dal sito " Il Giornale"
di Marcello Foa
In serata nove dei sedici membri della Consulta islamica decidono di unirsi,
pubblicano un duro comunicato di condanna. È la voce dell’Islam laico e
moderato. «La poligamia non rappresenta in alcun modo un’esigenza religiosa e
sociale dei musulmani in Italia e nel mondo contemporaneo - si legge nella nota
-. Temiamo
piuttosto
che rappresenti per alcuni personaggi l’occasione per catturare l’audience dei
media e costruire una campagna di disinformazione utile alla legittimazione di
una società parallela di matrice islamista dove le donne vengono tenute
all’oscuro dei loro diritti, della loro libertà e del loro onore».
Parole pesanti. L’Ucoii, movimento controverso e noto per le posizioni
integraliste, non può tacere. Il suo portavoce Isseddin Elzir prende le
distanze: ricorda che Ghrewati «non ricopre alcun incarico dirigenziale e
pertanto non parla a nome dell’Unione». Certo, Elzir rifiuta «sia di condannare
sia di approvare» e ricorda che «la società, sviluppandosi, diventa
multiculturale e multireligiosa e, di conseguenza, le leggi si adeguano a questi
cambiamenti», ma «occorre rispettare le leggi di questo Paese». Insomma, loro
non c’entrano.
Ma cos’ha detto Ghrewati, nell’intervista al Tg1? Pur negando di essere poligamo
«perché non è legale», ha auspicato una nuova legge per poterlo diventare alla
luce del sole. «Ad esempio, se mi fa piacere avere quattro mogli devo andare in
clandestinità e questo non è giusto». Ma così non si lede la dignità delle
donne?, gli ha chiesto la giornalista del Tg1, Barbara Carfagna. «No, perché
poligamia significa salvare le donne dalla fregatura dell’uomo. Tu la vuoi, fai
l’amore con lei, te la devi tenere». Il linguaggio è crudo, ma per il fondatore
dell’Ucoii assolutamente normale. A suo giudizio nemmeno i problemi legali sono
insormontabili. «Il marito va dal notaio - ha spiegato - e, secondo coscienza,
divide il suo patrimonio tra le mogli. Così va incontro al giorno del Giudizio
nel modo giusto. E Dio non lo punisce».
Souad Sbai, presidente dell’Associazione delle donne marocchine in Italia dà
sfogo alla sua rabbia: «Così si torna al Medio Evo». «Un’intervista gravissima»,
commenta l’Islamic Anti-defamation league di Dacia Valent. «Una dichiarazione
scandalosa e trovo molto diseducativo che il Tg1 le abbia dato risalto»,
rilancia Yahya Sergio Pallavicini, vicepresidente della Comunità religiosa
islamica d’Italia, perché contraria alla posizione della stragrande maggioranza
dei musulmani in
Italia.
La Sbai, parlando con il Giornale, osserva, con disappunto, che a pagare le
conseguenze di dichiarazioni stralunate come queste sono innanzitutto gli
immigrati islamici. «Continuo a ricevere segnalazioni da marocchini che per
strada e sul lavoro vengono additati come poligami. La gente non conosce l’Islam
e reagisce impulsivamente. Purtroppo è normale che questo accada». La Sbai
attacca gli intellettuali italiani, soprattutto quelli di sinistra: «Perché
nessuno reagisce? Qui ne va della libertà di tutti». Lei, come gli altri otto
membri della Consulta che hanno firmato l’appello, invita le istituzioni a
smettere di dare ascolto e visibilità a movimenti fondamentalisti. «Come l’Ucoii»
che, assicura, «conta zero tra i musulmani che vivono in Italia».