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Voce alla Scuola: GLI STIPENDI DEGLI INSEGNANTI ITALIANI SONO I PIU' BASSI D'EUROPA

Comunicati
Venerdì, 8 Settembre 2006

Attacco di Cgil, Cisl e Uil alla manovra: "Ecco i veri numeri. Finanziamenti crollati in 5 anni, classi sovraffollate e stipendi tra i più bassi d'Europa"

"Basta tagli, la scuola è povera" Sindacati contro la Finanziaria
di SALVO INTRAVAIA

Ai numeri citati dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, che bacchetta la scuola, i sindacati rispondono con 'altri numeri'. Sono i 'dati relativi al sistema scuolà illustrati questa mattina da Flc Cgil, Cisl e Uil scuola. Lo stile è analogo: confrontare l'istruzione italiana con quella dei paesi europei. La scuola è inefficiente? Ecco perché, rispondono i rappresentanti di categoria che, sciorinando una serie di cifre e tabelle comparative, da alcune settimane si oppongono a qualsiasi taglio ventilato in Finanziaria. Le scuole italiane sono povere e i suoi insegnanti malpagati. E ancora, precariato alle stelle, classi superaffollate e tagli alle supplenze non sono certo un toccasana per un sistema che nelle risorse (umane ed economiche) dovrebbe trovare la forza di fare decollare il Paese. Ecco in sintesi cosa emerge dal dossier consegnato alla stampa nazionale dai sindacati confederali.

La spesa per l'istruzione. Uno dei primi dati messi a disposizione riguarda la spesa per l'istruzione. Da qualsiasi angolazione si guardi il problema l'Italia spende meno dei paesi Ue. In relazione alla ricchezza prodotta dal Paese (il Prodotto interno lordo) dalle nostre parti si investe il 4,6 per cento, contro una media europea che supera il 5 per cento. Anche in relazione al totale della spesa pubblica le cose non variano di molto: in Europa la scuola assorbe quasi il 9 per cento della spesa pubblica totale, l'Italia si ferma al 7,2 per cento. Pochi investimenti, pochi risultati sembrano dirci questi numeri.

I tagli. Il capitolo dei tagli 'infertì alla scuola attraverso manovre economiche di rigore varate dal precedente governo di Centro-destra è particolarmente ricco. Ce n'è di tutti i tipi. Più di 220 milioni di euro, pari a un taglio del 66 per cento in appena sei anni - dal 2001 al 2006 - alle cosiddette 'spese di funzionamento', non possono che fare riflettere. Le scuole in questo periodo si sono dovute arrangiare come hanno potuto: meno soldi per acquistare materiale di cancelleria e perfino per i registri degli insegnanti. Scuole in crisi, nello stesso periodo, anche per il pagamento delle tasse. La Tarsu (quella sulla 'rimozione dei rifiuti solidi urbani') ha fatto arrovellare parecchi dirigenti scolastici: da dove prendere i soldi? E ancora, scuola dell'autonomia con casse sempre più vuote. Per finanziare le attività deliberate dagli organi collegiali (progetti, attività e iniziative volte all'ampliamento dell'offerta formativa, compresi alcuni progetti destinati agli studenti in difficoltà) nel 2001 nelle casse degli istituti scolastici ormai autonomi sono andati 259 milioni, nel 2006 quasi 192: una sforbiciata del 25 per cento che non ha certamente aiutato insegnanti e alunni.

La paga degli insegnanti. Gli stipendi di maestre e professori italiani sono più bassi, e si incrementano più lentamente, di quelli percepiti dai colleghi europei: un insegnante della scuola media all'inizio della carriera guadagna 600 euro l'anno in meno rispetto ai professori del Vecchio continente, dopo 15 anni di servizio il divario aumenta per arrivare 5 mila euro a fine carriera. In più, per arrivare al massimo della retribuzione, in Italia, occorre rimanere dietro la cattedra per 35 anni, contro i 24 della media europea. Un professore della scuola di stato, da solo, potrebbe far vivere la propria famiglia col suo stipendio di 1.200 euro mensili?

E su tema delle retribuzioni agli insegnanti e agli eventuali rischi di nuovi sacrifici arriva il "No, grazie" dei sindacati a Padoa-Schioppa. 'La scuola ha bisogno di serenità', spiegano i rappresentanti di oltre un milione di lavoratori. "Una scuola di qualità è fondamentale per la coesione sociale, per lo sviluppo economico del paese e per vincere la sfida della competitività", spiega Massimo Di Menna, leader della Uil scuola. Le condizioni per i rappresentanti di categoria sono tre: che venga riconosciuto il lavoro e la professionalità attraverso il rinnovo del contratto di lavoro, la soluzione del problema del precariato e il nodo investimenti. "E' evidente che, se non ci sarà un confronto, faremo sentire forte la voce del personale con le iniziative di mobilitazione".

I precari. Un impiegato della scuola su 5 il prossimo anno sarà precario. Tasso che sfiora il 50 per cento per i docenti di sostegno: quelli che seguono gli alunni portatori di handicap. Una situazione che ha raggiunto livelli patologici. I 136 mila supplenti nominati quest'anno potrebbero, da soli, mettere in ginocchio l'intera scuola italiana. Un trend che in appena 5 anni ha portato i supplenti a crescere del 28 per cento e contemporaneamente ridotto il personale a tempo indeterminato. E siccome la spesa andava contenuta meglio tagliare sul precariato. Attraverso una serie di 'aggiustamentì volti a ridurre i le cattedre i fondi per gli stipendi dei supplenti sono calati di 324 milioni.

Classi superaffollate. Dove sono stati sistemati i 106 mila alunni in più iscritti negli istituti del Bel Paese negli ultimi 5 anni? Secondo il sindacato, in appena 375 classi. In sintesi, nell'ultimo quinquennio, gli alunni sono aumentati mentre le classi sono rimaste praticamente invariate. Era l'unico modo per limitare l'aumento delle cattedre che in alcune realtà, come nelle prime classi dei licei, ha portato ad avere classi anche con 35 alunni. Quale didattica individualizzata è possibile 'mettere in campò con numeri simili? E se poi gli studenti fanno una figuraccia nei test per l'accertamento delle competenze in italiano, matematica e scienze di chi è la colpa?






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Postato il Sabato, 09 settembre 2006 ore 00:10:42 CEST di Silvana La Porta
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