PALERMO. 06.03.2008. «Quando ero ufficiale granatiere
avevo un autista del Nord, friulano mi
sembra. Nei momenti di pausa lui leggeva
riviste di meccanica, i colleghi del
Sud Playboy e giornaletti simili. La differenza
c’era già allora. I dati Ocse fanno
una distinzione geografica ma non tengono
conto di alcuni elementi: intanto il
peggioramento c’è stato sia al Nord sia al
Sud, perché i risultati della prima indagine
erano più confortanti; e poi nulla
dicono, questi dati, sulle diverse condizioni
sociali di queste aree del Paese,
condizioni sociali - non parlo solo di
povertà - che inevitabilmente incidono
su tutto il contesto, scuola e preparazione
dei ragazzi compresa».
È un’analisi lucida quella che il direttore
generale dell’Ufficio scolastico regionale
Guido Di Stefano fa dello stato di
salute della scuola italiana e siciliana
partendo dalle cifre, impietose, che vedono
i quindicenni scolarizzati italiani
tra i più «asini» per quanto riguarda la
lettura e le materie scientifiche, e quelli
del Sud e delle isole autentico fanalino
di coda rispetto al resto d’Italia. «Non è
un problema di Nord e Sud. Da noi incide
l’ambiente sociale, certo, ma gli insegnanti
meridionali che vanno a lavorare
al Nord non sono certo meno preparati
degli altri colleghi, anzi.
A mio giudizio
il nodo è che qui al Sud, e in Sicilia in
particolare, c’è tuttora una pessima situazione
dell’edilizia scolastica. Non mi
si venga a dire che non ha importanza:
locali idonei, palestre vere, laboratori
degni di questo nome incidono eccome
sui risultati scolastici. E possono pure
servire ad ottimizzare la spesa evitando
gli sprechi. Un esempio: appena qualche
giorno fa ho esaminato la situazione
delle scuole elementari siciliane, soffermandomi
sulle prime classi. Bene,
ho visto che nei capoluoghi prevalgono
le classi numerose, mentre altrove ci
sono classi con pochissimi alunni. Perché?
Perché se la scuola, come purtroppo
in molti casi ancora avviene, è in un
edificio di civile abitazione è impossibile
mettere in un’aula più di 15 bambini.
Se ci fossero scuole vere questo non accadrebbe,
spendiamo male le risorse
che abbiamo».
Che fare? Quali priorità indicare per il
settore scuola ai candidati alla Presidenza
della Regione? Di Stefano non ha
dubbi: «Bisogna – dice – concentrare le
risorse sull’edilizia scolastica. Negli ultimi
anni sono stati fatti sforzi notevoli,
qualche miglioramento c’è stato ma non
basta. Occorre far confluire sull’obiettivo
di avere scuole decenti tutte le risorse.
Se si seguirà questa strada entro pochi
anni, col calo demografico, i risultati
si vedranno. E potranno essere risultati
a tutto campo se si impiegheranno risorse
per tenere queste scuole aperte
anche nel pomeriggio, soprattutto nei
quartieri a rischio».
E per la scuola italiana? Di cosa ha bisogno
il sistema istruzione per diventare
competitivo a livello europeo, per dare
ai giovani una «base» spendibile? «La
scuola italiana – dice Di Stefano – ha bisogno
anzitutto di stabilità. Bisogna
cambiare, certo, ma i politici devono
trovare una via condivisa che deve essere
portata avanti nel tempo. Il fatto che
cambino i ministri non può e non deve
significare che la riforma avviata da uno
viene smantellata dal successore. E poi
c’è il grande nodo della formazione dei
docenti, che deve essere sistematica e
specifica. L’auto-aggiornamento non basta,
non è sufficiente. E sono necessarie
delle formule di valutazione periodica,
deve esistere un sistema premiale per
chi lavora meglio e di più. La scuola non
deve essere autoreferenziale, i risultati
non possono essere valutati sulla base
del numero di promossi».
Dove trovare le risorse per fare tutto
questo? «Non facciamoci illusioni – dice
Di Stefano – non possiamo contare su
ulteriori investimenti. E allora la strada
è una sola: ottimizzare le spese per la
scuola, e utilizzare quanto risparmiato
investendolo sul mondo dell’istruzione».
MARIATERESA CONTI (da www.lasicilia.it)