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Didattica: QUALE AVVENIRE PER LA LETTERATURA ?

Redazione

Ogni insegnante di lingua e letteratura italiana o straniera si trova inevitabilmente a doversi scontrare con il problema del posto che l'insegnamento della letteratura deve avere nell'ambito più generale dell'insegnamento linguistico.
Le metodologie dell'insegnamento delle lingue hanno fatto notevoli progressi in questi ultimi decenni grazie soprattutto alle acquisizioni teoriche della linguistica generale e della linguistica applicata all'insegnamento. Resta ancora aperto invece il problema dell'insegnamento della letteratura, il problema è ampio e non si ha certo la presunzione di risolverlo in poche righe.
L'opera letteraria , secondo la critica formalistica, non è da considerare un "riflesso" di qualcosa di esterno, ma quello che è, indipendentemente da fattori "extratestuali" di tipo psicologico, sociologico, storico, biografico. In  Italia è uno dei maggiori sostenitori della critica formalistica è il Pagnini, ma gli studi dei formalisti hanno trovato un fertile terreno in Francia e in Russia.
Mentre non meno di 353 romanzi francesi escono in questa ripresa delle attività a inizio d'anno, Tzvetan Todorov e François
Bégaudeau si interrogano sul ruolo della letteratura e sull'insegnamento del francese. I loro punti di disaccordo sono rivelatori dell'evoluzione del romanzo attuale.Il "formalismo russo", la scuola di teoria letteraria e metodo critico che fiorì negli anni Venti a Mosca e a Leningrado, è un punto di riferimento indispensabile per la critica letteraria, la semiologia, l'interpretazione. Nel volume I Formalisti Russi, curato da Tzvetan Todorov e avallato dalla presentazione di uno studioso come Roman Jakobson, il lettore trova raccolti i testi principali della ricerca "formalistica". Accanto a scritti ormai classici di Sklovskij e Ejchenbaum, l'antologia contiene saggi di Brik, Tynjanov, Propp, Vinogradov e dello stesso Jakobson. Da queste pagine il lavoro rigoroso dei "formalisti" russi è restituito nella sua antiaccademica vivezza e nella sua feconda attualità, e diventa uno strumento prezioso per chiunque sia interessato ai problemi di teoria e storia del fatto letterario.-A.J.Greimas, linguista lituano, introduce lo schema attanziale , modello di analisi testuale, articolato sulle coppie destinante-destinatario, soggetto-oggetto, aiutante-opponente . Il modello attanziale e' un modello paradigmatico fondato sulle relazioni di opposizione esistenti fra sei fondamentali attanti o ruoli narrativi che sono : soggetto , (colui che compie l'azione), oggetto (che è la meta dell'azione), aiutante (che aiuta il soggetto), opponente (che ostacola il soggetto), destinante (che è il mandante del soggetto all'inizio della narrazione), destinatario (a cui viene affidato alla fine l'oggetto o attante finale della comunicazione).Ma ,come dicevamo all'inizio,l'interesse per la letteratura  oggi torna a farsi sentire in modo assai vivace, (Vd.. LE RIFLESSIONI  CON IL PROF.  ROMANO LUPERINI nel Forum di questo sito).M.Allo


Vi proponiamo un'intervista incrociata a Tzvetan Todorov, storico e saggista e François Bégaudeau , romanziere e professore di francese.
 Intervista realizzata da Sabrine Audrrie. Traduzione di Maria Antonietta Murgia.)

La Croix: Quali sono i pericoli che minacciano la creazione letteraria contemporanea?

T.T: Il “pericolo” di cui parlo procede da diverse cause che sono, tuttavia , collegate a una certa concezione della letteratura. La prima risiede nell'insegnamento nelle scuole, che subito dopo il 1968 ha subito un cambiamento, al quale io ho partecipato in modo attivo. Quello che si voleva era stabilire un equilibrio tra l'approccio alla letteratura attraverso dati esterni, biografici e aneddotici, e l'analisi più attenta delle opere stesse.

Ci si è spinti però troppo in là e il risultato è che oggi l'insegnamento si incentra sugli strumenti dell'analisi letteraria più che sulle opere stesse.

Questa stessa concezione austera è presente in buona parte della critica giornalistica e persino in numerosi scrittori, che sono come immobilizzati dal loro stesso desiderio di conformarsi alle teorie che ritengono essere alla moda.

F.B.:Il professore di francese che è in me rifiuta le osservazioni che lei fa sull'insegnamento. Siamo costretti a essere pragmatici, soprattutto nelle realtà scolastiche difficili, e di fatto ci prendiamo delle libertà rispetto alle indicazioni ufficiali che, secondo lei, esortano al formalismo, cosa alla quale comunque io non credo: chiedersi se Kafka appartenga al registro comico o tragico è una domanda che ci porta molto lontano, per quel che riguarda il senso e non solo la forma.

Del resto, bisogna rendere giustizia allo spirito di quella riforma e alla svolta post 68: si trattava di adattare l'insegnamento alla sua democratizzazione.

Passare per procedimenti di analisi formale permette di stabilire un contatto anche con coloro cui tendenzialmente un testo non evoca nulla. Consideriamo a titolo d'esempio lo schema attanziale¹,schema formale che analizza la struttura delle opere teatrali svincolando soggetto, oggetto, finalità, aiutante, opponente: permette a ciascuno di penetrare nell'opera, anche nel caso in cui la lingua non gli fosse congeniale o la storia non gli dicesse nulla.

T.T. E' normale che chi pratica questo metodo d'insegnamento lo difenda. Io considero piuttosto il punto di vista degli alunni. Alla scuola secondaria l'indirizzo letterario non attira più nessuno, con una simile impostazione dello studio della letteratura gli alunni non capiscono a cosa serva. Trovo sconfortante pensare che per appassionarli si debba parlare loro di aiutanti e opponenti! Bisognerebbe piuttosto mostrare agli allievi che i grandi testi del passato parlano di loro, danno senso alla loro vita interiore e li aiutano a vivere meglio.

Il problema del senso si affianca a quello dell'impegno in letteratura, che lei affronta e difende, François Bégaudeau, nel suo testo dell'opera collettiva “Devenirs du roman” (Prospettive di evoluzione del romanzo)

F.B: Questo libro collettivo mette insieme numerose ipotesi, e tale eterogeneità è quello che volevamo soprattutto esprimere. E' molto complicato classificare l'esperienza del romanzo contemporaneo secondo due o tre etichette, e io non credo che la letteratura francese attuale soffra di un deficit di realismo. E' la sua freddezza di fronte alla parola “impegno” che volevo sottolineare nel mio testo.

I romanzieri francesi temono legittimamente di venire subordinati a un'intenzione militante, ma bisogna ricordare quello che diceva benissimo Sartre: “impegnati, lo si è di fatto”. Ed è su questo che io mi separerò da Tzvetan Todorov. Credo che a modo loro tutti i romanzi attuali ci dicano qualcosa del mondo. La cosa alla quale Todorov trova difficile mettere una pietra sopra forse è una letteratura il cui progetto sia rendere conto del mondo nel suo insieme.

Quest'ambizione è sparita dal romanzo attuale, come segnala Tzvetan Todorov?

F.B. Ritengo che il romanzo attuale metta in evidenza il concetto che non esiste un solo mondo! Esso affronta le cose da un'angolazione minore, cosa che io ho fatto con “Entre les murs” (tra le mura): Piuttosto che elaborare grandi teorie sulla scuola, ho scelto di entrare in un'aula per vedere come stanno le cose li. Ognuno è libero di dedurne quello che vuole sulla condizione della società. Ma lungi da me la pretesa di spiegare il mondo.

T.T. L'impegno, nel senso dato da Sartre, è sempre presente, dunque non si può darselo come scopo. L'impegno nel senso di inquadramento a servizio di una causa è contrario allo spirito stesso del romanzo, che non è un genere didascalico.

In compenso si può auspicare che gli autori si sentano responsabili, cioè che si facciano carico della continuità tra il mondo nel quale vivono e il mondo che creano. Io e gli altri, reale e immaginario formano un mondo comune. Cosa che non significa assolutamente mondo unico. Ma io noto che questa esigenza è scarsamente rappresentata nel romanzo contemporaneo.

F.B. Un fondamentale punto di disaccordo tra noi è il nesso che lei stabilisce nel suo libro tra nichilismo (“il mondo è abominevole”), solipsismo (“l'io è infinitamente interessante”) e formalismo (“la forma prima dell'essenza”), nesso al quale lei imputa l'impoverimento della letteratura. Ora, io ritengo che queste tre tendenze siano ampiamente antagoniste.

T.T. Non sono io che stabilisco questo legame, è la nostra epoca. Le tre tendenze che io cito non coincidono tra loro, ma sono complementari: si considera che per uscire dal formalismo non ci sia scelta che tra il nichilismo e il solipsismo. Apparentemente i due ultimi sono in opposizione, in realtà partono da una base comune.

L'autore nichilista non partecipa del mondo che descrive, dato che lo sa vedere dall'esterno. Il solipsista si attiene unicamente alla sua esperienza personale. Ora, la letteratura può immensamente di più, non c'è nessun motivo per limitarla a queste sole tendenze. Il mio libretto è una perorazione della causa della letteratura, un richiamo al fatto che è una cosa meravigliosa che può aiutarci nella nostra vita.

F.B. Penso che sarà più facilmente percepito come un grido d'allarme, mentre la nostra strategia, come è detto in “Inculte” , è piuttosto di accompagnare lo sforzo verso la letteratura. In questo modo affermiamo che è vitale e diamo la prova concreta che essa si mantiene nel tempo, che è in continuo movimento.

T.T. Non cerco di dare consigli agli scrittori, so bene che scrivono come possono! Ma noto che il loro mondo è talvolta estremamente povero e monotono, ridotto a una sola esperienza, mentre può essere infinitamente ricco, complesso, multiforme.

La letteratura francese contemporanea sembra avere un problema sotto questo aspetto, con poche eccezioni, come è messo in evidenza dallo scarso interesse che suscita all'estero. Io individuo una delle grandi cause di questo impoverimento nel modo stesso di concepire la letteratura: L'insegnamento e la stampa letteraria sono dominati dalle tendenze di cui parlo.

F.B. Attraverso uno scritto di cui desidero sottolineare la chiarezza, lei fa la cronistoria dell'evoluzione che ha portato a questo ripiegamento dell'arte su se stessa, del quale le tre tendenze di cui sopra sarebbero il prodotto. Io, questo non lo posso accettare! Proporrò un esempio: Huellebecq. Questo autore, che si situa di preferenza tra i nichilisti, sempre si è pregiato di essere in rottura totale con la tradizione formalista, ha sempre detto di non essere interessato allo stile, la qual cosa si dimostra puntualmente vera nei suoi libri. La tradizione, la scuola nichilista in nessun caso può essere messa tra i prodotti di quella filiazione.

T.T. Come ho detto, la scuola nichilista non è figlia dell'arte in sé, ma è piuttosto figlia della reazione contro l'arte.

F.B. Si, ma lei mette queste tre tendenze sullo stesso sullo stesso piano, quello di una stessa negazione del reale, o un isolamento e chiusura dell'arte in sé.

T.T. L'arte partecipa comunque di un rifiuto del mondo comune.

F.B. Se un mondo comune non esiste, non esiste! Non si può decretare che lo scrittore debba impadronirsi di un mondo che a suo avviso non esiste. Beckett osserva che il mondo comune non esiste più e fa il teatro e il romanzo che fa. Neanche Kafka sarebbe stato molto d'accordo ad affermare l'esistenza di un mondo comune. Proprio i suoi romanzi sono la testimonianza che qualcosa si sta perdendo, che non sarebbe del resto tanto il mondo comune in quanto tale, quanto l'idea che possa essercene uno.

Quando Christine Angot racconta la sua storia amorosa, senza risparmiarci nessun dettaglio né stato d'animo, non si tratta in nessun momento di un mondo comune. Ma è il suo mondo e lei fa bene a riportarlo! E questo ha valore di documento tanto quanto un romanzo che tratti un ambito più vasto. Si può non amare questo genere di libri, ma non si può negare loro la categoria di realtà.

T.T: Ma è l'unica cosa che possiamo chiedere all'esperienza, che sia reale? Quanto al rifiuto del mondo comune, io non la seguo. Se le cose stanno così, non si scrivono libri, ci si rifugia nel silenzio.

F.B. Si possono certamente proporre temi universali che creino degli automatismi di identificazione, ma io non sono sicuro che sia per questa via che un libro arrivi a toccarci profondamente o a trasformarci. Direi piuttosto che ci “confermi” in quello che siamo. Il mio continuare a essere piuttosto attento alla forma è alimentato dalla convinzione che, in un libro, sono la sua forma, la lingua, la musica i veri veicoli di trasformazione del lettore, molto più che la tematica e il senso, che in fondo producono solo uno status quo.

Tzvetan Todorov nel suo libro mette in evidenza il ruolo della letteratura e insiste sulla nozione di piacere, che non sembra essere una delle principali preoccupazioni del libro collettivo.

T.T. La lettura deve essere associata al piacere, non si porterà nessuno alla lettura con la costrizione. E può essere associata al piacere perché dà gioia seguire una storia, immaginare esseri diversi da noi, cogliere il senso e scoprire la bellezza.

F.B. Nel libro collettivo affrontiamo solo in modo limitato questo concetto semplicemente perché la causa è condivisa. Un professore di francese desidera solo una cosa: che gli alunni provino piacere nel leggere i testi che egli propone loro; di fatto ci si trova con l'80% degli allievi, per i quali questo piacere, al primo approccio, non è cosa scontata. L'imposizione del piacere può anche essere di grande violenza e creare delle discriminazioni escludendo alcuni alunni dalla comunità letteraria. Presa questa situazione come punto di partenza, dobbiamo inventarci nuove strategie per giungere a questo piacere, e l'approccio formalista è una tra mille altre.

Dalla rivista on-line La Croix,

m.allo









Postato il Sabato, 02 febbraio 2008 ore 22:10:34 CET di Maria Allo
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