VOGLIAMO ANCHE LE ROSE
Data: Sabato, 08 marzo 2008 ore 16:56:38 CET
Argomento: Rassegna stampa



Tra le molte iniziative interessanti del l’8 marzo si segnalano il film di Alina Marazzi " Vogliamo anche le rose", montaggio di storia delle donne nell’Italia del secondo Novecento, e quelle dedicate a Napoli e a Ischia a u­na delle nostre grandi scrittrici,  Anna Maria Ortese (1914-1998) Anna Maria Ortese è tra i pochi scrittori italiani ad aver saputo praticare a livello altissimo la professione del giornalista, dell'inviato; ha saputo raccontare l'Italia del suo tempo, e non solo l'Italia, come pochi altri nostri scrittori e pochissimi giornalisti. La critica italiana e internazionale la pone oggi, con il suo spirito audace e visionario, tra le figure più grandi della letteratura europea, al pari della della Morante, della Woolf e della Mansfield.

«I più bei giorni della mia vita cominciarono in questa città i primi di novembre.
Sono trascorsi da quella data vari anni, e con essi è trascorsa la mia breve giovinezza e la sua felicità.» [Anna Maria Ortese, Poveri e semplici]
Considerata oggi dalla critica italiana e internazionale una tra le massime scrittrici del nostro Paese, Anna Maria Ortese nasce a Roma il 13 giugno 1914, figlia di genitori del Sud. Oreste, impiegato governativo, siciliano di genitori campano-calabresi e Beatrice Vaccà, napoletana di genitori romano-carraresi.

A partire da subito – il padre viene richiamato alle armi nel 1915 – Anna Maria vive una vita vagabonda e di grandi difficoltà economiche, che la porterà a cambiare, nel corso di 84 anni, trentasei residenze in dieci città diverse. La famiglia (la madre, la nonna, tre fratelli maggiori, e un gemello dell’Ortese), si trasferisce prima in Puglia, quindi a Portici. Da lì, alla fine della guerra, a Potenza. La sua figura è ancora poco nota e studiata, rispetto alla validità e alla profondità della sua opera; questa spesso viene affiancata a quella della Morante, per la sua capacità di rappresentare situazioni che si avvicinano alla sensibilità neorealista dal punto di vista contenutistico, ma con un’elaborazione stilistica che l’avvicina molto di più al realismo magico dei maestri ispano-americani, con i quali il paragone forse sarebbe più calzante.

Lo stile della scrittrice si caratterizza per il suo sperimentalismo, per la sua costante ricerca estetica, senza tuttavia cedere alla tentazione di una forma ermetica o eccessivamente avanguardista. L’isolamento e la solitudine patiti lungo tutta la sua esistenza, insieme alle umiliazioni e ai lutti, nella vita privata come in quella letteraria, ne fanno un personaggio difficile e per tanti versi scomodo, capace di critiche e posizioni molto dure, in un Paese in cui la vita intellettuale è sempre stata caratterizzata dallo schieramento ideologico: se ciò ha fatto sì che ancora essa sia poco conosciuta dal grande pubblico dei lettori, non ha impedito alla sua opera di ottenere il meritato riconoscimento critico, benché ancora oggi Anna Maria Ortese sembri ottenere un maggior successo all’estero.(Da Avvenire M.Allo)

Eccovi la memoria   "Ortese segreta"di Adelia Battista corrispondente della scrittrice
Tra le molte iniziative interessanti del l’8 marzo si segnalano il film di Alina Marazzi Vogliamo anche le rose, montaggio di storia delle donne nell’Italia del secondo Novecento, e quelle dedicate a Napoli e a Ischia a u­na delle nostre grandi scrittrici, Anna Maria Ortese, irrequieta napoletana che a Napoli ha dedicato un libro reali­stico, di base giornalistica, Il mare non bagna Napoli, e un romanzo visiona­rio, visionariamente autobiografico, Il porto di Toledo, sul quale tornò spesso in accanito lavoro alla ricerca di una difficile - rasserenante - perfezione. È uscita in questi giorni, con la prefazio­ne di Lia Levi, la memoria di una corri­spondente della Ortese, Adelia Battista, forse un po’ enfatica (e il titolo è certo eccessivo) e diluita, ma che aggiunge qualcosa alla nostra conoscenza della scrittrice, per esempio sulla sua amici­zia con lo sfortunato Dario Bellezza, che fu l’amico della Ortese più convin­to nel riconoscerne il genio, quando e­rano in pochissimi a farlo, molto prima della consacrazione avvenuta con il passaggio dell’opera ortesiana alla A­delphi grazie alla mediazione di Citati.
La Battista è in possesso dell’epistola­rio Ortese-Bellezza, che si spera venga un giorno pubblicato. Il suo è il ricono­scente resoconto di una lunga ammi­razione per la Ortese e di una rapida conoscenza della medesima, e ha ta­glio giornalistico più che saggistico o biografico. Raccoglie testimonianze di amici e conoscenti della scrittrice che vanno ad aggiungersi a quelle riportate da Luca Clerici nell’ottima biografia che dedicò alla scrittrice per Monda­dori. Più che la vita dei grandi scrittori contano, come si sa, le lo­ro opere e il loro destino, il modo in cui riescono a parlare ai lettori contem­poranei e a quelli che vengono dopo.
L’opera della Ortese fu ai suoi inizi apprezzata da molti ma da molti anche detestata, e più incom­presa che compresa per lunghi anni (le discussio­ni su Il mare... ma anche quelle su L’iguana, e in mezzo gli anni di una scarsissima attenzione critica) .E ci si interroga su come sia diventata , dopo Il cardillo addolorato che è del 1993 e il suo controcanto poetico-teo­rico
Alonso e i visionari (1996, due anni prima della morte della scrittrice), così amata e studiata. La risposta è in realtà semplice e sta nel passaggio dell’Italia e del mondo da un’epo­ca di speranze nella ca­pacità dell’uomo (e an­zitutto della politica e della scienza) di risolve­re i suoi perenni proble­mi - le disparità sociali, la convivenza tra popoli ed etnie, e insomma lo sviluppo e la pace - e un’epoca di nuove ed e­normi incertezze e pau­re. Questo ci ha costretto a rivedere le nostre posizioni, a inter­rogarci sui nostri destini e sulla nostra fragilità, e di conseguenza ad ascoltare le voci che non avevamo voluto ascol­tare. La Morante e la Ortese, le nostre maggiori scrittrici, hanno avuto in questo senso lo stesso destino. Esse ci hanno messo in guardia dalle illusioni nella Storia e ci hanno parlato del na­scosto e del piccolo, dei misteri e delle verità che stanno oltre le apparenze, oltre le idee ricevute, oltre gli ottimismi di comodo, oltre l’orizzonte unico del sociale... È cambiata la nostra sensibi­­lità, non quella di Elsa Morante o di Anna Maria Ortese. O di Hannah A­rendt, di Simone Weil, di Maria Zam­brano, di Etty Hillesum... Giancarlo Gaeta ci ricordò anni fa che forse il pensiero filosofico più radicale e con­vincente del Novecento è stato quello di artiste e pensatrici donne, quelle che ho ricordato e altre ancora: perché estraneo al discorso sul potere che in­vece ha permeato anche il miglior pen­siero maschile.






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