INSEGNANTI, IL CUORE BATTE ANCORA A CENTROSINISTRA
Data: Domenica, 16 marzo 2008 ore 00:05:00 CET
Argomento: Opinioni


Unità: Insegnanti, il cuore batte ancora a centrosinistra
14-03-2008

 «Vista la situazione politica estremamente confusa, il mio voto alle politiche andrà al Pd, ma senza particolari entusiasmi ideologici e con scarsa attenzione alla contesa elettorale. Il disorientamento e la disaffezione nascono da attese deluse negli anni e dallo scarso coraggio che vedo, anche in questa fase, nell'affrontare l'unica questione fondante di un reale rinnovamento: quella morale», dice Giuseppina Todarello, insegnante presso il Liceo Scientifico Democrito di Roma. Parole simili a tante altre: amici insegnanti di indubbio orientamento politico che si pronunciano a favore della Sinistra l'Arcobaleno o del Partito Democratico, non nascondendo un senso di disorientamento, delusione, distacco dalla politica. Due anni fa l'aria era differente. In gran parte delle scuole, tra la maggior parte degli insegnanti, l'attesa fiduciosa era esattamente proporzionale alla sofferenza affrontata nei cinque anni precedenti. Il voto era sentito allora come una promessa di liberazione da una gestione manageriale - e perciò mercantilistica - del sistema dell'istruzione: dalle mistificazioni della scuola delle "tre i" (inglese, internet, impresa); dalla cancellazione di fatto del tempo pieno; dalle Indicazioni Nazionali improntate all' "antropologia cristiana" (oscuramento di Darwin compreso); dal tutor e dal portfolio; dai finanziamenti alle scuole private e dai comandi dati in gran parte alle associazioni cattoliche, Comunione e Liberazione prima di tutte; dalla divaricazione precoce e su base socio-economico-culturale dei percorsi dei ragazzi - studio e avviamento professionale - eludendo ogni principio costituzionale e una visione emancipante dell'istruzione. A tutto questo e a molto altro ancora la scuola aveva reagito con motivazione e impegno, in molti casi sfidando apertamente il ministro, soprattutto nella mancata attuazione del primo decreto della legge 53 (la cosiddetta "riforma" Moratti), che modificava elementi costitutivi ed essenziali della scuola primaria. La società civile, le associazioni professionali e non solo la scuola militante si erano mobilitate - insegnanti, genitori, studenti, cittadini - in difesa dei principi della laicità, del diritto allo studio, del tempo pieno, della scuola della Costituzione.
L'attesa, si diceva, era fiduciosa. Un interessante studio di Paolo Feltrin, docente di Scienze Politiche dell'Università di Trieste, Presidente di Tolomeo Studi e Ricerche, Le basi sociali del voto e le tendenze a livello territoriale, dimostra bene come il voto di aprile del 2006 abbia rispecchiato l'aspettativa positiva; e che la scuola italiana aveva scelto senza ombra di dubbio la direzione da prendere, investendo nel cambiamento e attendendo segnali significativi. Circa 2/3 degli insegnanti scelse in quell'occasione una delle liste collegate all'Unione; tra gli studenti il 60% premiò il centro-sinistra. Il voto del 2006 non solo confermò che il bacino elettorale del centrosinistra è prevalentemente radicato nel lavoro dipendente, ma sottolineò uno scarto notevolissimo tra centrosinistra e centrodestra nell'elettorato della scuola: 32,8% tra gli insegnanti e 20% tra gli studenti. Il voto degli insegnanti risultò particolarmente radicalizzato nelle regioni del Nord e del Centro. Rispetto alle elezioni del 2001, per giunta, gli insegnanti premiarono con uno scarto del 3,2 in più il centrosinistra rispetto al centrodestra. Gli studenti con un 3,8 in più. Dunque, secondo questi dati, il centro sinistra ha potuto godere di un indiscutibile consenso nel mondo della scuola (non a caso, spesso, apostrofato come "comunista" da Berlusconi nelle passate campagne elettorali). E certamente quello dell'istruzione - tra i diversi settori - era quello che si aspettava di più dal governo dell'Unione. Non esistono al momento dati significativi relativi alle intenzioni di voto della scuola italiana, tranne quelli che riguardano la popolazione studentesca - tra i 18 e i 20 anni - che, secondo un sondaggio Ispo del 27 febbraio pubblicato dal "Corriere della Sera", si sarebbe pronunciata per il 31,4% a favore del PD, 21,7% per il PDL, 15% Sinistra l'Arcobaleno e Lega, 11% Udc: a sottolineare una tendenza delle giovani generazioni ad un orientamento prevalentemente di centro sinistra. Il vero punto interrogativo è rappresentato dagli insegnanti: quanti saranno ancora disponibili a rinnovare la fiducia dimostrata due anni fa? La domanda assume maggiore significato se si vanno a consultare gli indici di gradimento che la politica scolastica del governo di centro sinistra ha fatto riscontrare: la politica dei "due tempi" del ministro Padoa Schioppa, e soprattutto l'impressione che la scuola sia stata considerata terreno di risparmio più che di investimento per la crescita del Paese; alcuni discutibili provvedimenti del ministero; la percezione di un disinvestimento globale in termini anche culturali oltre che economici; l'assenza di qualunque difesa (a parte, bisogna dirlo, quella del ministro Fioroni) rispetto ad un'aggressione di media e opinionisti nei confronti dei docenti, che ha ulteriormente abbassato il livello di riconoscimento sociale e impedito qualunque progressione del riconoscimento economico. Sono questi prevalentemente i dati che allarmano e che dovrebbero spingere ad una riflessione seria sia il Partito Democratico che la Sinistra l'Arcobaleno. Gli altri, se malauguratamente dovessero prevalere il 13 e 14 aprile, hanno già preannunciato una strategia di ricostituzione della epocale "controriforma" Moratti. Tristi scenari di arbitrarietà e parole d'ordine già sentite sono state anticipate da Valentina Aprea: «Abbiamo bisogno di intervenire sugli apprendimenti e dunque sugli insegnanti e per questo abbiamo chiesto (a Brunetta e Tremonti) di predisporre l'introduzione degli albi professionali dei docenti e noi lavoreremo per raggiungere questo obiettivo». Un quadro lusinghiero della classe docente costituita da «insegnanti pedofili riammessi a scuola, di maestre che tagliano la lingua ai bambini, di professoresse frustrate che vogliono fare sesso con i propri studenti». Il Pdl si batterà (e tremiamo solo all'idea) «per una rigorosa valutazione di docenti e dirigenti». E ancora: «Siamo per l'abolizione del valore legale del titolo di studio», promettendo che «i finanziamenti pubblici alle scuole dovranno seguire le indicazioni delle famiglie». L'auspicio è che gli insegnanti italiani, ancora una volta, rinnovino, seppur meno convintamente, la propria fiducia, per scongiurare il pericolo di un nuovo regime autoreferenziale e autocratico in quel Ministero, che tornerebbe certamente ad essere dell'Istruzione, omettendo l'aggettivo Pubblica, che connota il rispetto della Costituzione. E che il Partito Democratico non rincorra l'assurdo e irragionevole obiettivo di concorrere sullo stesso piano delle istanze del Partito delle Libertà. Che guardi alle ragioni della scuola pubblica per quella che essa è realmente: ai suoi bisogni e alle sue criticità; a una necessità di rinnovamento che si impone, ma che non può prescindere in alcun modo dalla consultazione ampia e dalla partecipazione attiva di chi nella scuola vive quotidianamente; che si sottragga a logiche confessionali e a parole d'ordine autoritarie e superficiali, che non servirebbero a cancellare le tante disfunzioni che pure esistono; che si batta per il diritto allo studio per tutti come principale diritto di cittadinanza; che investa politicamente, economicamente, culturalmente sulla scuola pubblica. La Sinistra l'Arcobaleno, intanto, continua a portare avanti - attraverso i responsabili scuola dei 4 partiti - un giro di consultazioni nel mondo di scuola, società civile, associazioni professionali che hanno contribuito all'elaborazione del programma relativo all'istruzione. Non ci resta che sperare.







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