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Voce alla Scuola: STORIA DI UNA LEZIONE DI MATEMATICA

Opinioni
Continuiamo a essere discreti: stringiamoci la mano
Anonimo docente*



Un professore di matematica ci ha inviato queste righe: il protocollo di una lezione. Ci ha pregato di essere discreti al suo riguardo, invitandoci a non rivelare la sua identità e, facendo eccezione alla regola di trasparenza e pubblicità che informa questo sito, pubblichiamo il suo testo in anonimato, come richiesto.
 Esso, quasi un verbale, ci ha infatti incuriosito perché è un piccolo bell'esempio di matematica viva e discreta, tanto più che l'autore ci ha assicurato – e non abbiamo motivo di non credergli – che il dibattito qui testimoniato è poi sfociato in una feconda atmosfera di ricerca e studio quale mai si era verificata prima d'allora quando, secondo vecchi e stanchi programmi, si era discusso magari delle soluzioni d'una qualche equazione irrazionale o chissacché di qualche tipo.
 È un lunedì di metà novembre, sono le otto e dieci. Prima ora: sono già in aula, ancora solo, e guardo sconsolato l'aula priva di ogni cura d'arredo, una lavagna polverosa, una carta geografica vecchia e sbilenca, pareti e banchi pieni di scritte imbecilli, volgari o più spesso disperate, infissi che non chiudono bene, una cattedra su cui giacciono il registro di classe e tre monconi di gesso e i cui due cassetti, che non appartengono a nessuno, a mala pena riesco ad aprire: vi osservo antiche fotocopie, brandelli di giustificazioni o di appunti, polvere.
Nonostante tutto, però, sono di buon umore. Entrano le ragazze – soltanto due sono i maschi in questa prima di 28 alunni –; si levano il giubbotto, aprono lo zaino, qualcuna va un attimo in bagno. Nel giro di pochi minuti la classe è pronta per iniziare e oggi sono quasi tutti, due soli gli assenti. Nei primi due mesi ho rivisto con loro le proprietà di frazioni, numeri negativi e potenze e qua e là ho usato le lettere per fissare alcune formule e proprietà generali; oggi si tratta di iniziare sistematicamente il calcolo letterale, quest'algebra elementare doverosa, noiosa e che pervade ogni momento. Vorrei capissero bene il perché delle lettere prima ancora di tuffarmi nella sintassi del calcolo. Tento un approccio morbido e problematico.

 — Buongiorno! – esordisco.
 — Buongiorno!
 — Bene, quando ci si incontra ci si stringe la mano, la mano destra. È una antica usanza, un gesto d'amicizia e, chissà, forse viene dal mostrare che la mano è priva di armi. È amicale questo gesto… Buongiorno Francesca! – e così dicendo porgo la mano a Francesca, seduta al primo banco, che timidamente me la stringe, continuando poi: — E ora salutatevi, stringendovi le mani.

 Come nel 'gesto di pace' che si fa nel corso della Messa, una Messa moderna, in modo disordinato i vicini di banco si stringono la mano.

 — Bene, ora rifacciamo il gesto di pace soltanto io e Francesca: siamo due persone e c'è una sola stretta di mani. Se però vogliamo salutarci in tre, io, Francesca e Ilaria, quante strette di mano ci saranno?
 — Tre! – dice d'istinto Saverio.
 — Bene, tra tre persone ci sono quindi tre strette di mano – e così dicendo stringo la mano a Francesca e Ilaria e invito le due ragazze a fare altrettanto.
 — Ora generalizziamo. Scrivete!
 Detto il problema affinché lo scrivano:
 — Enne persone si incontrano e ognuna stringe la mano a ogni altra. Quante strette di mano si verificano?
— Prof , – interviene Martina – ma quante so' 'ste persone?
 — Sono enne, un numero naturale qualunque, – e così dicendo scrivo alla lavagna 'n persone'. E aggiungo: – In pratica, dovete trovare una formula che permetta di trovare il numero di strette di mano che si verificano a seconda del numero ennedelle persone. Visto che non lo conosciamo, indichiamo con ics tale numero, o se volete enne, cioè insomma il numero di strette di mano tra ennepersone.
 — Prof, – interviene ancora Saverio – ma se so' enne saranno enne, come prima, che eravate tre e vi siete dati la mano tre volte.
 — Quindi, Saverio, secondo te, se quattro persone si salutano tutte, ci sono quattro strette di mano?
 — Certo!
 — Allora, Saverio, Martina, Claudia e Irene alzatevi, … e stringetevi la mano.

 Un po' intralciandosi, come spesso accade quando più persone si presentano o si salutano, i quattro eseguono mentre alcuni ragazzi seguono contando:

 — Uno, due, …, sei!
 — Quindi, – concludo provvisoriamente – in generale con enne persone non si verificano enne strette di mano. Bene, vediamo di capire meglio. Costruite ora una tabella con due colonne. – E così dicendo scrivo alla lavagna le intestazioni, precisando che il simbolo 'cancelletto' (#) significa 'numero di':

n (# persone)

x (# strette di mano)

 

 

 — Fate delle prove, pensate, ragionate. Arrivate fino a sette, otto, … ma ricordate comunque che l'obiettivo è quello di arrivare a una formula che valga per ogni valore di enne.
 Lascio che sperimentino, lascio che ci pensino. A gruppetti di cinque, sei si stringono la mano, prima un po' disordinatamente poi, per evitare errori, giacché è facile contare una stretta di mano in più o dimenticarsene una, spontaneamente la ricerca si fa più metodica.

 — Aspettate! – dice per esempio Irene ad altre sue compagne mentre provano a contare cosa succede con sei persone, e dopo che non sono riuscite a mettersi d'accordo – Facciamo che prima io saluto tutte, le contiamo, e poi Martina saluta tutte meno me, continuiamo così e vediamo quanto viene.

 Saverio, invece, suggerisce col suo gruppo un'altra strategia:

 — Sentite, facciamo che entra uno per volta. Prima ci siamo solo io e Francesca. 'Buongiorno Francesca!', ed è una. Adesso entra Veronica, che deve stringere la mano a noi due, quindi sono due in più.
 — Buongiorno Saverio! Buongiorno Francesca! – fa Veronica, accompagnando le strette di mani con un leggero inchino.
 — Ora entri Ramona! – ordina Saverio, come fosse il maestro di cerimonie.

 E in quello stesso istante gli si illuminano gli occhi, fa un salto, alza entrambe le braccia ed esclama, quasi urlando, rivolto alle sue compagne e quindi a me:
 — Ho capito! Professore ho capito!
 — Dimmi Saverio.
 — Ogni volta s'aggiunge un numero in più, perché ogni volta che entra uno nuovo lui deve salutare tutti quelli che già ci sono, no!?!
 — Vediamo, …, vediamo se funziona. Vieni alla lavagna a completare la tabella.
 Quasi di corsa, Saverio viene alla lavagna, e spiegando di nuovo a tutti perché 'ogni volta che entra uno nuovo deve aggiungere il numero di quelli di prima', riempie la tabella considerando prima due persone, che si danno soltanto una stretta di mano, poi tre (e addiziona due alla colonna di destra), poi quattro, …:

n (# persone)

x (# strette di mano)

2

1

3

1+2=3

4

3+3=6

5

6+4=10

6

10+5=15

7

15+7=22

 

 

Il ragionamento di Saverio funziona: il numero di strette di mano di 8 persone si ottiene perciò addizionando al numero di strette di mano già avvenute (22) il numero di persone (7) che il nuovo venuto deve salutare. Se fossero un po' più grandi – ma con loro sarebbe inutile e forse dannoso – scriverei la legge iterativa in formule:

 

 La classe pare convinta che il ragionamento di Saverio funziona e per assicurarmi che abbiano capito il meccanismo chiedo quale sarebbe il numero di strette di mano con 9, poi con 10 e infine con 11 persone. Tutto bene, però:
 — E se le persone fossero cento? – chiedo provocatoriamente.
 — A professo', abbiamo capito, ma mica possiamo stare tutto il giorno a fa' i conti fino ad arrivare a cento! – obietta la pigra Irene.
 — No, non dico questo. – rispondo – Il metodo Saverio funziona, ma non risponde bene al problema che vi avevo posto. Infatti, io cercavo una formula valida per ogni valore di enne, quindi anche per enne uguale a cento, a mille, a un milione. E siccome noi umani siamo lenti nel calcolare, col metodo di Saverio per arrivare a un milione impiegheremmo giorni e giorni. Siamo arrivati a 11 persone. Dovremmo fare il calcolo per 12, poi per 13, 14, 15, …Buonanotte!

 Eh, già! Saverio in realtà ha abilmente 'trasformato' il problema con il trucco di far entrare una persona per volta, anziché pensare a gruppi di tot persone che, per quanto possibile, si salutano simultaneamente. In questo modo ha trovato una formula iterativa, che permette di passare dal caso di n persone al caso di n+1 persone e quindi, potenzialmente, a un numero di persone qualunque. I metodi iterativi, che consistono nel ripetere lo stesso ciclo di operazioni più e più volte fino ad arrivare al risultato voluto, sono quelli prevalentemente utilizzati con i computer perché si sfrutta la loro enorme velocità di calcolo. E forse non è un caso che sia venuto in mente a Saverio, che è un grande 'smanettatore'.
 Io li avevo invece invitati a trovare una formula, una espressione funzionale che, dato un qualunque valore di n, permettesse di calcolare immediatamente x. Non ero sicuro che tutti avessero capito cosa ancora cercassi. In fondo il problema era stato brillantemente risolto e per un numero 'normale'di persone si poteva tranquillamente e velocemente calcolare il numero di strette di mano. Quando mai cento persone si devono stringere le mani, tra tutti poi?
 Per fortuna, mi viene in aiuto Ramona, che aveva evidentemente capito la questione:
 — Allora, professore, se ognuno deve stringere la mano a ogni altro e se siamo enne, allora moltiplico il numero, …, enne per enne!
 — E che, enne al quadrato? – si stupisce la sveglia Valentina.
 — Ma scusate, – intervengo – che stringete la mano a voi stessi? Ognuno stringe la mano a tutti gli altri, quindi a tutti meno che a se stesso!
 — Quindi, – ancora Ramona –enne per … gli devo togliere uno. E come si fa?
 — Uno prima di enne, …, è emme! – è Claudia adesso, finora sempre in silenzio.
 Alcuni ridono, ma non tutti, e Claudia non ha voluto fare una battuta. Capisco quanto sia ancora incerto il loro muoversi nell'ambito del calcolo con le lettere. Finalmente Valentina, sicura:
 — Ma no, è enne per enne meno uno!
 Scrivo alla lavagna la formula di Valentina, n_(n–1), e aggiungo:
 — Bene, questa è la formula di Valentina. Ma funziona? Se enne è due viene – e lo scrivo – '2_(2–1) = 2_1 =2' e invece c'è una sola stretta di mano. Se invece enne è uguale a tre viene '3_(3–1) = 3_2 = 6' mentre le strette di mano sono tre.
 — È sempre il doppio! Non va bene! – commenta Saverio, contento del fatto che il suo metodo non sia stato superato.
 — Già, è sempre il doppio, – incalzo – e allora come si fa? Possiamo correggere la formula di Valentina in modo che funzioni?
 Più voci ora intervengono dicendo che basta dividere per due. E Ramona ne dà la spiegazione:



 Giusto per far meglio comprendere la differenza d'uso tra tale espressione funzionale e il metodo iterativo di Saverio, concludo considerando il caso di n=100 e calcolando in un attimo:



 Avevo notato che, diversamente dagli altri, che all'inizio avevano formato gruppetti per simulare la situazione, Gianna, una ragazza molto timida, mai sicura di sé, ancora un po' bambina, era rimasta isolata, seduta al banco armeggiando con gomma e matita sul quaderno. Non so che cosa avesse davvero fatto e se fosse giunta a qualche conclusione, però avevo intravisto sul suo quaderno nuvole di punti e grovigli di linee.
 — Se non sbaglio, – azzardo, provocandole un rossore d'imbarazzo per aver violato, con tale diretta e improvvisa chiamata in causa, la sua intimità intellettuale – Gianna stava provando a risolvere il problema in un altro modo, rappresentando le persone come punti e le strette di mano come linee che li uniscono. Una cosa così, vero Gianna?
 E disegno queste figure:


         
   2 persone      3 persone     4 persone     5 persone      6 persone

— Più o meno.
— Bene. – aggiungo incoraggiante – Gianna ha visto il problema figurativamente. E in effetti il problema delle strette di mano è proprio un problema che riguarda schemi come quelli che lei ha disegnato: reti di comunicazione o di collegamento tra punti diversi. Un problema di una parte della matematica, che si chiama teoria dei grafi, con numerose applicazioni: dal traffico stradale, alla rete telefonica, al miglior tragitto che un commesso viaggiatore può compiere per raggiungere col percorso più breve tutti i paesi di una regione, ad altri problemi del genere.
 E, per rafforzare l'idea di come modelli algebrici o figurativi simili, una volta appresone il metodo, possano applicarsi a differenti situazioni reali, lancio subito un altro problema:
— Immaginate ora di essere a Natale. Siete già alla sera della vigilia e si riunisce tutta la famiglia; siete enne persone e ognuno porta uno e un solo regalo a ogni altro. Quanti pacchetti ci saranno sotto l'albero?
 Qui la risposta è immediata e più persone la forniscono:
— Non si deve più dividere per due!

 Bene, manca poco al termine dell'ora, verifico i compiti che avevo loro assegnato per casa girando per i banchi e ne assegno di nuovi. Per oggi con questa classe ho finito. È stata una buona ora di matematica: bravi!
È stata una buona ora di matematica per le tante cose che sono accadute e si sono intrecciate. Innanzitutto, il problema posto – per quanto artificioso – non è stato sentito lontano ed era immediatamente comprensibile, anche se lo stringersi le mani non è un gesto quotidiano per un ragazzo. Lo si è potuto affrontare con spirito di ricerca anche senza ricorrere ad alcun particolare strumento didattico, informatico o multimediale. In più si è prodotta una simulazione collettiva coinvolgente in modo diretto le persone su più piani, quello intellettivo, quello della curiosità e quello emozionale. Le mani e le persone sono diventate x e n, l'astrazione s'è generata spontaneamente, conducendo a generalizzare: si sono cercate formule, s'è dimostrata la fallacia di quelle sbagliate e si è ragionato sulla validità di quelle corrette, sono state formulate e verificate ipotesi. Infine, s'è visto come, partendo da un caso particolare, una procedura di astrazione che s'avvale di forme simboliche – in questo caso sia algebriche sia grafiche – permetta di trattare problemi diversi, della più svariata natura. Avendo attraversato una forma simbolica astratta, il passaggio dalle strette di mano ai pacchetti sotto l'albero di Natale è stato immediato.

Pubblicato il 9/1/2007








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Postato il Mercoledì, 10 gennaio 2007 ore 00:05:00 CET di Silvana La Porta
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