Dice Geno Pampalone a proposito di POESIA ED ERRORE di Franco Fortini autorevole critico e poeta
``Nella sua oscillazione o compresenza di emozione e ideologia, di testimonianza culturale e tenace volonta' artistica, si presenta con l'aspetto di una e vera autobiografia, o forse meglio come la storia autobiografica di una generazione, il ritratto poetico di una congiuntura storica, di una situazione umana lavorata dal tempo``
Tale ritratto, giunto all'altezza della meta' circa della vita dell'autore , aspira a completarsi non soltanto attraverso i successivi libri poetici, da Una volta per sempre 1963 a Composita solvantur 1994, e l'ampia , rilevante attivita' del traduttore, ma anche con i volumi del saggista-ideologo, fra tutti Verifica dei poteri 1965 e del saggista letterario.
Da Scenari
Per il suo libro Il futuro di Fortini ( Manni, pagine 110, euro 12) Romano Luperini ha scelto come epigrafe una magnifica (e appropriata) quartina di William Blake: «I will not cease from Mental Fight / Nor shall my Sword sleep in my hand / Till we have built Jerusalem / in England’s green and pleasant Land» (Non abbandonerò la lotta mentale, né dormirà la spada nella mia mano, finchè Gerusalemme non avremo costruito, nel dolce e verde suolo di Inghilterra). Una prima edizione del libro, ora modificato e integrato, porta infatti il titolo blakiano La lotta mentale.
Luperini è oggi uno dei pochi, o forse l’unico, erede e continuatore delle problematiche di Fortini. Più linearmente razionalista, più politico, meno poeta e meno attratto dalla teologia, Luperini però non abbandona Fortini né quello che tuttora possono insegnare la sua lotta mentale e la sua spada dialettico e polemica. Questo libro è perciò un’ottima, esauriente e militante introduzione-ritratto, in cui l’interpretazione di Fortini non tralascia nessun aspetto stilistico, ideologico, morale e storico.
Potrei fare due obiezioni, una letteraria e una politica. La prima è che la capacità, da Luperini attribuita a Fortini, di padroneggiare quasi ogni genere di scrittura, è spesso più potenziale che reale. I rimandi dialettici di ogni pagina a ogni altra, di ogni genere letterario e di ogni sapere a ogni altro, hanno finito per impoverire e soffocare in Fortini sia il poeta che il critico, sia l’ideologo che il narratore. Fortini ha sempre temuto l’«agio» e la «naturalezza» di praticare un genere letterario nel momento stesso in cui lo praticava. Le troppe connessioni hanno offuscato in lui l’evidenza delle cose singole. Più fiducia nella letteratura lo avrebbe reso un migliore scrittore politico. La seconda obiezione è perciò politica. Fortini «figlio della Terza Internazionale», intellettuale marxista e complessivo come pochi altri, ha continuato sempre a pensare la Rivoluzione come utopia, pur sapendo che le rivoluzioni marxiste-leniniste nel Novecento erano avvenute e che l’utopia si era dimostrata una menzogna e un inferno.
di Alfonso Berardinelli
m.allo