Confusione e incertezze: il mondo della scuola si trova in questo imbuto. L’unica possibilità è resistere e ancora resistere, in attesa che la bufera passi anche se le previsioni portano altri disastri. Un primo temporale, evitabile, sì è infatti scatenato con lo sciopero del 27 scorso perché il governo (di sinistra) da un lato accorda insoddisfacenti aumenti salariali e arretrati per il biennio economico fino al dicembre 2007, inseriti però nella finanziaria 2008, ma dall’altro non prevede fondi, nella stessa finanziaria, per i legittimi aumenti relativi al biennio a partire da gennaio 2008, benché la parte normativa del quadriennio sia stata approvata.
Calcolo furbesco in modo che la trattativa, per non essere travolti dall’inflazione, slittando da biennio in biennio, diventi sessennale o settennale. La domanda è però quella solita: e le promesse in campagna elettorale? L’adeguamento degli stipendi alla media europea? Il riconoscimento al merito? La riqualificazione del ruolo educativo della scuola e della figura docente? La sistemazione dei precari?
Per questi stessi aumenti fra l’altro il governo ha attinto, per il 2006, nella sola indennità di vacanza contrattuale, saltando un anno di arretrati, mentre il resto, i 220 milioni di euro destinati alle morattiane funzioni tutoriali, sono stati elargiti a pioggia a tutti gli insegnanti sotto forma di aumenti.
Praticamente i cordoni della borsa si sono a malapena aperti solo per gli arretrati del 2007 e per aumenti medi di 75/80 euro netti al mese, mentre per il nuovo contratto 2008/09 non c’è un solo centesimo. E contro questa bufera i sindacati hanno reagito con uno sciopero nel quale si è pure inserita la gelida tormenta del precariato, tenendo conto che, a fronte di 170.000 insegnanti immessi in ruolo, altri “120.000 rischiano di restare fuori da tutto se i numeri previsti per questo triennio non cambiano” e nonostante questi docenti stiano già lavorando su posti liberi e vacanti.
In ogni caso non sembra che lo sciopero abbia avuto tanta fortunata adesione e non per solidarietà nei confronti del governo o per sciatto diniego di fiducia nei confronti del sindacato. Più semplicemente perché i lavoratori della scuola non riescono più a trovare una sola isola di certezza in questo mare così tempestoso di incertezze e di ciò è bene che qualcuno prenda nota, al di là dei fragorosi sollevamenti dell’antipolitica e del populismo spicciolo. Il sindacato ha sbagliato ad accontentarsi di risibili aumenti dopo due anni di trattative e di rinvii; e il governo ostenta miopia quando si ostina a non capire che qualcosa bisogna farla per la scuola senza cullarsi troppo delle grandi strategie riportate nel quaderno bianco che è ancora tutto da sfogliare.
E se contro questa bufera di gelo stipendiale si può anche reagire con lo sciopero, contro le altre tempeste bisogna imbottirsi bene e sperare. Allora ecco farsi strada la spinosa questione dei recuperi dei debiti scolastici su cui ancora molte scuole stanno dibattendo perché non riescono a trovare una via d’uscita onorevole in ordine ai tempi, ai modi e alle risorse, mentre Fioroni proclama serietà e rigore: ma a chi si riferisce? Il lavoro che finora è stato fatto è forse non serio e non rigoroso? C’è invece la sensazione che il ministro voglia tappare buchi là dove non riesce a trovare soluzioni complessive per dare vigore e impulso veramente serio alla istruzione.
Fra l’altro è stato rilevato dai tecnici degli ex provveditorati agli studi che protraendo la formazione delle classi ai primi di settembre (quando si saprà con esattezza il numero dei nuovi iscritti tra bocciati e no) non si potrà definire l’organico di diritto prima di novembre, cosicché i ragazzi potranno avere tutti i docenti in classe solo ai primi di dicembre quando cioè la scuola sta per chiudere il primo quadrimestre. Ora se il Ministero non è riuscito a individuare questo macroscopico abbaglio come può sbandierare serietà e rigore? E allora: resistere e resistere prima a Moratti, ora a Fioroni e poi?
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)