PAROLA DI ORIANA FALLACI...
Data: Mercoledì, 12 marzo 2008 ore 20:29:51 CET
Argomento: Redazione



Il fine della sua scrittura, secondo quanto lei stessa ha riferito, «è quello di raccontare una storia con un significato, non certo i soldi». Invece, il fattore motivante di tutti i suoi libri è «una grande emozione, un’emozione psicologica o politica e intellettuale. Niente e così sia [1969], il libro sul Vietnam, per me non è nemmeno un libro sul Vietnam, è un libro sulla guerra».
Oriana Fallaci è, se così si può dire, una “donna di guerra”: nata a Firenze nel 1929, già da bambina si oppone ai tedeschi a modo suo, poi, ormai adulta e giornalista, vive sul campo la guerra del Vietnam, cercando una spiegazione alla follia che la circonda, e in seguito osserva in prima persona il conflitto del Medioriente. Nasce da questa esperienza Insciallah, in cui personaggi e trama sono immaginari, ma vera è la guerra e l’atmosfera in cui si svolge l’azione. E lo dedica a tutti gli esseri umani trucidati a Beirut.

Un insolito silenzio da parte sua ha marcato l'11 settembre 2006, quinto anniversario del crollo che ha cambiato la storia dell'Occidente e del mondo intero. Quattro giorni più tardi, alle 01:30AM del 15 settembre, Oriana Fallaci si spegne nel tepore asettico di una casa di cura di Firenze, in una notte di pioggia torrenziale. Una pioggia totale, alla Ridley Scott, che martella equamente nel suo precipitare incessante e totale le campagne e le banlieue dell'Europa, i giardini e le casbah del Medioriente, conferendo agli aratri addormentati, alle auto in sosta nel buio, ai carretti e alle bancarelle abbandonate nei vicoli deserti, alle palme e ai cellophane gocciolanti, un generale senso d'irrilevanza e di oblio...

"La libertà è solo uno tra i tanti altri argomenti. Ciò che davvero mi spinge a scrivere è la mia ossessione"

 Vi proponiamo l'Autointervista di una donna che ha il coraggio di scrivere la verità sugli altri e su sé stessa. Temi: il cancro morale che divora l'Occidente e quello fisico che divora lei. L'antioccidentalismo, il filoislamismo, il parallelo tra l'Europa del 1938 e l'Eurabia d'oggi, il nuovo nazifascismo che avanza vestito da nazi-islamismo. (da Corriere della sera M.Allo)

 Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci



«Faremo un'intervista politica, amica mia. Lo sa?»

Forse Oriana Fallaci è ormai la sola persona al mondo in grado di raccogliere un'intervista da Oriana Fallaci. La sola persona che la scrittrice ritenga sufficientemente preparata e seria per trasmettere il suo pensiero correttamente, senza travisamenti, senza successivi imbarazzi e querele. Nasce così questa intervista, del genere delle "interviste impossibili", ma con un distinguo fondamentale: è l'intervistato che sceglie l'intervistatore. Nell'ambito del «tutto è possibile», non solo sceglie se stessa, ma si sceglie "delle annate migliori".

«Lei — dice Oriana Fallaci alla sua intervistatrice — appartiene al mio passato. Io appartengo al mio presente. Mischiandosi ad esso subirebbe traumi per cui non è preparata». Affida insomma un'intervista, forse l'ultima, alla Oriana Fallaci di Interviste con la Storia, con il doppio obiettivo di chiudere il ciclo e di entrare in extremis nella Storia scritta dalle persone più significative del Secondo Novecento che hanno condiviso, oltre all'epoca, il fatto di essersi lasciate intervistare da Oriana Fallaci. Anche se, dice l'intervistatrice, «questa intervista non avrà nulla in comune con quelle che facevamo ai potenti della terra».

Partendo dalla propria malattia, il tumore che l'ha colpita alle vie respiratorie e che estende ad attanagliare «l'Italia, l'Occidente, l'Europa», la scrittrice ripercorre i temi sviluppati nel suo passato più recente, che la data dell'Undici Settembre separa dai fatti che appartengono al passato più remoto.

Delle torture del carcere di Abu Graib, che evidentemente le creano qualche imbarazzo, afferma: «Volevo lasciare la mia casa di New York e restituire a Rumsfeld la mia Permanent Resident Card». La distinzione tra Destra e Sinistra non esiste più: «Un'unica squadra che combatte se stessa. La Destra laida, la Destra reazionaria ed ottusa, feudale, in Occidente non esiste più: graziadio. O esiste soltanto in Islam. È l'Islam». Rispetto ai messaggi di stima e di riconoscenza che le pervengono si stupisce: «Perbacco, io credevo che in gran maggioranza gli italiani fossero degli Alberto Sordi, e invece...».

Alla domanda «Per chi vota?» risponde: «Non mi riconosco in nessuno e non delego a nessuno l'arduo compito di rappresentarmi» «E se le offrissero un seggio [...] di senatore a vita?» «Impensabile. Inconcepibile. [...] [il Presidente della Repubblica] Ciampi mi preferisce Mike Bongiorno o Stefania Sandrelli».

«A Lei piaceva Berlinguer [Enrico, segretario del PCI dal 1972 al 1984], si sa» «Mi piaceva, sì» «Conosce Fassino [attuale segretario dei Democratici di Sinistra]?» «... un giovanotto lungo lungo e secco secco [...] che una sua antenata sia stata a letto con Carlo Alberto?» «Ma non c'è proprio nessuno a sinistra che oggi susciti in Lei un po' di fiducia?» «Temo di no. [...] e questo senza contare gli errori e le mancanze che dall'altra parte mi scorano o addirittura m'indignano» «Ad esempio?» «... il fatto che non abbiano avuto i coglioni per imporre i funerali di Stato a Quattrocchi [ostaggio italiano trucidato apparentemente da una banda della resistenza iraqena]».

Segue una carrellata di caratterizzazioni di personaggi scelti nello schieramento di Destra. «Il che porta diritto a Berlusconi [presidente del Milan Calcio e controverso Primo Ministro]» «Io non sono mai stata una sostenitrice di Berlusconi [...] ma non sarò neppure il suo Maramaldo» «Quale sarebbe secondo Lei [il suo] sbaglio principale?» «Il fatto che ritenendosi un genio [...] si circondi quasi sempre di persone che non valgono un fico [...] Un consigliere in gamba ce l'aveva [...] era Giuliano Ferrara [direttore de «Il Foglio» e, per propria affermazione, "collaboratore della CIA"]»

«Ho conosciuto più uomini al potere di quanti ne abbia conosciuti [Berlusconi] e posso garantire e cinque casi su dieci si trattava di poveri stronzi». Oriana Fallaci salva soltanto Khomeini, Deng Xiao Ping, Golda Meir e («forse») Indira Gandhi. Mentre i veri leader della nostra epoca sono soltanto Karol Wojtyla e Bin Laden. George W. Bush «non è un'aquila», John F. Kerry [candidato alla Casa Bianca] è (anche lui) «un piccolo Carlo Alberto del Colorado».

Quanto alle organizzazioni internazionali, per l'Unione Europea si tratta di «un club voluto dagli eterni padroni di questo continente cioè dalla Francia e dalla Germania [dimentica la signora Fallaci le radici italiane dell'Europa che nascono dal Manifesto di Ventotene] ... di una super nazione, di un super stato nel quale si parlano una quarantina di lingue ma conta solo il Francese, il Tedesco e l'Arabo». Quanto alle Nazioni Unite, «Che cosa ha mai fatto l'ONU, fuorché sprecare migliaia di miliardi e vivere di rendita sulle parole Pace e Umanitarismo? [...] Del resto l'ONU non ha mai condannato l'antisemitismo che appesta l'Europa».

«Le capita mai di cambiare idea?» «... sul tema della giustizia sociale non la cambiai [...] io non potrei mai schierarmi con la squadra di calcio che ha nome Destra»

C'è chi vede nei libri più recenti di Oriana Fallaci — che hanno ottenuto un seguito pazzesco e gloriosi risultati di vendita — un attacco all'Europa, orchestrato da una regia occulta.

Può essere.

Noi, in questa intervista, vediamo il tentativo estremo di un'artista di non morire del tutto. Come Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto, autoritrattosi insieme all'Angelico in un angolo dell'affresco Storie e predicazione dell’Anticristo, o come Mozart, malato e solo, che dettò il proprio Requiem a quello che passa per essere stato il suo peggior nemico, il musicista e compositore Antonio Salieri. Ma con maggior leggerezza. La morte, dopo tutto, fa paura, ma è come il leone di Hailé Selassié, imperatore d'Etiopia: si nutriva di bistecche, ruggiva, ma la gente non la mangiava.

L'ultimo personaggio intervistato nel ciclo della Storia vissuta e testimoniata dalla giornalista Oriana Fallaci è così un simbolo dell'epoca che stiamo vivendo. L'ombra di se stesso, colpito da un male terminale, abbarbicato a ricordi eroici, ad idee contraddittorie e a giudizi che col tempo si sono trasformati in pregiudizi, è ammalato di un rancore astioso che si indovina provenire da un passato promettente, costellato di delusioni e, a lungo andare, trasformato in una vecchiaia senza speranza. Ma con la dignità e la fierezza che provengono da un'origine libertaria, colta, sprezzante, in fondo in fondo, anarchica e, nel caso personale della scrittrice, anche così tipicamente... fiorentina.

Perché andare a prendere un poveraccio che siede sul trono dell'autorità politica perché «ha vinto la lotteria», un «povero stronzo», una «nullità» come Chirac o Schröder, quando si può scendere al bar sotto casa e ottenere lo stesso, se non miglior risultato? Anzi, perché non fare tutto da soli e raccogliere le dichiarazioni spontanee di se stessa, dalla viva voce della protagonista della propria vita?

Tanto, parola di Orana Fallaci, è lo stesso.

 





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