02.10.2007 Intervista a Mohamed
Sifaoui, algerino esule in Francia
condannato a morte per apostasia, è musulmano e difende Redeker
Testata: Il Foglio
Data: 02 ottobre 2007
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «VI PRESENTO I MIEI FRATELLI ASSASSINI»
Dal FOGLIO del 2 ottobre 2007:
Sono arrivati all’una di notte, armati di asce, coltelli e mitra. Hanno corso
oltre la periferia di Algeri, verso Rais, un villaggio di appena mille abitanti,
e a sud, verso Sidi Moussa. Hanno buttato giù le porte, trucidando nel sonno
vecchi, donne e bambini. Gente sgozzata, uccisa a mitragliate, fatta a pezzi con
le asce. Donne violentate. Bambini squartati sotto gli occhi delle madri. Hanno
fatto eplodere alcune case, gli abitanti richiusi dentro sono arsi vivi. Prima
di andarsene, i terroristi del Gia algerino hanno piantato le teste decapitate
delle vittime davanti all’entrata delle abitazioni. Se ne sono andati
trascinandosi dietro venti ragazze giovanissime. E’ una delle tante anonime
stragi algerine raccontate dallo scrittore musulmano Mohamed Sifaoui, l’autore
del nuovo pamphlet “Combattre le terrorisme islamiste” (Grasset edizioni) e il
più celebre dissidente algerino riparato in Francia. Una bomba ad Algeri, da cui
Sifaoui è scampato per miracolo, nel 1996 gli ha portato via numerosi amici,
uccidendo una trentina di passanti. Sifaoui, che figura in cima alla blacklist
del Gia algerino, ha vissuto da infiltrato per oltre tre mesi in una cellula
francese di al Qaida, ne ha tratto un libro sconvolgente, “Mes ‘frères’
assassins”.
Ha denunciato in un clamoroso documentario televisivo la propaganda occulta dell’islamista svizzero Tariq Ramadan. Sifaoui ha visto la sua foto e il suo nome accanto alla scritta “le mourtad”, l’apostata, su molti siti Internet islamisti. “Non potrai ritardare la tua ora”, diceva la sentenza di morte. Ne ha ricevute tante e le condanne non hanno nulla di virtuale. La protezione intorno a Sifaoui è diventata infatti totale a partire dal 2003 e si è intensificata dopo che ha scritto per la rivista sartriana “Les temps modernes”, diretta dal regista Claude Lanzmann, un editoriale in difesa di Robert Redeker, il professore di filosofia costretto a vivere nell’oscurità per un articolo apparso sul Figaro. In quest’intervista al Foglio, Sifaoui racconta la sua vicenda e spiega perché, lui che ci tiene a definirsi “musulmano democratico”, ha deciso di difendere Redeker, che un anno fa esatto entrava in clandestinità. Sifaoui è l’unico scrittore musulmano a figurare nella nuova raccolta che Patrick Gaubert ha pubblicato sotto il titolo “Combattre l’obscurantisme”, la prima antologia di articoli in difesa del filosofo, assieme a Lanzmann, Pascal Bruckner, Bernard Henri- Levi e Alain Finkielkraut. “Gli islamisti mi minacciano da una ventina di anni” ci spiega Sifaoui. “Mi hanno perseguitato in Algeria, hanno tentato di assassinarmi. Hanno ucciso di modo selvaggio e barbaro un centinaio di giornalisti e di intellettuali algerini durante questi ultimi quindici anni, molti erano anche miei amici. In Francia ricevo regolarmente minacce di morte e vivo dal 2003 sotto la protezione della gendarmeria. E’ una situazione che faccio mia e non voglio presentarmi come una vittima. Sono musulmano, democratico e laico che pensa che la resistenza all’islamismo sia un atteggiamento civico e che il rifiuto del terrorismo sia un dovere. Il mio ‘peccato’ è il peccato delle donne e degli uomini liberi che consiste nel rifiutare l’oscurantismo e preferirgli la luce”. Sifaoui ha trascorso una vita a guardarsi le spalle. “Quando si difendono principi o convinzioni ci si rifiuta di metterli su una bilancia. Come ho già detto, rifiuto di presentarmi come una vittima. Oggi siamo tutti in pericolo. Anche coloro che rifiutano di opporsi al terrorismo islamista non sono al riparo da un’azione terroristica.
Lo abbiamo visto tanto in occasione
degli attentati dell’11 settembre che in quelli di Madrid e Londra, il
terrorismo islamista ci riguarda tutti indipendentemente dalle nostre
convinzioni, le nostre origini, la nostra religione, il terrorismo islamista è
il nuovo fascismo che si abbevera del sangue degli innocenti e tenta di imporsi
con il terrore che vuole instaurare sugli spiriti. La migliore risposta da
opporre a questo fenomeno consiste nel rifiutare di cedere al terrore”. Robert
Redeker è ormai un simbolo di questa resistenza. “L’affare Redeker mi ispira due
reazioni. La prima è che l’islamismo è una minaccia reale per la libertà
d’espressione. La seconda è che le società e i dirigenti occidentali danno prova
molto spesso di una codardia straordinaria. Dobbiamo tutti ribadire in modo
chiaro e limpido che non possiamo mercanteggiare i valori legati alla
democrazia, ai diritti dell’uomo e alla libertà cedendo sui valori universali.
Penso che non abbiamo troppo spesso il coraggio di inviare messaggi chiari ai
fondamentalisti”. Redeker ha vissuto per settimane al buio in casa, è stata come
una notte della libertà. “Ho immediatamente comunicato a Redeker che lo
sostenevo senza riserve. Ero tenuto a testimoniargli la mia totale solidarietà.
Ciò mi ha del resto valso minacce di morte. Il sostegno degli intellettuali
francesi non è stato franco, come per le autorità. E’ passato del tempo perchè
tutti comprendessero la sfida di una situazione simile. Una persona minacciata
non deve sentirsi sola e isolata, deve contare su un sostegno senza eccezioni da
parte di tutti quelli che si riconoscono nei valori democratici. Ho uno solo
rimprovero a Redeker: non doveva nascondersi. Sono i criminali e i terroristi
che devono vivere nella clandestinità. Ai terroristi occorre rispondere
chiaramente, come ho già precisato, noi rifiutiamo di sottoporci ai loro diktat
e di cedere dinanzi alle loro minacce”. Sifaoui spiega che l’11 settembre ha
decretato l’inizio di una “guerra dei cent’anni” di musulmani contro musulmani.
“Occorre sapere prima di qualsiasi cosa che i musulmani sono storicamente e
statisticamente, le prime vittime del terrorismo islamista. E’ stato il caso in
Algeria o in Egitto ma anche in Giordania e in Marocco e in Iraq, da Grozny a
Madrid. E’ il motivo per cui occorre che l’occidente conduca la guerra contro il
terrorismo islamista al fianco dei musulmani democratici. Lo dico e lo ripeto
già da molti anni, il terrorismo utilizzato dal Hamas, quello utilizzato dagli
algerini salafiti, di al Qaida o degli iracheni islamisti o della ‘legione
araba’ che imperversa in Cecenia è identico, si nutre della stessa ideologia: il
salafismo, una dottrina oscurantista propagata dalla confraternita dei Fratelli
musulmani e dai wahabiti sauditi. E’ quest’ideologia estremista, retrograda e
fascista che occorre combattere”. Dalle vignette danesi a Redeker, la libertà di
parola è duramente minacciata in Europa. “Queste vicende hanno mostrato in
particolare l’incapacità degli europei di difendere i loro principi. Non è
l’islam che rappresenta un pericolo, ma i fondamentalisti. Bisogna essere allo
stesso tempo chiari e giusti. Chiaramente ricordando a tutti che la libertà
d’espressione non sarà mai al centro di un mercantaggio. Non è possibile trovare
un compromesso di sorta con i fanatici. Un cineasta assassinato, vignettisti
danesi fisicamente minacciati, un professore di filosofia costretto a vivere
nella clandestinità: non sono più minacce che si moltiplicano e si aggiungono le
une alle altre, ma molti atti di terrore che l’islamismo fa incombere sul mondo
libero. Il terrore fa già parte del quotidiano del mondo musulmano in Iran, in
Afghanistan, in Nigeria, in Sudan, nella Somalia dei tribunali islamici. Senza
dimenticare l’orrore dell’Arabia Saudita e di molte altre regioni sotto leggi
religiose di un altro tempo. Senza dimenticare, soprattutto, l’Algeria dove il
‘Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento’, che ha giurato fedeltà
a Al Qaida, prosegue i suoi omicidi terroristici. Vero laboratorio di
sperimentazione nella strategia di riconquista dell’islamismo politico,
l’Algeria ha pagato un omaggio pesante di sangue per la sua resistenza al
fascismo islamista. L’islamismo è una cancrena del mondo musulmano. Usa omicidi
politici come Sadat, il terrore collettivo come i massacri di interi villaggi in
Algeria e gesti isolati come Theo van Gogh”. In Europa personaggi come Tariq
Ramadan, prosegue Sifaoui, fanno il gioco dei negazionisti della vita. “Non
vorrei evocare qui il nome di quel personaggio. Questa persona alla quale i mass
media attribuiscono un’importanza è completamente trascurabile. Non sono persone
come lui che ci permetteranno di avanzare nella lotta al fanatismo. L’islamismo,
come progetto di società, ha numerose maschere, di cui quella del
neocomunitarismo, che nella misura in cui essenzializza le differenze, fa il
paio con il razzismo, il settarismo, l’intolleranza, e sostituiscono la lotta
necessaria contro le ingiustizie sociali con una lotta etnoreligiosa e razzista.
Le caste comunitariste segregano l’individuo nel giogo dell’odio degli altri.
Ravvivano i vecchi demoni. Così, il comunitarismo islamista ha ridato vita
all’antisemitismo nei sobborghi francesi invocando il pretesto penoso della
situazione in medio oriente. Per i fanatici il conflitto israeliano-palestinese
è soltanto un naso falso che giustifica tutte le violenze e copre il razzismo
con la maschera religiosa. Numerosi sono oggi coloro che rifiutano di piegarsi
al totalitarismo. I teologi musulmani che invece rifiutano di esprimersi di
fronte all’estremismo sono stolti e complici. Nei due casi, dobbiamo metterli di
fronte alla loro responsabilità. Osservate tuttavia che esistono barlumi di
speranza. Molti imam spagnoli si sono riuniti a Madrid e hanno decretato un
parere religioso che ha precisato che Osama bin Laden non era un musulmano. E’
questo tipo di atti forti e simbolici che attendiamo oggi da parte degli ulema.
Gli altri, coloro che preferiscono il silenzio, devono ricevere soltanto la
nostra sfiducia e il nostro disprezzo”. Sifaoui non nasconde il suo pessimismo.
“Resto convinto che non vinceremo il terrorismo islamista se non sconfiggeremo
anche il salafismo. La constatazione che faccio oggi è che le democrazie
combattono il terrorismo – con i mezzi polizieschi, militari e giudiziari – ma
non fanno nulla contro l’ideologia che lo nutre. Occorre battersi
ideologicamente e politicamente contro questa dottrina altrimenti non si
arriverà mai a un risultato. D’altra parte, l’islam non ha bisogno di essere
riformato ma di essere finalmente interpretato. Perciò, occorre una nuova
generazione di teologi capace di interpretare l’islam. Ovviamente, la resistenza
in un solo paese non basta più. Tanto più l’islamismo ha definito l’occidente
‘terra di prova’, terra di conquista. In un mondo interdipendente, è ormai
impossibile separare la libertà di coscienza in paesi musulmani della nozione
universale di laicità, e di quella d’uguaglianza tra gli uomini e le donne. Una
mobilizzazione mondiale è dunque indispensabile. E’ il desiderio espresso, in
tutto il mondo, da donne e uomini di qualsiasi origine, a cominciare dai
musulmani”. Redeker poneva una domanda fondamentale: “Di fronte alle
intimidazioni islamiste, che deve fare il mondo libero?” . “Fondamentale la
domanda lo è perché la società, musulmana o occidentale, che respinge
l’islamismo, e i dirigenti dei paesi musulmani o quelli dei paesi democratici
non sanno sempre quale atteggiamento adottare di fronte a questo nuovo fascismo.
I dirigenti europei in particolare, ma anche gli intellettuali di sinistra, si
adattano facilmente al fondamentalismo musulmano. Se viene giudicato, da loro,
come ‘moderato’, non c’è più nessun problema. Quando un islamista ‘moderato’
esige da un sindaco la creazione di spiagge orarie per le donne nelle piscine,
tenta di scalzare le basi della repubblica. E quando il sindaco garantisce
udienza a questa richiesta si rende inevitabilmente complice di un atto ignobile
contro la laicità: far passare la ‘legge di Allah’ prima di quella degli uomini.
Quando un responsabile politico sostiene un attacco in giudizio contro la
libertà d’espressione, come si è verificato con la vicenda delle caricature, si
rende complice contro un principio fondamentale di una democrazia: la libertà di
stampa e il diritto, sì il diritto, di criticare le religioni e i dogmi, tutti
le religioni e tutti i dogmi. Perchè disegnare Gesù con un preservativo è
espressione della libertà e tratteggiare Maometto con una bomba è invece ‘islamofobia’?
Così, da questo punto di vista, Redeker aveva ragione di porre la sua domanda
all’opinione pubblica. Ma ci diranno che non doveva ‘insultare’ il Profeta.
Dobbiamo chiedere ai musulmani, in particolare i religiosi, che siano della
Moschea di Parigi o dell’Uoif, di darci una spiegazione chiara, coerente e
logica che ci permetta di dormire in pace e di comprendere il loro silenzio nel
periodo successivo agli attentati di Londra, Madrid, New York, Sharm el Sheikh,
Istanbul, Algeri, Casablanca, Bali e Djerba. Perché sono così calmi e
‘illuminati’ quando minacciano Redeker e così rapidi a perseguire in giudizio la
rivista Charlie Hebdo per un semplice colpo di matita? Perchè organizzano, o
lasciano organizzarsi, delle manifestazioni per il velo e diventano
improvvisamente claudicanti quando si tratta di manifestare contro la barbarie
terroristica che si applica in nome dell’islam? I ‘musulmani moderati’ o
piuttosto i musulmani laici esistono. Ma esisteranno realmente soltanto quando
esprimeranno la loro condanna chiara e limpida in relazione al fondamentalismo
che uccide, minaccia, lapida, incalza, intimidisce, viola, saccheggia, violenta
preferendo l’oscurantismo alla luce, l’arcaismo alla modernità e la morte alla
vita. La resistenza all’oscurantismo non deve cessare. Non cesserà”. In tre siti
Internet francofoni Sifaoui è designato come “apostata”. “Equivale a una
condanna a morte nell’ideologia islamista. Chiaramente è scritto: ‘Sifaoui non
potrai ritardare la tua ora’. In un altro sito francofono: ‘Non c’è persona che
non voglia darle un colpo in testa’. Questo messaggio è stato inviato il giorno
dopo la mia partecipazione alla riunione organizzata a Toulouse per il sostegno
al professor Redeker. L’indagine poliziesca continua e riguarda altri messaggi
nei quali i loro autori mi promettono la decapitazione per le settimane o i mesi
a venire. Fanno male a credere che una minaccia possa farmi rinunciare ai miei
valori o indurmi ad arretrare. L’intolleranza e l’oscurantismo, che non cessano
di propagarsi, devono ricevere una risposta chiara e ferma da parte di tutti i
repubblicani. La sola arma che utilizzerò sarà quella che utilizza la giustizia:
la legge. D’altra parte, se ricevo molte minacce e insulti, molti lettori, tra
cui molti musulmani, mi esprimono il loro sostegno. Tengo sempre a ringraziarli
vivamente. E’ importante non occultare questa realtà triste. Terrorizzare,
intimidire, minacciare, e passare all’azione quando è possibile, per far tacere
le voci divergenti che contraddicono l’islamismo. Tutti i dirigenti politici che
hanno cercato di addomesticare l’islamismo hanno finito per farsi addomesticare
dall’islamismo. Questa verità assiomatica dovrebbe far riflettere tutti coloro
che continuano a flirtare con i difensori di questo ‘fascismo verde’. Alle
vostre intimidazioni, opporremo il codice penale. Ci promettete una morte
ingiusta, vi promettiamo un giudizio equo. Ci promettete l’inferno, vi
promettiamo la prigione. Sarei tentato di concludere: a buon intenditore, ciao”.