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News: ''Ah, se la scuola fosse seria come appassionerebbe''

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Maria Cristina Carratù, riporta sul giornale Repubblica, una intervista al prof. Domenico Starnone, autore del libro, Ex cattedra, diario di un insegnante appassionato alle prese con una istituzione in disfacimento. Oggi, arricchita di altre storie, una nuova edizione mostra come vent´anni siano passati invano. "La scuola non ha mai avuto una vera riforma perché non è più stata considerata fra i bisogni primari del paese. E invece ci si sarebbe dovuto investire moltissimo, a cominciare dalla formazione degli insegnanti fin dall´Università, pretendendo preparazione disciplinare medio-alta, provata capacità di entrare in relazione, passione." ...da edscuola.it, da Repubblica

da edscuola.it

da Repubblica
Mercoledì, 28 Febbraio 2007

"Ah, se la scuola fosse seria come appassionerebbe"

Un dramma raccontato coi sorrisi

Incontro alle 17,30 alla Biblioteca comunale di via Sant´ Egidio

MARIA CRISTINA CARRATU´

SCUOLA, grande malata. E´ la metà degli anni ‘80 quando il libro di Domenico Starnone, Ex cattedra, diario di un insegnante appassionato alle prese con una istituzione in disfacimento, vede la luce. Oggi, arricchita di altre storie, una nuova edizione mostra come vent´anni siano passati invano. A lungo professore alle superiori, scrittore, autore di memorabili cronache sul malcostume scolastico, Starnone (stasera a Leggere per non dimenticare, ore 17,30, Biblioteca di via S. Egidio, con letture di Dimitri Frosali e Massimo Salvianti) racconta in modo esilarante e insieme allarmante ciò che gli appare un vero dramma nazionale. Indicando anche alcune possibili soluzioni, «da avviare subito», avverte, «perché, prima di avere effetto, a una riforma della scuola serve una trentina d´anni...».

Ma davvero, Starnone, la scuola italiana è ridotta così male?

«Dopo il grande sommovimento degli anni ‘60-´70, già alla metà degli anni ‘80 è una scuola che gira a vuoto. Bloccata in una serie di riti, antichi come le interrogazioni, gli scrutini, gli esami, o introdotti dalla contestazione, come gli organi collegiali, le assemblee, ma senza più la minima carica innovativa».

La contestazione non ha lasciato nessuna eredità positiva?

«Una importante caduta di barriere nei rapporti fra studenti e insegnanti, questo sì. Ma il sentimento della scuola pubblica come pilastro della società, della stessa democrazia, tipica dell´epoca di crescita del paese e che apparteneva anche a chi la contestava, è finito. Dalla fine degli anni ‘90, il degrado è inarrestabile e oggi la scuola è vista solo come un obbligo».

Colpa della classe politica?

«La scuola non ha mai avuto una vera riforma perché non è più stata considerata fra i bisogni primari del paese. E invece ci si sarebbe dovuto investire moltissimo, a cominciare dalla formazione degli insegnanti fin dall´Università, pretendendo preparazione disciplinare medio-alta, provata capacità di entrare in relazione, passione. Ma siccome una riforma rompe degli equilibri, gli stessi che potevano beneficiarne l´hanno sempre ostacolata in nome dello status quo, senza qualità ma rassicurante, in cui hanno imparato a vivere. E i governi, di tutti i colori, non hanno mai avuto il coraggio di sfidare il consenso di famiglie, insegnanti, studenti».

Intanto, nel giro di pochi anni, e in aggiunta alla tv, hanno fatto irruzione agenzie formative totalmente nuove e competitive, come Internet.

«...e gli insegnanti avrebbero dovuto essere formati a conoscere i mille luoghi nuovi dove si formano le capacità intellettuali dei ragazzi, dalla play station all´ipod, senza diventarne subalterni. E cioè senza dimenticare la specifica funzione della scuola: che non è di far trovare ai giovani un lavoro, bensì di trasmettere il passato, insegnare a ordinare il presente e a dare senso a ciò che accade».

A tutt´oggi mancata, la grande posta in gioco resta insomma una scuola di massa di qualità.

«Appunto. E il ritorno nostalgico a una scuola selettiva non è una risposta. In una scuola che non funziona, la selezione secondo il merito diventa la ratifica di un privilegio, mentre una scuola che forma sa mettere ognuno in condizione di manifestare la meglio le proprie capacità. E una vera riforma dovrebbe puntare a una scuola che appassiona non perché è facile o divertente, ma perché è seria».

 









Postato il Mercoledì, 28 febbraio 2007 ore 18:37:12 CET di Salvatore Ravida
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