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Costume e società: Francia, fatwa di morte perché critica l’islam. Il professor Robert Redeker costretto alle dimissioni dal liceo di Tolosa

Opinioni

 

Il professore francese Robert Redeker ha scritto il 28 settembre un articolo su Le Figaro in cui metteva a nudo le radici dell'integralismo islamico e il suo tentativo di assoggettare l'Europa. Per questo è stato condannato a morte con una fatwa, ed è stato costretto a fuggire di casa vivendo come persona "sans domicile fixe". Riporto sotto il messaggio da lui inviato ad André Glucksmann. È aperta l'adesione ad un appello in suo favore che si può firmare nei siti internet seguenti (in cui si trova anche tutta la documentazione dei fatti):
http://www.resiliencetv.fr/modules/news/article.php?storyid=1271
http://www.resiliencetv.fr/modules/news/article.php?storyid=1273


Da LIBERO del 29 settembre 2006, riportiamo la cronaca di Hamza Boccolini:

La libertà d'opinione in Europa continua ad essere minacciata dall'estremismo islamico e dai militanti di al-Qaeda. Questa volta la vittima è un filosofo francese, Robert Redeker che, il 19 settembre scorso, aveva pubblicato sul quotidiano "Le Figaro" un intervento giudicato "offensivo" nei confronti dei musulmani. In particolare aveva osato difendere in un editoriale le posizioni di Papa Benedetto XVI sull'Islam accusando i musulmani di voler intimidire l'Occidente. Per questo motivo il giorno dopo le autorità tunisine ne avevano bloccato la diffusione nel proprio paese accusandolo di aver offeso l'Islam. Non pago di ciò, l'estremismo islamico ha deciso di perseguitare il filosofo. Nei giorni scorsi ha infatti ricevuto minacce di morte scritte via e-mail. La cosa più grave però è quella che alcuni specialisti di anti-terrorismo hanno trovato in Internet. In uno dei più famosi siti utilizzati da al-Qaeda, sono state trovate pesanti minacce rivolte a Redeker. In un forum è stata pubblicata la sua foto con l'indirizzo di casa e della scuola di Tolosa nella quale insegna. Nel messaggio si invitavano i musulmani francesi ad emulare l'olandese di origine marocchine, Mohamed Bouyeri, che ha ucciso il regista Theo Van Gogh per il film submission. «Ha osato lo sfacciato attaccare chi ha fatto uscire la gente dal politeismo portandola verso la fede - recitava il messaggio - quello che bisogna fare in questo giorno è che i leoni di Francia si vendichino di lui, emulando i compagni del profeta, e facciano ciò che ha fatto il leone olandese Mohamed Bouyeri e il compito non è impossibile se chi lo esegue vive in Francia e si affida ad Allah». Ora il filosofo si troverebbe "in un luogo sicuro", secondo quanto riportato dal quotidiano regionale "La Depeche du midi". Nel suo intervento dal titolo "Di fronte alle intimidazioni islamiche, che cosa deve fare il mondo libero?", l'insegnante di un liceo di Saint-Orens-de-Gameville, vicino a Tolosa, aveva definito il Corano un "libro di una violenza inaudita" e il profeta Maometto "un condottiero spietato, predatore, massacratore di ebrei e poligamo". In un'intervista a "La depeche du midi", Redeker, 52 anni, ha dichiarato di «non essersi pentito» di aver scritto quel testo. E ha aggiunto di «aver provato angoscia in un primo tempo per le minacce di morte e tristezza in seguito perché quello che mi è successo corrisponde esattamente a ciò che denunciavo nel testo: l'Occidente è tenuto sotto sorveglianza ideologica dall'Islam».

Edizione 211 del 04-10-2006


La violenza delle fatwe sfida tutto l’Occidente
di Stefano Magni

La “Jihad della parola” prosegue senza sosta. “Jihad della parola” è un’espressione coniata da Magdi Allam per indicare la censura imposta agli occidentali dagli Jihadisti: la minaccia di morte rivolta a tutti coloro che esprimono concetti sgraditi agli Islamisti. La campagna dei radicali islamici contro Benedetto XVI è ormai ignorata dai media occidentali, ma prosegue in tutto il mondo arabo. In Pakistan, in particolar modo, il movimento Jamaat ud Dawa ha emesso una fatwa chiedendo ai musulmani di tutto il mondo di uccidere il Papa. Secondo il giornale pachistano “Ausaf”, uno dei leader del movimento, Hafiz Saifullah Khalid, nel corso di una conferenza di islamisti a Karachi, ha dichiarato che, nelle attuali circostanze, la Jihad è diventata un obbligo per ogni musulmano. Per giustificare questa politica aggressiva, i toni sono solo apparentemente difensivi: secondo il presidente della Jamaat ud Dawa, Hafiz Abdur Rahman Dakki, è l’Occidente ad aver iniziato una guerra di religione contro l’Islam in tutto il mondo: “Noi dobbiamo compiere tutti i passi necessari per fronteggiare i campioni della Crociata. È giunto il tempo, per i musulmani, di aprire gli occhi e di capire che l’Occidente non è mai stato amico dei musulmani e non lo sarà mai”.

L’ultimo episodio di questa campagna di odio è proprio di questi giorni: un professore di filosofia francese, Robert Redeker, è scortato dalla polizia dopo aver ricevuto credibili minacce di morte da parte di gruppi radicali islamici. Le intimidazioni vanno dalle email con insulti alla pubblicazione della foto e dell’indirizzo privato del professore nei siti usati da Al Qaeda, in cui si invitano i musulmani francesi a emulare Bouyeri, l’assassino di Theo Van Gogh. “Non potrai mai essere sicuro su questa Terra” - si legge in una delle email di minaccia - “Un miliardo e trecento milioni di musulmani sono pronti ad ucciderti”. La colpa di Robert Redeker? Aver difeso gli argomenti di Benedetto XVI e aver definito la religione islamica come un credo che “esalta la violenza”. Questo è bastato alle autorità tunisine per dichiarare anti-islamico l’articolo di Redeker, pubblicato su Le Figaro e proibirne la circolazione nel Paese musulmano “moderato”. Ed è bastato ai qaedisti per condannare a morte il professore. Le reazioni in Francia sono state ambigue. Redeker è sì sotto protezione, ma, allo stesso tempo, è stato rinnegato dal giornale in cui è stato pubblicato il suo articolo: il vicedirettore di Le Figaro, Pierre Rousselin, ha subito dichiarato, all’intervistatore di Al Jazeera, che è stato un errore pubblicare l’articolo di Redeker e che comunque le opinioni del professore di filosofia non corrispondono alla linea del quotidiano. Da questo punto di vista, Al Qaeda ha ottenuto una vittoria. Il network terrorista, infatti, attraverso l’intimidazione, mira ad ottenere l’autocensura degli Occidentali.

Redeker, in un precedente articolo, aveva messo in guardia di fronte alle armi della propaganda islamista: accusando i dissenzienti di “Islamofobia”, i radicali islamici censurano i media occidentali pur senza controllarli direttamente. “Il vocabolo ‘islamofobia’ fu coniato inizialmente da gruppi radicali islamici negli anni ’70 per attaccare le femministe” – scriveva Redeker sulla rivista Le Depêche du Midi il 21 ottobre 2003 – “Kate Millet, celebre militante del movimento per l’emancipazione femminile, fu violentemente attaccata e accusata di ‘islamofobia’ per aver incitato le iraniane a rifiutare il velo (…) Negli anni ’90, il termine ‘islamofobia’ si è diffuso tra gli Islamisti londinesi per la campagna anti-Rushdie. Lo scrittore e i difensori della libertà di espressione furono accusati del crimine di ‘islamofobia’ e minacciati di morte. Il concetto di ‘islamofobia’ è originariamente un’arma forgiata dagli Islamisti per imporre la loro visione totalitaria del mondo. (…) Riutilizzandola ingenuamente, i sinceri amici della libertà si pongono sullo stesso terreno dei loro avversari”. Tre anni fa il professore francese metteva in guardia l’opinione pubblica sulla “guerra delle parole” condotta dai radicali islamici: “Per gli Islamisti la guerra delle parole è di primaria importanza. Il termine ‘Islamofobia’ è una trappola tesa alle istituzioni laiche dagli integralisti musulmani per impedire ogni critica alla religione”.

Solitamente eravamo abituati a veder spiccare una fatwa nei confronti di musulmani giudicati “blasfemi”, come nel caso di Salman Rushdie. Ma dall’omicidio Van Gogh in poi la condanna a morte di persone che non sono mai state musulmane e che vivono nelle democrazie liberali laiche, sta diventando una pratica drammaticamente diffusa. Questo salto di qualità dell’Islamismo può risultare spiazzante. Robert Spencer (storico dell’Islam, fondatore dell’Osservatorio sulla Jihad e membro del David Horowitz Freedom Center), si chiede come mai possa essere stata condannata un’opinione come quella espressa da Redeker, considerando che le stesse cose sono anche dichiarate e ripetute da tutti i leader jihadisti. Sono soprattutto gli jihadisti che citano Maometto e il Corano per giustificare ogni loro atto di violenza e le loro dottrine anti-democratiche. Spencer ne cita qualcuna ad esempio in un suo articolo pubblicato su FrontPage Magazine il 2 ottobre: “Se noi tornassimo indietro con una macchina del tempo di 1400 anni, noteremmo che la storia si ripete” – proclamava in un sermone della tv palestinese lo sceicco Ibrahim Mudeiris – “Bisanzio rappresenta l’America in Occidente. L’America crollerà, così come crollò Bisanzio. Il Profeta poté conquistare Bisanzio, la prima potenza del mondo, comparabile all’America di oggi. Il Profeta poté, per mezzo dell’unità dei musulmani e del loro risveglio, sconfiggere l’‘America’ di allora”.

“L’unica soluzione è la Jihad, il tipo di Jihad messa in pratica dal Profeta Maometto e rappresentata dall’ayatollah Khomeini in Iran” – si leggeva nel 2003 in un volantino distribuito in Nigeria. Oppure anche: “Noi non siamo venuti a passare per le armi i musulmani, ma a purgare l’Arabia Saudita, secondo la volontà del Profeta Maometto”, dichiarazione di Al Nashami, il leader del commando terrorista che massacrò i cittadini stranieri nel compound di Khobar, Arabia Saudita, nel maggio 2004. Sono dunque gli jihadisti i primi ad utilizzare il Corano come giustificazione della guerra. Perché, allora, sono loro i primi ad offendersi se un professore non musulmano ritiene che l’Islam sia “una religione che esalta la violenza e l’odio”? Proprio perché è non musulmano. Spencer ricorda che la colpa di Redeker è “… di aver detto queste cose da non musulmano e in modo critico. Quei musulmani che hanno minacciato Redeker stanno tentando di estendere ad ogni discussione critica la legge tradizionale islamica che proibisce ai non musulmani di ‘insultare Allah o Maometto’”. Come era prevedibile, lo stesso Robert Spencer è stato pubblicamente minacciato di morte da Al Qaeda, nell’ultimo video diffuso da Azzam “l’Americano” lo scorso 6 settembre. Di fatto, stiamo assistendo al tentativo islamista di esportare lo Stato islamico e la sharia in tutto il mondo.
 

Francia, fatwa di morte perché critica l’islam


FRANCESCA MORANDI
Un professore è minacciato di morte e costretto a nascondersi per aver osato esprimere pubblicamente la propria opinione sull’Islam. È accaduto in Francia e il caso allunga la lista dei perseguitati dai fondamentalisti musulmani in un’Europa dove aumenta il clima di intimidazione e diminuisce la libertà di espressione.
Tutto è cominciato una decina di giorni fa quando Robert Redeker, 52 anni, insegnante di filosofia presso una scuola pubblica di Saint Orens de Gameville, in provincia di Tolosa, ha scritto un articolo, apparso nella pagina delle opinioni del quotidiano Le Figaro, in cui difendeva il Papa e criticava il Corano. Il giorno successivo Redeker ha iniziato a ricevere minacce di morte per telefono e via email. Forum islamici hanno reso noto il suo numero di cellulare, il suo indirizzo e hanno pubblicato la sua foto emettendo una fatwa, un decreto religioso che incita i fedeli islamici ad uccidere chi è considerato colpevole di aver violato o offeso la religione di Maometto.
«Non ti sentirai mai più sicuro su questo pianeta. Un miliardo e 300 mila musulmani sono pronti ad ucciderti», cita uno dei tanti messaggi apparsi contro Redeker su Al Hesbah , un sito musulmano vicino ad Al Qaeda. «Che Allah mandi un leone a tagliare la sua testa», continua lo scritto che sollecita i musulmani francesi a seguire l’esempio di Muhammed Bouyeri, l’assassino del regista olandese Theo Van Gogh, sgozzato perché autore di “Sottomissione”, un documentario che denuncia gli abusi contro le donne nel mondo musulmano.
Anche la moglie e i figli di Redeker sono stati minacciati di morte e l’intera famiglia è oggi obbligata a vivere sotto scorta della polizia in una località segreta. «Non posso lavorare, non posso andare in giro, sono costretto a nascondermi - ha affermato Redeker in una recente intervista al quotdiano Le Dépeche du Midi -. I servizi segreti si occupano della mia protezione e io non ho più il diritto di vivere a casa mia, visto che sui siti internet in cui si parla della mia condanna a morte ci sono cartine topografiche che spiegano come arrivare alla mia abitazione per assassinarmi. Quello che sta accadendo a me corrisponde esattamente a ciò che denuncio nei mei scritti: l’Occidente è sotto la sorveglianza ideologica dell’Islam».
La vicenda del professore francese non è la prima che si verifica nel mondo occidentale, basta citare i casi illustri dello scrittore indiano Salman Rusdie o dell’ex deputata di origine somala Ayaan Hirsi Ali, entrambi colpevoli di aver criticato l’Islam e per questo minacciati di morte dagli estremisti musulmani.
«Odio e violenza abitano il libro in cui ogni musulmano viene educato, il Corano - ha scritto Redeker nell’articolo apparso su Le Figaro -. E oggi come ai tempi della Guerra fredda, violenza e intimidazione, sono i mezzi utilizzati da un’ideologia a vocazione egemonica, per imporre la sua cappa di piombo sul mondo. L’Islam cerca di dettare le regole in Europa che tiene aperte le piscine in orari straordinari esclusivamente per le donne islamiche, proibisce le caricature di Maometto, si adopera in favore di diete speciali per i bambini musulmani nelle mense scolastiche, combatte per far indossare alle studentesse il velo islamico e mette sotto accusa i liberi pensatori definendoli “islamofobici”».
In un’intervista a una radio francese, il professore ha denunciato di essere stato abbandonato dallo Stato francese che non gli avrebbe dato sufficiente protezione per continuare a condurre una vita normale. Secondo Redeker il ministro dell’Istruzione Gilles de Robien non ha voluto impegnarsi in modo adeguato per difendere la sua persona, la sua causa morale e i suoi interessi materiali.
La vicenda non ha avuto ancora ampio eco sulla stampa italiana. Tra gli articoli apparsi vi è quello tratto da Il Velino che scrive: «La vicenda di Robert Redeker ripropone fragorosamente un problema capitale: quello della resa progressiva dell’Occidente alle continue intimidazioni islamiste in nome di una falsa tolleranza e di un nichilismo in salsa buonista che potrebbero pian piano, una capitolazione dopo l’altra, finire per provocare una completa sottomissione, più o meno cosciente, del mondo libero all’ordine coranico».
«Da quest’ultimo indizio di sottomissione al furore islamista - continua il Velino - non è esagerato dedurre che presto, molto presto, dalle scuole europee non verranno licenziati solo gli insegnanti che coltivano ed esprimono qualche pensierino critico su Maometto e sul Corano, bensì anche i loro massimi maestri (...). Ora resta solo da definire il reato che dovrà essergli contestato. Il più appropriato sembrerebbe quello di concorso esterno in associazione di stampo anti-islamico».
[Data pubblicazione: 03/10/2006]
 

Robert Redeker insegnava filosofia in un liceo della regione di Tolosa. Su Le Figaro del 19 settembre, ha firmato un proprio intervento intitolato: “Di fronte alle intimidazioni islamiste, cosa deve fare il mondo libero?”. Accusato di aver “offeso il Profeta”, Robert Redeker è da allora soggetto a minacce di morte. Come Salman Rushdie, perseguitato per 15 anni su tutto il pianeta. Come Theo Van Gogh, abbattuto come un cane il 2 novembre 2004 in una strada di Amsterdam.
Le minacce di morte, molto precise, contro Robert Redeker, provenienti da organizzazioni legate ad Al-Qaeda, sono state identificate dalla polizia francese e dalla Dst. Sui loro siti Internet, le minacce contro Robert Redeker invitano apertamente a seguire l’esempio dell’assassino di Theo Van Gogh.
Dopo la pubblicazione del suo articolo, la vita di Robert Redeker è precipitata in un incubo. L’ha così descritta in una lettera a un amico : “Non ho più il diritto di stare a casa mia (sui siti che mi condannano a morte, c’è una piantina che dà le indicazioni necessarie a raggiungere la mia abitazione per uccidermi, c’è la mia foto, quella del mio luogo di lavoro, dei numeri di telefono e l’atto che mi condanna). Ma al contempo non sono stato provvisto di un alloggio, così sono costretto a chiedere, due sere qui due sere là... Sono permanentemente sotto la protezione della polizia. Devo annullare tutte le conferenze previste. E le autorità mi obbligano a trasferirmi. Sono un Sdf (senza fissa dimora, Ndt). A questo consegue una situazione demenziale, tutte le spese sono a mio carico, comprese quelle, eventuali, dell’affitto di un mese o due lontani da qui, di due traslochi, le parcelle del notaio, ecc. E’ ben triste. Ho esercitato un diritto costituzionale, e sono stato punito, nel territorio stesso della Repubblica”.
Quale che sia il contenuto dell’articolo di Robert Redeker, si tratta di un attacco estremamente violento alla sovranità nazionale. Una minaccia di morte sul nostro territorio viene formulata in assoluta impunità, e questo è assolutamente inammissibile.
Un pugno di fanatici in questo momento agita delle pretese leggi religiose per mettere in discussione, nel nostro paese, le nostre libertà fondamentali. Questa minaccia si aggiunge alle voci che si possono sentire qui e là dappertutto in Europa sulle “provocazioni”, da evitare per non urtare delle fantomatiche sensibilità straniere.
Mettere il tanga a Paris-Plages (spiagge artificiali lungo la Senna, Ndt) viene sconsigliato, come pure ascoltare Mozart a Berlino o il papa a Ratisbona. Queste voci sono dettate dalla paura, e noi non lo possiamo ammettere. Non più di quanto possiamo ammettere le prime dichiarazioni dell’Snes il sindacato d’insegnanti che si è dissociato da un professione oggi minacciato di morte.
In Europa i tempi stanno ridiventando difficili. Non è il momento di essere vigliacchi. E’ per questo che ci appelliamo solennemente ai poteri pubblici, non solo perché continuino a proteggere, come già fanno, Robert Redeker e i suoi, ma anche perché, compiendo un gesto politico forte, s’impegnino a tutelare il suo status materiale fintanto che è in pericolo, proprio come le stesse autorità inglesi non hanno esitato a fare per tutto il tempo in cui è durato l’affaire Rushdie.
Noi ci appelliamo anche ai rappresentanti di tutte le religioni, e specificamente ai musulmani, perché mettano sotto la loro protezione Robert Redeker, come dovrebbero fare per tutte le persone la cui vita è minacciata. (Alexandre Adler, Laure Adler, Elisabeth Badinter, Pascal Bruckner, Michel Deguy, Raphaël Draï, Roger-Pol Droit, Elisabeth de Fontenay, Alain Finkielkraut, François George, André Glucksmann, Romain Goupil, André Grjebine, Claude Lanzmann et le comité de rédaction de la revue “Les Temps modernes”, Corinne Lepage, Bernard-Henri Lévy, Olivier Rolin, Elisabeth Roudinesco, Guy Sorman, Pierre-André Taguieff, Michel Taubmann et la rédaction de la revue “Le Meilleur des mondes”, Philippe Val, Marc Weitzmann)
 

Impegniamoci a favore della ennesima vittima della terribile minaccia che viene portata alla nostra libertà. Nessuno che sia costretto in una situazione così allucinante deve essere lasciato solo.
Di seguito, l'appello inviato ad André Glucksmann:

Cher André,
Bonjour.
Je suis maintenant dans une situation personnelle catastrophique. De nombreuses menaces de mort très précises m'ont été adressées, et j'ai été condamné à mort par des organisations de la mouvance al-qaïda. L'UCLAT et la DST s'en occupent, mais... je n'ai plus le droit de loger chez moi (sur les sites me condamnant à mort il y a un plan indiquant comment venir à ma maison pour me tuer, il y a ma photo, celle des lieux où je travaille, des numéros de téléphone, et l'acte de condamnation). Mais en même temps on ne me fournit pas d'endroit, je suis obligé de quêmander, deux soirs ici, deux soirs là... Je suis sous protection policière permanente. Je dois annuler toutes les conférences prévues. Et les autorités m'obligent à déménager. Je suis un SDF. Il en suit une situation financière démente, tous les frais sont à ma charge, y compris ceux eventuels d'un loyer d'un mois ou deux éloigné d'ici, de deux déménagements, de frais de notaire, etc... C'est bien triste. J'ai exercé un droit constitutionnel, et j'en suis puni, sur le territoire même de la République. Cette affaire est aussi une attaque contre la souveraineté nationale: des lois étrangères, décidées par des fanatiques criminophiles, me punissent d'avoir exercé un droit constitutionnel français, et j'en subis, en France même, grand dommage.
Amitiés
Robert Redeker

L'articolo «incriminato» di Redeker

Riprendiamo dal sito nogod.it:

L'articolo «incriminato» di Redeker, pubblicato sul «Figaro» del 19 settembre 2006

Le reazioni suscitate dall'analisi di Benedetto XVI sull'islam e la
violenza fanno parte dell'obiettivo che lo stesso islam si pone:
spazzare via la cosa piu' preziosa che possiede l'occidente e che non
siste in alcun paese musulmano, ovvero la liberta'di pensiero e di
espressione.
L'islam sta cercando di imporre all'Europa le proprie
regole: apertura delle piscine solo per le donne a determinati
orari, divieto di satira della religione, pretesa di avere un certo
tipo di alimentazione per i bambini musulmani nelle mense
scolastiche, lotta per imporre il velo nelle scuole, accusa di
islamofobia contro gli spiriti liberi.
Come si spiega il divieto dell'estate scorsa di portare il tanga a
Paris-Plage? La spiegazione addotta e'quantomeno strana: c'era il
rischio, si dice, di "turbare l'ordine pubblico". Cosa significa? Che
bande di giovani frustrati avrebbero rischiato di diventare violenti
di fronte alla bellezza che faceva mostra di se'? Oppure si temevano
manifestazioni islamiche, nelle vesti di brigate della virtu', nella
zona di Paris- Plage? In realta';, il fatto che portare il velo in
pubblico non sia vietato e'qualcosa che puo'"turbare l'ordine
pubblico" molto piu'del tanga, a causa della condanna che suscita
questo strumento per l'oppressione delle donne.
Non e'fuori luogo pensare che il divieto quello del tanga rappresenti
una certa islamizzazione della mentalita' francese, la sottomissione
piu' o meno conscia ai dettami dell'islam.
O quantomeno che questo sia il risultato dell'insidiosa pressione
musulmana sulla mentalita'della gente: le stesse persone che sono
insorte contro l'inaugurazione di un sagrato dedicato a Giovanni
Paolo II a Parigi non fiatano quando si costruiscono le moschee.
L'islam sta cercando di obbligare l'Europa ad adeguarsi alla sua
visione dell'uomo. Come gia'accadde con il comunismo, l'occidente e'
ora sotto sorveglianza ideologica. L'islam si presenta, esattamente
come il defunto comunismo, come alternativa al mondo occidentale. E
come il comunismo di altri tempi, l'islam, per conquistare gli animi,
gioca su fattori emotivi. Ostenta una legittimita'che turba la
coscienza occidentale, attenta al prossimo: il fatto di porsi come la
voce dei poveri di tutto il mondo.
Ieri la voce dei poveri proveniva da Mosca; oggi viene dalla Mecca.
Oggi degli intellettuali si fanno portatori dello sguardo del Corano,
come ieri avevano fatto con lo sguardo di Mosca.
Ora la scomunica e'per l'islamofobia, come lo era stata in passato per
l'anticomunismo. Nell'apertura agli altri, che e'propria
dell'occidente, si manifesta una
secolarizzazione del cristianesimo che puo'essere riassunta in
questi termini: l'altro deve sempre venire prima di me.
L'occidentale, erede del cristianesimo, e'colui che mette a nudo la
propria anima, assumendosi il rischio di passare per debole. Come
il defunto comunismo, l'islam considera la generosita', l'apertura
mentale, la tolleranza, la dolcezza, la liberta' delle donne e dei
costumi e i valori democratici come segni di decadenza.
Sono debolezze che sfrutta volutamente grazie a degli "utili idioti",
buone coscienze imbevute di buoni sentimenti, per imporre l'ordine
coranico nel mondo occidentale.
Il Corano e'un libro di una violenza inaudita.
Maxime Rodinson sostiene, nell'Encyclopedia Universalis,
alcune verita'importanti che in Francia sono considerate tabu';.
Infatti, da una parte, "Maometto rivelo' a Medina delle insospettate
qualita' di dirigente politico e capo militare (...) Ricorse alla
guerra privata, istituzione comune in Arabia (...) Maometto invio';
subito manipoli di suoi sostenitori ad attaccare le carovane della
Mecca, punendo cosi'i suoi connazionali increduli e, al contempo,
ottenendo un ricco bottino". Dall'altra, "Maometto approfitto'di
questo successo per eliminare da Medina, facendola massacrare,
l'ultima tribu'ebrea ancora esistente, quella dei Qurayza, con
l'accusa di comportamento sospetto". Poi, "dopo la morte di
Khadidja, sposo' una vedova, brava donna di casa di nome Sawda, e
anche la piccola Aisha, che aveva appena dieci anni. Le sue tendenze
erotiche, a lungo represse, lo avrebbero portato a contrarre
contemporaneamente una decina di matrimoni". C'e'un'esaltazione della
violenza, perche' il Corano mostra Maometto sotto questa luce:
guerrafondaio senza pieta';, predatore, massacratore di ebrei e
poligamo. Ovviamente anche la chiesa cattolica ha le sue colpe. La sua
storia e'costellata di pagine nere, delle quali ha fatto una qualche
ammenda: l'inquisizione, la caccia alle streghe, l'esecuzione dei
filosofi Bruno e Vanini, la condanna degli epicurei, quella del
cavaliere de La Barre, accusato di empieta'in pieno XVIII secolo, non
depongono a suo favore. Pero'c'e'una differenza fondamentale tra il
cristianesimo e l'islam: e'sempre possibile tornare ai valori
evangelici, alla dolce personalita'di Gesu'Cristo, riscattandosi dagli
errori della chiesa. Nessun errore della chiesa e'stato ispirato dal
Vangelo.
Gesu'e'per la non violenza, e il ritorno al Cristo rappresenta la
salvezza nei confronti di certi eccessi dell'istituzione ecclesiale.
Il ricorso a Maometto, invece, rafforza l'odio e la violenza.
Gesu'e'il maestro dell'amore, Maometto, il maestro dell'odio.
La lapidazione di Satana che si ripete ogni anno alla Mecca non
e'solo un fenomeno superstizioso: non si riduce infatti allo
spettacolo di una folla isterica che flirta con la barbarie, ma ha una
portata antropologica. Si tratta invero di un rito che ogni musulmano
e'invitato ad accettare, radicando la violenza come dovere sacro nel
cuore del credente. Questa lapidazione, che ogni anno provoca la morte
di fedeli calpestati dalla folla (a volte anche centinaia), e'un
rituale che ingloba la violenza arcaica.
Anziche' eliminare questa violenza arcaica neutralizzandola, sulla
scia dell'ebraismo e del cristianesimo (l'ebraismo inizia con il
rifiuto del sacrificio umano, che e' l'ingresso nella civilta', mentre
il cristianesimo trasformera'il sacrificio in eucarestia), l'islam le
crea un bel nido per crescere al caldo. Mentre l'ebraismo e il
ristianesimo sono religioni i cui riti sono rivolti contro la violenza
e la delegittimano, l'islam e' una religione che esalta la violenza e
l'odio, sia nel suo testo sacro che in alcuni riti comuni. Odio e
violenza pervadono il testo sul quale si formano tutti i musulmani: il
Corano. Come ai tempi della Guerra fredda, la violenza e
l'intimidazione vengono utilizzate al servizio di un'ideologia che si
vuole egemone:
l'islamismo, che mira a mettere la sua cappa di piombo sul mondo intero.
Benedetto XVI sta soffrendo la crudelta'di tale esperienza. Come in
altri tempi, e'necessario dire a chiare lettere che l'occidente
e' "il mondo libero" nei confronti di quello musulmano, e, come in
quei tempi, gli avversari di questo "mondo libero", funzionari
zelanti del Corano, pullulano al suo interno.








Postato il Domenica, 21 gennaio 2007 ore 12:07:47 CET di Salvatore Indelicato
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