, i lavandini che hanno
smontato...
Non parlatemi di prevenzione,
adesso. Si previene qualcosa che
ancora deve arrivare. Qui è in atto
un’epidemia di criminalità da
debellare, che ha invaso la città
intera.
Ci vuole molta chiarezza dentro
ognuno di noi, chiarezza da trasmettere
ai nostri ragazzi:
Chi s’impegna, va premiato. Chi
sbaglia va punito.
EMANUELA ALAIMO
(da www.lasicilia.it)