GILDA: CHE COSA CHIEDIAMO AL NUOVO GOVERNO E AL NUOVO MINISTRO DELL'ISTRUZIONE
Data: Luned́, 18 febbraio 2008 ore 09:53:05 CET
Argomento: Comunicati


Arrivano nuove elezioni: ai politici diciamo


 Scuola: il tempo stringe

Senza commentare le cause di queste nuove elezioni,  scendiamo in campo per confrontarci con schieramenti e programmi politici, anche se non abbiamo dimenticato  le promesse mancate  dei politici delle passate legislature. A tutti diciamo che  non c’ è più tempo: è ora di cambiare la rotta disastrosa tenuta negli ultimi decenni e suggeriamo -a chi li vorrà ascoltare-  alcuni principi basilari per affrontare la crisi profonda di una Scuola che, in tempi non lontani, aveva pure ottenuto riconoscimenti internazionali. Il tempo stringe, se non si interviene rapidamente, ridando senso e autorevolezza alla Scuola, c’è il rischio che la crisi sia irreversibile.

di Rino Di Meglio

Dopo solo due anni siamo chiamati di nuovo alle urne per rinnovare il Parlamento della Repubblica: significa che in primavera avremo un nuovo Governo ed un nuovo Ministro dell’Istruzione.
 E’ naturale che noi, Associazione di docenti indipendente dai partiti, ci asteniamo dal commentare le cause che hanno portato a queste elezioni, ma è altrettanto doveroso che –ancora una volta – si scenda in campo per confrontarci con schieramenti e programmi politici, facendo sentire la voce degli insegnanti.
Siamo ben consapevoli  che  molto spesso i politici scrivono i programmi per strappare voti e poi, una volta eletti, non mantengono i loro impegni: si tratta di una storia molto vecchia, nata con il voto, basta leggere le promesse elettorali nell’antica Roma.
Ciononostante, non possiamo tacere come sia stato particolarmente amaro constatare che coloro che ci avevano promesso molto per la Scuola, si siano clamorosamente contraddetti, soprattutto attuando quella  politica di tagli e disinvestimenti che sta pericolosamente abbassando le condizioni di lavoro della docenza. Purtroppo una politica di perfetta continuità tra Governi di opposto colore politico.
 Tuttavia, possiamo riconoscere con orgoglio come la nostra costanza abbia ottenuto qualche risultato, anche se limitato al contesto culturale: nel Paese, nell’opinione pubblica, si è destato un nuovo interesse verso la Scuola. Non siamo più soli ad affermare la necessità, per il bene comune, sia di una Scuola seria, con insegnanti qualificati  – non quindi un semplice parcheggio – , sia di ripristinare un minimo di disciplina , sia  di valutare gli alunni in base al loro effettivo merito. La presa di coscienza che si sta diffondendo potrebbe significare un punto di partenza per convincere i governanti a cambiare la rotta disastrosa tenuta negli ultimi decenni.
Cosa ci spetta, dunque?
 Dovremo , nelle prossime settimane, fare un grande sforzo, cari colleghi, sia come organizzazione, che come singoli docenti-cittadini ,  impegnandoci  con convinzione : a chiedere con forza ed insistenza  ai politici di prendersi  cura effettiva della Scuola e  ad  esercitare, nel contempo,  una funzione didattica, tentando quindi  di insegnare, a chi poco capisce di Scuola, quale sia la vera realtà, affinché non ci sia soltanto la solita, scontata ed ipocrita promessa di stipendi migliori, ma una comprensione di quanto la situazione sia diventata difficile.
 Questi i concetti basilari  che vanno sostenuti:
    •     la Scuola Pubblica Statale non sia considerata terreno di conquista di una parte politica;
    •      la necessità di una moratoria nelle cosiddette riforme: non è possibile che ad ogni cambio di Governo la Scuola italiana venga devastata negli ordinamenti e nei programmi, i docenti hanno bisogno di un periodo di stabilità.

 Concetti fondamentali, non c’è dubbio, ma che  da soli poco varrebbero senza  il principio, che poniamo ai politici in forma interlocutoria, dal quale ogni altro trae  valenza, legittimità e forza: “Conveniamo che la Scuola è un’Istituzione e che la funzione docente ha rilievo costituzionale”?
 Se siamo d’accordo, non possiamo consentire allora che gli insegnanti, con la connivenza dei sindacati tradizionali, siano trattati come impiegati e che ad essi vengano applicate le stesse regole contrattuali e normative di questi ultimi. Un contratto specifico per gli insegnanti significa semplicemente trarre la conseguenza logica del dettato costituzionale, non per garantire presunti vantaggi corporativi ma perché tutelare la funzione docente è un interesse nazionale.

Infatti, come si può garantire la libertà di insegnamento, prevista dalla Legge fondamentale se:
    •     l’autonomia della Scuola viene incentrata sul potere della dirigenza (tra l’altro neppure nominata nella Costituzione) ? 
    •     non viene considerato un riequilibrio dei poteri nell’ Autonomia,  anche attraverso l’istituzione delle figura del Presidente del Collegio dei Docenti?
    •     l’insegnante viene incoraggiato non a far bene il proprio mestiere, cioè insegnare, ma ad occuparsi di altro, creare e compilare carte, partecipare a commissioni che si occupano delle cose più svariate e talvolta strampalate

Siamo convinti che l’autonomia scolastica interpretata come aziendalizzazione:
    •     ha provocato la nascita della figura del dirigente manager;
    •     ha precipitato i docenti nella logica impiegatizia dell’aggiuntivo e della contrattazione d’istituto con le RSU (oltretutto con criteri di democrazia sindacale risibili);
    •     ha innaturalmente trasformato la scuola in luogo di conflitto sindacale;
    •     ha avvilito le funzioni del Collegio dei docenti.

Su tutto questo incombe il pasticcio della riforma del titolo V della Costituzione: possibile che non si riesca a chiarire cosa fanno lo Stato, la Regione, la Scuola ? 
 A nostro sommesso parere allo Stato dovrebbero competere i programmi nazionali, alle Scuole l’autonomia di adattarli parzialmente  alla realtà locale, alle Regioni i poteri di organizzazione dei servizi scolastici sul loro territorio. Troppo semplice ?

Qui ci fermiamo perché non intendiamo  sostituirci alla funzione del politico, a cui dovrebbe spettare la ricerca del bene comune.  Tuttavia,  non possiamo tacere la constatazione, ormai diffusa, che per la Scuola siamo vicini all’ ultima chiamata.
 Molto danno è stato fatto, molta demotivazione è diffusa, soprattutto tra i docenti, i veri protagonisti del cambiamento, se coinvolti e valorizzati.  Se la nuova legislatura  non provvederà a comprendere la crisi profonda di una Scuola pubblica  che, in tempi non lontani,  aveva pure ottenuto riconoscimenti internazionali  e ad agire con rapidità  ed efficacia,  la crisi di essa e dell’ intero nostro Paese potrebbe essere irreversibile. . 







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