di GAIA GIULIANI
Cinque
persone della stessa famiglia sono state uccise due giorni fa, a colpi di arma
da fuoco, nella loro casa nell'Afghanistan orientale. Due lavoravano come
insegnanti. Entrambe erano donne. Un reato gravissimo quando i talebani erano al
governo. Ma forse lo è ancora. Da mesi il primo ministro Karzai fa pressioni sul
governo affinché venga ripristinato il Dipartimento per la prevenzione del vizio
e la promozione della virtù, creatura del passato regime che il nuovo vorrebbe
riesumare. E che ha già ottenuto larghi consensi e l'approvazione da parte del
gabinetto di Karzai.
Nella sua opera di supervisione e correzione dei costumi il Dipartimento poteva
comminare pene come la lapidazione per donne sfiorate dal sospetto di adulterio,
frustate in pubblico per quelle che avessero mostrato le caviglie, punizioni
corporali per chi portava i tacchi - fanno rumore e l'arrivo della donna deve
passare inosservato - ma anche il taglio delle dita se trovate con le unghie
laccate. Esempio questo citato anche da Cherie Blair all'indomani del 7 ottobre
2001, in un incontro organizzato a Downing Street con una rappresentanza
femminile dell'Afghanistan. Anche il veto di svolgere lavori al di fuori di
quelli casalinghi, e la proibizione tassativa di ogni tipo di istruzione era un
suo diktat.
Un passo indietro il ritorno del Dipartimento, un passo avanti per frenare la
corruzione morale del momento secondo le frange fondamentaliste. Perché
l'Afghanistan è dilaniato dalle contraddizioni: nella provincia del Kandahar, al
confine col Pakistan delle madrasse talebane, e dove germogliò il movimento
taliban, il commercio di oppio e di alcol ha raggiunto picchi inaspettati, idem
per quanto riguarda la pornografia.
La reazione degli ultratradizionalisti è feroce. Hanno ricominciato a bruciare
le scuole dove studiano le ragazze, ammazzando sotto gli occhi degli studenti
gli insegnati che impartiscono lezioni alle donne. Secondo un dato rilevato
dall'agenzia Reuters alla fine di novembre, quasi 100 donne del Kandahar
avrebbero tentato il suicidio - dandosi fuoco o ingerendo veleno - nel corso
degli ultimi otto mesi.
L'omicidio delle due insegnanti si inserisce in questa recrudescenza
fondamentalista. Tra il 2005 e il 2006 circa cinquanta insegnanti donne sono
state uccise da sicari legati ad ambienti talebani. In un rapporto stilato da
Human Right Watch un paio di mesi fa, si legge che gli attacchi incendiari alle
scuole sarebbero in netto aumento in tutto il paese, terrorizzando le famiglie
che preferiscono tenere i figli a casa. Le conseguenze, sempre secondo Hrw, sono
che la maggior parte delle bambine che avrebbero accesso alla scuola primaria
non viene iscritta, mentre solo il 5% delle adolescenti frequenta le superiori.
Secondo uno studio dell'Unifem, il fondo delle Nazioni Unite dedicato allo
sviluppo femminile nel mondo, il 65% delle vedove di Kabul vede nel suicidio
l'unico mezzo per sottrarsi alla repressione maschile nell'Afghanistan post
talebana. Lo stesso documento ha rilevato come la maggior parte delle afgane
siano vittime di violenze sessuali, violenze inaspritesi nel corso degli ultimi
cinque anni. Una voce contro gli abusi, contro i finanziamenti americani alle
madrasse, foraggiate per controbilanciare l'ingerenza sovietica nel paese, era
quella di Meena che nel '77, a vent'anni, creò il Rawa (Revolutionary
Association of the Women of Afghanistan), il primo movimento a difesa dei
diritti delle donne.
La ammazzarono dieci anni dopo, dopo che era riuscita a fondare scuole in cui
era ammessa la presenza femminile e centri di accoglienza. La sua associazione
si batte ancora per il riconoscimento delle pari opportunità ma, lamentano le
sue discepole, è ancora impossibile aprire una sede del Rawa anche solo a Kabul,
la capitale "libera" dalle strettoie integraliste in cui le donne possono
lasciare a casa il velo a differenza di quanto accade nei villaggi o al sud. E'
stata Rawa a diffondere il filmato dell'uccisione di Zarmeena, la donna afgana
ammazzata con un colpo di kalashnikov all'interno di uno stadio mentre i sette
figli guardavano l'esecuzione dagli spalti.
In una sua poesia Meena, che aveva lasciato l'università per la causa in un
periodo in cui le donne potevano ancora frequentarla, si definiva "la donna che
si è svegliata, la donna risorta e divenuta tempesta fra le ceneri dei miei
figli bruciati". Time Asia l'ha inclusa tra i 60 eroi storici scelti per
festeggiare il suo sessantesimo anno di vita insieme al Mahtma Gandhi, al Dalai
Lama e a Madre Teresa di Calcutta, ma la sua bufera è ancora sospesa sul cielo
dell'Afghanistan liberato dai talebani.
(11 dicembre 2006)