PALERMO. È considerato un «quartiere di frontiera», ma qualcuno non è d’accordo. «Brancaccio è una borgata come le altre» dice Vincenzo Di Figlia, preside dell’Istituto comprensivo intitolato a Padre Pino Puglisi.
Nella stanza del dirigente campeggiano le foto dell’ex presidente Ciampi, giunto in visita nel gennaio del 2000, in occasione dell’inaugurazione della scuola voluta dal prete ucciso dalla mafia. «Questo è un segno chiaro di come le cose possono cambiare, questa scuola non ci sarebbe mai stata senza il sacrificio di padre Puglisi».
I bambini sono rumorosamente in fila per uscire, qui le lezioni sono già iniziate venerdì. «Siamo partiti tre giorni prima rispetto al resto della Sicilia. Anche questo è un segnale forte. C’è da lavorare, certo, ma c’è anche tanta voglia di farlo». L’istituto in passato ha subìto incursioni e atti vandalici: «Nelle nostre sedi – dice – servono sistemi di allarme più efficienti. Spero che le istituzioni ci aiutino».
Nessun timore, però: «Ho scelto io di venire qui – spiega Di Figlia – anche gli insegnanti che arrivano in questa scuola non vogliono più andare via». Uguale serenità, identica risposta quella di Palma Sicuro, dirigente della scuola elementare Francesco Orestano. Anche lei ha scelto di lavorare a Brancaccio. «Per prevenire il fenomeno della dispersione – spiega – abbiamo creato il Progetto Felipe, che ha il compito di tenere stretti i legami tra l’istituzione scolastica e le famiglie».
La dirigente prova a sfatare l’idea di un quartiere duro, irrimediabilmente corroso dall’illegalità: «Le famiglie – dice – partecipano molto alle nostre attività. C’è anche un bel rapporto con la parrocchia alla quale forniamo i locali per il catechismo. L’edificio risale agli anni ’30 ma il piano di ristrutturazione è in corso. I nostri docenti insegnano qui, in media, da circa 9-10 anni. Questa è una dimostrazione di quanto siano esagerate alcune preoccupazioni».
«Per me – spiega Vito Lo Scrudato, nuovo dirigente del liceo Basile – questa è una sfida importante, un po’ romantica. Certo, i problemi non mancano. Bisogna costruire una cultura della legalità. Anche le strutture sono notevolmente migliorabili e per questo mi aspetto un intervento di Comune e Provincia». Un solo, vero cruccio: «Nel nostro liceo arrivano pochi ragazzi del quartiere».
Tre presidi a Brancaccio, tante speranze e un ottimismo di fondo. Ma anche un incarico troppo fresco e un’esperienza appena iniziata. Hanno un sapore diverso le parole di chi lavora in queste scuole da molti anni. Pur respingendo facili stereotipi, gli insegnanti lamentano un certo disinteresse delle istituzioni. Ritorna la desolante immagine della frontiera.
«La nostra scuola – racconta Anna Maria Farina, docente di lettere al "Basile" – fa molto per cercare di valorizzare le risorse di Brancaccio. Ad esempio attraverso un progetto di rivalutazione del castello di Maredolce o tramite spettacoli teatrali con i quali veicolare la cultura della legalità. Eppure io percorro da dieci anni la stessa strada e sembra non sia cambiato nulla. Gli scantinati di via Hazon sono rimasti tali e quali. Forse nemmeno il sacrificio di padre Puglisi è servito a molto, la sua memoria non è stata coltivata».
«Ci sforziamo di intervenire – dice Isabella Gonzales, insegnante di Inglese all’Istituto Puglisi – attraverso progetti sulla legalità o tramite il monitoraggio della dispersione, in collaborazione con gli assistenti sociali, l’osservatorio e l’Ausl. Ma spesso abbiamo l’impressione di essere soli».
ACCURSIO SABELLA (da www.lasicilia.it)