Scrivere all'Esame di Stato. Qualche considerazione
Dario Corno*
Si può imparare a scrivere? Probabilmente non nei giorni immediatamente precedenti all'esame di maturità. Ma scrivere è soprattutto questione di tecnica e le tecniche sono fatte per essere applicate. Dario Corno, un autorevole esperto di scrittura e didattica della scrittura (ha pubblicato, tra l'altro, il volume La scrittura. Scrivere riscrivere sapere di sapere, Rubbettino 1999) offre ai maturandi alcuni consigli pratici su come affrontare la prima prova scritta.
C'è qualcosa che accomuna chi deve scrivere all'Esame di Stato e chi fa ricerca scientifica sulla didattica della scrittura. È la passione. Chi scrive all'esame sa benissimo che lo aspetta un momento importante nella sua vita e che deve dare il meglio di sé (solitamente) per superarlo. Chi fa ricerca coltiva la passione di capire che cosa esattamente occorrerebbe fare per insegnare a scrivere. Lo studioso di scrittura, per esempio, sa benissimo - perché lo desume dagli innumerevoli scritti dedicati al tema in tutti i secoli del passato e ancor più oggi - che il consiglio migliore da fornire allo studente è "sii te stesso". Benché un'affermazione del genere possa lasciare perplessi perché sembra troppo generale e perfino superficiale (ma è detta a chiare lettere in una bella epistola sui problemi dello scrivere di Poliziano), oggi sembra chiaro alla ricerca più seria intorno a questi problemi (per esempio Bereiter e Scardamalia) che bisogna scrivere quello che si pensa e non tanto pensare a come qualcuno vorrebbe che noi scrivessimo (tanto meno a imitare pensieri che non si condividono, è il caso in cui si può essere sicuri di andar male).
Detto altrimenti, indipendentemente dal tipo di testo che si vuole affrontare (saggio breve, tema storico ecc.), ma tenendo conto di quanto richiede il formato specifico scelto, quello che conta è progettare un pensiero (per questo viene bene servirsi di una 'scaletta') e ricordarsi che esistono alcuni accorgimenti formali da seguire che lo rendono più 'comunicabile'.
Qualche 'dritta' da ricordare
Vediamo brevemente qualcuno di questi accorgimenti (e, semplificando molto, tutta la teoria che sta alla base di questi consigli). Anzitutto, occorre ricordarsi che si scrivono 'capoversi' e non semplici frasi che si seguono liberamente. Un capoverso è semplicemente un piccolo testo contenuto in 5-10 righe che contiene un pensiero completo, dopo di che si va a capo. In secondo luogo, bisogna ricordare che è meglio scrivere frasi brevi piuttosto che frasi lunghe (una frase è breve quando sta in un rigo e mezzo; è lunga quando supera i tre righi di un foglio). In terzo luogo, può essere utile scrivere la prima frase del capoverso come se fosse il titolo (ma non nominale!) del tema il cui svolgimento è il capoverso stesso. In terzo luogo occorre cercare di essere precisi nella scelta delle parole senza cercare gli 'effetti speciali' (parole roboanti, auliche o gergali) ed evitando le imprecisioni e le banalità (con parole generiche troppo usate o scorrette). Infine, si deve prestare molta attenzione alla punteggiatura; per esempio, spesso le virgole sono infide e si presentano al posto di un punto regalando l'effetto del 'pensiero macedonia'.
Queste semplici considerazioni sulla scrittura scaturiscono proprio dalla ricerca che è stata effettuata sulla qualità di scrittura esibita dagli studenti all'Esame di Stato. Sono molte infatti le analisi che hanno indagato il tema a partire dall'anno scolastico 1998-99. Alcune conclusioni sembrano oggi piuttosto chiare. Per esempio, è stato dimostrato che chi sceglie il testo di riferimento storico di solito ottiene valutazioni migliori di chi invece sceglie il testo di argomento 'generalista' (è più facile scrivere bene le cose che si sanno, che non inventarsi lì per lì idee generali su argomenti di larga diffusione, come da tempo si dice con un motto attribuito a Cicerone, e cioè "rem tene, verba sequentur", "conosci la materia, le parole seguiranno").
Evitare le banalità
Uno dei problemi più rilevanti della scrittura di un testo all'Esame di Stato è la 'banalizzazione del discorso'. Questa banalizzazione dipende da una pluralità di fattori (fra i quali includerei anche l'ansia da prova'), ma probabilmente il principale riguarda il fatto che spesso chi scrive produce quello che un tempo si chiamava 'tema scolastico', e cioè uno scritto in cui lo scrivente si limita a dire di una cosa quanto è risaputo a livello più generale (quello che si dice 'carenza di contenuti'), rinunciando invece a 'dire la propria'. Ecco perché, occorrerebbe invece osare ed "essere sé stessi", come insegnava Poliziano. E, tuttavia, questo problema ha anche non pochi collegamenti con il 'modo di scrivere' e con il fatto che non sempre gli studenti arrivano allenati a cogliere gli ingredienti formali della scrittura. Oggi, per esempio, potremmo sostenere che la 'carenza dei contenuti' in realtà nasconde una più avvertibile assenza di un 'curricolo formativo' della competenza di scrittura, centrato sui processi formali specifici dello scrivere. Tra questi aspetti potremmo indicare almeno quattro abilità di scrittura che sarebbe bene utilizzare quando si scrive. Eccole:
• la capacità di pianificare, cioè di seguire uno sviluppo discorsivo articolato in un progetto testuale (chi legge deve rintracciare un chiaro sviluppo delle idee);
• la capacità di paragrafare , ossia scrivere capoversi, cioè l'abilità di distribuire il discorso in sezioni autonome organizzate intorno a una linea tematica unitaria e funzionale alla progressione tematica;
• la capacità di citare, cioè di usare porzioni testuali di varia provenienza che vengano riferite a un piano comunicativo complessivo;
• la capacità di rivedere, cioè la capacità di intervenire sul testo secondo parametri specifici che favoriscono la leggibilità da parte del pubblico cui il testo è rivolto.
Sono queste capacità che sembrano responsabili del successo del proprio testo scritto: saper progettare un discorso coerente; scrivere paragrafi; citare, prestando attenzione a essere precisi nei tagli e nella rilevanza argomentativa di quanto si sta citando; e rileggere con attenzione, togliendo (le parole superflue e i pensieri deboli) e aggiungendo (i contenuti che rendono più accorta la linea che stiamo sostenendo).
Se si seguono con un po' di attenzione queste abilità di scrittura, è più facile "essere sé stessi" e dimostrare alla Commissione che non solo si è scritto, ma anche che si è pensato.
*Docente Grammatica italiana all'Università del Piemonte Orientale
Dario Corno*
Si può imparare a scrivere? Probabilmente non nei giorni immediatamente precedenti all'esame di maturità. Ma scrivere è soprattutto questione di tecnica e le tecniche sono fatte per essere applicate. Dario Corno, un autorevole esperto di scrittura e didattica della scrittura (ha pubblicato, tra l'altro, il volume La scrittura. Scrivere riscrivere sapere di sapere, Rubbettino 1999) offre ai maturandi alcuni consigli pratici su come affrontare la prima prova scritta.
C'è qualcosa che accomuna chi deve scrivere all'Esame di Stato e chi fa ricerca scientifica sulla didattica della scrittura. È la passione. Chi scrive all'esame sa benissimo che lo aspetta un momento importante nella sua vita e che deve dare il meglio di sé (solitamente) per superarlo. Chi fa ricerca coltiva la passione di capire che cosa esattamente occorrerebbe fare per insegnare a scrivere. Lo studioso di scrittura, per esempio, sa benissimo - perché lo desume dagli innumerevoli scritti dedicati al tema in tutti i secoli del passato e ancor più oggi - che il consiglio migliore da fornire allo studente è "sii te stesso". Benché un'affermazione del genere possa lasciare perplessi perché sembra troppo generale e perfino superficiale (ma è detta a chiare lettere in una bella epistola sui problemi dello scrivere di Poliziano), oggi sembra chiaro alla ricerca più seria intorno a questi problemi (per esempio Bereiter e Scardamalia) che bisogna scrivere quello che si pensa e non tanto pensare a come qualcuno vorrebbe che noi scrivessimo (tanto meno a imitare pensieri che non si condividono, è il caso in cui si può essere sicuri di andar male).
Detto altrimenti, indipendentemente dal tipo di testo che si vuole affrontare (saggio breve, tema storico ecc.), ma tenendo conto di quanto richiede il formato specifico scelto, quello che conta è progettare un pensiero (per questo viene bene servirsi di una 'scaletta') e ricordarsi che esistono alcuni accorgimenti formali da seguire che lo rendono più 'comunicabile'.
Qualche 'dritta' da ricordare
Vediamo brevemente qualcuno di questi accorgimenti (e, semplificando molto, tutta la teoria che sta alla base di questi consigli). Anzitutto, occorre ricordarsi che si scrivono 'capoversi' e non semplici frasi che si seguono liberamente. Un capoverso è semplicemente un piccolo testo contenuto in 5-10 righe che contiene un pensiero completo, dopo di che si va a capo. In secondo luogo, bisogna ricordare che è meglio scrivere frasi brevi piuttosto che frasi lunghe (una frase è breve quando sta in un rigo e mezzo; è lunga quando supera i tre righi di un foglio). In terzo luogo, può essere utile scrivere la prima frase del capoverso come se fosse il titolo (ma non nominale!) del tema il cui svolgimento è il capoverso stesso. In terzo luogo occorre cercare di essere precisi nella scelta delle parole senza cercare gli 'effetti speciali' (parole roboanti, auliche o gergali) ed evitando le imprecisioni e le banalità (con parole generiche troppo usate o scorrette). Infine, si deve prestare molta attenzione alla punteggiatura; per esempio, spesso le virgole sono infide e si presentano al posto di un punto regalando l'effetto del 'pensiero macedonia'.
Queste semplici considerazioni sulla scrittura scaturiscono proprio dalla ricerca che è stata effettuata sulla qualità di scrittura esibita dagli studenti all'Esame di Stato. Sono molte infatti le analisi che hanno indagato il tema a partire dall'anno scolastico 1998-99. Alcune conclusioni sembrano oggi piuttosto chiare. Per esempio, è stato dimostrato che chi sceglie il testo di riferimento storico di solito ottiene valutazioni migliori di chi invece sceglie il testo di argomento 'generalista' (è più facile scrivere bene le cose che si sanno, che non inventarsi lì per lì idee generali su argomenti di larga diffusione, come da tempo si dice con un motto attribuito a Cicerone, e cioè "rem tene, verba sequentur", "conosci la materia, le parole seguiranno").
Evitare le banalità
Uno dei problemi più rilevanti della scrittura di un testo all'Esame di Stato è la 'banalizzazione del discorso'. Questa banalizzazione dipende da una pluralità di fattori (fra i quali includerei anche l'ansia da prova'), ma probabilmente il principale riguarda il fatto che spesso chi scrive produce quello che un tempo si chiamava 'tema scolastico', e cioè uno scritto in cui lo scrivente si limita a dire di una cosa quanto è risaputo a livello più generale (quello che si dice 'carenza di contenuti'), rinunciando invece a 'dire la propria'. Ecco perché, occorrerebbe invece osare ed "essere sé stessi", come insegnava Poliziano. E, tuttavia, questo problema ha anche non pochi collegamenti con il 'modo di scrivere' e con il fatto che non sempre gli studenti arrivano allenati a cogliere gli ingredienti formali della scrittura. Oggi, per esempio, potremmo sostenere che la 'carenza dei contenuti' in realtà nasconde una più avvertibile assenza di un 'curricolo formativo' della competenza di scrittura, centrato sui processi formali specifici dello scrivere. Tra questi aspetti potremmo indicare almeno quattro abilità di scrittura che sarebbe bene utilizzare quando si scrive. Eccole:
• la capacità di pianificare, cioè di seguire uno sviluppo discorsivo articolato in un progetto testuale (chi legge deve rintracciare un chiaro sviluppo delle idee);
• la capacità di paragrafare , ossia scrivere capoversi, cioè l'abilità di distribuire il discorso in sezioni autonome organizzate intorno a una linea tematica unitaria e funzionale alla progressione tematica;
• la capacità di citare, cioè di usare porzioni testuali di varia provenienza che vengano riferite a un piano comunicativo complessivo;
• la capacità di rivedere, cioè la capacità di intervenire sul testo secondo parametri specifici che favoriscono la leggibilità da parte del pubblico cui il testo è rivolto.
Sono queste capacità che sembrano responsabili del successo del proprio testo scritto: saper progettare un discorso coerente; scrivere paragrafi; citare, prestando attenzione a essere precisi nei tagli e nella rilevanza argomentativa di quanto si sta citando; e rileggere con attenzione, togliendo (le parole superflue e i pensieri deboli) e aggiungendo (i contenuti che rendono più accorta la linea che stiamo sostenendo).
Se si seguono con un po' di attenzione queste abilità di scrittura, è più facile "essere sé stessi" e dimostrare alla Commissione che non solo si è scritto, ma anche che si è pensato.
*Docente Grammatica italiana all'Università del Piemonte Orientale