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Costume e società: I docenti

Opinioni

DESCRIZIONE 

Burnout è il “non farcela più”, l’insoddisfazione e l’irritazione quotidiana, la prostrazione e lo svuotamento, il senso di delusione e di impotenza di molti lavoratori,  in  particolare  di  quelli  che  operano  all’interno  delle  cosiddette professioni di aiuto, ossia di attività nelle quali il rapporto con l’utente/cliente

ha  un’importanza  fondamentale  in  termini  di  significato  e  di  lavoro  in  sé. Tutte  le  professioni  socioassistenziali  implicano  un  intenso  coinvolgimento emotivo:   l’interazione   tra   operatore   ed   utente   è   centrata   sui   problemi contingenti  di  quest’ultimo  (psicologici,  sociali  o  fisici)  ed  è,  perciò,  spesso ravata  da  sensazioni  d’ansia,  imbarazzo,  paura  o  disperazione.  Poiché  non sempre   la    soluzione          dei                   problemi                 dell’utente                 è                        semplice              o    facilmente ottenibile,  la  situazione  diventa  ancora  più  ambigua  e  frustrante  e  lo  stress cronico può logorare emotivamente l’operatore e condurlo al burnout. Questo viene  normalmente  definito come  una  sindrome di  esaurimento  emotivo, di depersonalizzazione e di ridotta realizzazione personale, che può insorgere in coloro  che  svolgono  una  qualche  attività  lavorativa  “di  aiuto”:  dunque  uno stato  di  malessere,  di  disagio,  che  consegue  ad  una  situazione  lavorativa percepita  come  stressante  e  che  conduce  gli  operatori  a  diventare  apatici, cinici con i propri “clienti”, indifferenti e distaccati dall’ambiente di lavoro. In casi   estremi   tale   sindrome   può   comportare   gravi   danni   psicopatologici

(insonnia,  problemi  coniugali  o  familiari,  incremento  nell’uso  di  alcol  o farmaci)   e   deteriora   la   qualità   delle   cure   o   del   servizio   prestato   dagli operatori, provocando assenteismo e alto turnover.

Pur   essendoci   definizioni   diverse   della   sindrome   del   burnout   gli   autori concordano nel considerarlo non un evento, ma un processo che si  sviluppa diversamente a seconda delle peculiarità soggettive e del contesto sociale. 

In conclusione è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le helping  profession  qualora  queste  non  rispondano  in  maniera  adeguata  ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere. 

La  sindrome  del  burnout  nel  personale  della  sanità,  considerato  anche  la rilevanza  sociale  del  fenomeno,  sta  riscontrando  un  notevole  interesse  da parte   della   letteratura   psicologica   e   psichiatrica.   Gli   effetti   dello   stress lavorativo sulle condizioni di salute dell’operatore sanitario ed i  conseguenti rischi     di     burnout  coinvolgono                numerosi                 fattori                     che                   si               sviluppano diversamente in ogni individuo e/o in ciascuna categoria professionale. 

L’azione  patogena  degli  stressors  protratti  nel  tempo,  argomento  su  cui  è ormai   disponibile   una   ampia   casistica   sperimentale   e   clinica,   anche   se  originariamente   ristretti   all’ambito   lavorativo,   può   determinare   reazioni disadattative   che   si   estendono   alla   sfera   extralavorativa   fino   a   favorire l’insorgenza  di  quadri  nevrotici  o  depressivi  .  Risulta  confermata,  anche  a livelli               subclinici,          l’ipotesi        di   una   corrispondenza   fra   grado   di                        burnout lavorativo e manifestazioni  sintomatologiche dell’ansia, in particolare con le sue espressioni somatiche e con le modificazioni del tono dell’umore in senso depressivo,  quali  indicatori  di  un  disagio  lavorativo  che  tende  a  coinvolgere aspetti più generali della personalità dell’operatore sanitario 

Tale esito sembra essere molto frequente quando l’operatore percepisce una forte discrepanza fra aspirazioni di carriera e performance effettiva. Rimane, tuttavia,           ancora                     poco      approfondito il          problema                      delle            caratteristiche personologiche dell’operatore predisponenti il burnout e le strategie di coping impiegate per fronteggiare lo stress nelle cosiddette helping professions . 

 

Tra le conseguenze della sindrome si descrivono, secondo Orlowski, alterazioni  emozionali  e  comportamentali,  psicosomatiche  e  sociali, perdita dell'efficacia lavorativa ed alterazioni lievi della vita familiare. Secondo           Flórez      (5),         si                                         giustificherebbe       inoltre                      l'alto          livello di assenteismo lavorativo tra questi professionisti, tanto per problemi di salute  fisica  quanto  psicologica,  essendo  frequente  l'apparizione  di situazioni              depressive          fino                      all'autoprescrizione      incongrua                       di psicofarmaci   ed   aumento   del  consumo   di   tossici,   alcool   ed   altre droghe.

Tra gli  aspetti  epidemiologici  della sindrome del Burnout descritti nella   letteratura,   non   sembra   esistere   un   accordo   unanime   tra   i differenti   autori,                                                         sebbene   si       riscontra   un   determinato               livello            di coincidenza  per  alcune  variabili:  Età;  Sesso;  Stato  civile;  Turnazione lavorativa; Anzianità professionale; Sovraccarico lavorativo

- Età:Pare  esista  un  periodo  di  sensibilizzazione  in  quanto,  durante  i primi                 anni   di         carriera                 professionale,   il                    soggetto                     sarebbe maggiormente vulnerabile. 

 - Sesso: Le donne, rispetto agli uomini,risultano più vulnerabili. Ciò è dovuto a vari motivi, come il doppio carico di lavoro (professionale e familiare)   a   cui   sono   sottoposte,   e   l'espletamento   di   determinate specialità professionali che prolungherebbero il ruolo di donna 

- Stato   Civile:  Gioca  un  ruolo   importante   in  quanto   la  Sindrome sembra  maggiormente  presente  nelle  persone  che  non  hanno  un compagno  stabile  (9,12).  L'esistenza  di  figli  fa  sì  che  queste  persone siano più resistenti alla sindrome.

- Turnazione  Lavorativa:  La  turnazione  e  l'orario  lavorativo  possono favorire                   l’insorgenza      della                      sindrome;                questo      avviene                più frequentemente  nel  personale  infermieristico,  essendo  questo  più soggetto ad un dispendio di energie psicofisiche, rispetto al personale medico. 

- Anzianità   Professionale:   alcuni   AA   hanno   trovato   una   relazione positiva   tra   la   sindrome   e   l’anzianità   professionale,   altri   hanno evidenziato una relazione inversa, individuando nei soggetti con più anni lavorativi un minor livello di associazione con la Sindrome. 

- Sovraccarico  Lavorativo:  È  sicura  invece  la  relazione  tra  Burnout  e sovraccarico   lavorativo   nei   professionisti   assistenziali,   in   quanto questo   fattore   produrrebbe   una  diminuzione,  sia  qualitativa  che quantitativa  delle  prestazioni  offerte  da  questi  lavoratori.  Tuttavia non  sembra  esistere  una  chiara  relazione  tra  il  numero  di  ore  di contatto coi pazienti e l'apparizione del Burnout, sebbene sia riferita da altri Autori.

Anche       il     salario        è    stato       invocato        come      un     altro       fattore       che determinerebbe lo sviluppo del Burnout in questi professionisti, anche se non vi è nulla di chiaro in letteratura. 

 

Nello  studio  delle  possibili  cause  del  burnout  è  fondamentale  includere l'analisi del contesto organizzativo nel quale l'individuo opera. La struttura e

il  funzionamento  di  questo  contesto  sociale  plasmano  il  modo  in  cui  le persone  interagiscono  tra  loro  e  il  modo  in  cui  eseguono  il  loro  lavoro. Quando  l'ambiente  lavorativo  non  riconosce  l'aspetto  umano  del  lavoro,  il rischio   di   burnout  cresce,   portando   con   sé   un   alto   prezzo   da   pagare. 

Nella  natura  del  lavoro  stanno  avvenendo  cambiamenti  dirompenti  dovuti alla competizione globale, all'innovazione tecnologica, ai sistemi di controllo più  serrati   e   a  una   retribuzione   inadeguata.   Il   contesto   organizzativo   è continuamente              modellato da        forze sociali,     culturali  ed  economiche potenzialmente  rischiose.  Di  conseguenza,  le  organizzazioni  sono  messe  a dura prova, forzate ad aumentare la produttività, a riprogettare le gestioni e a resistere   allo   sfruttamento   opportunistico   da   parte   di   altre   persone.   Le tensioni                   derivanti       da                    grandi      cambiamenti       sociali               finiscono      spesso           col danneggiare  le  persone,  i  lavoratori  che  interiorizzano  tali  mutamenti  e  li trasformano            in                             stress                  fisico                          e                  psicologico. 

Così, la tensione scende come una cascata partendo da un contesto politico ed economico, passando attraverso le politiche regionali, l'organizzazione locale e,               infine,                   si                riversa                   sui                singoli                   individui.  

La realtà è che, nonostante sia l'individuo a fare esperienza di  burnout, è la discrepanza tra         persona            e                             lavoro a                   costituirne        la    causa                  principale.

Le nuove proposte teoriche nell'ambito della Psicologia del Lavoro cercano di dare  una  più  complessa  concettualizzazione  della  persona  all'interno  del contesto       lavorativo.  

Maslach e Leiter (1997) hanno elaborato un nuovo modello interpretativo che si   focalizza  principalmente   sul  grado   di   adattamento/disadattamento   tra persona e lavoro. Secondo questi autori la sindrome del burnout ha maggiori probabilità  di  svilupparsi  quando  è  presente  una  forte  discordanza  tra  la natura   del   lavoro   e   la   natura   delle   persone   che   svolgono   tale   lavoro. 

Queste  discrepanze  sono  da  considerarsi  come  i  più  importanti  antecedenti del burnout e sono sperimentabili in sei ambiti della vita organizzativa: carico

di      lavoro,        controllo,           ricompense,           senso        comunitario,             equità,         valori. 

 

Maslach  e  Leiter  (1997)  hanno  ridefinito  il  burnout  come  una  erosione dell'impegno          nel                                      lavoro.         Quest'ultimo,                   secondo          gli          autori,            sarebbe caratterizzato                                da     tre     fattori    (energia,             coinvolgimento      ed   efficacia)              che rappresentano   i   poli   opposti   delle   dimensioni   del   burnout:   impegno   e burnout  non  sono  altro  che  le  due  estremità  opposte  di  un  continuum. L'impegno  di  ogni  individuo  può  essere  valutato  attraverso  l'utilizzo  dei punteggi  opposti                               (positivi)              sulla  scala                                     del         MBI. 

Oggi  il  burnout  rappresenta  un  rischio  troppo  elevato  per  ogni  contesto organizzativo: i costi economici, la produttività ridotta, i problemi di salute e

il   generale   declino   della   qualità   della   vita   personale   o   lavorativa   (tutte possibili  conseguenze  di  questa  sindrome)  sono  un  prezzo  troppo  alto  da pagare. 

 

E' dunque consigliabile l'adozione di un approccio preventivo per affrontare il problema  burnout.  E'  fondamentale  fare  un  investimento  sulle  persone  per poter contare su lavoratori ben preparati, leali e dediti, capaci di realizzare un lavoro  di          qualità.                              Questo   tipo                  di    investimento                  deve  prendere       in considerazione  i  valori  umani  presenti  nell'ambito  dell'attività  lavorativa, cercando  così  di  rafforzare  l'organizzazione  per  una  futura  sopravvivenza. 

 

Il   modo   migliore   per   prevenire   il   burnout  è   sicuramente   puntare   sulla promozione  dell'impegno  nel  lavoro.  Ciò  non  consiste  semplicemente  nel ridurre gli aspetti negativi presenti sul posto di lavoro, ma anche nel tentare di aumentare quelli positivi. Le strategie per aumentare l'impegno sono quelle  he           accrescono               l'energia,               il          coinvolgimento                   e          l'efficacia. 

 

Anche  l'organizzazione  deve  mostrare  ai  suoi  dipendenti  lo  stesso  tipo  di impegno,  rispetto  e  interessamento  che  essa  pretende   da  loro.  Il  modo migliore per farlo è quello di prendere delle misure per ridurre le sei possibili discrepanze  che  si  verificano  tra  le  persone  e  il  lavoro.  Le  sei  aree  di  vita organizzativa   nelle   quali   emergono   queste   discordanze   rappresentano   il contesto immediato nel quale gli individui si imbattono al lavoro, e all'interno di  ciascun  area  si  trovano i  punti  di  partenza  del  cammino  che dal  burnout porta all'impegno. Ogni area infatti, contiene i fattori di rischio che da un lato, possono  causare  i  problemi  relativi  al  burnout,  dall'altro  offrire  le  soluzioni per                            un         buon        adattamento     e        un        valido                 impegno. 

 

Lo scopo di una buona strategia organizzativa a livello preventivo è quello di creare strutture e processi gestionali in grado di incrementare l'impegno nel lavoro. Un buon intervento deve essere inizialmente condotto dalla direzione centrale  per  poi  diventare  un  vero  e  proprio  progetto  organizzativo  che coinvolge   tutti      i           lavoratori. 

Un'efficace strategia che voglia prevenire il burnout e promuovere l'impegno deve   iniziare   con   un'analisi   tra   il   personale   ("Organizational   Check-up Survey")  sugli  aspetti  chiave  della  vita  organizzativa.  Questo  tipo  di  analisi permette di valutare il modo in cui un'organizzazione si occupa delle proprie responsabilità  nei  confronti  dei  dipendenti.  In  altri  termini,  rivela  in  quale misura  il  posto  di  lavoro  sta  promuovendo  la  loro  produttività  e  il  loro impegno. 

Attraverso          l'analisi          tra      il     personale          si     possono        valutare         i     livelli        di impegno/burnout  tra  i  dipendenti,  l'estensione  della  discrepanza  lavoro- persona  nelle  sei  aree  della  vita  organizzativa  e  il  rapporto  tra  le  diverse strutture e procedure gestionali e le sei aree. Tutte le informazioni ricavate da questo  tipo  di  analisi  potranno  essere  migliorate  per  migliorare  la  cultura organizzativa. 

L'analisi identifica le questioni che hanno maggiori possibilità di influenzare l'impegno  del  personale.  Il  successivo  intervento  infatti,  si  dovrà  focalizzare

su  una  struttura  o  prassi  gestionale  in  grado  di  influenzare  una  o  più  aree nelle          quali         emergono         le                                 discrepanze.

 Un      intervento           organizzativo, condotto        a           livello      preventivo,             potrebbe richiedere molto tempo per l'implementazione e comportare la necessità della collaborazione di più persone, tuttavia il suo impatto potrebbe risultare molto efficace. Il cambiamento che ne può derivare è sicuramente di una portata più ampia   rispetto a          quello           di        un                     intervento        individuale. 

 

L'organizzazione, focalizzandosi      sull'incremento                    dell'impegno             e               sulla promozione  dei  valori  umani,  potrà  aumentare  la  capacità  di  perseguire  la propria  missione:  una  sua  eventuale  spesa  economica  per  effettuare   un intervento          preventivo      sarà              un                sicuro    investimento per           il                                    futuro.

La gestione delle risorse umane in ambito lavorativo ha assunto negli ultimi anni un ruolo di fondamentale importanza, tanto da rientrare negli obiettivi primari              di     qualsiasi      azienda.      Nessun           ambiente        organizzativo                  può   oggi ignorare  gli  effetti  negativi  derivanti  da  una  mancata  presa  di  coscienza  di queste                  problematiche.        Gestire          le  risorse    umane   e        quindi                      l'attività professionale richiede impegno costante nel tempo e costi fisici e psichici non sempre facilmente definiti o definibili. Tuttavia nessuna previsione di budget,

in  qualunque  azienda,  può  sostenere  il  raggiungimento  dei  propri  obiettivi senza                          considerare                              le                        risorse                           umane. 

Le aziende, all'inizio di un progetto preventivo, possono oggi avvalersi di un nuovo                   strumento:            l'                    Organizational         Check-up                                 Survey                 (OCS).

 

Nel questionario, la prima scala ("Relazione con il lavoro") valuta l'esperienza di  ciascun  individuo  sul  continuum  burnout-impegno.  Questo  strumento permette di misurare le tre dimensioni centrali dell'esperienza di una persona con   il   lavoro:   esaurimento-energia,   depersonalizzazione-coinvolgimento   e inefficienza-successo/realizzazione.  Lo  strumento  inoltre,  comprende  altri item che valutano sia la percezione dei lavoratori rispetto alle sei aree di vita organizzativa  (carico  di  lavoro,  controllo,  ricompense,  senso  di  comunità, equità,   valori)   sia   le   strutture   e   le   procedure   gestionali   corrispondenti (supervisione,  comunicazione, sviluppo  delle capacità  e  coesione  del  gruppo  di   lavoro).   Inoltre   è   presente   una   scala   (cambiamento)   per   valutare   i mutamenti  nel  contesto  organizzativo.  Tale  complemento  all'MBI  è  definita come  analisi  tra  il  personale  ed  è  considerato  un  mezzo  per  progettare  e valutare         interventi           organizzativi            intesi        a     creare       l'impegno          nel      lavoro.

  

Il  nuovo  questionario  è  stato  indicato  da  alcuni  autori  (Maslach  e  Leiter,2000)  come  un  efficace  strumento  per  analizzare  i  contesti  organizzativi  e progettare  cambiamenti  all'interno  di  essi.  Questo  test  infatti,  è  fonte  di numerose  informazioni  che riguardano  il  rapporto  tra  persona  lavoro  e  può essere preso in considerazione per eventuali interventi e strategie preventive. Attraverso  questo  test  si  potrà  approfondire  lo  studio  della  sindrome  del burnout         in      relazione          agli       aspetti         specifici         dell'ambiente             di      lavoro.

 

 

Il modello di Maslach

 

Maslach, già in un contributo del 1976, parla di burnout come di una «forma di stress interpersonale che comporta il distacco dall’utente» (Maslach, 1976, p.16) causato dalla continua tensione emotiva del contatto con persone che portano una richiesta di aiuto. Pur precisando che il burnout non colpisce soltanto i soggetti impegnati in specifiche professioni socio-sanitarie, ma tutti coloro che lavorano a stretto contatto con persone per lunghi periodi di tempo, ne sottolinea, tuttavia, la specificità per tutte le professioni d’aiuto (Maslach, 1982). La sua rielaborazione costituisce l’approccio che oggi sembra influenzare maggiormente i ricercatori. Successivamente la definizione viene trasformata operazionalmente e ricondotta ad un costrutto multifattoriale costituito da tre dimensioni tra loro relativamente indipendenti:

1. L’esaurimento emotivo

 

cioè la sensazione di essere in continua tensione, emotivamente inariditi dal rapporto con gli altri. È dovuto alla percezione delle

richieste come eccessive rispetto alle risorse disponibili. L’operatore si sente come svuotato delle risorse emotive e personali, e con l’impressione di non avere più nulla da offrire a livello psicologico. L’esaurimento emotivo è, quindi, la sensazione di aver oltrepassato i propri limiti sia fisici sia emotivi,

 sentendosi incapaci di rilassarsi e recuperare e ormai privi dell’energia per affrontare nuovi progetti o persone. L’esaurimento emotivo è la caratteristica centrale del burnout e la manifestazione più ovvia di questa complessa sindrome. Quest’aspetto riflette la dimensione di “stress” del burnout, coglie gli aspetti critici della relazione che le persone hanno con il proprio lavoro. L’esaurimento non è semplicemente un vissuto, piuttosto spinge ad allontanarsi dal punto di vista emotivo e cognitivo dalla professione, presumibilmente un modo per far fronte al carico di lavoro (Maslach, Schaufeli e Leiter, 2001).

2. La depersonalizzazione

 , cioè la risposta negativa nei confronti delle persone che ricevono la prestazione professionale; costituisce un modo per porre una distanza tra sé e i destinatari del servizio, ignorando attivamente le qualità che li rendono unici. Le richieste di queste persone sono maggiormente gestibili quando queste ultime vengono considerate oggetti impersonali. In questa condizione l’operatore cerca di evitare il coinvolgimento emotivo con un atteggiamento burocratico e distaccato, e con comportamenti di rifiuto o palese indifferenza verso l’utente. Questi atteggiamenti negativi di distacco, cinismo, freddezza e ostilità costituiscono il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione, riducendo al minimo il proprio coinvolgimento nel lavoro. Una frequente conseguenza della depersonalizzazione è la percezione del senso di colpa da parte dell’operatore.

 

3. La ridotta realizzazione personale

 cioè la sensazione che nel lavoro a contatto con  gli altri la propria competenza e il proprio desiderio di successo stiano venendo

meno. L’operatore si percepisce come inadeguato e incompetente sul lavoro e perde la fiducia nelle proprie capacità di realizzare qualcosa di valido. La motivazione al successo cala drasticamente, l’autostima diminuisce e possono emergere sintomi di depressione. In questa condizione è possibile che il

soggetto si rivolga alla psicoterapia oppure decida di cambiare lavoro. Questo costrutto ha una relazione complessa con gli altri due: sembra sia una funzione di entrambi, oppure una combinazione dei due. Una situazione lavorativa caratterizzata da richieste croniche e opprimenti che contribuiscono all’esaurimento e al “cinismo” è probabile possa erodere il senso di efficacia dell’individuo. Ancora, esaurimento e depersonalizzazione interferiscono con l’efficacia: è difficile raggiungere un senso di realizzazione quando ci si sente esauriti o si aiuta persone verso le quali si prova indifferenza. Comunque, in altri contesti lavorativi, l’inefficacia sembra svilupparsi parallelamente con gli altri due aspetti del burnout, piuttosto che in maniera sequenziale (Leiter,1993).

 La mancanza di efficacia sembra derivare più chiaramente da una mancanza di risorse, mentre l’esaurimento e il cinismo emergono dalla presenza di sovraccarico lavorativo e conflitto sociale.

Le tre dimensioni sono valutabili con il “Maslach Burnout Inventory”, un questionario di 22 item sviluppato da Maslach e Jackson nel 1981. Il questionario era in principio rivolto all’uso per le professioni di aiuto, ma in risposta all’interesse per il burnout da parte degli insegnanti, fu in seguito prodotta una versione per le professioni educative. Negli anni Novanta il concetto di burnout fu esteso ad occupazioni al di là delle professioni d’aiuto e educative (ad es. tecnologia del computer, militare, manageriale). Raffrontando il modello con gli studi precedenti sull’argomento, Maslach e collaboratori rilevano che la depersonalizzazione appare come la dimensione distintiva del burnout, ma anche la meno analizzata nelle ricerche sullo stress. Nei vari studi sullo stress sono stati invece più ampiamente considerati gli aspetti dell’esaurimento emotivo e della realizzazione personale, analizzata soprattutto nei termini di autostima e self-efficacy. Questo porta a concludere che ciò che rende il burnout una sindrome specifica, e distinta dallo stress, non sono tanto le sue cause e le reazioni di tensione o insoddisfazione, quanto i sintomi legati ai rapporti interpersonali che si creano nelle relazioni d’aiuto, come il distacco dagli utenti o l’indifferenza. Secondo il modello di Maslach vanno di conseguenza considerate di primaria importanza le caratteristiche di questa relazione dal punto di vista sia quantitativo, come la frequenza, la durata, il numero degli utenti, sia qualitativo, come l’intimità e la distanza interpersonale, senza infine dimenticare le caratteristiche degli utenti (età, classe sociale e tipo di problematica).

Maslach descrive così le caratteristiche dei soggetti più vulnerabili al burnout: deboli, remissivi, con serie difficoltà a tracciare i confini tra sé e gli utenti, incapaci di esercitare un controllo sulla situazione, rassegnati passivamente alle richieste del lavoro senza tentare di ridimensionarle.I vari stressor della situazione lavorativa, come il sovraccarico o l’ambiguità di ruolo, possono interagire con queste caratteristiche personali portando allo sviluppo del burnout.

Più recentemente Folgheraiter (1994) introduce un quarto elemento descritto come perdita della capacità del controllo, vale a dire smarrimento di quel senso critico che consente di attribuire all’esperienza lavorativa la giusta dimensione.

La professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della  vita di relazione e l’individuo non riesce a “staccare” mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e violente.

 

Un altro modello recentemente elaborato (Maslach, 1997) ordina le cause oggettive del burnout in sei classi, rispettivamente relative a: carico di lavoro, autonomia decisionale, gratificazioni, senso di appartenenza, equità, valori. 

medesimo lavoro l’autrice perviene alla conclusione che il burnout è dovuto principalmente ai fattori oggettivi dello stress professionale, relegando a secondo piano le cause soggettive. 

 

Il modello di Cherniss 

 

Cherniss definisce burnout una strategia di adattamento che ha ripercussioni negative sia per la persona sia per l’organizzazione; si tratta di una modalità errata di adattamento allo stress lavorativo, messa in atto da operatori che non dispongono delle risorse appropriate per fronteggiarlo; è una sorta di “ritirata psicologica” dal lavoro, in risposta ad un eccessivo stress o insoddisfazione, per cui ciò che un tempo era sentito come “vocazione” diventa soltanto un lavoro. Non si vive più per il lavoro, ma si lavora unicamente per vivere: vi è, quindi, una perdita di entusiasmo, interesse e senso di responsabilità per la propria professione (Cherniss, 1983). Questa incapacità a fronteggiare lo stress è determinata sia da elementi personali, sia da variabili riguardanti il lavoro in sé e la sua organizzazione.

Le possibili manifestazioni del burnout secondo Cherniss (1980b) possono essere divise in quattro gruppi:

1. Sintomi fisici: 

fatica e senso di stanchezza, frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali, raffreddori e influenze, cambiamenti delle abitudini alimentari, insonnia e uso di farmaci.  

2. Sintomi psicologici

 

quali senso di colpa, negativismo, sensazioni di fallimento ed immobilismo, alterazioni dell’umore, irritabilità, scarsa fiducia in sé, scarse

empatia e capacità d’ascolto.

 

3. Reazioni comportamentali

 come alta resistenza ad andare al lavoro, assenteismo e ritardi, tendenza ad evitare o rimandare i contatti con gli utenti, ricorso a procedure standardizzate.

4. Cambiamenti di atteggiamento con gli utenti,

 cui si dimostra chiusura difensiva ai contatti, cinismo, perdita di disponibilità all’ascolto, distacco emotivo, indifferenza, colpevolizzazione; utilizzo di misure del controllo del comportamento come l’uso di tranquillanti; atteggiamenti sospettosi o paranoidi. Anche con i colleghi si sviluppano atteggiamenti di evitamento dei contatti e di risentimento.Questi sintomi si configurano, secondo la definizione di Cherniss (1980b, come la «risposta data ad una situazione di lavoro sentita come intollerabile». Secondo questo autore il burnout è la reazione ad uno stato di tensione e insoddisfazione che inizia a svilupparsi quando il soggetto crede che lo stress che sta provando  non possa essere sgravato con una soluzione attiva dei problemi che deve fronteggiare. Il risultato di questa convinzione è il tentativo di fuggire psicologicamente dalla situazione e di allontanare ulteriori tensioni e disagi attraverso atteggiamenti di distacco e comportamenti di evitamento.

 

  

SEGNI E SINTOMI DELLO STRESS LAVORATIVO

 

 ( Cherniss C. Staff Burnout: job stress in the Human service. Beverly Hills: Sage, 1980,trad it La sindrome del burnout. Lo stress lavorativo degli operatori dei servizisociosanitari.Torino: Centro Scientifico Torinese)

  

 

1.  Alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno 

2.  sensazione di fallimento 

3.  rabbia e risentimento 

4.  senso di colpa e disistima 

5.  scoraggiamento ed indifferenza 

6.  negativismo 

7.  isolamento e ritiro(disinvestimento) 

8.  senso di stanchezza ed esaurimento tutto il giorno 

9.  guardare frequentemente l'orologio 

10. notevole affaticamento dopo il lavoro 

11. perdita di sentimenti positivi verso gli utenti 

12. rimandare i contatti con gli utenti, respingere le telefonate dei clienti e le visite in ufficio

13. avere un modello stereotipato degli utenti 

14. incapacità di concentrarsi o di ascoltare ciò che l'utente sta dicendo 

15. sensazione di immobilismo 

16. cinismo verso gli utenti; atteggiamento colpevolizzante nei loro confronti

17. seguire in modo crescente procedure rigidamente standardizzate 

18. problemi d'insonnia 

19. evitare discussioni di lavoro con i colleghi 

20. preoccupazione per sé

 21. maggiore approvazione di misure di controllo del comportamento come i tranquillanti

22. frequenti raffreddori ed influenze 

23. frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali

 24. rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento 

25. sospetto e paranoia 

26. eccessivo uso di farmaci 

27. conflitti coniugali e famigliari

 28. alto assenteismo 

 

 

LE CAUSE DEL BURN-OUT NEGLI OPERATORI DEI SERVIZI SOCIO -SANITARI

  

l'individuo

 

__ EFFICIENZA = Ogni elemento che contrasta gli sforzi dell'operatore di assolvere ai propri compiti in modo efficace o di sentirsi efficiente.

__ IL SUCCESSO PSICOLOGICO: IL BISOGNO DI PREVISIONE E CONTROLLO = i  lavori che implicano un alto livello di autonomia, sfida e feedback contribuiranno al  successo psicologico e l'incidenza del burnout sarà più bassa . Il successo psicologico richiede la capacità di prevedere e controllare il proprio ambiente

__ L'IMPOTENZA ACQUISITA Quando un operatore ha sperimentatol'impotenza in una  situazione non capirà e rifiuterà l'informazione che gli indica che il controllo ora è possibile. 

 

la situazione di lavoro

__ LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA = conflitti di ruolo ed ambiguità, l'importanza della stimolazione e del significato, la struttura di potere e la struttura normativa

__ LA LEADERSHIP E LA SUPERVISIONE = la supervisione ha la funzionedi favorire uno sviluppo professionale così come esercitare controllo amministrativo. L'intero staff,  soprattutto gli operatori più giovani, si rivolge ai propri supervisori per ricevere consigli, insegnamenti e per la crescita 

professionale.

 __ INTERAZIONE SOCIALE E SOSTEGNO ALL'INTERNO DELLO STAFF

 

 

l'ambiente esterno culturale e sociale

 

__ INTERAZIONE TRA CULTURA, POLITICA ED ENTI ESTERNI AL SERVIZIO = le caratteristiche concrete che la relazione operatore utente

assume in un dato momento storico ( paziente, utente, cliente ), nuovi gruppi sociali organizzati, scelte politiche, nuove forme di patologie ed assenza di

cure. 

 

STRATEGIE DI PREVENZIONE E SUPPORTO

 

__strumenti di supporto per gli operatori con incontri di formazione/sensibilizzazione alle relazioni interpersonali ed alla gestione dei conflitti

__una linea guida molto articolata  dove sono previste indicazioni per IP e dirigenti partendo dalle responsabilità  reciproche che entrambi hanno a seconda del problema  che origina il burnout.

__dall'analisi della letteratura e di articoli correlati  emerge anche il "fattore personale" come variabile su cui agire a livello di formazione pre - lavorativa migliorando il "luogo di controllo". Come “luogo di controllo” viene inteso l’ambiente dove l’individuo ricerca le risorse per rispondere ad un problema.

Si distingue un ambiente/luogo di controllo interno ed esterno all’individuo.

Gli studi psicologici hanno evidenziato che coloro che utilizzano l’ambiente esterno per rispondere ai problemi sono più esposti al  rischio di burnout, pertanto  potenziare  le  risorse  interne  dell’individuo  nei  programmi  di formazione di base, ridurrà il rischio.

 

Le linee guida si sono basate sui criteri elaborati da Copi nel 1962 che sono: rilevanza, testabilità, semplicità, e potere esplicativo. Nello studio l'analisi dei dati rivelava i seguenti temi che causavano stress.

1.  comunicazione danneggiata tra infermieri e dirigenti 

2.  mancanza di riconoscimento professionale mediante mancanza di equità, remunerazione non competitiva ed insensibilità verso i loro bisogni professionali

3.  ambiente fisico depersonalizzato ed ambiente lavorativo emotivamente e spiritualmente stressante 

Le strategie emerse dall'analisi dei dati furono supportate da controlli con la letteratura e discusse con gli infermieri per confermare la loro applicabilità. Pertanto, se l'analisi dei dati rivelava  che  c'era  una  mancanza  di comunicazione  tra  infermieri  e  dirigenti,  fu  logico inserire le strategie atte

a migliorare la comunicazione come una rilevante linea guida. Si è voluto tenere presente anche lo studio sulle responsabilità ed i diritti elaborato da

Nel nel 1993.  Nell'ambiente  di  lavoro                        c'è  una  reciproca  interdipendenza tra  dirigenti  ed  infermieri,  essi  sono  co-responsabili  per  il  clima corporativo dell'organizzazione. Ad  esempio  l'infermiere  ha  facoltà  di negoziare  con  il  suo  dirigente programmi  di  formazione  nel  suo  campo di  specialità,  così  come  è  responsabilità  del  dirigente provvedere allo sviluppo di  programmi  per  lo  staff. C'è  il diritto  del  dirigente  di

aspettarsi  che  gli  infermieri  impiegati  siano professionalmente  competenti ed  autorizzati, ma  c'è  la  responsabilità  degli  infermieri  di  assicurare  che essi  aderiscano  ai  requisiti  standard e comunicare i propri bisogni di formazione ed educazione.

  

RICONOSCI IL TUO DISAGIO 

 

 

TEST BREVE SUL BURN OUT di Potter (psicologia sociale e di gruppo)

  

Leggi una frase alla volta e scrivi subito il punteggio. Alla fine, somma i punteggi di ogni frase.

 

Istruzioni: 1= raramente; 2=qualche volta; 3=non saprei; 4=spesso; 5=continuamente

 

 1. mi sento stanco anche dopo una buona dormita                                      

 

2. sono insoddisfatto del mio lavoro                               

 

3. mi intristisco senza ragioni apparenti                                    

 

4. sono smemorato                     

 

5. sono irritabile e brusco                         

 

6. evito gli altri sul lavoro e nel privato                                 

 

7. dormo con fatica (per preoccupazioni di lavoro)                                      

 

8. mi ammalo più del solito ____

 

9. il mio atteggiamento verso il lavoro è"chi se ne frega"?                                            

 

10. entro in conflitto con gli altri                               

 

11. le mie performance lavorative sono sotto la norma                                         

 

12. bevo o prendo farmaci per stare meglio                                 

 

13. comunicare con gli altri è una fatica                                  

 

14. non riesco a concentrarmi sul lavoro come una volta                                         

 

15. il lavoro mi annoia                        

 

16. lavoro molto ma produco poco                             

 

17. mi sento frustrato sul lavoro                              

 

18. vado al lavoro controvoglia ____

 

19. le attività sociali mi sfiniscono                                

 

20. il sesso non vale la pena                           

 

21. quando non lavoro guardo la tv                               

 

22. non mi aspetto molto dal lavoro                                

 

23. penso al lavoro, durante le ore libere                                  

 

24. i miei sentimenti circa il lavoro interferiscono nelle mia vita privata                                                       

 

25. il mio lavoro mi sembra inutile, senza scopo                                       

 

 

Punteggio

 

 

da 25 a 50 --- E' tutto OK

 

da 51 a 75 --- Meglio prendere qualche misura preventiva da 76 a 100 --- Sei candidato al burnout

da 101 a 125 --- Chiedi aiuto

 

 

MISURATI LA “FEBBRE”

 

Ti invitiamo a misurare la tua temperatura di burn-out. 

(ARIPS - PSICOSOCIOLOGIA e  PSICOLOGIA di COMUNITA')

 

 

Pensando agli ultimi sei mesi, cerca di indicare se ti è capitato di sentire o fare le cose scritte di seguito. Segna con una X le voci che indicano sentimenti o fatti che ti sono capitati più spesso o con più intensità:

 

-         la mattina, andare al lavoro, è un grosso sforzo per me 

-         il lavoro che faccio, in fondo, è del tutto inutile 

-         quando penso al lavoro sento rabbia e risentimento

-         il lavoro mi serve per sopravvivere economicamente 

-         non riesco a trovare niente di positivo nel lavoro che faccio 

-         la mia vita vera è al di fuori del lavoro; lì mi basta riuscire a farmi i fatti  miei

-         durante la giornata di lavoro mi sento stanchissimo/a

-           ogni giorno non vedo l’ora che arrivi il momento di andare a casa

-         dopo una giornata di lavoro mi sento distrutto/a 

-         in verità coloro con cui ho rapporti sul lavoro non mi piacciono molto

-         appena posso cerco di evitare i “contatti” con gli utenti 

-         penso che i miei utenti non siano tanto “belli” 

-        faccio molta fatica ad “ascoltare” veramente ciò che vogliono dirmi gli utenti

-         mi sembra di essere sempre allo stesso punto, di non fare progressi

-         in fondo, se i miei utenti non traggono vantaggi dal mio aiuto,è colpa loro 

-         ciò che contano, alla fine, sono soprattutto le formalità (procedure, regolamenti, schede, ecc..) 

-         mi addormento con difficoltà e dormo poco e male 

-         coi colleghi cerco di evitare ogni discussione 

-         sul lavoro la cosa che più importa è “star bene”, stare in pace, farmi i fatti miei

-         penso che ci vorrebbero più misure di controllo sul comportamento dei miei utenti, più disciplina, più psico- farmaci, ecc..)

-         soffro spesso di influenze, allergie, mal di testa, disturbi intestinali

-         faccio fatica a cambiare opinione e non sopporto l’idea di dover cambiare qualcosa nel mio lavoro

-         sono molti, sul lavoro, quelli che ce l’hanno con me o non mi stimano 

-         prendo pillole di ogni genere 

-         appena posso mi assento dal lavoro adducendo motivi familiari, o di salute, o altro

-         in famiglia sono irritabile e litigioso/a; oppure ho problemi col partner

-         cosa sto facendo? Chi me lo fa fare? 

-         sto sacrificando troppo il “mio” privato

 -         in fondo per le “tre lire” che mi danno 

-         certi miei utenti, certi colleghi, certi dirigenti, guadagnano come me o più di me senza “sbattersi” tanto

-         quale carriera mi aspetta? Posso andare avanti in questo posto per vent’anni?

-                     forse mi conviene guardarmi in giro o riprendere a studiare, non si sa mai

-         non riesco ad essere utile ai miei utenti 

-         nel mio territorio è impossibile fare un buon lavoro 

-         l’Istituzione non offre alcun valido appoggio, anzi 

-         tutta l’organizzazione in cui lavoro, non risponde alle reali esigenze degli utenti

-         superiori, dirigenti e politici non hanno alcun apprezzamento per il mio lavoro

-         gli utenti non hanno quasi alcun apprezzamento per ciò che faccio, schede, relazioni, rapporti scritti mi soffocano

-         sono impreparato per il lavoro che faccio, e si vede

-         a causa del mio sesso, ho più problemi degli altri, nel mio lavoro

-         non so mai cosa devo fare io e cosa devono fare gli altri (colleghi, amministratori, dirigenti, consulenti, ecc..) 

-         nel territorio il mio prestigio è quasi zero 

-         i rapporti coi colleghi sono inesistenti o negativi 

-         verso il lavoro provo spesso noia o nausea 

-         l’importante è evitare problemi, sul lavoro 

-         i casi difficili, le riunioni, gli straordinari se li facciano gli altri 

-         meno impegno possibile, sia mentale che temporale 

-         ora mi defilo, mi do per occupatissimo 

-         devo cercare di farmi dare un incarico di tutto riposo 

-         quanto mi manca per la pensione minima? 

----Somma:  quante  crocette  hai  messo?  (v.sistema  di  calcolo  a fondo pagina)

 Conta  le  crocette,  dividi  il  loro  numero  per  4  e  aggiungi  36.  Il risultato    di         questa operazione     è     la          tua   “febbre”.

(tratto       da:      AA.VV.       “L’operatore   cortocircuito”,                     CLUP,       Milano,1987)

 

 

Burnout Potential Inventory di Potter  (psicologia sociale e di gruppo)

 

Quanto spesso riscontri queste situazioni sul lavoro? Usa la scala sottostante  per  valutare  quanto  spesso  sei  coinvolto  in  ciascuna situazione descritta nel quiz. Alla fine somma i punteggi.

 

(Raramente) 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 (Costantemente) 

 

Mancanza di potere

 

__ 1. Non posso risolvere i problemi che mi sono assegnati. 

__ 2. Sono intrappolato in un lavoro senza opzioni. 

__ 3. Non posso influenzare le decisioni che mi riguardano. 

__ 4. Posso essere licenziato senza poter fare niente. 

 

Assenza di informazioni

 

__ 5. Le responsabilità legate al mio lavoro non sono chiare. 

__ 6. No ho le informazioni che mi servono per lavorare bene. 

__ 7. I miei colleghi non capiscono il mio ruolo. 

__ 8. Non capisco gli obiettivi del mio lavoro. 

 

Conflitto

 

__ 9. Sono preso in mezzo. 

__ 10. Devo soddisfare domande conflittuali. 

__ 11. sono in disaccordo coi miei colleghi. 

__ 12. devo violare le norme per fare il mio lavoro.

 

Equipe inefficiente

 

__ 13. I colleghi mi ostacolano. 

__ 14. Il dirigente fa favoritismi. 

__ 15. La burocrazia interferisce col mio lavoro. 

__ 16. Sul lavoro si compete in vece di cooperare.

 

 

Straripamento

 

__ 17. Il lavoro interferisce con la mia vita privata. 

__ 18. Ho troppo da fare in poco tempo. 

__ 19. Devo alavorare anche nel tempo libero. 

__ 20. il lavoro straordinario aumenta. 

 

Noia

 

__ 21. Ho troppo poco da fare. 

__ 22. Sono iperqualificato per il lavoro dequalificato che faccio. 

__ 23. Il lavoro non offre nessuna sfida. 

__ 24. La maggior parte del mio tempo è spesa in lavori di routine. 

 

Scarsi feedbacks

 

__ 25. Non so mai se quello che facio va bene o no. 

__ 26. Il mio capo non dice mai nulla di quello che faccio. 

__ 27. Ottengo le informazioni troppo tardi per usarle. 

__ 28. Non vedo i risultati del mio lavoro. 

 

Punizioni

 

__ 29. Il mio capo è ipercritico. 

__ 30. Sono gli altri, che traggono merito dal mio lavoro 

__ 31. Il mio lavoro non è apprezzato. 

__ 32. vengo rimproverato per gli errori di altri. 

 

Alienazione

 

__ 33. Sono isolato dagli altri. 

__ 34. Sono un ingranaggio della macchina organizzativa. 

__ 35. Ho poco in comune coi colleghi che lavorano con me. 

__ 36. Evito di dire in giro dove lavoro e cosa faccio. 

 

Ambiguità

 

__ 37. I ruoli cambiano costantemente. 

__ 38. Non so cosa ci si aspetta da me. 

__ 39. Non c'è relazione fra prestazione e successo. 

__ 40. Le priorità sul lavoro non sono chiare.

  

 

Scarsità di ricompense

 

__ 41. Il mio lavoro non è soddisfacente. 

__ 42. Ho pochi successi reali. 

__ 43. La carriera non è come mi aspettavo. 

__ 44. Non ho rispetto. 

 

Conflitti di valore

 

__ 45. I miei valori sono compromessi. 

__ 46. La gente disapprova quello che faccio. 

__ 47. Non credo nell'organizzazione in cui lavoro. 

__ 48. Nel lavoro, non ci metto il cuore. 

 

Punteggio: il tuo rischio di Burnout 

 

da 48 a 168 / Basso. Fai qualche azione preventiva. 

da 169 a 312 / Moderato. Sviluppa un piano per correggere le tue condizioni.

da 313 a 432 / Alto. E' essenziale un qualche intervento.









Postato il Mercoledì, 06 dicembre 2006 ore 19:52:08 CET di Salvatore Indelicato
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