Sembra ormai scontato: gli adulti apprendono dai giovani, i padri dai figli. Però, quanti problemi! In particolare, quello dell’autorità che legittima. Non tanto dal punto di vista formale, giuridico. Da quello culturale. Ci ho pensato vedendo il bel film di Gian Paolo Cugno. "Salvatore. Questa è la vita".
E’ stato un luogo comune pensare che la vita è vera maestra. Si diceva della strada che insegnava a vivere. Nella scuola, la cultura libresca. Altro rispetto alla vita. Anche se le prediche esortavano a vedere nella scuola la preparazione alla vita. I più la vita, invece, la apprendevano nei luoghi in cui essa si trovava: nelle botteghe, nelle campagne, sulle barche. Coi mastri artigiani o con i padri. Perché la vita era legata al lavoro e ai mestieri. E Salvatore dal padre impara a guidare la moto-Ape. E tante altre cose che lo tengono lontano dalla scuola. Anche quando il padre cerca di fargli capire l’importanza della scuola per la vita. Ma, ci credeva veramente? E la banda musicale suonava sulla barca scandendo il calendario che si ripete anno dopo anno con le identiche liturgie. Come la vita che aveva le sue liturgie.
Il maestro si sostituirà al padre per fare capire a Salvatore l’importanza della scuola. Non solo per motivi di legge. Nel tentativo, il paradosso, il maestro diventerà allievo del suo allievo renitente. Scoprirà l’abilità di Salvatore nel mettere in moto l’automobile in panne, la competenza nella coltivazione dei pomodori in serra, di montare il motore della sua barca. Se la cava proprio in tutto. Mentre il maestro è proprio in difficoltà. Non solo nella vita quotidiana. Pure nell’esercizio della sua professione. Costretto ad arrendersi e pronto a fare le valigie. E’ salvato proprio da Salvatore che matura il convincimento di tornare a scuola dopo avere assaporato il piacere dei saperi libreschi fuori dall’aula scolastica, tra i pomodori nella serra,dove il maestro glieli aveva delibato. Lui salverà il maestro e la scuola. Non senza avere assimilato la figura del maestro a quella del padre. L’autorità che ha dato forza e coraggio a Salvatore. L’antenato che Salvatore va a trovare in cimitero.
La scena chiave. Bellissima. Il comportamento degli uomini ha bisogno di essere legittimato dall’autorità degli antenati. Lo abbiamo appreso da Omero, da Virgilio, da Dante…..Dal ruolo che svolge la storia -magistra vitae- nella cultura occidentale. Ulisse, Enea, Dante vanno tra gli antenati per conoscere e fare conoscere agli umani il futuro. Anche il protagonista di una vita meno eroica, quotidiana, ha bisogno dell’incoraggiamento dell’antenato. Nel mondo secolarizzato senza dei il rischio è quello della voce di una mamma che, mentre sta facendo l’acconciatura ai capelli, chiama sul cellulare la figlia a scuola……… Desolante!.. La scuola vince. Ma è ugualmente una tristezza. Salvatore manifesterà la voglia di imparare anche copiando dai compagni. Il maestro verrà confermato. Anche la banda tornerà a suonare.
A lungo i miei studenti hanno applaudito. Mi sarebbe piaciuto capire le ragioni dell’applauso finale. Gli insegnanti hanno pure apprezzato il film. Me lo hanno detto. Alcuni con lo sguardo. Credo di più alla conferma degli sguardi. Sono molto meno rituali. Forse dicono quello che sente l’anima più delle parole spesso di circostanza. Una bella favola raccontata bene. Con linguaggio semplice, essenziale di parole e di immagini. Il film merita il consenso e forse qualcosa di più.
Mi ha messa tanta tristezza, però. Saranno i Salvatore -che nome!- a salvare la scuola. Non gli insegnanti che hanno bisogno di essere salvati. Non il potere amministrativo che la contesta tramite, nella fattispecie, l’assistente sociale. E’ improponibile che i docenti vadano a recuperare nei luoghi in cui si ’nascondono’ i ragazzi assenteisti. Quelli che costituiscono il fenomeno della dispersione scolastica. E poi i bulli, e poi le famiglie che si curano solo di chiamare al telefonino i figli….. Forse la scuola è un attore superfluo.
Salvatore la salva e salva una tradizione. La cultura degli antenati. La nostalgia, il desiderio del ritorno al padre, a Itaca. Questa è stata la vita. Credo impossibile il ritorno della banda musicale sul barcone. Altra musica. Forse solo rumori assordanti, chiasso e tantissima distrazione attende i ragazzi fuori e dentro le aule scolastiche. Ché i libri, mai stati unica fonte di sapere, lo sono oggi meno. L’enciclopedia è raggiungibile altrove. Richiede abilità non necessariamente da apprendere nelle aule. Anzi! I Salvatore non si troveranno nelle serre. Molti restano a casa al mattino. Padroni della notte, non cercano padri. Tanto meno nei cimiteri. Gli antenati , contratti, si ritirano. I Panteon si svuotano. Meglio così. Liberarsi per guardare al futuro, per costruirlo con animo sgombro da pregiudizi?
Il Rinascimento italiano dette i frutti più maturi quando ebbe ben appreso la lezione degli antichi, collocati nel loro contesto di remoto passato irripetibile.
LUCIANO VULLO Preside Liceo Scientifico «Elio Vittorini»
Assessore alla cultura del Comune di Gela
(da www.lasicilia.it)