Se si pongono a raffronto le dichiarazioni del viceministro siciliano
Capodicasa nettamente contrario al Ponte e le affermazioni di Zago si
vedrà quanto sia stridente il contrasto. Un fatto è ormai chiaro: il No
al Ponte è un ricatto politico dell'ala sinistra (Rifondazione, Verdi e
partito dei comunisti italiani) al governo Prodi. Se vi arrischiate a
fare il Ponte facciamo cadere il governo. Una pregiudiziale ideologica
che ha costretto la maggioranza a scippare la dotazione finanziaria
della società «Stretto di Messina» e a rinviare sine die la
realizzazione del progetto. Quando si dice che il Ponte «non è una
priorità» significa che questo governo non vuole farlo. O meglio: non
può farlo perché rischia la crisi. La stessa cosa che ci fece capire il
presidente calabrese Loiero: «Il Ponte? Ma lei vuole che io mi
dimetta?».
Ora un ds raziocinante come Zago attacca la linea del governo e le
arroganze dei partitini che impediscono la realizzazione del Ponte. Ci
auguriamo che anche gli altri esponenti siciliani della maggioranza
abbiano lo stesso coraggio di schierarsi a favore di una infrastruttura
fondamentale per lo sviluppo della Sicilia. Il Ponte non ha partito,
anzi ne ha uno soltanto: quello degli uomini di buona volontà.
Dunque il Ponte di Messina sarebbe una storia chiusa? E per quali
profonde ragioni dal momento che, ad oggi, non sono state addotte
motivazioni serie e convincenti? La favola della "non urgenza" non
incanta più di tanto e, paradossalmente, non costituisce una rimozione
definitiva dell'opera, anche se si fa strada il timore che, per adesso,
non se ne farà nulla.
Allora io mi domando: possiamo da uomini della sinistra e da siciliani
accettare senza battere ciglio questa decisione surrettizia che
maschera, dietro criteri di opportunità finanziarie, una scelta
antimeridionale e antisiciliana? Adopero termini così forti perché,
mentre si gigioneggia sul Ponte, nulla si dice sulle dimensioni
finanziarie di trafori alpini dai costi stratosferici, di varianti di
valico, del Mose di Venezia, dell'alta velocità che viene deviata su
Bari anziché proseguita su Palermo - il famoso corridoio uno
Berlino-Palermo.
Si argomenta che sono infrastrutture necessarie allo sviluppo del Paese
per collegare l'Italia all'Europa. Giusto. Nessuno di noi fa
osservazioni, ma noi, la Sicilia, che siamo? Non dobbiamo essere
collegati con le altre regioni d'Italia e d'Europa? Perché solo il
Ponte diventa "non prioritario" per lo sviluppo del Paese?
C'è in questa vicenda il segno di un logoramento profondo dell'identità
nazionale e di una intera classe dirigente che non riesce ancora a
parlare al Paese di un progetto comune e condiviso. Per chi come me
milita nella sinistra questo è fuori da ogni logica e merita una
battaglia politica a cui chiamare quanti più sostenitori possibile
facendo uscire dal torpore o dal silenzio opportunistico quanti, per
ruolo e per funzione, dovrebbero invece fare sentire alta la voce della
Sicilia del lavoro e della produzione.
Non ritengo ammissibile che il Ponte diventi bandiera di un movimento,
il MPA di Lombardo, che è sempre stato parte integrante e importante
della classe dirigente regionale e nazionale e proprio per questo non
ha meno responsabilità di altri, e i cui collegamenti con la Lega di
Bossi sono quanto di più contraddittorio ci sia stato dato di vedere, -
come il recente voto al Senato, proprio sul Ponte, evidenzia, ammesso
che ce ne fosse stato bisogno - proprio perché la Lega è stata l'attore
principale di quella politica antimeridionale che, durante il governo
Berlusconi-Tremonti ha drenato risorse incredibili a vantaggio
esclusivo del nord, squilibrando in tutti i sensi lo sviluppo del Paese.
E allora bisogna farla questa battaglia per il Ponte. Fare il Ponte è
una scelta per dare una delle tante risposte che necessitano per lo
sviluppo e la crescita della Sicilia e del Mezzogiorno. E per questo è
una scelta di sinistra. E se no, perché il governo Amato la compì,
quella scelta e ce ne vantammo a livello nazionale e regionale, da
Prodi a Rutelli, da Anna Finocchiaro a Enzo Bianco e altri, come è
facile riscontrare andando a guardare la rassegna stampa della
primavera del 2001? Fare la battaglia per il Ponte, tuttavia, non
significa chiudere gli occhi su aspetti che dovessero risultare poco
chiari o suscitare perplessità. Dobbiamo parlare seriamente ai
Siciliani e altrettanto seriamente al Paese, per non dire della
comunità internazionale. E' possibile, è necessario andare avanti,
lavorando con determinazione per rendere certa e irreversibile la
compatibilità tecnica, ambientale, economica. Per fare questo serve
onestà e chiarezza, e serve credere nella utilità del Ponte e,
soprattutto, volerlo.
Non è un problema di quanti minuti si risparmiano per andare da Messina
a Reggio - che comunque non sono pochi, come potrebbero costatare molti
di quelli che lo sostengono solo se lo attraversassero in macchina o in
autotreno anziché sorvolarlo in aereo -, il punto è la fluidità del
percorso, la garanzia di eliminare strozzature e interruzioni nel
traffico ferroviario e nel gommato, dando certezze di percorrenza e di
costi per la merce in partenza dalla Sicilia per il resto del Paese.
Non ho difficoltà a riconoscere che sulle lunghe o lunghissime
percorrenze verosimilmente sono più interessanti le autostrade del
mare, ma il tema è rendere possibile collegare il Mezzogiorno per
integrarlo con la Sicilia e farne una macroregione capace di svolgere
un ruolo nel mercato nazionale e in quello mediterraneo. Per la qual
cosa non si può non partire dalla sua infrastrutturazione, come è del
tutto evidente e come stanno cercando di fare le Regioni settentrionali
che assieme, senza l'idiozia degli schieramenti contrapposti, hanno
posto il tema della modernizzazione delle infrastrutture delle Regioni
settentrionali!
Oggi aerei e computer accorciano le distanze, ma resta il problema
della logistica regionale necessaria a integrare parti del territorio e
farne sistema. La mia opinione è che lo sviluppo del Paese non decolla
se non si sviluppa il sistema Sicilia-Mezzogiorno. Il ponte dunque è un
elemento di questa sfida politica e culturale, oltre che economica e
sociale.
Il Ponte è un opera indispensabile all'Italia e all'Europa, proiettate,
proprio con la Sicilia, nel Mediterraneo, sempre più punto focale dei
futuri commerci mondiali, "ponte", a sua volta, assieme all'oceano
Atlantico tra l'Asia e le Americhe, oltre che snodo centrale dell'area
di libero scambio del 2010.
La dimensione è dunque tale da non consentire che un simile progetto
sia lasciato a eventuali "furbetti del quartierino" di turno, ma non è
neanche possibile che sia affidato a chi, non credendoci scivola d'ala,
perde tempo, rinvia e parla di "non urgenza". Lo dico ai miei compagni,
attenti e prudenti navigatori della politica: non possiamo permetterci,
per considerazioni di "opportunità politica", di rinunciare a difendere
un progetto essenziale per lo sviluppo dell'Isola e del Paese. Non
possiamo tradire le attese suscitate e gli impegni assunti in tanti
decenni. E' per questo che chiedo di fare a sinistra un punto di
riflessione serio, criticamente informato e collettivo sul Ponte e di
raccogliere in un comitato quanti a sinistra e nel centro-sinistra
tecnici, operatori economici, sindacalisti, politici amministratori
vogliono che il Ponte si faccia e subito. Per evitare che più in là,
come teme Mario Monti, non aver realizzato il Ponte, possa essere
motivo di pentimento.
Salvatore Zago
Deputato regionale Ds
HANNO DETTO
Ecco le posizioni
del centrosinistra
Ministro Bianchi (Pdci)
«Il Ponte non s'ha da fare, è inutile e stupido».
Ministro Pecoraro Scanio (Verdi)
«Un'opera faraonica che distrugge l'ambiente e disturba il volo degli
uccelli migratori».
Ministro Di Pietro (Idv)
«Non è prioritario e quei soldi ci servono per opere più utili».
Vicepremier Rutelli (Margherita)
«Al momento non ci sono le risorse».
Paolo Mezzio (Cisl Sicilia)
«I soldi del Ponte c'erano: perché li hanno presi?».
Aurelio Misiti (Idv)
«Il progetto è stato approvato da comunità scientifiche di livello
internazionale».
Enzo Bianco (Margherita)
«Sono sempre stato favorevole al Ponte».
Sottosegr. Raffaele Gentile (socialista)
«La Sicilia non può fare a meno del Ponte».
Folco Quilici (ambientalista)
«I ponti si fanno in tutto il mondo: sono uno strumento di progresso».
Mario Monti (economista)
«Forse un giorno ci dovremo pentire di non averlo fatto».
Andrea Monorchio (ex Ragioniere dello Stato)
«Non ci sono dubbi che il Ponte sullo Stretto è un'opera utilissima per
il Meridione».
La polemica sul ponte ricostruita dalla stampa
"La Gazzetta del Sud" 7 dicembre 2004
PERCHE' IO NON MARCIO CONTRO IL PONTE
Un paio di settimane fa una brava e coraggiosa combattente per la
salvezza di animali in pericolo, Anna Giordano, che una quindicina di
anni fa vinse con me il "Gabbiano D'Oro", massima onorificenza per i
"paladini della natura", mi inviò di rimbalzo un messaggio di tale
Calabrò Tiziana.
Non lo avrei letto, immaginandone il contenuto, se non me lo avesse
inviato proprio Anna Giordano, che stimo molto, per quanto si oppose -
era ancora una ragazza - alla strage dei rapaci che volavano sullo
Stretto di Messina. Una battaglia coraggiosa contro una tradizionale
superstizione ("se non uccido almeno un falco, sarai cornuto) che alla
fine, Anna Giordano è riuscita a vincere.
Ho quindi letto il lungo papiro elettronico inviatomi, si trattava di
un invito a partecipare a una marcia contro la costruzione del ponte
sullo Stretto di Messina. Niente di nuovo, in quel testo. E io mi sarei
limitato a non rispondere se l'invito non mi fosse giunto, appunto, da
Anna.
E così Le ho scritto una decina di righe per informarla di non aver
alcuna intenzione ad unirmi "a chi si oppone al sempre maggiore,
indispensabile progresso delle comunicazioni; e non si pone certo lo
scopo di creare catastrofi ecologiche. Sarebbe bene che chi è in buona
fede, ma miope, osservasse cosa e come si è costruito in gran parte del
mondo (anche in paesi molto sensibili ai problemi dell'ambiente quali
gli scandinavi e i giapponesi)".
Credevo d'essere stato chiaro, ma Anna - che è una ragazza di
carattere, e anche questa è una dote -ha insistito raggiungendomi con
una e-mail interminabile. Nella cui premessa, mi confessava di aver
"giocoforza iniziato a dedicare energie e tempo per scongiurare lo
scempio dello Stretto".
Seguivano alcune pagine (!) di riflessioni, misto di banalità e di
buone motivazioni, di elementi reali, di altri immaginari.
Ho voluto risponderle, nel rispetto delle sue idee. Precisandole quanto
sia stato necessario, nel cammino della civiltà, prendere decisioni che
hanno comportato a volte problemi non indifferenti, ma di certo non
tali da bloccare passi in avanti del progresso umano.
Anna mi aveva, tra l'altro, scritto d'opporsi al ponte "Perché non
muoiano migliaia di uccelli impattando con il ponte quando il vento, la
nebbia, la pioggia, la stanchezza impediscono loro di evitare un
ostacolo". La qual cosa credo che valga per tutti i mille ponti del
mondo, eppure di uccelli in cielo ne volano ancora molti. E se ne
muoiono troppi, le cause sono altre.
Che dire, poi, delle balene che "sarebbero spaventate dall'ombra del
ponte"? A parte la facile battuta che di notte e con tempo brutto non
si creano ombre, l'obiezione è un'altra: sotto i grandi ponti sul mare
del nord Europa, America e Asia, nessun ambientalista ha mai comunicato
dati allarmanti su moria di cetacei a causa di un ponte (di cetacei ne
muoiono molti, purtroppo; ma anche in questo caso, i motivi sono di
tutt'altro genere).
Così, ho riacceso il computer e ho spedito una seconda risposta. E qui
la trascrivo quasi per intero: "Cara Anna, non metto in dubbio la tua
buona fede, ma non posso che ripeterti quanto ho già risposto. Sarebbe
bello vivere nell'eden della preistoria? Non lo so.
Ti ricordo che i romani chiamavano Pontifex, il "costruttore di ponti",
autorità massima dell'Impero.
Anche i primitivi hanno sentito la necessità di costruire ponti; ancor
oggi ne costruiscono con liane e pali i pigmei della foresta
equatoriale africana, per collegarsi con altri uomini, per conoscersi,
per sopravvivere.
E' identica vicenda per tutti i popoli di tutte le culture, di tutte le
età, il "costruire ponti", perché questo significa collegarsi,
conoscersi, unirsi, progredire. Di conseguenza chi è contro un ponte, è
contro l'idea più nobile del progresso: quella di creare un mondo nel
quale si sia tutti "vicini".
Ti ricordo, per concludere, che nel Medio Evo gli oscurantisti
tentavano di proibire la costruzione dei ponti, considerandoli
"creature del diavolo". E minacciavano il taglio della testa e la
perdita dell'anima, al primo che si fosse azzardato a violare quel tabù.
Nel pregarti di tentar di ragionare su tutto questo, mi auguro che tu
non voglia, come gli stregoni del medio evo, condannandomi al taglio
della testa, anche se io grido "Viva il Ponte di Messina"."
A quest'ultimo messaggio Anna non mi ha risposto. Forse è troppo
impegnata a scrivere slogan da sbandierare domani. Le auguro una
giornata di sole.
Folco Quilici
Folco Quilici è nato a Ferrara nel 1930 da Nello Quilici, storico e
giornalista e Mimì Buzzacchi, pittrice.
Il nome di Folco Quilici si associa da tempo alla conoscenza del
rapporto tra uomo e mare. Con film: "Sesto Continente" (Premio Speciale
alla Mostra del Cinema di Venezia del 1954), "Ultimo Paradiso" (scritto
con Ennio Flaiano, Orso d'Argento al Festival di Berlino del 1956),
"Tikoyo e il suo pescecane" (scritto con Italo Calvino, Premio Unesco
per la Cultura del 1961), "Oceano" (Premio Speciale Festival di
Taormina del 1971) e "Fratello Mare". E' del 1991 il suo film di
fiction a grande schermo tratto dal suo romanzo "Cacciatori di Navi"
(presentato e premiato a Umbria Fiction nel 1992)
Nel campo dei medio e corto metraggi sono oltre trecento i film
a carattere culturale da lui realizzati. Da ricordare due opere
presentate fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia: Gauguin
(1957), L'angelo e la Sirena (1980) e la nomination all'Oscar nel 1971,
per Toscana uno dei sedici film della serie Italia dal Cielo alla quale
hanno collaborato - dal '64 al '79 - nomi di massimo prestigio della
letteratura italiana come Calvino, Sciascia, Silone, Praz, Piovene,
Comisso. Questi film sono stati trasferiti su DVD con un programma di
perfetto restauro iniziato nel 2002 che si concluderà entro il 2005.
L'attività di Folco Quilici ha trovato vasto spazio nei
programmi culturali della Televisione in Italia e all'estero: dal
reportage Tre volti del deserto ('57) alle Serie in cooproduzioni
europee come Alla scoperta dell'Africa ('64/'65), Malimba ('66), India
('66/'67), Islam ('68/'69), Alba dell'uomo ('70/'75), Mediterraneo
('71/'76), I mari dell'Uomo ('71/'74), L'Uomo Europeo ('76/'80) e molti
altri titoli sino a Il rischio e l'obbedienza ('90/'92), Archivi del
tempo ('88/'93), L'Avventura e la Scoperta ('90/'93), Viaggi nella
Storia ('92/'93), Arcipelaghi ('93/'95).
Per i tredici film della Serie Mediterraneo e gli otto di Uomo
Europeo Quilici ha avuto a fianco, uno dei maggiori storici del nostro
tempo, Fernand Braudel. Hanno anche prestato la loro consulenza
l'antropologo Levi Strauss, il paletnologo Leroy-Gouran. L'archeologo
Sabatino Moscati ha guidato Quilici nelle Serie dedicate
all'archeologia subacquea ("Mare Museo" - 1988-'92), sui Fenici ("Sulle
rotte di porpora" 1987-'88). Con l'archeologo George Vallet ha
realizzato "I Greci d'Occidente".
Dal 1992 al 1999 ha realizzato per l'Istituto Luce e la RAI,
come regista "L'Italia del XX secolo", 65 film su testi degli storici
De Felice, Castronovo e Scoppola
Dal 1997, ha iniziato per RAI 3, la Serie "Alpi", in collaborazione con
il CAI (Club Alpino Italiano). Otto film dedicati alla natura e alle
genti dell'arco montano. In vendita come video-libri VHS.
Nel 2000, per la rete franco tedesca Arté ha realizzato "Kolossal",
lungometraggio culturale e nel 2002, con la stessa coproduzione,
"Viaggio nel Mondo di Pinocchio".
Dal 1996 al 2002 ha realizzato la Serie "Italia Infinita", 5 film
prodotti per RAI 3, RAI International e reti televisive internazionali.
In vendita come video-libri VHS.
Nel 2002/2003 ha curato la realizzazione di sei film dedicati ai suoi
viaggi nelle isole del mondo (Di Isola in Isola), di cui è prevista la
messa in onda televisiva e la successiva vendita come video-libri nei
primi mesi del 2004.
Nel 2004 ha realizzato il lungometraggio a grande schermo "L'Impero di
Marmo" per Cinecittà Holding/Istituto Luce.
Premi internazionali hanno riconosciuto il suo impegno per la TV
culturale in questo campo. Dal Premio della Critica Francese per la
regia della Serie "Mediterranéé", al Premio della Critica italiana per
"India" (1966), di nuovo attribuito a "Alba dell'Uomo" (1975) e a
"Festa Barocca" (1983). Il più recente riconoscimento (1995) è la
"Targa d'Oro Europea" per il suo impegno nel cinema storico-culturale.
Dal 1950 in poi ha pubblicato numerose opere di saggistica,
spesso illustrate. Tra gli altri Mille Fuochi, Magia, Gli ultimi
primitivi, Il Riflesso dell'Islam, India, L'Uomo Europeo, I Mari del
Sud, La mia Africa, Il Mio Mediterraneo, Le Americhe.
Nel 2004 un'impegnativa opera di ricerca storica e biografica: Tobruk
1940, dedicato al Diario storico di guerra scritto dal padre, Nello
Quilici, caduto sul fronte libico con Italo Balbo.
Premiato come scrittore, nel '55 con il Premio Marzotto per
Sesto Continente (rieditato nel 2000), con il Premio Malta nel'81 per
Mediterraneo, il Premio Fregene nell'85 per Cacciatori di Navi e il
Premio Estense nel '93 per Africa.
Tra il 1976 e il 1979 ha diretto La Grande Enciclopedia del Mare. Nel
'74/'75 è stato coautore dei due volumi La Mediterranee editi in
Francia con la Direzione di Fernand Braudel. Nel 1997 gli è stato
assegnato il "Premio Internazionale Cultura del Mare" per le sue opere
sui mari d'Italia. E nel luglio 2000, gli è stato assegnato il
"Tridente d'Oro alla Carriera", dall'Accademia delle Arti della Scienza
Subacquea.
Nel febbraio del 2002, Folco Quilici ha ricevuto il Premio NEOS
dall'Associazione Giornalisti di Viaggio, per il suo impegno di
scrittore.
Per la narrativa italiana, dopo il premiato "Cacciatori di Navi"
(1985) tradotto negli Stati Uniti con il titolo "Danger Adrift", la
Mondadori ha pubblicato nel 1997 il suo "Cielo Verde", romanzo entrato
nella classifica dei libri più venduti in Italia. Nel giugno '98 il
romanzo "Naufraghi". Nel 1999 con il suo romanzo "Alta Profondità",
anch'esso entrato nella classifica dei libri più venduti. Il sequel
narrativo iniziato nel 2001 con "L'Abisso di Hatutu", continuato nel
2002 con "Mare Rosso" (che ha vinto nel 2003 il Premio Scanno di
Letteratura), ha incontrato un vasto favore di pubblico ed è continuato
nel 2003 con il quarto romanzo "I Serpenti di Melqart".
In collaborazione con la moglie Anna, ha pubblicato due
"biografie avventurose": "Amundsen" (1998) e "Jack London" (2000),
Edizioni Piemme; quest'ultimo nel 2001 ha vinto il "Premio Chianciano"
e il "Premio Castiglioncello".
Quilici collabora alla stampa italiana e internazionale. Dal '54 su
Life, Epoca, Panorama, Europeo, e altri periodici nazionali e
internazionali; e con vari quotidiani tra i quali La Stampa e Il
Corriere della Sera e Il Giornale. Ha vinto il "Premio Italia" di
giornalismo nel 1969; e nel 1990 il "Premio Giornalistico Europeo".
Nel 1983 gli è stata conferita dal Presidente Pertini la "Medaglia
d'Oro" per meriti culturali.
Nel '94 la "Penna d'oro" per i suoi servizi sull'Africa. Nel '97 gli è
stato conferito il "Premio Marforio-Campidoglio per la Carriera, per il
giornalismo culturale". E nel '99 il "Premio San Giorgio" per l'insieme
dei suoi scritti.
Ha tenuto corsi all'Università di Bologna (1966-67) di Berlino
(1991), al Centro Sperimentale di Cinematografia (1995), all'Università
Cattolica di Milano (1998). Dal 1985 al 1989 è stato il responsabile di
ORAO, il Centro di Formazione dell'Immagine Culturale. I cui corsi sono
ripresi nel 1997 e proseguiti nel 1998.
Dal febbraio del 2003 ha la responsabilità di dirigere
l'Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata
al Mare, ICRAM, di cui è Presidente dal 2004. Per l'Istituto dirige dal
2005 "I Quaderni dell'ICRAM". Precedentemente, dal '95 al '96, era
stato Direttore del mensile "Mondo Sommerso", esperienza editoriale
maturata con i cinque anni (1978-1982) dedicati come responsabile alla
pubblicazione degli otto volumi dell'Enciclopedia del Mare.
Dal 2002 collabora a una serie di volumi illustrati di Luca Tamagnini
dedicati alle aree protette dei mari italiani: "Asinara", "Arcipelago
Toscano", "Isole Tremiti", "Isole Egadi", "Portofino", "Penisola del
Sinis, Isola di Mal di Ventre", "Isole Pelagie", "Isole di Ventotene e
Santo Stefano". In preparazione altri volumi dedicati alle altre aree
marine protette.
E' tra i soci fondatori dell'H.D.S. (Historical Diving Society)
e dell'Associazione Ambientalistica Marevivo. E' membro dal 2001 della
SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA.
Come fotografo che opera dal 1949, accumulando un archivio
d'oltre un milione d'immagini a colori e in bianco e nero, Folco
Quilici è stato dichiarato "Great Master for creative excellence"
dall'International Photo Contest 1998 .
Il collegamento sullo Stretto rilancerebbe la Sicilia, il no la
conferma «colonia»
Lo sviluppo buttato giù dal Ponte
Prodi dice: nessun'opera se non ci sono i soldi. Ma in questo caso lo
Stato non spenderebbe nulla
il caso. Dopo il no di Bianchi ieri Fassino, in Sicilia, ha affermato
che il Ponte sullo Stretto non è tra le priorità. Ma quest'opera
rilancerebbe turismo e impresa, e bloccarla è confermare la Sicilia
«colonia». Prodi ha detto che non si realizzerà nulla se non ci sono i
soldi, ma il Ponte non costerebbe nulla allo Stato.
il caso. Dopo il no di Bianchi ieri Fassino, in Sicilia, ha affermato
che il Ponte sullo Stretto non è tra le priorità. Ma quest'opera
rilancerebbe turismo e impresa, e bloccarla è confermare la Sicilia
«colonia». Prodi ha detto che non si realizzerà nulla se non ci sono i
soldi, ma il Ponte non costerebbe nulla allo Stato.
infrastrutture
Quella Sicilia che schiaffeggia se stessa
Contro il Ponte la parte ricca del Paese ma anche, da noi, l'incapacità
di alcuni di difendere i propri interessi
Tony Zermo
Catania 21.5.2006. Ci sforziamo di comprendere le ragioni di chi non
vuole il Ponte sullo Stretto, ma onestamente non ci riusciamo. Sarà
colpa nostra? Dicono: è un'opera faraonica, inutile e costosa. Invece è
stato dimostrato e varie volte ripetuto che allo Stato non costa nulla
e che non toglie risorse a nessuna opera pubblica per il semplice fatto
che la società «Stretto di Messina» sull'importo d'asta di 3,9 miliardi
ha in cassa di suo 2,5 miliardi e il resto lo troverà sul mercato
finanziario in cambio dei pedaggi. Abbiamo aggiunto che alla fine lo
Stato ci guadagnerà perché la «vita» del Ponte è prevista in due secoli
e siccome dopo 30 o 50 anni l'opera tornerà allo Stato si potrà
riaffittare. Prodi dice: non inizieremo opere per le quali non ci sono
i soldi. Ma nessuno chiede soldi per il Ponte. Purtroppo la società
«Stretto di Messina» non è riuscita a comunicare il concetto
all'opinione pubblica, magari facendo pubblicità sui grandi mezzi di
comunicazione.
Dicono ancora: il Ponte non è prioritario perché è come mettersi una
giacca di cachemire senza avere sotto nemmeno la camicia. La risposta è
facile: mettendoci la giacca sarà necessario anche cucire la camicia.
Il governo Berlusconi aveva previsto nel suo programma che il Ponte e
il riassetto del sistema ferroviario siculo-calabro marciassero di pari
passo, «contestualmente», per cui fra 7-8 anni sarebbe stato possibile
che i treni dell'alta velocità arrivassero in Sicilia, realizzando
anche la parte finale del «corridoio 1 Berlino-Palermo». Qualcuno
sostiene che Berlusconi è stato scorretto per il fatto che l'appalto è
stato assegnato in campagna elettorale. Ma l'iter dura da 35 anni e se
fosse stato veramente scorretto avrebbe messo la prima pietra una
settimana prima del voto, anche a costo di far pagare allo Stato i
danni alla Impregilo.
Ora non si capisce perché il governo Prodi rovesci le priorità e dica:
prima le ferrovie, quando potremo farle. E l'Unione cosa risponderà
all'Unione europea, che il Ponte è rimandato a non si sa quando? E cosa
dirà alla società «Stretto di Messina» che per legge del 1971 ha il
compito di realizzare il Ponte? E cosa dirà alla Impregilo e alle
imprese della stessa cordata che hanno vinto l'appalto e che hanno già
subito pesanti perdite in Borsa per la posizione del nuovo governo?
Per fortuna una cosa positiva: nessuno afferma più che il Ponte è
irrealizzabile e che sfascia le coste perché sarebbe una eresia davanti
ai tanti ponti costruiti nel mondo. L'obiezione è solo: lo faremo
«dopo» perché non ci sono i soldi. Ma essendo dimostrato che soldi non
ne servono è una obiezione che non regge.
Abbiamo visto troppe volte la vergogna dell'imbarcadero di Villa San
Giovanni, visto troppe volte le colonne di Tir per il centro di
Messina, atteso in auto delle ore per traghettare nelle giornate di
punta, da parte loro i treni impiegano un'ora e 45' con i traghetti che
perdono 100 milioni di euro l'anno, mentre quelli privati si
arricchiscono. E allora c'è da chiedersi: quelli che sono contro il
Ponte hanno mai preso un treno che passi lo Stretto, hanno mai preso a
Parigi o a Berlino oppure a Strasburgo i treni ad alta velocità da 300
all'ora che potrebbero portare comodamente i passeggeri in tre ore da
Catania alla stazione Termini? Nessuno riuscirà a convincerci che
questo giornale stia combattendo da anni una battaglia sbagliata.
La verità è un'altra: il Ponte cambierebbe il volto della Sicilia e
rilancerebbe alla grande turismo e impresa, ma al nuovo governo di Roma
sembra non interessi proprio nulla della Sicilia, non c'è nulla nel suo
programma, siamo solo una colonia di 5 milioni di abitanti che ha avuto
perdipiù il torto di votare a destra. E fin quando Rifondazione, Pdci e
Verdi saranno al governo con diritto di veto per la Sicilia
«politicamente scorretta» non ci sarà alcuna speranza. Questa verità
amarissima trova come alibi le istanze degli ambientalisti che in nome
della perenne intoccabilità del territorio e della romantica
sicilitudine non sanno di fare il danno loro e dei loro figli che un
giorno chiederanno: perché nel resto d'Europa si viaggia ad alta
velocità e in Sicilia dobbiamo stare due ore sopra un traghetto e
impiegare quasi un'intera giornata per arrivare a Roma?
Bonanni:” Vogliamo il Ponte. Il ministro Bianchi ha sbagliato”
E sulla Biagi la conferma che va corretta per dare risposte ai precari
Prima visita in Sicilia del nuovo segretario generale della CISL.
Dall’isola parte per il governo Prodi “ un segnale forte per il Sud” .
“ Detassazione possibile per le imprese in cambio di una maggiore
contribuzione per le tutele dei lavoratori “.
Se si realizza il Ponte si fanno poi, gioco forza, anche le altre
opere; qualcuno, invece, sostiene il contrario.
Qualcuno sostiene che l’uovo (le opere) forse viene prima della gallina
(il Ponte). Certo è che senza uovo e senza gallina mi sembra eccessivo.
Palermo 20.5.2006. Quello di ieri, è stato il suo primo
intervento nell'Isola da capo della Cisl italiana. Ad accoglierlo, tra
gli altri, oltre 200 componenti del parlamentino regionale del
sindacato. Ma, per Raffaele Bonanni, che nel passato proprio in Sicilia
ha guidato per anni i cislini, è stata soprattutto l'occasione per
lanciare al governo Prodi "un segnale forte per il Sud. In primo luogo
col fisco di vantaggio". Una questione sottolineata pure da Paolo
Mezzio, numero uno del sindacato siciliano: "Chiediamo la ripresa della
politica degli incentivi mirati, dal fisco compensativo al credito
d'imposta alla programmazione negoziata a una nuova politica dei
collegamenti e della programmazione dei fondi strutturali".
Poi, il life-motiv del Ponte, trasformato dallo stesso Bonanni che s'è
detto "favorevole" a realizzarlo, in un vecchio adagio tra l'uovo (il
ponte) o la gallina (strade, ferrovie, autostrade).
Segretario Bonanni, il neo ministro dei Trasporti Bianchi non ha dubbi:
no al Ponte sullo Stretto di Messina.
"Noi siamo favorevoli alla realizzazione del Ponte. E' stata una gaffe,
invece, l'affermazione del ministro Bianchi senza capire, tra l'altro,
i danni che fa tant'è che le azioni della società Impregilo sono
crollate. Un fatto molto pesante. Ma al di là di questo e della cautela
che farebbe bene ad avere, spererei che il ministro dicesse, allo
stesso tempo, no al Ponte e impegnarsi a realizzare il raddoppio delle
linee ferrate, più autostrade, più porti, interporti e autostrade del
mare, in modo da potenziare la malconcia rete dei trasporti nel
meridione d'Italia. Tuttavia, sono convinto che se si realizza il Ponte
si fanno, gioco forza, le altre opere; qualcuno, invece, sostiene che
l'uovo forse viene prima della gallina. Certo è che senza uovo e senza
gallina mi sembra eccessivo".
La Uil ha posto in secondo piano l'unità sindacale, rispetto alla non
abrogazione della legge Biagi.
"Mi pare una tempesta in un bicchier d'acqua, anche perché il nuovo
governo dice di non abrogarla. Anzi il governo dice che le cose buone
vanno conservate e le non buone dimesse. La stessa posizione è della
Cisl. Tuttavia, vedremo nel confronto. Per evitare la tempesta in un
bicchier d'acqua, invece, il vero problema è affrontare la precarietà
nel lavoro che ha poca attinenza con la 'Biagi' e con la 'Treu'. In
altre parole, la precarietà nasce da una mancanza di tutele in quanto
non tutti i lavoratori hanno la stessa previdenza, formazione,
indennità di malattia e di maternità, in sostanza gli stessi diritti.
Solo un terzo. li hanno. Quindi, il problema oggi è dire agli
artigiani, commercianti, imprenditori di pagare più contributi per
allestire le tutele che toglieranno dalla precarietà quei lavoratori
flessibili e atipici. Questo è il punto. Poi, quando il governo Prodi
promette la riduzione di cinque punti del cuneo fiscale. che vuol dire
trovare 10 miliardi di euro si può, in questo caso, fare uno scambio:
si aiuta a sostenere l'alzamento dei contributi ai fini delle tutele e
le aziende ottengono un defalco forte di tassazioni".
Cosa porterete sul tavolo del governo Prodi?
"Le priorità che la Cisl porterà al nuovo governo riguardano lo
sviluppo e i provvedimenti forti che possono favorirlo. Uno sviluppo
che passa attraverso il sostegno all'innovazione e alla ricerca, ma
soprattutto attraverso il sostegno al meridione dove c'è un patrimonio
umano altamente scolarizzato e zone sgombre che possono essere
utilizzate per lo sviluppo nazionale. Ma per tutto ciò, servono
risorse".
Si parla anche di tagli allo stato sociale.
"Ribadiamo la nostra contrarietà ai tagli allo stato sociale. Siamo
invece favorevoli, anzi lo chiediamo, a tassare le rendite finanziarie.
Ciò serve per recuperare le risorse necessarie a sostenere quelle che
per noi sono le priorità per lo sviluppo. Tutto questo va fatto,
naturalmente, attraverso la concertazione".
Gaetano Mineo
prime tensioni nel governo
Roma. Il Ponte sullo Stretto alimenta la prima polemica sulle
competenze tra le Infrastrutture e i Trasporti, con il ministro
dell'Ambiente che non si tira indietro e dice la sua sul destino della
grande opera. Così, dopo tre giorni di polemiche, il nuovo ministro
delle Infrastrutture non esita a bacchettare il collega ai Trasporti:
su questi temi, dice, «non si decide alla buvette». Di Pietro mantiene
la posizione e continua a ripetere: «il riparto delle competenze ad
oggi non può dirsi ancora attuato nei dettagli». «Spiegheremo al
ministro dei Trasporti - aggiunge - che è bene che tutti i ministri si
confrontino. C'è un governo e ci sono le commissioni. Insieme
valuteremo, previa una disamina dei fondi in cassa, delle priorità del
Paese e dell'impatto ambientale delle varie opere, le infrastrutture da
realizzare».
Bianchi, invece, non lesina anticipazioni su ognuno dei temi che sarà
oggetto delle diverse deleghe: non solo sul Ponte sullo Stretto, su cui
ha reso nota la sua posizione un minuto dopo il suo insediamento, ma
anche sulla Tav: «Pur salvaguardando la compatibilità sociale e
ambientale dell'opera - ha detto - l'Italia non può rinunciare a essere
parte della rete infrastrutturale europea». Bianchi ha anche annunciato
che nei primi giorni di giugno aprirà un dossier sull'operazione
Autostrade-Abertis. Il neoministro ha aggiunto che la competenza sulle
concessioni autostradali è relativa al suo dicastero. «Se si tratta di
costruire un pezzo di autostrada - ha precisato - la competenza è delle
Infrastrutture, ma se si tratta di gestire la rete, spetta a me».
«Il Ponte sullo Stretto non si farà. Non è una priorità per il governo»
assicura a sua volta il ministro dell'Ambiente, Pecoraro Scanio, che ha
dalla sua anche il giudizio di Fassino secondo il quale «ci sono altre
priorità che premono. Penso all' ammodernamento di tutta la rete
ferroviaria; penso ad un forte investimento sulla portualità; penso ad
una politica che sfrutti la navigazione del mare. Queste sono le
esigenze prioritarie».
Spiega infine Aurelio Misiti, deputato di Italia dei Valori con una
lunga esperienza nel settore: «il Ministro Bianchi e il capo del
partito Diliberto hanno riportato in maniera distorta il contenuto del
programma dell' Unione sul Ponte. Il programma afferma semplicemente la
non priorità dell' opera e non la sua negazione».
E lunedì, al ministero delle Infrastrutture guidato da Antonio Di
Pietro, è previsto infatti un summit con all'ordine del giorno il
Ponte. Proprio la prospettiva che l'opera non sia realizzata ha spinto
alcune delle banche finanziatrici a lanciare segnali precisi per
chiedere risarcimenti adeguati.
Per l'opera da 3,9 miliardi è stata indetta una gara internazionale,
vinta da un consorzio capitanato dal gruppo Impregilo. E proprio il
contratto con la cordata vincente sarà all'esame del summit del
dicastero. Le eventuali penali previste e i costi sostenuti dal
consorzio devono essere valutati e quantificati. L'esame delle oltre 50
mila pagine del contratto si presenta impegnativo e ricco di questioni
controverse.
Il Ponte sullo Stretto è «l'opera più inutile e dannosa che sia stata
progetta in Italia negli ultimi cento anni, e dunque non si farà».
È stata questa, mercoledì scorso, la prima dichiarazione alla
stampa del neoministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, interpellato
al Quirinale al termine della cerimonia per il giuramento del nuovo
governo Prodi.
Ed è stata appunto questa dichiarazione, ad un tempo, a stroncare le
attese sull'opera e ad innescare una polemica, con la Cdl ad accusare
il nuovo esecutivo di «voler bloccare lo sviluppo del Sud» negando
«un'iniziativa epocale» foriera di «grandi vantaggi in particolare per
calabresi e siciliani». Ma non solo: pure nel governo, da subìto, non
tutti sono sembrati dello stesso avviso di Bianchi. In particolare il
nuovo ministro delle Infrastrutture, Antonio di Pietro, ha
«bacchettato» immediatamente il collega affermando che «l'eventuale
decisione di abbandonare il progetto deve essere presa a livello
collegiale, quindi in Consiglio dei ministri e in Parlamento». E il neo
ministro per lo Sviluppo economico, Bersani, ha detto: «Se varrà la
pena farlo, il Ponte si farà». Di Pietro ha poi più volte ribadito:
«Sarà il governo, collegialmente, a valutare». Ma l'orientamento, si
sa, è che prioritari, per il Sud, sono altri lavori, «secondo una
logica di sistema - ha detto Prodi - e non privilegiando le grandi
opere».
Quando la sinistra voleva fare il Ponte sullo Stretto
Nell'ottobre '97 il sì del Consiglio superiore dei Lavori pubblici
La società “ Stretto di Messina “ha una struttura finanziaria
autosufficiente. Non Ha alcun senso parlare di “ priorità”
Catania 22.5.2006. Per favore, almeno non prendeteci in giro, non
dateci collanine di vetro come i conquistadores facevano con gli
indigeni. Perché quando Fassino e gli altri vengono a dirci che il
Ponte non è una priorità, o non sanno quel che dicono o fanno i furbi.
Che vuol dire in questo caso «priorità»? Vuol dire che se lo Stato deve
spendere soldi per realizzare opere pubbliche deve cominciare con
quelle più indispensabili delle altre. Solo che si trascura un piccolo
particolare. Il Ponte ha una struttura finanziaria autosufficiente
perché la società «Stretto di Messina» sui 3,9 miliardi del costo
dell'opera ne ha la metà in cassa e il resto lo trova sui mercati
finanziari in cambio dei pedaggi. Allora che senso ha parlare di
priorità quando il Ponte non sottrae risorse ad alcuna opera? Siamo
stanchi di ripetere questa semplice verità, ma non c'è peggior sordo di
chi non vuol sentire. Anche chi è favorevole al Ponte e protesta per
questo contro il governo Prodi, invece di ricordare che la Sicilia
sarebbe tagliata fuori dal «corridoio 1 Berlino-Palermo», che l'alta
velocità si fermerà a Napoli e che senza il Ponte non arriverà mai in
Sicilia - tutte cose verissime -, farebbe bene a dire solo: lo Stato
non deve spendere un euro! Deve dire solo sì. E' così difficile da
capire? Ed è così difficile per la società «Stretto di Messina»
confermare ufficialmente che ha due miliardi in cassa?
Il segretario ds Fassino, peraltro politico intelligente, non può dire:
«Abbiamo un grande piano di investimenti sulla portualità del
Mezzogiorno e in Sicilia, un progetto molto più ambizioso che fare un
ponte». Ma per piacere. La portualità va benissimo, ma che c'entra con
il Ponte? E poi «non si tratta di fare un ponte», perché non è un ponte
qualunque, ma il Ponte a una sola luce più lungo del mondo. Queste cose
le deve sapere, e allora perché gioca a nascondino con i siciliani?
Perchè non dice che i Bertinotti, i Pecoraro Scanio e i Diliberto, se
solo si dicesse un mezzo sì al Ponte, sono capaci di far cadere il
governo Prodi? E allora non ci vengano a gettare polvere negli occhi
con la portualità e con le «autostrade del mare» quando ad esempio
Catania e tutta la Sicilia orientale è collegata via nave solo con
Napoli sul Tirreno e con Ravenna sull'Adriatico.
Il Ponte è un diritto sacrosanto della Sicilia, è una immensa opera
tecnica che non è né di destra e né di sinistra. Anzi l'hanno promesso
anche i governi di centrosinistra che ora fanno finta di dimenticarlo.
Hanno chiesto di farlo i giapponesi (quelli che a Istanbul hanno
realizzato il ponte sul Bosforo) e gli hanno detto di no, hanno chiesto
di farlo gli americani, stessa risposta negativa. Ha ragione l'on.
Raffaele Lombardo, fondatore del movimento per l'autonomia, quando dice
che «affossando il Ponte, simbolo e volano di sviluppo, il teatrino
romano ha messo in scena il programma che attende la Sicilia e il Sud,
da mantenere come mercati di consumo passivo».
«Repubblica» ha pubblicato con obiettività quel che fece il governo di
centrosinistra per il Ponte: ottobre '97: il Consiglio superiore dei
lavori pubblici considera il progetto del Ponte idoneo a diventare
definitivo; luglio '98: il progetto è trasmesso al Cipe per il parere
definitivo; aprile 2001: il governo avvia le audizioni con diversi
istituti finanziari e operatori specializzati. Poi, siccome lo voleva
fare Berlusconi e Berlusconi ha perso, allora niente Ponte. Ma non è
una posizione politicamente intelligente. Sarebbe stato più giusto
dire: approfondiremo e poi decideremo. Anche perché, alla vigilia delle
regionali, Rita Borsellino non meritava di essere colpita da «fuoco
amico».
Tony Zermo
Oggi vertice Di Pietro-BianchiNessuna polemica. Di Pietro (Idv) e
Bianchi (Pdci) hanno deciso di lavorare di comune accordo. Di Pietro ha
convocato pe
Oggi vertice Di Pietro-BianchiNessuna polemica. Di Pietro (Idv) e
Bianchi (Pdci) hanno deciso di lavorare di comune accordo. Di Pietro ha
convocato per oggi un vertice al ministero delle Infrastrutture per
fare il punto della situazione e vedere come costruire un percorso
comune tra il ministero che a lui fa capo, e quello dei Trasporti,
guidato da Bianchi: «Ho convocato questa riunione per fare un elenco
delle priorità e studiare insieme le soluzioni migliori».
Due miliardi di euro scippati al Meridione
Tony Zermo
Catania 23.5.2006 Stanno per evaporare i 2 miliardi di euro del Ponte
sullo Stretto. E per spiegare perché dobbiamo fare brevemente la storia
di quest'opera epocale ancora sulla carta, che non è di Berlusconi, ma
di questo Paese immemore.
Fu nel 1971 che il Parlamento varò una legge che istituiva la società
«Stretto di Messina» con il compito di realizzare l'attraversamento
stabile dello Stretto. Nella società entrarono Fintecna, le Regioni
Sicilia e Calabria, l'Anas e le Ferrovie e nel 1997 il Consiglio
superiore dei lavori pubblici decretò che il Ponte era «tecnicamente
fattibile».
Allo scioglimento dell'Iri la Fintecna aveva tre miliardi: uno venne
congelato per eventuali debiti, per gli altri due la Comunità europea
disse all'Italia che sarebbe stato opportuno destinare quella somma ad
alleviare il deficit statale. Soltanto allora Berlusconi prese in mano
la situazione e convinse Bruxelles a destinare quella somma ad una
grande opera a favore del Sud, e quest'opera venne individuata nel
Ponte per un semplice motivo: la vita del Ponte è prevista in due
secoli, il 60 per cento della somma la metterebbero i privati in cambio
dei pedaggi. E siccome il Ponte dopo 30 o 50 anni tornerà allo Stato,
che potrà riaffittarlo per altri 150 anni, ecco che l'Italia non solo
rientrerà dei due miliardi di euro, ma ce ne guadagnerà tanti altri. La
Comunità europea se ne convinse e dette lo sta bene per vincolare quei
due miliardi alla realizzazione del Ponte, un'opera in cui ci si
guadagna e non si perde nulla.
Quindi questa è un'opera pubblica, una delle più importanti e
certamente la più prestigiosa, la cui preparazione dura da 35 anni,
siamo ai tempi di Moro, non certo dal governo di centrodestra.
Berlusconi ha solo avuto il merito, da imprenditore geniale, di avere
visto l'utilità del Ponte non solo a favore dello sviluppo della più
grande isola del Mediterraneo, ma della rete europea dei trasporti, che
invece di fermarsi a Napoli scenderebbe sino in Sicilia attraverso il
Ponte chiudendo il «corridoio 1 Berlino-Palermo».
Detto questo, ne consegue che se il governo Prodi non vuole fare il
Ponte - che pure era nel programma elettorale del centrosinistra nel
2001 - i due miliardi di euro della società «Stretto di Messina»
prenderanno il volo, magari a favore della Tav in Val di Susa che la
sinistra vuol fare tentando di convincere i contrarissimi valligiani
che è necessario collegarsi con la Francia e il «corridoio 5»
Lisbona-Kiev. Mentre invece che il Ponte colleghi la Sicilia e i suoi 5
milioni di abitanti con l'Europa non gliene frega niente a nessuno,
perché «deserto strutturale » è, e che resti tale. Perché è chiaro che
se non c'è il Ponte in Sicilia non arriveranno i treni veloci, in
Sicilia non arriveranno i grandi flussi turistici, la Sicilia importerà
ed esporterà con tempi anteguerra e resterà cristallizzata nella sua
«isolitudine».
Aggiungiamo solo che una ricerca del Cnr affidata all'Università di
Napoli stabilì che il solo indotto turistico del Ponte avrebbe creato
15 mila posti di lavoro anche per l'apertura del fronte mare di
Messina. E ricordiamo che Fassino tre anni fa alla Fiera di Bari,
davanti al plastico del Ponte, disse di essere «favorevole perché sono
industrialista». Lo stesso Prodi nel 1996 dichiarò che il tempo che un
treno ci mette a traghettare dalla Sicilia alla Calabria si può coprire
in auto la Napoli-Roma. Ora il centrosinistra ha dimenticato tutto per
non scontentare Bertinotti, Pecoraro Scanio e Diliberto, che già dicono
di destinare quei soldi del Ponte alla Salerno-Reggio Calabria. Ma non
era stata già finanziata?
Ci dispiace insistere sull'argomento in periodo di campagna elettorale,
ma ripetiamo che il Ponte non appartiene a nessun partito, è solo una
grande opera dell'ingegno dell'uomo che porta progresso. Se Roma ignora
la Sicilia, è il momento in cui la Sicilia deve fare valere il proprio
diritto al futuro, perché finora nel programma Prodi per noi c'è solo
il fumo negli occhi delle «autostrade del mare».
Nell'85 Prodi disse: «Farò il Ponte»
La Regione siciliana si affidi all'Unione europea per premere su Roma,
o lanci una gara internazionale
Raffaele Lombardo
«Un comitato per sostenerne la costruzione»
Catania 24.5.2006 «Costituire un comitato popolare formato da
cittadini, imprenditori, intellettuali, giovani, associazioni di
volontariato e di categoria per attuare varie forme di mobilitazione
per sostenere politiche di sviluppo infrastrutturale ed
economico-sociale in Sicilia. È necessario che la Sicilia abbia il
Ponte sullo Stretto - afferma il fondatore del Mpa - che, peraltro, non
avrebbe bisogno di finanziamenti aggiuntivi statali, madre di tutte le
altre infrastrutture, stradali, ferroviarie e portuali ad esso
collegate. Occorre che venga applicata la fiscalità compensativa o di
vantaggio per il Sud, che nei mesi scorsi ha ricevuto il via libera dal
Parlamento Europeo, indispensabile per attrarre investimenti e
occupazione; che venga differita l'attivazione dell'area di libero
scambio euro-mediterranea prevista per il 2010; che si definisca con
date certe un piano di smobilizzo delle raffinerie di petrolio con
relativa creazione di corrispondenti posti di lavoro». Le adesioni alle
iniziative possono darsi anche su Internet ai siti mpa-sicilia.it
oppure mpa-italia.it
L'annuncio del 1985
Tony Zermo
Catania 24.5.2006 Forse venerdì prossimo il Consiglio dei ministri
deciderà il destino del Ponte sullo Stretto. Ad andare bene, vista
l'opposizione di Verdi, Rifondazione e partito dei comunisti italiani,
Prodi probabilmente dirà di «approfondire la questione finanziaria
relativa all'opera», rimandando il problema ad altra data. Ma ha poco
margine perché metterebbe a rischio la tenuta del governo che poggia
anche sulla gamba sinistra e perché è vincolato dal concordato
programma di 281 pagine dove il Ponte non appare, così come non c'è la
Tav in Val di Susa. Ma può questo governo congelare le grandi opere che
sono il presupposto per lo sviluppo del Paese?
Prodi è in grande imbarazzo. Sentite cosa disse in un'intervista
apparsa su «Panorama» il 15 settembre 1985. Il titolo dell'articolo era
questo: «Il Ponte lo faremo, parola di Prodi». E nel testo l'allora
presidente dell'Iri diceva: «Metteremo presto la prima pietra. Del
resto è già in discussione alla commissione congiunta Lavori Pubblici e
Trasporti il decreto legge n. 1216, promosso dal ministro Signorile,
che prevede l'erogazione in tre anni di 220 miliardi per passare alla
progettazione entro il 1987 e l'apertura dei cantieri entro il 1989.
Non sarà certo l'Iri a porre ostacoli alla progettazione di un'opera
definita all'unanimità dal nostro Parlamento di "prevalente interesse
nazionale"».
E l'intervista di Prodi così continuava: «L'Italstat sarà il general
contractor. Sia nel campo degli acciai che dei lavori edili, l'Iri
intende ricorrere all'intervento privato e possibilmente a imprese
meridionali. Ma non è detto che per aspetti molto specifici non ci si
debba rivolgere al di fuori dei confini italiani». E sull'utilità del
Ponte precisava: «Oggi la produttività del settore agricolo e delle
industrie di trasformazione e manufatturiera della Sicilia è fortemente
ostacolata da questa barriera naturale. Secondo stime attendibili, con
un collegamento stabile i costi di trasporto calerebbero del 13%, senza
parlare della maggiore rapidità negli spostamenti. Oggi , per esempio,
se l'uva Italia di Caltanissetta arriva ad Amburgo in tre giorni riesce
a spuntare un prezzo soddisfacente; se arriva dopo sette giorni il
prezzo cala del 30%; se ci mette più di una settimana non viene
ritirata. Anche per l'economia calabrese i vantaggi sarebbero
naturalmente molti, e importantissimi».
E Prodi dichiarava queste cose nell'85 quando in Italia non si parlava
nemmeno di alta velocità ferroviaria che aumenta per dieci volta
l'utilità del Ponte e che ha avuto proprio per questo il
co-finanziamento dell'Unione europea e la sua inclusione nel «corridoio
1 Berlino-Sicilia» nel quadro della rete di comunicazioni della Grande
Europa.
Prodi è una persona seria e non può certo dimenticare che anche da
presidente della Commissione europea aveva dato il via libera al Ponte,
che del resto era stato anche nei programmi del centrosinistra. Il
problema è che si trova prigioniero della sinistra massimalista che non
vuole il Ponte anche a costo di sfasciare tutto. Dubitiamo che con
questi chiari di luna riesca a fare ragionare i Pecoraro Scanio e i
Diliberto, così come sarà difficile convincere i valsusini dell'utilità
della Tav che libererebbe la valle dalle colonne dei Tir.
E allora, in questa situazione di stallo, bisogna trovare altre strade.
Una può essere quella dell'Unione europea che su sollecitazione della
nostra Regione può prendere un'iniziativa autonoma per intervenire sul
governo di Roma. Mentre il nostro centrosinistra non considera
«prioritario» il Ponte, per l'Europa questa è un'opera prioritaria e
fondamentale per collegare con i treni ad alta velocità anche la
Sicilia e completare il «corridoio 1». Se la Sicilia è Regione
svantaggiata per la sua perifericità geografica e per il suo sviluppo
ritardato rispetto alle Regioni del centro-nord, il Ponte è l'unica
super-struttura in grado di svincolare l'Isola dalla sua subalternità
economica. Quindi potrebbe essere l'Unione a far capire a Roma che non
può fare disinvoltalmente marcia indietro dopo tutto il lungo iter
approvativo.
La seconda strada è una «provocazione». Non si vogliono dare i due
miliardi di euro destinati al Ponte perché il governo ritiene di avere
altre necessità più impellenti? Ebbene, che lo lasci fare alla Regione
siciliana - e per essa la società «Stretto di Mesina» - che può
lanciare una sottoscrizione internazionale. Siamo convinti, e non
crediamo di sbagliare, che se si offre il Ponte più lungo del mondo con
i suoi pedaggi - che sarà possibile sfruttare durante la «vita»
dell'opera lunga duecento anni - grandi imprese internazionali, banche,
azionato popolare possono mettere i capitali necessari. Il progetto di
massima c'è, bisogna solo fare quello definitivo per aprire i cantieri.
E' un'impresa affascinante e oggi il mondo degli affari va cercando il
modo migliore per investire i capitali. Già questa «provocazione»
l'aveva raccolta Sergio D'Antoni: «Facciamolo fare con i soldi dei
privati». Ma tutto questo sarebbe possibile solo a patto che il governo
Prodi dichiari ufficialmente e senza mezzi termini che l'opera si può
fare a spese dei privati, altrimenti nessun investitore sarebbe
disponibile a correre rischi in un quadro politico-normativo incerto,
se non ostile.
Ricordiamo anche che le Ferrovie dello Stato, che con i traghetti sullo
Stretto perdono ogni anno 100-150 milioni di euro, avevano sottoscritto
una convenzione con la società del Ponte per il passaggio dei treni
pagando un canone annuo di 100 milioni di euro per trent'anni, il che
fa tre miliardi di euro. Finanziariamente sarebbe un'eccellente base di
partenza.
Catania 26.5.2006 Che il Ponte sarebbe stato una grana del nuovo
governo era prevedibile. La sinistra ha preteso la sua esclusione dal
programma, ma Prodi cosa potrà dire a Bruxelles che l'aveva incluso
nella rete trasporti della Grande Europa e aveva anche deciso di
co-finanziarlo? Il nuovo ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi
(Pdci) ieri se n'è uscito con una delle sue.
«I perdigiorno del Ponte farebbero meglio a guardarsi intorno e
impegnarsi per la statale jonica e per le altre infrastrutture della
Calabria e della Sicilia».
L'uomo dal bianco capello fluente è professore della poco conosciuta
università del Mediterraneo di Reggio Calabria. Sostiene di avere
studiato il Ponte per decenni, ma deve avere la vista corta perché non
si è accorto della vergogna degli imbarcaderi di Villa San Giovanni,
delle colonne di Tir di Messina e dei patetici traghetti dello Stato
che perdono un miliardo di lire ogni 24 ore. Che il perdigiorno sia lui?
T. Z.
«Il Ponte, una cartina al tornasole per il Paese»
Non so se il mio sia uno stato d'animo personale o trattasi di un
sentimento generale d'insoddisfazione, più diffuso, quello che si
coglie verso quest'Italia d'oggi che manifesta molte crepe: dalla
politica allo sport, dall'economia alla sicurezza, dalla scuola al
lavoro, dalla giustizia alla sanità, fino a raggiungere il nostro
personale modo di essere. Non basta una personale dose d'ottimismo, né
aprire il cuore alla speranza, perché ogni rimedio sembra inutile a
contrastare questo senso di declino generale che invade un po' tutti i
settori della vita sociale. L'attuale vicenda sul ponte di Messina è un
po' la cartina di tornasole, meglio, il punto di collisione tra
speranza e delusione. Sulla questione ognuno, singolarmente, può alzare
o abbassare il pollice in segno d'adesione o disaccordo, ma allorché
approfonditi studi ne hanno sancito la fattibilità da tutti i punti di
vista (economici, ambientali, di sicurezza), tornare sull'argomento è
un metodo tipicamente italiano, in nome del quale è vero tutto ed il
contrario di tutto. Che certezza può esprimere un futuro, in cui il
presente è continuamente messo in discussione? Che insegnamento si
trasmette ai giovani se anche l'ovvietà è un teorema di dimostrare? Il
ponte? Solo un esempio, forse il più insignificante in questo mare
magnum d'incertezze quotidiane che contraddistingue la nostra vita. Il
resto è peggio: sanità, giustizia, lavoro, sicurezza, famiglia, affetti
sembrano zattere alla deriva di cui sconosciamo il punto d'approdo, se
approdo ci sarà mai. L'Italia vista così appare come un seminario di
studio permanente, un cantiere aperto in cui le discussioni, perenni,
pedanti, defaticanti, somigliano alla tela di Penelope, il cui fine era
annegarsi nell'infinità di un'attesa senza tempo. Quando, spesso, penso
all'insensata tristezza del presente immagino il poeta latino Orazio
che poggiando la sua mano sulla mia spalla, mi sussurra:. "carpe diem".
Un tipo di filosofia che se va bene per un uomo canuto, mal si concilia
con un giovane proiettato a programmare il suo futuro. Eppure questa è
l'amara realtà dell'oggi.
Saro Pafumi
"Il ponte lo vedrà mio figlio"
PALERMO - "Il ponte lo vedrà mio figlio: non vedo il ponte come un
demonio ma le priorità sono altre, devono essere compatibili con le
risorse che sono quello che sono". Il presidente del Consiglio Romano
Prodi, a Palermo per una manifestazione elettorale a sostegno della
cabdidata dell'Unione Rita Borsellino, è ritornato su uno degli
argomenti più dibattuti da quando il nuovo governo si è insediato.
"Ho visto - ha aggiunto il premier - che sono state tirate fuori
interviste su questo argomento di quando ero presidente dell'Iri. Non
mi sono pentito, non ho nulla contro il Ponte, ma quando vedo che non
c'è un'autostrada che ci arriva e quando so che a Palermo l'acqua
arriva razionata e le ferrovie sono quello che sono mi chiedo quali
siano le priorità".
Per Prodi "la Sicilia tutta è appoggiata da tutto il governo. Sono qui
- ha sottolineato - per testimoniare l'appoggio, la stima e l'affetto
per Rita Borsellino, ma anche per testimoniare la presenza dello Stato
in Sicilia". Il premier ha quindi osservato: "Questa è una battaglia di
cambiamento che ha risvolti non solo politici ma anche etici profondi.
Così come nel confronto tra Berlusconi e Prodi non c'era solo uno
scontro politico ma un tipo di sviluppo futuro dell'Italia. Questo
fatto è testimoniato dalla presenza di tante televisioni e giornalisti
stranieri".
Prodi ha attaccato esplicitamente "i ministri siciliani del precedente
governo che non hanno lavorato per l'interesse della Sicilia. Abbiamo
una struttura con viceministri e sottosegretari siciliani di
grandissimo rilievo. E' la qualità della politica che determina gli
interessi della Sicilia".
Il premier ha poi affermato che "il governo vuole organizzare progetti
specifici in cui Palermo e Catania siano coinvolte per mettere in
pratica il cambiamento del rapporto culturale nel Mediterraneo". Prodi
ha parlato anche delle necessità di promuovere "università miste per
studenti delle due sponde". E ha aggiunto: "O mescoliamo le due culture
o abbiamo un concetto astratto del Mediterraneo".
Secondo il presidente del Consiglio occorre passare dalla "teoria della
realtà mediterranea" alla pratica: "Da Palermo per andare a Tunisi - ha
ricordato - bisognava passare per Roma, non so se sia ancora così". A
questo punto un immigrato si è alzato dalla platea e ha urlato:
"Presidente pensi a noi". "Non c'è progetto per gli immigrati - ha
risposto Prodi - che non passi per lo sviluppo della Sicilia".
"Penso che la Bossi-Fini vada cambiata - ha aggiunto -, ne sono
convinto, ma finché non si cambia è in vigore. Ma comunque è possibile
produrre innovazioni molto forti: oggi ho dato disposizione di fare un
comunicato in cui mettiamo in fila in agenda alcune proposte per
l'attività di governo, tra queste, le nuove regole di cittadinanza. Che
sono l'adeguamento di un paese alle regole di civiltà. Non c'è bisogno
di rivoluzioni per fare cambiamenti".
A proposito delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla
mobilitazione delle piazze, Prodi ha replicato: "Vi sembra che io abbia
tirato troppo la corda? Non ho alzato la voce e non la alzo. Ho la
disgrazia di avere vinto le elezioni... E' inutile che lui cerchi di
alzare la voce come se le avesse vinte lui e fosse stato spodestato dal
governo. Le elezioni sono state controllate interamente dal ministero
dell'Interno. A volte bisogna anche perdere e Berlusconi è la secoda
volta che perde da me. Come si dice in Emilia, dovrebbe farsene una
ragione".
Infine il premier ha detto che "le amministrative non sono un test per
il governo", rispondendo alla domanda di un giornalista. "Non abbiamo
ancora cominciato a governare", ha spiegato il premier, che tuttavia ha
aggiunto di "considerare le regionali e le amministrative un passaggio
importantissimo per la Sicilia e le altre amministrazioni".
La manifestazione elettorale si è conclusa con un applauso
lunghissimo e ritmato, che ha costretto più volte Rita Borsellino ad
alzarsi per ringraziare la platea, suggellato da un lungo abbraccio con
Romano Prodi. "La Sicilia - ha detto Borsellino nel suo discorso,
davanti a numerosi esponenti di primo piano del centrosinistra - è
stata timida, poco capace di esprimere quello che voleva. Si è lasciata
violentare, comprare, troppi diritti negati".
La candidata dell'Unione, citando il suo slogan elettorale, ha
ringraziato il presidente Prodi "di aver scelto di venire a Palermo in
un momento come questo in cui la Sicilia sta vivendo 'un'altra
storia'". "Per la prima volta - ha concluso - centinaia di giornalisti
e troupes televisive di tutto il mondo sono venute qui non perché hanno
ammazzato qualcuno o hanno arrestato qualcun altro".
26/05/2006
lombardo
«Il ponte va fatto»
«Se Prodi non realizzerà il ponte salteranno tutte le altre
infrastrutture». Il leader del Mpa Raffaele Lombardo lancia l'allarme e
annuncia una manifestazione popolare.
Andrea Lodato4
Tony Zermo
Prodi ha detto: «Il Ponte lo vedrà mio figlio». Scusi, presidente, non
sappiamo quanti anni abbia suo figlio, ma non possiamo anticipare, in
modo da vederlo pure noi? Oppure voleva dire che lo vedranno i suoi
nipoti, che forse è più vero? Perché, se prima si debbono fare le
ferrovie e le autostrade, solo i nostri nipotini potranno passare un
giorno su quel Ponte. Non comprendiamo però perché non si possano fare
«contemporaneamente» la Salerno-Reggio Calabria e le ferrovie assieme
al Ponte, diciamo entro il 2014, che è comunque un bel lasso di tempo.
Ci fa piacere che non abbia detto le stesse cose di Vendola («Il Ponte
unisce da cosca a cosca») o di Cofferati («Unirebbe due deserti
infrastrutturali») perché lei è un economista serio e sa che il Ponte
più lungo del mondo darebbe una spinta fortissima al turismo e ai
trasporti. Ma lei non può mettere a repentaglio la tenuta del governo
per il Ponte perché sa che la sinistra talebana gliela farebbe pagare.
Perciò è costretto a dire che non è una priorità e che non ci sono i
soldi. A parte che i soldi ci sarebbero, le facciamo una proposta non
indecente: offra il progetto ai gruppi internazionali in cambio dei
pedaggi e vedrà che l'opera si farà senza un euro dello Stato. Così
magari su quel Ponte ci passiamo pure noi.
miccichè
«Sicilia punita col no al Ponte»
il premier, a palermo con la borsellino, congela l'opera sullo
stretto
Prodi: il Ponte lo vedrà mio figlio
Le priorità: cuneo fiscale, lavoro al Sud, ritiro dall'Iraq, quote
rosa, alt a riforme scuola e giustizia
in sicilia. Ieri a Palermo per la chiusura della campagna elettorale
della Borsellino, Prodi ha «congelato» il Ponte: «Lo vedrà mio figlio -
ha detto -. Le priorità per la Sicilia sono altre».
priorità. Quanto alle priorità generali, il governo ha messo a punto
l'agenda dei primi provvedimenti. Fra questi, il taglio del cuneo
fiscale, agevolazioni per le assunzioni, le quote rosa, la revisione
delle riforme della scuola secondaria e della ex Cirielli, il ritiro
dall'Iraq.
ritiro militare pieno. D'Alema ha precisato che il governo punta a un
«ritiro militare pieno»: in Iraq quindi non dovrebbero rimanere
militari italiani.
bellucci, caputo, miceli3, 4, 7
Lillo Miceli
Palermo. Chissà perché, quando si chiede a un esponente del nuovo
governo il motivo per cui non si debba realizzare il ponte sullo
Stretto di Messina, cambia di umore. Accade persino al tranquillo
presidente del Consiglio, Prodi, che ha alterato il suo tono monocorde
anche in un'altra occasione: quando gli è stato chiesto il motivo
dell'assenza di ministri siciliani nel suo Gabinetto: «Addirittura,
sono state tirate fuori mie interviste sul ponte di quand'ero
presidente dell'Iri. Non mi sono pentito, non ho nulla contro il ponte,
ma quando vedo che non c'è un'autostrada che ci arriva e, quando so che
l'acqua a Palermo è razionata e le ferrovie sono quelle che sono, mi
chiedo quali siano le priorità. Il Ponte lo vedrà mio figlio: non vedo
il ponte come un demonio, ma le priorità sono altre e devono essere
compatibili con le risorse che sono quelle che sono».
Nel capoluogo siciliano, grazie ai due acquedotti realizzati nel '03,
l'acqua non manca mai. «Era razionata - ha ricordato l'on. Germanà -
quando era sindaco Orlando». E sulla mancata nomina di ministri
siciliani: «Abbiamo una struttura con viceministri e sottosegretari
siciliani di grandissimo rilievo. E' la qualità della politica che
determina gli interessi della Sicilia. I ministri siciliani del
precedente governo, non hanno lavorato per l'interesse della Sicilia».
Ma avrebbero potuto esserci, nel governo di centrosinistra, siciliani
in grado di saper fare gli interessi della propria terra. Si suppone.
Sono stati parecchi i temi affrontati dal presidente del Consiglio nel
corso della manifestazione in sostegno di Rita Borsellino, candidata
dell'Unione alla Presidenza della Regione, che si è svolta nei saloni
di palazzo Butera. Manifestazione a cui hanno partecipato Agnese
Borsellino, vedova del magistrato assassinato dalla mafia e cognata di
Rita, così come Maria Falcone, sorella di Giovanni, e Vincenzo
Agostino, padre di Antonino, il giovane poliziotto assassinato dalla
mafia insieme con la giovane moglie quasi quindici anni fa, che ha
chiesto di conoscere la verità sulla morte del figlio, essendo le
indagini coperte dal segreto di Stato.
«La Sicilia tutta - ha aggiunto Prodi - è appoggiata da tutto il
governo. Sono qui per testimoniare l'appoggio, la stima e l'affetto per
Rita Borsellino, ma anche per testimoniare la presenza dello Stato in
Sicilia. Questa è una battaglia di cambiamento che ha risvolti non solo
politici, ma anche etici profondi. Così come nel confronto fra Prodi e
Berlusconi non c'era solo uno scontro politico, ma un tipo di sviluppo
futuro dell'Italia».
Per Prodi, che ha annunciato una missione in Cina, non bisogna perdere
il treno del decollo economico dei Paesi asiatici le cui merci verso
l'Occidente transiteranno sempre più sulle rotte del Mediterraneo.
«Dopo avere perso il treno degli investimenti Usa e di quelli europei -
ha sottolineato - non possiamo perdere quelli asiatici». E la Sicilia,
grazie alla sua posizione geografica, può giocare un ruolo determinante
sia per il proprio sviluppo sia per quello dell'Italia: «La Sicilia non
è una piccola parte, ma è il 10% del Paese. Senza il contributo e senza
il suo cambiamento, l'Italia non ce la fa».
Per questo motivo, fra i provvedimenti che saranno presi presto in
esame vi è il cosiddetto «pacchetto Sicilia» elaborato dai parlamentari
isolani che contiene soprattutto provvedimenti per l'innovazione e la
ricerca. «La riduzione del cuneo fiscale - ha affermato Prodi - anche
per la ricerca e lo sviluppo può essere un'importante leva».
Si deve rinnovare l'economia, sviluppare la ricerca, dare nuove
possibili ai giovani. Ma anche la politica, secondo Prodi, deve
rinnovarsi, utilizzando lo strumento delle primarie: «Il passaggio
delle primarie è stato utilissimo per la Sicilia. Credo che dobbiamo
continuare a puntare fortemente sull'innovazione e la concorrenza anche
nel mondo politico». Quindi, chi ha già svolto importanti ruoli
istituzionali, anche a livello amministrativo, si faccia da parte. Chi
ha orecchie per intendere, intenda.
Question time.
«La Tav fino a Reggio non è programmata, forse arriverà nel
2015-2020»
Rutelli: «Ma quale Ponte?»
1.6.2006 Il vicepremier Rutelli al question time ha liquidato la
domanda sul Ponte senza nemmeno parlarne: «Per l'alta velocità al Sud
non c'è alcuna programmazione, si stima che arriverà fino a Reggio tra
il 2015 e il 2020. Il precedente governo per le ferrovie in Sicilia ha
previsto solo le linee ordinarie Catania-Palermo e Castelbuono-Patti».
Sul problema delle risorse il ministro Di Pietro in un dibattito ha
detto che l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, diventata
impercorribile, e la Catania-Siracusa sono prioritarie e che «bene ha
fatto il governo Berlusconi a programmare le grandi opere che abbiamo
il dovere di portare a buon fine». Ma anche lui di Ponte non parla.
tony Zermo5
Le bugie hanno le gambe corte. Guardate cosa disse Rutelli a Messina
durante la campagna elettorale del 2001 (precisamente il 26 maggio)
quando era il candidato premier del centrosinistra: «Il Ponte pronto
nel 2012. Vi dò appuntamento il 2 giugno». Tanto che quello bello
spirito del nostro vignettista Totò gli chiese: «Scusi, a che ora?».
Adesso fa finta di non ricordarselo più. Peggio: non ne parla neppure,
nonostante che al question time gli sia stata fatta una domanda
precisa. Ma quale Ponte? Ha svicolato sulle «ferrovie ad alta velocità
che arriveranno a Reggio Calabria nel 2015-2020», lasciando intendere
che il Ponte, essendo parte finale del corridoio Berlino-Sicilia, se
non c'è la Tav non c'è di conseguenza neppure il Ponte. Almeno sino al
2030.
Strano modo di fare politica e promesse. Ma non era uno di quelli che
accusava Berlusconi di essere un «piazzista di sogni»? Almeno il
Cavaliere sul Ponte si era scommesso e lo voleva fare davvero perché
sapeva che con 200 anni di pedaggi (tanto sarebbe la «vita» del Ponte),
sarebbe stato un buon affare. *
La lettera
Tony Zermo
Il Ponte è stato liquidato (senza nemmeno nominarlo) dal vicepremier
Rutelli in sei minuti al primo question time della nuova legislatura:
un minuto per la domanda di Giuseppe Reina dell'Mpa che chiedeva del
Ponte, tre minuti per la risposta, due per la replica. «Allo stato
attuale non c'è alcun documento di programmazione che preveda linee ad
alta velocità ferroviaria nel territorio della regione siciliana. Il
programma delle opere strategiche ereditato dal precedente governo ha
determinato esclusivamente l'introduzione dell'alta velocità nella
linea Battipaglia-Reggio Calabria e nel territorio siciliano due
interventi su linee ordinarie tra Palermo e Catania e tra Castelbuono e
Patti. La prosecuzione della Tav sino a Reggio tuttora si trova nelle
primissime fasi di studio e gli stessi strumenti di programmazione
stimano la sua realizzazione oltre il 2015-2020». Dopo questa mazzata
Rutelli, che ha ignorato la domanda sul Ponte, conclude con queste
parole fumose: «L'ammodernamento delle strutture in Sicilia e nel
Mezzogiorno rappresenta uno dei punti più importanti di sviluppo per il
ritorno alla crescita non soltanto del Sud e delle Isole e rappresenta
una delle priorità del governo». Scusi, come?
Così in via ufficiale e in 360 secondi la decima parte della
popolazione italiana, cioè i siciliani, ha appreso che dovrà passare
sostanzialmente un'altra generazione prima di parlare concretamente di
Ponte e della connessa alta velocità ferroviaria, mentre già
dall'inizio di quest'anno la tratta Roma-Napoli è percorsa dai treni
veloci in un'ora. Nel frattempo l'autostrada Salerno-Reggio è
impercorribile e pericolosissima a causa dei numerosi cantieri che
vanno a passo di lumaca, e inoltre alle imboccature dei traghetti di
Messina e Villa San Giovanni le società private, che praticamente sono
le «padrone dello Stretto», applicano le tariffe in modo incontrollato
(leggere a parte la protesta di un autotrasportatore) e dimezzano le
«corse» triplicando i tempi di attraversamento. Siamo in mano a un
governo che parla di «vie del mare», di porti e interporti quando in
Sicilia siamo ancora all'anno zero e non si accorge che un'isola di
cinque milioni di abitanti è prigioniera di un'autostrada infernale e
dei signori dei traghetti.
Il Ponte risolverebbe tutto, anche perché l'ha chiesto l'Unione
europea, che non è l'ultima congrega di imbecilli. Ma il Ponte non si
fa in ossequio a Pecoraro Scanio, Diliberto e Rifondazione comunista.
Questa è la verità vera.
Il Ponte non è né di destra e né di sinistra, ma è inevitabile
ricordare che il governo Berlusconi aveva dato assoluta priorità
all'opera nella convinzione che contestualmente anche ferrovie e
autostrade avrebbero accelerato programmazione e lavori, per cui nel
2014 i primi treni veloci avrebbero potuto transitare sul Ponte. Ora
Rutelli ci dice che il governo verso il 2020 dovrebbe fare arrivare
l'alta velocità a Reggio. E poi si immagina che si parlerà di Ponte.
Quando, nel 2030? E nel frattempo i due miliardi di euro destinati
all'opera - e che dovrebbero essere nella disponibilità della società
«Stretto di Messina» - che fine faranno?
Con le sorti della Sicilia sono in molti a giocarci. Secondo l'agenzia
di stampa «Il velino», nel 1999, sotto il governo D'Alema, il Cipe
incaricò l'advisor «PriceWaterHouseCoopers» di esaminare la fattibilità
tecnica ed economica del Ponte. L'advisor si servì della consulenza del
Consorzio Istituto superiore dei trasporti (Cisut) costituito
dall'Università Mediterranea di cui era rettore il prof. Bianchi,
attuale ministro dei Trasporti, e dalla società di traghettamento
«Caronte». Non è quindi così irreale pensare - conclude «Il velino» -
che «i dati forniti dal Cisut abbiano potuto subire influenza per la
semplice esistenza di soggetti in evidente conflitto di interessi». In
pratica i dati sulla convenienza del Ponte sono stati forniti da un
consorzio dove c'era la Caronte, evidentemente interessata a mantenere
il proficuo servizio traghetti sullo Stretto. La conclusione
dell'advisor offrì del resto diverse valutazioni senza esprimere un
parere sull'utilità del Ponte e suggerendo «soluzioni alternative» come
le «vie del mare».
La domanda ora è questa: cosa fare? La risposta è cocente: purtroppo
«niente», perché a livello romano la Sicilia non pesa e il governo
Cuffaro sull'argomento non ha possibilità di interlocuzione. Il
fondatore di Mpa, Raffaele Lombardo, è deciso a dare battaglia per il
Ponte, ma su quali leve politiche può agire? Che tipo di pressione si
può fare su Prodi? La risposta ancora non la conosciamo.
Attraversare lo Stretto dalla Sicilia costa di più
Riceviamo e pubblichiamo:
Sono un commerciante costretto a viaggiare dalla Sicilia verso il resto
dell'Italia per questioni prettamente lavorative. Vorrei denunciare il
fatto che si verifica da circa due mesi relativo al passaggio dello
Stretto di Messina e che mi lascia senza spiegazioni.
Precedentemente potevo acquistare il biglietto del traghetto, utile a
trasportarmi con il mio mezzo commerciale da una sponda all'altra
dell'Italia, per un costo pari a 62 euro, per un mezzo di metri 6,
valido per un viaggio di andata e ritorno. La situazione è
improvvisamente cambiata a scapito esclusivo dei residenti in Sicilia.
Dalla Sicilia possiamo acquistare un biglietto di sola andata, e non
più di andata e ritorno, al costo di 33 euro. Una volta arrivati in
Calabria (Italia!) se vogliamo ritornare a casa il costo del biglietto
arriva a 52 euro.
L'opzione che può abbassare la spesa consiste nel fare il biglietto di
andata e ritorno esclusivamente nei punti vendita della Calabria, al
costo di 62 euro o 70 euro (il presso varia in base al punto vendita in
cui si fa il biglietto).
La realtà è la seguente: un siciliano, o comunque chi parte dalla
Sicilia, può acquistare la corsa di sola andata, e quando vuole
rientrare acquista il biglietto con un aumento pari al 40%, oppure lo
fa dalla Calabria andata e ritorno, e mantiene un credito pari a una
corsa da effettuare entro un mese dalla data di emissione. Se non si
intende utilizzare il credito la società garantirebbe un rimborso in
misura sconosciuta, chiedendo di avere indietro la copia originale del
biglietto a mezzo posta (no raccomandata).
Inoltre è praticamente impossibile utilizzare il call-center della
società: una volta presa la linea, si interrompe misteriosamente la
comunicazione.
Comunque, una spiegazione di questa disparità che sono riuscito a
reperire è che in Calabria la biglietteria è unificata con le Ferrovie
dello Stato, in Sicilia no!
Spero che questa mia denuncia possa sollecitare chi di dovere a
risolvere tale ingiustizia nei confronti di noi siciliani.
Giuseppe Caruso
Misterbianco (Ct)
Bianchi tra incarichi e conflitto d'interesse
Tony Zermo
Catania 11.6.06 La manifestazione di lunedì pro-Ponte con diecimila
persone e 50 sindaci, oltre al presidente della Regione, è stata
sostanzialmente ignorata dai giornali e dalle Tv nazionali ai quali i
problemi della Sicilia non interessano per nulla, a meno che non si
tratti di fatti di mafia. Da Bruxelles il vicepresidente della Banca
europea degli investimenti, Gerlando Genuardi, fa sapere che «il nuovo
governo italiano pare abbia accantonato il progetto del Ponte, visto
che nessuna richiesta riguardo a finanziamenti ci è stata avanzata
nonostante sia inserito nel corridoio Berlino-Palermo»: e quindi per il
governo Prodi il discorso Ponte non esiste proprio. In questa stessa
pagina pubblichiamo un articolo che spiega come i ponti nel mondo
abbiano portato forti fattori di crescita, ma non ci pare che i nuovi
governanti abbiano voglia di saperne qualcosa.
E mentre discutiamo di Ponte o non Ponte, non ci accorgiamo che
l'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei traghetti privati.
Lasciamo stare il fatto che il sindaco di Messina Francantonio Genovese
sia comproprietario della società di traghetti e quindi si trova in
pieno conflitto di interessi (dovrebbe dimettersi o stare zitto, altro
che indignarsi per la manifestazione indetta lunedì dal Movimento per
l'autonomia). Lasciamo stare che il nuovo ministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi, essendo stato consulente (pagato) per fornire dati
sul rapporto costi/ricavi e sull'attività dei traghetti privati, si
trova in posizione di sospetto interesse privato. Ma qui c'è il fatto
gravissimo della strozzatura agli imbarchi. Come sapete, per evitare
che i Tir scendessero da Boccette e incasinassero il centro di Messina,
causando purtroppo anche incidenti, si è realizzato a sud della città,
a Tremestieri, un secondo approdo per i veicoli commerciali. Ma se
prima si impiegava un'ora e mezzo, adesso ci vogliono tre ore, e senza
ripari sotto il sole.
«Gli autotrasportatori vengono trattati come bestie - dice Giuseppe
Bulla, presidente regionale della Fai (Federazione autotrasportatori
italiani) -, non ci sono aree di stoccaggio, non ci sono servizi
elementari, non ci sono pensiline, non c'è nulla di nulla. Hanno aperto
questo terminal di Tremestieri e solo adesso si sono resi conto che non
ci sono zone di stoccaggio e che quindi i mezzi si debbono formare
sull'autostrada. Si scopre che gli scivoli sono soltanto due e che di
conseguenza possono approdare solo due navi. In sostanza si sono
raddoppiati i tempi. Poi quando ci sono le mareggiate le correnti forti
vanno a sbattere sugli scivoli per cui non si può accedere alle navi e
quindi gli automezzi scortati dalla polizia stradale attraversano tutta
Messina lungo via La Farina per imbarcarsi dove si è sempre imbarcato.
Ora hanno promesso di fare l'area di stoccaggio, ma nell'attesa per
evitare intasamenti a Tremestieri abbiamo chiesto di poterci imbarcare
via Gazzi, evitando la discesa a Boccetta che tante proteste, anche
giuste, ha suscitato. Tenga presente che lì arrivano con i camion tutte
le produzioni della Sicilia centro-orientale e che utilizzare i
traghetti delle ferrovie è un'ipotesi impraticabile».
Bulla sulla questione ha presentato un ricorso al Tar. Ma non è solo
questo, c'è anche una questione di tariffe: «Hanno abolito lo sconto
che c'era prima perché vogliono farci pagare il fatto che il percorso
da Tremestieri a Villa San Giovanni è più lungo di mezzo miglio. Prima
un camion andata e ritorno pagava sui 65 euro, ora si paga 160 euro. In
sostanza si sono raddoppiati tempi e tariffe. In queste condizioni come
possiamo esportare i prodotti siciliani, quando poi, attraversato a
fatica lo Stretto, ci troviamo di fronte un'autostrada Salerno-Reggio
Calabria disseminata di cantieri aperti e di deviazioni?».
Qualcuno dirà: ma ci sono le «autostrade del mare», perché non si
utilizzano quelle per superare la strozzatura dello Stretto e i disagi
dell'autostrada dai lavori infiniti? Bella domanda. La risposta è
questa: le «autostrade del mare», almeno per il momento, sono
suggestioni per gli allocchi, in realtà non esistono, almeno per quanto
riguarda la Sicilia orientale, mentre per la parte occidentale
funzionano bene, essendo Palermo ben collegata con Napoli, Livorno,
Genova. Il problema mai portato alla luce è che Catania rispetto a
Palermo è geograficamente «dietro» di cento miglia.
Questo comporta l'estrema difficoltà di collegamenti via mare con i
porti del Tirreno, per cui l'unica linea che funziona veramente è la
Catania-Napoli della T.T.Lines (22 nodi orari): in dodici ore, ti
imbarchi la sera e arrivi la mattina. Il servizio inaugurato di recente
dalla Grimaldi di Napoli riguarda Catania-Civitavecchia-Genova, ma
vanno a 16 nodi l'ora e impiegano 20 ore per Civitavecchia e 36 per
Genova. E' utile per i prodotti industriali, ma non per merci
deperibili. Resta la Tirrenia per la linea adriatica Catania-Ravenna
(pure 36 ore). Troppo poco per accontentarsi di queste «autostrade del
mare». Ci vorrebbero più navi e più veloci per evitare la dannazione
dello Stretto.
L'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei traghetti privati.
E ci sono gravi conflitti d'interesse
La Sicilia strangolata dallo Stretto
Non funziona il nuovo approdo a sud mentre le «autostrade del mare»
restano una presa in giro
La manifestazione di lunedì a favore del Ponte mi ha fatto ricordare un
importante convegno organizzato a Messina nel lontano 1974 su «Sicilia
Porta d'Europa». cui intervennero costruttori dirigenti dei tre più
grandi Ponti del mondo: l'Ingegner Gorge Shoepfer, per il Verrazzano di
New York; l'Ingegner Edgard Cardoso, per il ponte sul Tago a Lisbona;
l'Ingegner Sile Safetin, per il ponte sul Bosforo a Istanbul che unisce
l'Asia all'Europa.
Shoepfer riferì che nel primo anno di esercizio 18 milioni di veicoli
utilizzarono il Ponte di Verrazzano, ma aggiunse che negli anni
seguenti il traffico continuò a superare tutte le stime preventive e
che nel 1972 il traffico stesso superò i 40 milioni di veicoli, qualche
cosa come 110 mila veicoli al giorno.
Delle due testate del Ponte, una poggiava su una zona non suscettibile
di ulteriori sviluppi, l'altra sull'isola di Staten Island, che proprio
il distacco dall'aria della metropoli aveva pesantemente penalizzato.
L'Isola subì un improvviso sviluppo. L'incremento della popolazione,
che era di 3.000 unità all'anno, saltò a 16.000 unità; le attività
commerciali si incrementarono del 50%, le vendite al minuto del 128%,
il numero dei lavoratori addetti al commercio aumentò del 42%.
Il pedaggio che all'epoca era di un quarto di dollaro per le
autovetture e di due dollari e mezzo per un camion a tre assi rendeva
più di 30.000 dollari al giorno.
Lo stesso andamento di grande divaricazione tra previsioni e realtà
conseguente alla realizzazione dei Ponti fu riferito dagli altri
relatori a proposito delle Regioni interessate dai Ponti sul Tago a
Lisbona e sul Bosforo a Istanbul.
Le documentazioni offerte dai dirigenti dei tre Ponti ebbero un forte
effetto positivo a favore del Ponte Sullo Stretto Di Messina, sia nel
mondo della politica che in quello tecnico scientifico; inoltre i
risultati economici della gestione delle tre opere unitamente a quelle
dell'impatto sulle Regioni toccate dai Ponti raffreddarono le riserve
di molte cassandre dell'economia.
I fatti dimostravano che i Ponti erano, entità, capaci di
auto-finanziarsi e la loro realizzazione non pesava negativamente sui
bilanci delle Nazioni.
Anche l'attuale presidente del consiglio Prodi, venti anni fa, da
presidente dell'Iri, aveva espresso un' opinione favorevole al Ponte
sullo Stretto, definendolo una scommessa attraverso cui l'Italia
avrebbe potuto accorciarsi di 240 chilometri. La Sicilia, commentava
Prodi nell'85, è fortemente ostacolata da questa barriera naturale,
ossia dallo Stretto. Con un collegamento stabile - aggiungeva - i costi
di trasporto calerebbero del 13% senza parlare della maggiore rapidità
degli spostamenti. E a sostegno della Sua tesi, il Professore, portava
una valanga di cifre.
Inoltre in una intervista televisiva Prodi, descriveva il Ponte e il
connesso potenziamento delle reti autostradali come «una grande opera
di interesse collettivo indispensabile perché il nostro sistema
economico possa concorrere con le altre Nazioni».
Bisognerebbe concludere dicendo : «favorevoli e contrari, unitevi!»
Sarebbe importantissimo non soltanto per il Sud ma per l'intera Italia
e per l'Europa.
on. Dino Madaudo
In attesa del Ponte
In attesa del Ponte
traghetti più veloci e meno costosi
Due parole in merito agli articoli sul Ponte. Non sto qui a discutere i
perché del Ponte sì, Ponte no… non usciremmo mai vivi da una tale
discussione. Mi preme soltanto tentare di far capire che forse qualche
soluzione alternativa c'è. Attualmente si arriva al casello di Messina;
si imbocca la tangenziale; si compie un giro turistico della città per
raggiungere uno dei due imbarcaderi (non meno di mezz'ora in mezzo al
traffico cittadino!); si abbandona l'auto alla biglietteria e si corre,
anche sotto la pioggia, verso la stessa, dribblando i questuanti; si
affronta la maleducazione dei bigliettai, oltre alle angherie di chi
impone prezzi e condizioni assurde al traghettamento (ma questa è
un'altra storia) ; si torna all'auto e si attende il traghetto (anche
una quarantina minuti, vista la situazione attuale). L'avventura si
replica all'imbarco a Villa san Giovanni. Penso che in una transumanza
di bovari della steppa ci sia più ordine. Si potrebbe dunque, visto che
per il momento il Ponte è in discussione, decentrare gli imbarchi,
realizzando nuovi ed efficienti approdi, ovviamente non nel centro
città, e con accessi direttamente dalla tangenziale e dall'autostada,
impiegare traghetti moderni, più veloci e meno inquinanti, creare un
servizio continuo di corse ("shuttle" lo chiamano oltreoceano),
stabilire prezzi popolari: perché c'è chi traghetta più volte alla
settimana per lavoro. E lasciare mezzo stipendio a "Caron dimonio" non
è bello.
Alberto Fichera
Una struttura da cui la Sicilia
potrà avere soltanto benefici
Penso che il ponte sullo stretto possa portare solo benefici alla
Sicilia e non vedo perchè tutte le altre infrastrutture non possano
camminare di pari passo in modo da portare la Sicilia al pari di altre
regioni che hanno alta velocità, autostrade a 6 corsie, acqua,
ospedali, eccetera. Per la Sicilia si dice che, prima del ponte,
bisogna risolvere il problema dell'acqua e via via gli altri problemi
cosicchè i nostri pronipoti forse arriverebbero a vedere il raddoppio
della ferrovia. Concordo pienamente con il Presidente Raffaele Lombardo
e gli sono vicina in tutte le iniziative che andrà a intraprendere a
tale scopo nell'interesse della Sicilia e dei Siciliani
Melina Litrico
L'apertura di Di Pietro
è soltanto una furbata
Di Pietro apre uno spiraglio sul ponte e dichiara che sarebbe opportuno
mandare la pratica-ponte al Cipe per un riesame. Ma non era stata
appaltata l'opera, avendo la stessa superato tutti gli esami sulla sua
fattibilità? Ritengo che la dichiarazione di Di Pietro sia una furbata
dal sapore tutto meridionale. All'estero molti osservatori dicono di
non capire la politica italiana. Incomincio a pensare che anche per noi
italiani esiste lo stesso problema, con la differenza che lo abbiamo in
casa.
Saro Pafumi
Perché costretti a scegliere
tra il Ponte e le strade?
I siciliani dovrebbero accontentarsi delle briciole a sentire quanto
affermato da Rita Borsellino e dal ministro Alessandro Bianchi.
Infatti, l'una ha detto che la Sicilia ha bisogno d'infrastrutture
propedeutiche e prioritarie rispetto al Ponte sullo stretto, l'altro
sostiene l'inutilità dell'opera. Nessuno ha evidenziato che la Sicilia
deve avere un sistema di trasporti intermodali competitivo e
all'avanguardia e che non essendo figli di un Dio minore non dobbiamo
necessariamente scegliere se avere le strade o il ponte. Il Mezzogiorno
non può essere la camera di compensazione delle contraddizioni del
nuovo governo. Non c'è sviluppo senza legalità. Ma nemmeno senza
infrastrutture e sistemi intermodali nei quali l'alta velocità, il
ponte di Messina, le autostrade di terra e di mare, ferrovie,
aeroporti, porti sono elementi paritari nell'agenda delle priorità. È
fondamentale e non più rinviabile il coinvolgimento delle popolazioni
interessate alle grandi opere senza dare più alcun appiglio a
professoroni, professorini e girotondini. Le opere costituiscono il
patrimonio della nostra terra e della gente che vi abita.
Sergio Mazzaglia
C'erano tante altre cose per cui manifestare
Trovo semplicemente indecoroso, vergognoso e aberrante, il fatto che
una certa classe politica siciliana trovi opportuno manifestare in
piazza a favore del ponte sullo Stretto e, per converso, non abbia
manifestato ugualmente per altre importantissime realizzazioni come il
raddoppio della ferrovia Palermo-Messina; il miglioramento del tessuto
viario, autostradale e non; la cronica carenza idrica, che affligge
diverse città dell'Isola. Altri motivi per manifestare avrebbero potuto
trovarsi nelle speculazioni edilizie; negli sprechi
dell'Amministrazione Pubblica, quella sanitaria in primis, dove vengono
dati premi incentivanti ai manager, anche in presenza di bilanci
consuntivi in palese dissesto. Ci sarebbe stata soltanto l'imbarazzo
della scelta se proprio si voleva trovare qualcosa per manifestare. Ma
questi signori, proprio non provano alcuna vergogna?
Raffaele Raggio
Catania 11.6.2006 Reggio Calabria. C'è una serie di coincidenze,
attorno al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che potrebbero
aiutare a comprendere le posizioni di quanti, come il ministro dei
Trasporti Alessandro Bianchi, sono contrari alla realizzazione
dell'opera.
Nel 2001, quando il neoministro del Pdci, allora ancora rettore
dell'università Mediterranea, fu incaricato di redigere il nuovo Prg di
Villa San Giovanni. In quello stesso periodo il Cisut - Consorzio
istituto superiore dei trasporti - realizzò il Piano urbano del
traffico per la città di Messina, mentre quasi tutti i componenti del
suo "comitato scientifico" parteciparono alla redazione del Piano
urbano del traffico per Villa. Conviene ricordare che Villa e Messina
hanno gravi problemi ambientali a causa del traffico automobilistico
che attraversa lo Stretto. A Villa, secondo l'Istat, nell'ultimo
decennio si sarebbe registrato un aumento della mortalità per tumore
pari al 70 per cento rispetto al decennio precedente. Nel 2001 per
Messina e nel 2002 per Villa il governo dichiarò lo "stato di emergenza
ambientale". La successiva ordinanza di Protezione civile recepì per
intero la delibera del Consiglio comunale di Villa che stabiliva sia il
tipo di opere da realizzare, sia le priorità. Con la stessa ordinanza,
oltre a nominare il prefetto della provincia di Reggio Calabria
(all'epoca D'Onofrio) commissario delegato per l'attuazione delle opere
urgenti e indifferibili da realizzarsi a Villa, venne nominato
coordinatore tecnico proprio Alessandro Bianchi.
Dalle progettazioni sviluppate nell'ambito del comitato tecnico
coordinato da Bianchi emerge che la delibera del consiglio comunale
venne completamente disattesa, specie nella parte in cui chiedeva di
restituire alla città significative aree attualmente utilizzate dalle
compagnie di navigazione Caronte, Tourist e Rfi, che avrebbero dovuto
essere spostate fuori dal centro urbano. Ma il comitato tecnico
privilegiò un "disegno progettuale" che favoriva la velocizzazione
delle operazioni di imbarco/sbarco.
A questo punto la vicenda del ponte si intreccia con Calciopoli.
Dalle intercettazioni, emerge infatti che il presidente del Messina
calcio, Pietro Franza, la cui famiglia è proprietaria della Tourist
Ferry Boat, si sarebbe rivolto a Luciano Moggi per ottenere un incontro
con il prefetto di Reggio Calabria (allora D'Onofrio) attraverso un
personaggio autorevole che gli consentisse non solo di essere
"ascoltato" ma anche "sentito" dal prefetto.
Moggi, attraverso il capo segreteria del ministro dell'Interno,
Vincenzo Corrias, avrebbe fissato l'incontro a Franza, rassicurandolo
sul fatto che D'Onofrio "si sarebbe messo a disposizione". Sentito dai
magistrati, Franza avrebbe detto di aver voluto incontrare il prefetto
D'Onofrio per questioni di lavoro connesse con la catena alberghiera
del proprio gruppo (Framon), e non già per fatti legati al calcio.
Tuttavia i magistrati su tale giustificazione hanno mantenuto alcune
riserve. In realtà, proprio all'epoca cui si riferiscono le
intercettazioni, il prefetto di Reggio Calabria era a capo del Comitato
che avrebbe dovuto realizzare importanti opere infrastrutturali per
eliminare l'inquinamento acustico e atmosferico a Villa con una spesa
di cinquanta miliardi di lire. Comitato, il cui coordinatore tecnico
risultava e risulta essere Alessandro Bianchi, neoministro dei
Trasporti, e alla cui redazione progettuale, a vario titolo,
parteciparono elementi del comitato scientifico del Consorzio istituto
superiore trasporti, i cui soci sono l'Università della Calabria,
l'Università di Reggio retta fino a pochi giorni fa da Bianchi, e la
società di traghetti Caronte Spa.
Per questo il leader dell'Mpa Raffaele Lombardo ha recentemente
accusato Bianchi di "conflitto d'interesse" nella vicenda del ponte.
Tony Zermo
La manifestazione di lunedì 5.6.2006 pro-Ponte con diecimila persone e
50 sindaci, oltre al presidente della Regione, è stata sostanzialmente
ignorata dai giornali e dalle Tv nazionali ai quali i problemi della
Sicilia non interessano per nulla, a meno che non si tratti di fatti di
mafia. Da Bruxelles il vicepresidente della Banca europea degli
investimenti, Gerlando Genuardi, fa sapere che «il nuovo governo
italiano pare abbia accantonato il progetto del Ponte, visto che
nessuna richiesta riguardo a finanziamenti ci è stata avanzata
nonostante sia inserito nel corridoio Berlino-Palermo»: e quindi per il
governo Prodi il discorso Ponte non esiste proprio. In questa stessa
pagina pubblichiamo un articolo che spiega come i ponti nel mondo
abbiano portato forti fattori di crescita, ma non ci pare che i nuovi
governanti abbiano voglia di saperne qualcosa.
E mentre discutiamo di Ponte o non Ponte, non ci accorgiamo che
l'economia siciliana è prigioniera dei Signori dei traghetti privati.
Lasciamo stare il fatto che il sindaco di Messina Francantonio Genovese
sia comproprietario della società di traghetti e quindi si trova in
pieno conflitto di interessi (dovrebbe dimettersi o stare zitto, altro
che indignarsi per la manifestazione indetta lunedì dal Movimento per
l'autonomia). Lasciamo stare che il nuovo ministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi, essendo stato consulente (pagato) per fornire dati
sul rapporto costi/ricavi e sull'attività dei traghetti privati, si
trova in posizione di sospetto interesse privato. Ma qui c'è il fatto
gravissimo della strozzatura agli imbarchi. Come sapete, per evitare
che i Tir scendessero da Boccette e incasinassero il centro di Messina,
causando purtroppo anche incidenti, si è realizzato a sud della città,
a Tremestieri, un secondo approdo per i veicoli commerciali. Ma se
prima si impiegava un'ora e mezzo, adesso ci vogliono tre ore, e senza
ripari sotto il sole.
«Gli autotrasportatori vengono trattati come bestie - dice Giuseppe
Bulla, presidente regionale della Fai (Federazione autotrasportatori
italiani) -, non ci sono aree di stoccaggio, non ci sono servizi
elementari, non ci sono pensiline, non c'è nulla di nulla. Hanno aperto
questo terminal di Tremestieri e solo adesso si sono resi conto che non
ci sono zone di stoccaggio e che quindi i mezzi si debbono formare
sull'autostrada. Si scopre che gli scivoli sono soltanto due e che di
conseguenza possono approdare solo due navi. In sostanza si sono
raddoppiati i tempi. Poi quando ci sono le mareggiate le correnti forti
vanno a sbattere sugli scivoli per cui non si può accedere alle navi e
quindi gli automezzi scortati dalla polizia stradale attraversano tutta
Messina lungo via La Farina per imbarcarsi dove si è sempre imbarcato.
Ora hanno promesso di fare l'area di stoccaggio, ma nell'attesa per
evitare intasamenti a Tremestieri abbiamo chiesto di poterci imbarcare
via Gazzi, evitando la discesa a Boccetta che tante proteste, anche
giuste, ha suscitato. Tenga presente che lì arrivano con i camion tutte
le produzioni della Sicilia centro-orientale e che utilizzare i
traghetti delle ferrovie è un'ipotesi impraticabile».
Bulla sulla questione ha presentato un ricorso al Tar. Ma non è solo
questo, c'è anche una questione di tariffe: «Hanno abolito lo sconto
che c'era prima perché vogliono farci pagare il fatto che il percorso
da Tremestieri a Villa San Giovanni è più lungo di mezzo miglio. Prima
un camion andata e ritorno pagava sui 65 euro, ora si paga 160 euro. In
sostanza si sono raddoppiati tempi e tariffe. In queste condizioni come
possiamo esportare i prodotti siciliani, quando poi, attraversato a
fatica lo Stretto, ci troviamo di fronte un'autostrada Salerno-Reggio
Calabria disseminata di cantieri aperti e di deviazioni?».
Qualcuno dirà: ma ci sono le «autostrade del mare», perché non si
utilizzano quelle per superare la strozzatura dello Stretto e i disagi
dell'autostrada dai lavori infiniti? Bella domanda. La risposta è
questa: le «autostrade del mare», almeno per il momento, sono
suggestioni per gli allocchi, in realtà non esistono, almeno per quanto
riguarda la Sicilia orientale, mentre per la parte occidentale
funzionano bene, essendo Palermo ben collegata con Napoli, Livorno,
Genova. Il problema mai portato alla luce è che Catania rispetto a
Palermo è geograficamente «dietro» di cento miglia.
Questo comporta l'estrema difficoltà di collegamenti via mare con i
porti del Tirreno, per cui l'unica linea che funziona veramente è la
Catania-Napoli della T.T.Lines (22 nodi orari): in dodici ore, ti
imbarchi la sera e arrivi la mattina. Il servizio inaugurato di recente
dalla Grimaldi di Napoli riguarda Catania-Civitavecchia-Genova, ma
vanno a 16 nodi l'ora e impiegano 20 ore per Civitavecchia e 36 per
Genova. E' utile per i prodotti industriali, ma non per merci
deperibili. Resta la Tirrenia per la linea adriatica Catania-Ravenna
(pure 36 ore). Troppo poco per accontentarsi di queste «autostrade del
mare». Ci vorrebbero più navi e più veloci per evitare la dannazione
dello Stretto.
Un treno veloce tra Palermo
Un treno veloce tra Palermo
e Catania taglierebbe il traffico sulla A19 evitando decine di
incidenti mortali
Non tagliate l'alta velocità interna
Timori per la sorte della linea Tav Palermo-Catania-Messina, che
dovrebbe costare tre miliardi e mezzo
Michele Russotto
Palermo. Si chiama raddoppio del passante ferroviario. Ma si legge
anche metropolitana ferroviaria di Palermo. Che è cosa diversa della
metropolitana leggera sotterranea automatica, il cui progetto di
fattibilità del primo tratto di circa 8 chilometri (Oreto-Notarbartolo)
dovrebbe essere consegnato al Comune entro questa estate. Passante
ferroviario, ovvero raddoppio della linea ferrata Palermo-Aeroporto
Punta Raisi, che attraverserà la città da una periferia all'altra per
ricongiungersi al tratto Carini-Punta Raisi già in funzione. Forse la
più grande opera progettata per Palermo per un maxi appalto di 623
milioni di euro, che diventano 978 milioni, considerati tutti gli altri
interventi.
Un progetto antico che ha avuto una gestazione laboriosa e uno sbocco
ancora più difficile per i vari comitati cittadini di protesta,
preoccupati dei disagi che l'opera, sicuramente invasiva, creerà. Tutti
protestano per i tratti dove i lavori verranno effettuati a cielo
aperto e a capeggiare alcuni di questi comitati, col solito populismo,
è l'ex sindaco Leoluca Orlando che, tempo fa, si è rivolto anche al
presidente della Repubblica per chiedere l'intervento della protezione
civile. Sostiene che per Palermo si tratta di «un disastro annunciato».
Fatto sta che l'inizio dei lavori è stato rinviato di mese in mese e
adesso di anno in anno. Perché il mega appalto è stato aggiudicato
dalla Italferr spa, per conto de Rfi, addirittura nel novembre del
2004, per un importo contrattuale di 493 milioni. Se lo è aggiudicato
un'associazione temporanea di imprese composta dal "Consorzio stabile
Sis", "Sintagma" di Perugia e "Geodata" di Torino. Una delle tre ditte
riunite nella sigla "Sis", capofila dell'associazione di imprese, è il
colosso spagnolo "Sacyr" che, tra l'altro, è partner della
"Impregilio", guarda caso, nella gara per il punte sullo Stretto.
L'appalto è stato aggiudicato - ed è la prima volta che avviene
nell'Italia meridionale - ricorrendo alla figura del "general
contractor".
L'ultima scadenza per l'inizio dei lavori adesso è stata fissata dal
Comune, genericamente entro l'estate. E da quella data le opere
dovranno essere realizzate in 1.670 giorni. Il finanziamento proviene
in parte da fondi statali e in parte dai contratti di programma
stipulati dal Comune di Palermo con la Provincia, la Regione, Rfi e gli
altri comuni dell'hinterland. Oltre alla costruzione del secondo
binario che, come si può capire, avrà effetti positivi sulla mobilità
urbana ed extraurbana (se oggi il treno dalla stazione centrale a Punta
Raisi impiega un'ora, col doppio binario il tempo potrà essere
dimezzato), verranno effettuati lavori di adeguamento nelle nove
fermate esistenti, e ne verranno realizzate altre nove. L'opera fa
parte di quel piano integrato per il trasporto pubblico di massa che
sta portando avanti la giunta Cammarata e che prevede anche la chiusura
dell'anello ferroviario, la cui gara è stata bandita nei giorni scorsi,
le tre linee tranviarie (anche qui i lavori dovrebbero partire entro
l'estate) e la metropolitana leggera, per la quale, come dicevamo, il
Comune aspetta la consegna dello studio di fattibilità per il primo
tratto.
Gaetano Mineo
Palermo. Negli ultimi anni la rete ferroviaria italiana -
finalmente - ha deciso di scommettere sulla Sicilia. E così Rfi e
Regione siciliana programmano nell'Isola investimenti per un totale di
16 miliardi di euro. Via libera, quindi a una serie di cantieri e
progetti indispensabili al miglioramento e a una maggiore efficienza
dei binari siciliani. Un passo obbligato dal libero mercato. Forse
anche dovuto a un'Isola che, tra le altre cose, ancora possiede strade
ferrate tracciate dai Borboni.
In ogni caso, adesso c'è un piano concreto di investimenti e che
interessa gran parte della rete ferroviaria siciliana.
Tra i cantieri principali, il completamento del raddoppio della tratta
Palermo-Messina. In dettaglio, dei 225 chilometri dell'intera linea
Tirrenica isolana, 98 sono già a doppio binario. Di questi - ricordiamo
- gli ultimi 20 chilometri sono stati attivati lo scorso gennaio e
collegano Patti a Terme Vigliatore. In programma, invece, il tratto
Fiumetorto-Castelbuono. Il raddoppio di questa parte di strada ferrata
interesserà anche i lavori della nuova fermata di Cefalù (progettata
interamente in sotterraneo). In soldoni, il costo del raddoppio della
tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono ammonta a 990 milioni mentre per
il 2012 è in programma l'intera attivazione della linea. Sempre in
merito alla "Tirrenica", è in agenda il cantiere per il raddoppio
Patti-Castelbuono (investimento di circa 3,9 miliardi). Con questo
intervento, nei collegamenti tra Messina e Palermo, aumenterà, tra
l'altro, la capacità di traffico (a regime sarà di circa 220
treni/giorno). Inoltre, saranno ridotti di circa un'ora anche i tempi
di percorrenza tra i due capoluoghi. A completare l'intera linea, i
lavori sulla porzione di binari Patti-Messina. Qui è in corso la
realizzazione delle opere civili della tratta Rometta
Messinese-Villafranca Tirrena (attivazione entro fine mese). Nel
dicembre 2004 è stato attivato il raddoppio San Filippo del Mela-Pace
del Mela, mentre l'entrata in esercizio del tratto di linea Pace del
Mela-Rometta è prevista per il 2008.
Altro importante cantiere è quello della Messina-Catania. L'intervento
prevede, tra l'altro, il raddoppio del tratto di circa 42 chilometri
tra Fiumefreddo e Giampilieri, oltre al riassetto della stazione di
Letojanni e l'interconnessione con la stessa stazione e i treni
metropolitani a servizio del futuro collegamento Aeroporto di Catania
Fontanarossa.
Costo dei lavori, 1,9 miliardi. Mentre si stima di attivare il
raddoppio Fiumefreddo-Giampilieri entro il 2015.
E ancora: lavori per la velocizzazione della linea Palermo-Agrigento.
In merito, sono stati ultimati, nella prima metà del 2004, le opere sul
tratto di linea Montemaggiore-Roccapalumba. Mentre il completamento dei
lavori è previsto per la fine del 2008 a fronte di un investimento di
163 milioni.
Cantieri di lavoro in programma anche sui binari della Palermo-Trapani
e per i quali già il Cipe ha finanziato con 1,7 milioni la
progettazione preliminare. Oltre ai tempi necessari per l'affidamento e
l'esecuzione dei lavori, il tempo stimato per la realizzazione degli
interventi (432 milioni) è di 6/8 anni, dicono da Rfi.
Lungo, come detto, l'elenco delle opere che si stanno realizzando in
Sicilia. Ma in aggiunta, vogliamo ricordare anche i binari della
Gela-Catania e della Siracusa-Gela. Nel dicembre 2004 è stato approvato
dal Cipe lo studio di fattibilità per il potenziamento della linea
Siracusa-Gela. Anche in questo caso, il tempo stimato per la
realizzazione degli interventi è di 6/8 anni, per un costo complessivo
dell'intervento di 183 milioni. Attualmente, è in corso di redazione il
relativo progetto preliminare.
Andrea Lodato
Catania 18.6.2006. Il ritmo impossibile di una tornata elettorale
ogni sei mesi. I conti che non tornano per il lascito pesante del
governo di centrodestra. Le prospettive che stentano ad intravedersi
per il Sud, e la Sicilia in particolare, anche dopo quasi sessanta
giorni di governo dell'Unione. Enzo Bianco avrà pure una proverbiale
pazienza politica, un'innata moderazione ed un temperamento che gli ha
consentito per anni di fare il sindaco di Catania, il presidente dei
sindaci italiani, il ministro dell'Interno e il presidente della
Commissione per i Servizi segreti raccogliendo, spesso, anche
apprezzamenti bipartisan. Ma, oggi, proprio pazienza, moderazione e
temperamento suggeriscono a Bianco una prima, precisa ed inequivocabile
presa di posizione. «Perché la Sicilia - dice subito chiaro e tondo -
non può continuare a pagare errori del passato, e tanto meno
tentennamenti e balbettii del presente». Sconti a nessuno, disse Bianco
all'indomani delle elezioni e dopo il varo del governo Prodi. E
comincia a presentare qualche conto. Ripartendo dall'ingolfamento
elettorale.
«A Catania - spiega - siamo in pratica in campagna elettorale dalla
primavera dello scorso anno. Uno stress, che ha anche fatto crollare
l'interesse e la partecipazione dei cittadini».
Ma votare, comunque, si deve. E qui Bianco parte dal referendum sulla
devolution.
«Avete visto chi sta alzando i toni sino a parlare di battere strade
non democratiche se il referendum dovesse bocciare la devolution?
Ovviamente Bossi. Il quale punta sul voto del Nord per salvare questa
legge. Basterebbe questo per far capire ai siciliani, e a tutti i
meridionali, che lo stravolgimento della Costituzione è una minaccia
per il Mezzogiorno, per le sue speranze di sviluppo, per la sanità, per
l'istruzione. Bisogna andare a votare, chiediamo un supplemento di
buona volontà, ma è per la causa delle nostre regioni che ci vuole il
No alla devolution».
No, dice Bianco, perché questa devolution si aggiungerebbe ad una
situazione che bisogna definire drammatica, per non nascondere nulla.
Tanto più preoccupante, aggiungiamo, per le politiche viste e per
quelle che stiamo vedendo. Capace in passato di strappare consensi
tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra, oggi tocca a Bianco
alzare la voce. Riprendendo anche, se vogliamo, anche una parte di
quella battaglia per la Sicilia che il nostro giornale sta conducendo
da settimane.
«Siamo usciti da cinque anni di governo di centrodestra, cui la Sicilia
concesse il famoso 61 a 0 di deputati e con tre, quattro ministri e
tanti sottosegretari dentro. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Tante cose scritte nel libro dei sogni, ma realizzazioni poche. Siamo
partiti da questi dati oggettivi, deludenti. Dovevamo, però, ripartire
con grande determinazione, con progetti. Romano Prodi ha voluto che la
campagna elettorale cominciasse da Catania, proprio per confermare
quell'impegno. A che punto siamo? Ad un punto che mi fa sentire oggi un
po' deluso, debbo confessarlo con sincerità. Perché non ci sono
ministri siciliani nel governo. Non era un aspetto decisivo, ho detto,
anche se la cosa aveva lasciato un po' di insoddisfazione. Ma dopo
questa scelta è arrivata quella di vice ministri, due, che aspettano
ancora deleghe forti. Sennò cosa sono stati, contentini dati ai partiti
o agli uomini? Non è di questo che abbiamo bisogno in Sicilia. Insomma
in questo momento sono perplesso, sinceramente perplesso».
Perplesso, ma fiducioso. Lasciamo riemergere per un attimo
quell'ottimismo costruttivo di Bianco, che è indispensabile per
spiegare se esiste un itinerario alternativo che presenti per la
Sicilia prospettive incoraggianti. Magari con un impegno allargato
davvero a tutte le forze politiche.
«Allora dico che oltre ad essere certo che Prodi rispetterà tutti gli
impegni, c'è già il lavoro serio e rigoroso che sta facendo il ministro
Padoa Schioppa che è una garanzia per la ripresa del paese». Nella
ripresa del paese e nelle promesse di Prodi il taglio del costo del
lavoro. Ma il cuneo deve essere uguale per tutto il paese o ci può
essere qualcosa che somigli ad un federalismo fiscale già qui?
«Io dico che ci deve essere, perché se il taglio può arrivare ad una
media del 4% è giusto che sia del 3 al nord e del 5/6 in Sicilia. Per
questo credo debba battersi anche Confindustria, perché sarebbe
fondamentale per dare ossigeno alle nostre imprese».
Parliamo di Ponte: c'è chi si alza una mattina e annuncia il no, il
Ponte mai. Bianco che dice oggi? «Quello che dicevo ieri, non cambio
opinione. Cioè dico che è assurdo che ci sia una posizione contro il
Ponte frutto solo di una visione ideologica. E che c'entra, scusate?
Qui bisogna valutare l'importanza e l'utilità dell'opera. Poi chiediamo
con un referendum ai siciliani se vogliono o no quest'opera. Se il
Ponte serve, come è servito in Danimarca o a Istanbul, bisogna battersi
per farlo. Io chiederò ad intellettuali, uomini di cultura, ma anche
all'intera classe politica siciliana di portare avanti un dibattito
laico sul tema, senza pregiudizi. Per decidere noi se il Ponte si deve
fare oppure no».
Bianco apre. Senza lasciarsi sfiorare dall'idea di inciucio, e nemmeno
di terzo polo. Ma è il momento di allargare il gioco, perché divisa la
Sicilia 'sta partita rischia di perderla tutta. Altro che Ponte.
«Certo, non c'è solo il Ponte. E il Ponte da solo non serve. Ci sono
strade e autostrade da fare o finire, ferrovie da velocizzare, porti ed
interporti. C'è l'acqua da far arrivare nelle case di tanti siciliani.
Bisogna che queste battaglie diventino le battaglie della Sicilia e
spero che collabori costruttivamente anche il centrodestra, ovviamente
a condizione che nessuno pensi di usare strumentalmente questa sponda
per attaccare il governo Prodi. Qui è per la Sicilia che dobbiamo
lavorare, non contro qualcuno». Torna l'anima dell'amministratore e del
presidente dell'Anci, quella struttura trasversale di sindaci che fece
valere in passato spesso le ragioni delle città su quelle del governo
nazionale. E Bianco guarda anche all'azione che può avviare il nuovo
governo Cuffaro.
«Anche il coinvolgimento di questa rete di sindaci di ogni colore
politico ritengo sia importante, per lanciare un'azione che aiuti la
Sicilia. Tutta la Sicilia. Possiamo lavorare anche valutando le scelte
che farà il governo regionale: noi chiediamo che siano scelte
trasparenti che favoriscano lo sviluppo, il lavoro, la crescita anche
della vivibilità della Sicilia e delle nostre città. Anzi io spero
proprio che dalla Sicilia nasca una spinta di cambiamento, una profonda
trasformazione anche del centrosinistra, un Partito Democratico che non
sia solo la somma di Margherita e DS, che parli di valori come merito,
qualità, sviluppo. Insomma ci vuole coraggio e fantasia, oggi più che
mai. La Sicilia deve riprendere a correre. Noi siciliani per primi.
Senza le arrendevolezze da ascari di questi 5 anni di centrodestra, ma
con tutta la forza necessaria per rompere questa cappa di distrazione
che sembra scesa sull'isola. Io sono pronto a far sentire la mia voce».
«Ponte, perché sì»
Nostra intervista al sottosegretario Gentile
G. Lazzaro Danzuso
19
Il governo Prodi pare proprio avercela con la Sicilia ed i siciliani.
Che dire altrimenti del fatto che non vi è nemmeno un ministro di
questo governo che proviene dall'isola? E sarà forse anche per questo
che non ci si preoccupa delle emergenze? O perché il colore politico
del governatore è opposto a quello del governo? I collegamenti per una
isola, sono essenziali, come peraltro dimostra la richiesta inoltrata
da tempo da Cuffaro di ottenere un potenziamento dei trasporti per fare
fronte al periodo estivo. Cosa accade invece? Che Roma taglia i fondi,
penalizzando solo la Sicilia. In questo modo saltano 4 corse su 6 per
Pantelleria. Va bene che questo è il governo anti-Ponte sullo Stretto,
ma, francamente, arrivare pure a tagliare i collegamenti marittimi pare
proprio una esagerazione. Questo governo evidentemente ha messo la
Sicilia nel mirino.
il ministro si ricrede e riapre le speranze
Di Pietro: «Ripensiamo al Ponte»
giuseppe testa
Catania 14.7.06. Non era difficile prevedere che la politica estera
sarebbe stata il vero banco di prova per il governo Prodi. Il voto
sulla missione in Afghanistan, previsto per lunedì prossimo,
rappresenta uno snodo: non altrimenti deve intendersi il richiamo del
presidente Napolitano secondo cui, se la maggioranza non si mostrasse
compatta, potrebbe sorgere un problema per la sopravvivenza
dell'esecutivo. In altri termini, Prodi deve dimostrare che il suo non
è un «governicchio», sorretto nell'occasione dal pronto soccorso
dell'opposizione.
Non è per caso che il capo dello Stato, denunciata la gravità del
problema, sia sia limitato ad aggiungere: «A me tocca solo di aspettare
e stare a vedere». In sostanza: se, dopo aver «aspettato» l'esito del
voto, Napolitano «vedesse» che la maggioranza non è più tale, non
potrebbe che trarne le conseguenze. Perché un governo che, per far
approvare un decreto fondamentale di politica estera, ha bisogno di far
ricorso all'opposizione, di fatto è già un governo di minoranza.
D'Alema l'ha capito prima di tutti. Fin dal primo istante ha chiesto
con insistenza un voto compatto del centrosinistra, al punto di mettere
a disposizione il suo stesso mandato agli Esteri. Diverso, invece, il
comportamento di Prodi. Non ha drammatizzato le divisioni all'interno
della coalizione - ancora ieri nettissime di fronte all'avvertimento
del Quirinale - lasciando intendere di poter sempre sciogliere la
questione ponendo la fiducia. Soluzione estrema, non brillante:
tagliando il nodo gordiano, non eliminerebbe il viluppo tra le istanze
moderate dei Ds e quelle oltranziste della sinistra radicale. Ed è, al
contrario, proprio questa la madre di tutte le questioni.
Se Napolitano impone al premier di rinunciare ai suoi sorrisi per
affrontarla, non meno impellente è per D'Alema di sottrarsi al
malmostoso gioco del dialogo a tutti i costi con certi ex compagni del
Pci verso i quali i suoi rapporti non sono puramente politici, ma anche
sentimentali, forse viscerali. Al punto in cui stanno le cose, non pare
ci sia altra via di scelta: si discuta anche con asprezza, si
sostengano le proprie convinzioni, ma poi in Parlamento, piaccia o no,
tutti si adeguino al punto di vista della maggioranza.
Nessun governo può permettersi di rincorrere alleati che,
rappresentando posizioni del tutto minoritarie, fanno valere comunque
una sorta di diritto di veto. Prodi e D'Alema hanno il dovere di capire
una volta per tutte fino a che punto si vuol condurre il gioco. Se la
maggioranza, di fatto, non esiste, allora non resta che prenderne atto.
In caso contrario, anche ammesso che si riuscisse con qualche trucco (i
nostri politici sono sempre molto abili a trovarne) a superare il
blocco attuale, magari per andare avanti sino al prossimo inciampo,
l'esecutivo Prodi rimarrebbe pur sempre in balia di un'alea che, nelle
attuali condizioni interne ed internazionali, non potrebbe gioverare al
Paese, ma solamente danneggiarlo.
Parla per la prima volta il «general contractor»
Impregilo: «Pronti per il Ponte»
«Attendiamo rispettosamente le decisioni del governo». La Uil trasporti
scrive a Prodi
Il «general contractor» non molla
Impregilo, «general contractor» del Ponte: «L'opera è importante per il
Paese - ha detto l'ad Albert Lina -. Abbiamo un contratto valido e c'è
attesa rispettosa delle decisioni del governo».
Pecoraro Scanio: «Meglio le maree»
«Destinare i soldi a ricavare energia dalle maree», ha detto il
ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio. Replica dell'on. Musumeci:
«Cambiare invece il ministro».
Uil: ecco perché il Ponte si deve fare
«E' un'opera indispensabile per il Sud e porta lavoro».
Capodicasa e le opere propedeutiche
«Sono parte del progetto del Ponte, non sono lavori diversi»
Tony Zermo3
Tony Zermo
Per la prima volta in assoluto fa sentire la sua voce l'Impregilo, il
«general contractor» che ha vinto l'appalto di 3,9 miliardi per la
realizzazione del Ponte. «Il Gruppo Impregilo crede ancora alla
possibilità di realizzare il Ponte sullo Stretto, forte del contratto
siglato, anche se si rimette alle decisioni del governo per
eventualmente discutere circa i tempi della realizzazione - ha detto
l'amministratore delegato di Impregilo Alberto Lina, durante la
conferenza stampa di presentazione dei conti semestrali -. Un contratto
è un contratto, se il governo vuole rivedere le priorità se ne può
parlare. Nel nostro portafoglio ordini è contemplato il Ponte di
Messina, siamo una società di ingegneri, a noi piace costruire, parlare
di penali non spetta noi. E' il governo che gestisce il contratto. Se
parte, ci muoviamo, altrimenti si vede cosa fare. Noi speriamo che il
Ponte si costruisca, è importante per il Paese. Pertanto c'è attesa
rispettosa verso il governo. Debbono decidere loro come procedere, noi
riteniamo di non voler affrettare alcuna decisione e di non voler
creare un clima conflittuale. Pensiamo di avere un contratto valido,
abbiamo fatto ingenti investimenti, altri sono previsti da fondi
europei e sarebbe veramente negativo perderli: discutiamo quindi su
priorità e tempi. C'è materia per trovare un'intesa per sviluppare le
infrastrutture del Paese ed evitare una diatriba con avvocati sulle
penali. Si può arrivare anche a questo, ma speriamo di no».
La posizione della Impregilo, che nel frattempo si sta impegnando nella
stesura del progetto definitivo e cantierabile, è di buonsenso. Si
delinea questa via praticabile: intanto la Impregilo ultima il
progetto, diciamo entro sei mesi, poi il progetto passa all'esame del
Cipe, e possono trascorrere altri sei mesi. Nel frattempo è sperabile
che si trovi un accordo per realizzare la grande infrastruttura.
Mentre oggi il presidente della Regione Cuffaro va a Bruxelles per
incontrare il vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini
e il «tutor» del «Corridoio 1 Berlino-Palermo», si prepara per martedì
19 la manifestazione di Roma promossa dall'Mpa di Raffaele Lombardo (i
«mille» - ma saranno molti di più - partiranno anche con una nave). Da
Messina, organizzati da Cateno De Luca (Mpa) partiranno dieci pullman.
«A qualcuno - ha detto De Luca - il Ponte dà fastidio perché
provocherebbe l'inversione di rotta dei capitali dal Nord verso Sud,
con il Ponte più lungo del mondo che anche gli esquimesi verrebbero a
vedere».
C'è dunque un pressing sul governo Prodi che trova anche l'appoggio del
segretario generale dell'Uiltrasporti, Giuseppe Caronia (come sapete,
sia Uil che Cisl nazionali e regionali sono d'accordo sulla
realizzazione dell'opera). «Non è possibile pensare ad un'Europa unita
- ha scritto Caronia al presidente Prodi e ai ministri Di Pietro,
Bianchi e Padoa Schioppa - senza realizzare una seria politica di
integrazione complessiva a livello comunitario che ponga al centro del
dibattito anche il problema del Ponte sullo Stretto di Messina, la sua
utilità per lo sviluppo del Mezzogiorno e per la centralità strategica
della Sicilia nel bacino del Mediterraneo. Il Ponte, oltre a permettere
il completamento del Corridoio 1 Berlino-Palermo, avrebbe anche un
elevato effetto indotto determinato da un forte rilancio delle
infrastrutture, in assenza delle quali, questo sì, si produrrebbe il
risultato di un'ennesima cattedrale nel deserto. Appare quindi
pretestuosa e strumentale quella corrente di pensiero che pretenderebbe
di trasferire le risorse finanziarie stanziate per il Ponte alla
realizzazione di infrastrutture che, a loro volta, senza il Ponte,
risulterebbero pressoché inutili».
«La realizzazione del Ponte - ha aggiunto Caronia - prevede per i sei
anni occorrenti 40 mila posti di lavoro in aggiunta a quelli necessari
per l'inevitabile sviluppo delle infrastrutture. Progresso, sviluppo e
benessere sarebbero dunque il prodotto di quest'opera. Non può pertanto
un Paese civile rinunciarvi a causa di quello che sembra essere un vero
e proprio conflitto ideologico. Ci auguriamo che a sostegno del Ponte
si realizzi un'ampia convergenza di tutti i parlamentari del
Mezzogiorno, sia della coalizione di governo e sia dell'opposizione».
Il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che si trova in
Sicilia ha fatto una dichiarazione di tutt'altro tenore: «La proposta
che hanno fatto alcune forze politiche, tra cui la mia, è quella di
cambiare la ragione sociale della società Stretto di Messina Spa in
modo da utilizzare i soldi per altre infrastrutture per il Sud, magari
rilanciando alcune iniziative come quella di produrre energia dalle
maree. Comunque il Ponte non è nel programma della coalizione che ha
vinto le elezioni e che governa. La manifestazione che terranno a Roma
non ha senso». La replica di Nello Musumeci, leader di Alleanza
siciliana, è stata secca: «Non bisogna cambiare la ragione sociale
della società Stretto di Messina, bisogna cambiare il ministro
dell'Ambiente».
Capodicasa «Ecco i lavori propedeutici»
Il viceministro alle Infrastrutture Angelo Capodicasa, da noi richiesto
di un chiarimento sulle «opere propedeutiche» al Ponte sullo Stretto di
cui ha parlato l'altro giorno, ha precisato: «Sono opere che fanno
parte del progetto complessivo del Ponte, non sono lavori estranei al
progetto, né dei diversivi alternativi. Ponte o non Ponte, in ogni caso
si dovevano fare perché sono utili al territorio. Se poi il Ponte si
farà, allora troverà già alcune di queste opere realizzate in base al
progetto, se non si farà resteranno al servizio dell'area dello
Stretto. Parlo di vie d'accesso al Ponte, di rete ferroviaria che deve
transitare sul Ponte, di sopraelevate. L'utilizzazione di due miliardi
già previsti per questi lavori non danneggiano dunque il progetto
complessivo del Ponte sullo Stretto di Messina, semmai sarebbero di
concreto notevole ausilio».
T. Z.
LA UIL TRASPORTI
LA UIL TRASPORTI
Ecco le ragioni
per realizzare l'opera
In una lettera aperta al premier Prodi e ai ministri Bianchi, Di Pietro
e Padoa Schioppa, la Uil Trasporti esprime le sue ragioni a favore del
Ponte. Eccone i punti principali:
Non è possibile pensare ad una Europa unita a tutti i livelli, senza
realizzare una seria politica di integrazione complessiva a livello
comunitario, che ponga al centro del dibattito anche il problema del
Ponte sullo Stretto, la sua utilità per lo sviluppo del Mezzogiorno e
per la centralità strategica della Sicilia nel bacino del Mediterraneo.
In tale contesto, il Ponte assume un ruolo strategico: per la Sicilia e
per il superamento della sua condizione di isolamento, geografico e
sociale, attraverso l'integrazione delle due province Messina e Reggio
Calabria, con la realizzazione di un collegamento stabile che
decongestioni il traffico marittimo e che velocizzi ed ottimizzi oltre
che i collegamenti, la conoscenza, la comunicazione, lo scambio
sociale, il progresso; per la realizzazione dell'allacciamento al
Corridoio 1 internazionale ferroviario Berlino-Palermo.
Il Ponte quindi va visto positivamente come nodo nevralgico dell'intero
sistema anche per l'effetto indotto e determinato di un forte rilancio
delle infrastrutture in assenza delle quali si produrrebbe il risultato
di una ennesima cattedrale nel deserto:
1) sul versante continentale, con il potenziamento ed ammodernamento
della statale 106 Ionica con una nuova autostrada che colleghi,
attraverso il Ponte, la Sicilia alla Puglia; la elettrificazione della
tratta ferroviaria ionica; la ottimizzazione dei sistemi di
collegamento al porto di Gioia Tauro; la valorizzazione dell'aeroporto
di Reggio Calabria.
2) sul versante isolano, con la Messina-Palermo, autostradale e
ferroviaria; l'impulso all'ampliamento e potenziamento dell'aeroporto
di Palermo (Punta Raisi), ampliamento e potenziamento dell'aeroporto di
Trapani (Birgi); la realizzazione dell'interporto di Catania; il
raddoppio ferroviario sulla Messina-Catania.
Vanno inoltre posti nel giusto risalto gli effetti positivi che la
realizzazione del Ponte produrrebbero nell'intero comparto
dell'attività turistica per tutto il Mezzogiorno.
Gli aspetti economici, sociali e di sviluppo finora elencati non
possono essere quindi trascurati, o addirittura ignorati, a causa di
una contrarietà ideologica alla realizzazione del Ponte. Basti pensare
che nei preventivati sei anni occorrenti per la sola realizzazione del
Ponte, si prevedono 40.000 nuovi posti di lavoro, in aggiunta a quelli
necessari per la realizzazione delle infrastrutture.
A nostro avviso l'opera, nel suo insieme, trova quindi concreta
giustificazione non solo per effetto di una analisi meramente
ragioneristica basata sul rapporto costi-benefici, ma soprattutto per
effetto di una analisi di tipo prettamente sociale.
Riteniamo pertanto sbagliata e priva di ogni logica la scelta di
trasferire alla realizzazione delle sole infrastrutture quelle risorse
finanziarie già stanziate per la costruzione del Ponte senza il quale
le infrastrutture medesime risulterebbero assolutamente inutili. E'
sulla base delle motivazioni riportate che l'opera, per la
Uiltrasporti, è da considerarsi essenziale ed irrinunciabile.
Giuseppe Caronia
Segretario generale Uil Trasporti