La cosiddetta “prova di resistenza” nelle decisioni collegiali
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Non di rado accade che le delibere adottate da organi collegiali siano oggetto di disapprovazione e di conflitto : soprattutto quando tali decisioni non corrispondono agli interessi portati dai dissenzienti o dagli assenti che, in questi casi, invocano, solitamente e surrettiziamente, vizi o irregolarità procedimentali, allo scopo di farle invalidare .
La casistica offerta dalla giurisprudenza e dalla dottrina è ampia, perché concerne le scelte degli organi collegiali pubblici o privati di qualsiasi ente, società, istituzione, associazione : si pensi, ad esempio, alle numerose delibere adottate dalle assemblee societarie, a quelle di un condominio, oppure alle decisioni degli organi collegiali scolastici, senza dimenticare le determinazioni assunte dalle rappresentanze collegiali di ogni tipo di sodalizio e di organizzazione in generale.
Orbene, qualora qualche componente di tali organi, obiettando la non corretta regolarità con cui è avvenuta la convocazione, ne impugna il deliberato, dovrà provare di avervi interesse: in forza del principio della c.d. «prova di resistenza», dettato al fine di una giusta composizione tra l’esigenza della reintegrazione della legittimità o della regolarità violata e l’esigenza di salvaguardare la volontà espressa dall’organo collegiale nella decisione adottata ( ex multis: Cons. Stato Sez. V 1306/2006 ). Un esempio per tutti: se un componente di un organo collegiale lamenta, ed a ragione, che la convocazione di tale consesso sia avvenuta senza il rispetto dei previsti termini liberi intercorrenti tra il giorno in cui è avvenuta la comunicazione della convocazione e la data in cui si è tenuta la riunione dell’organo deliberante, per cui egli non vi ha partecipato, dovrà,tuttavia, dimostrare che l’ irregolarità invocata e riscontrata ha inciso sul deliberato, nel senso che la corretta convocazione, invece, avrebbe consentito la propria presenza e con essa, di conseguenza, la decisione sarebbe potuta essere diversa. In sostanza una simile impugnativa, fondata sul rilievo dell’ irregolarità del procedimento attraverso cui si è,poi, formata la volontà collegiale, sarà dichiarata inammissibile per difetto di interesse, qualora, con giudizio prognotico, si accertasse che tale irregolarità non avrebbe potuto, comunque influire in concreto sulla decisione.( ex multis: TAR Puglia Sez. Lecce 01/10/1987 n.936, secondo cui “ l'assenza e quindi la mancanza del voto di un componente dell'organo collegiale non rilevano allorché sia dimostrabile che la deliberazione sarebbe stata egualmente adottata con l'espressione del voto contrario di quel componente (c. d. prova di resistenza), illegittimamente non convocato”) Come dire : è del tutto inutile annullare una decisione collegiale ed obbligare a riconvocare regolarmente l’organo decidente, se, poi, la decisione adottanda sarà comunque, verosimilmente identica a quella antecedentemente assunta e impugnata per vizio procedimentale.
Avv. José Sorrento
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Non di rado accade che le delibere adottate da organi collegiali siano oggetto di disapprovazione e di conflitto : soprattutto quando tali decisioni non corrispondono agli interessi portati dai dissenzienti o dagli assenti che, in questi casi, invocano, solitamente e surrettiziamente, vizi o irregolarità procedimentali, allo scopo di farle invalidare .
La casistica offerta dalla giurisprudenza e dalla dottrina è ampia, perché concerne le scelte degli organi collegiali pubblici o privati di qualsiasi ente, società, istituzione, associazione : si pensi, ad esempio, alle numerose delibere adottate dalle assemblee societarie, a quelle di un condominio, oppure alle decisioni degli organi collegiali scolastici, senza dimenticare le determinazioni assunte dalle rappresentanze collegiali di ogni tipo di sodalizio e di organizzazione in generale.
Orbene, qualora qualche componente di tali organi, obiettando la non corretta regolarità con cui è avvenuta la convocazione, ne impugna il deliberato, dovrà provare di avervi interesse: in forza del principio della c.d. «prova di resistenza», dettato al fine di una giusta composizione tra l’esigenza della reintegrazione della legittimità o della regolarità violata e l’esigenza di salvaguardare la volontà espressa dall’organo collegiale nella decisione adottata ( ex multis: Cons. Stato Sez. V 1306/2006 ). Un esempio per tutti: se un componente di un organo collegiale lamenta, ed a ragione, che la convocazione di tale consesso sia avvenuta senza il rispetto dei previsti termini liberi intercorrenti tra il giorno in cui è avvenuta la comunicazione della convocazione e la data in cui si è tenuta la riunione dell’organo deliberante, per cui egli non vi ha partecipato, dovrà,tuttavia, dimostrare che l’ irregolarità invocata e riscontrata ha inciso sul deliberato, nel senso che la corretta convocazione, invece, avrebbe consentito la propria presenza e con essa, di conseguenza, la decisione sarebbe potuta essere diversa. In sostanza una simile impugnativa, fondata sul rilievo dell’ irregolarità del procedimento attraverso cui si è,poi, formata la volontà collegiale, sarà dichiarata inammissibile per difetto di interesse, qualora, con giudizio prognotico, si accertasse che tale irregolarità non avrebbe potuto, comunque influire in concreto sulla decisione.( ex multis: TAR Puglia Sez. Lecce 01/10/1987 n.936, secondo cui “ l'assenza e quindi la mancanza del voto di un componente dell'organo collegiale non rilevano allorché sia dimostrabile che la deliberazione sarebbe stata egualmente adottata con l'espressione del voto contrario di quel componente (c. d. prova di resistenza), illegittimamente non convocato”) Come dire : è del tutto inutile annullare una decisione collegiale ed obbligare a riconvocare regolarmente l’organo decidente, se, poi, la decisione adottanda sarà comunque, verosimilmente identica a quella antecedentemente assunta e impugnata per vizio procedimentale.
Avv. José Sorrento