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Quesiti: TUTTO QUELLO CHE C'E' DA SAPERE SULL'INIZIO DELL'ANNO SCOLASTICO

Redazione
TESTO COORDINATO DA LIBERO TASSELLA       INTERVENTI DI LIBERO TASSELLA, ANTONIETTA TORALDO, ENZO GALLO ( GILDA DEGLI INSEGNANTI DI NAPOLI)  CARLO SCHIAVONE ( GILDA DEGLI INSEGNANTI DI AREZZO).        COLLEGIO DOCENTI.    

 L’anno scolastico 2006-2007 inizierà per tutti gli insegnanti con le riunioni collegiali, che precedono l’inizio  delle lezioni. Notevole importanza rivestono le riunioni del Collegio Docenti, perché le delibere di questo organo investono tutta l’attività didattica, plasmando (qualitativamente e quantitativamente) l’impegno professionale degli insegnanti. Molta attenzione deve essere prestata in queste riunioni, sia per avanzare proposte  che indirizzino l’attività didattica verso una piena valorizzazione della funzione docente, così come la intende  la Gilda degli Insegnanti, sia per evitare delibere che limitino la libertà di insegnamento o, peggio ancora,   permettano veri e propri abusi da parte dei dirigenti scolastici    Nelle brevi note che seguono vi segnaliamo delle priorità e vi indichiamo alcune possibili scelte volte a promuovere il ruolo professionale dei docenti nelle scuole.

IL P.O.F.   

Il P.O.F. deve essere elaborato, modificato e deliberato dal Collegio dei docenti. Il Consiglio di Circolo/Istituto deve solo “adottarlo” su proposta del Collegio. Partecipando attivamente alla definizione del POF,  l’insegnante può promuovere la professionalità docente attraverso scelte didattiche coerenti con l’idea che la  Gilda degli Insegnanti ha della scuola (cognitivo-formativa), e dimostrare che, senza le competenze specifiche dei docenti, la scuola cadrebbe nel dilettantismo e perderebbe le caratteristiche che la contraddistinguono come luogo pubblico di istruzione e di formazione.   Una scuola nella quale i docenti decidono e controllano la didattica costituisce garanzia di qualità soprattutto  per genitori e studenti. Prestare molta attenzione al D.P.R. 08.03.1999, n. 275 art. 4 c. 2: “Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle  singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A  tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra  l'altro:  a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività;  b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione e l'utilizzazione,  nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8, degli spazi orari residui;  c) l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli  alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto  previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;  d) l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni  di corso;  e) l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.”.    Le decisioni autonome, prese in base a detto D.P.R., impongono spesso un peggioramento del servizio reso  e notevoli sacrifici didattici, il più delle volte non retribuiti o scarsamente riconosciuti, ma fatti passare come  fiore all’occhiello dell’offerta formativa della scuola.  Non delegate ogni decisione in merito al dirigente scolastico o ad apposite commissioni che spesso lo stesso dirigente finisce per condizionare.

       LA LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO E’ DIFENDIBILE.

Il POF... “... comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari e valorizza le corrispondenti professionalità” (Reg. autonomia, art. 3, comma 2). Grazie a questo comma, l’insegnante o gli insegnanti  che non condividono le scelte didattiche della maggioranza del Collegio, ad esempio: la scelta del libro di testo comune a tutte le classi o la metodologia didattica da utilizzare (unità didattica, modulo, ...), possono esplicitarlo al  momento della Delibera del Collegio docenti e far mettere a verbale la loro dichiarazione. La diversa “opzione metodologica” sarà segnalata nel POF.     

  IL PIANO ANNUALE DEGLI IMPEGNI DEI DOCENTI. 

  L’art. 26, comma 4, del CCNL  2002-2005, dopo aver ricordato che gli “obblighi di lavoro” degli insegnanti  “sono articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazione di insegnamento”, impone  al dirigente scolastico “prima dell’inizio delle lezioni” di predisporre “il  piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente che possono  prevedere attività aggiuntive. Il piano, comprensivo degli  impegni di lavoro, è deliberato dal Collegio dei docenti ... e con la stessa procedura è modificato, nel corso  dell’anno scolastico, per far fronte a nuove esigenze”. Il Collegio è quindi sovrano nel deliberare gli impegni  di lavoro, deve discutere il piano proposto dal dirigente e lo può modificare, più o meno ampiamente, rispetto  alla proposta iniziale. Insomma ricordate che il Collegio non è obbligato ad approvare gli impegni di lavoro  degli insegnanti proposti dal dirigente scolastico (attività di insegnamento e attività funzionali). Le decisioni  sulla quantità e sull’organizzazione degli impegni di lavoro sono una parte importante della professionalità  docente. Non lasciamoli decidere ai dirigenti scolastici! 

      NON SUSSISTE ALCUN OBBLIGO DI INSEGNAMENTO  NEL PERIODO INDIVIDUATO COME  “PERIODO DI SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ DIDATTICA”.    Spesso i dirigenti scolastici tentano di obbligare i docenti a prestare servizio anche prima e/o dopo il termine  delle lezioni, facendo riferimento all'orario di insegnamento settimanale. A ciò si aggiungono ulteriori pretese  in ordine all'erogazione di prestazioni afferenti le attività funzionali all'insegnamento, in stretta osservanza o  in eccedenza rispetto al monte ore contrattuale, di cui all'art. 27, comma 3 del CCNL/2003 che così dispone:   “Le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti sono costituite da
a) partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti, ivi compresa l'attività di programmazione e verifica  di inizio e fine anno e l'informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e sull'andamento delle attività educative nelle scuole materne e nelle istituzioni educative, per un totale  di 40 ore annue;  
 b) la partecipazione alle attività collegiali dei Consigli di classe, di interclasse, di intersezione. Gli obblighi  relativi a queste attività sono programmati secondo criteri stabimazione occorrerà tener conto degli oneri di servizio degli insegnanti con un numero di classi superiori a  sei in modo da prevedere di massima un impegno non superiore alle 40 ore annue.    c) lo svolgimento degli scrutini e degli esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione.”    In sintesi, ai sensi degli artt. 26 e 27 del CCNL 2003 e della sentenza del Consiglio di Stato dell’8.5.1987, nel  periodo di sospensione  delle lezioni possono essere effettuate solo le attività funzionali all’insegnamento di  carattere collegiale eventualmente previste nel Piano annuale delle attività deliberato dal Collegio e, comunque, nel rispetto del monte ore totale previsto dal contratto: 40 ore annue per il collegio e 40 ore di massima  per i consigli di classe”. Non sussiste invece, sempre in detto periodo, alcun obbligo di insegnamento o presenza a scuola per altre attività, ovvero non c’è l’obbligo di una prestazione di servizio pari alle 18 ore settimanali nelle scuole secondarie, alle 25 ore nella scuola dell’infanzia, alle 22+2 ore settimanali nella scuola  primaria. Questo non esclude di collocare delle attività aggiuntive nel periodo suddetto, ferma restante la facoltatività delle stesse, la loro calendarizzazione nel Piano annuale delle attività ed il riconoscimento economico aggiuntivo secondo le tabelle previste dal contratto nazionale.    Riguardo agli obblighi di cui al già citato art. 27 c. 3  si ribadisce la non obbligatorietà di prestazioni aggiuntive oltre il limite delle 40 ore ( Collegio docenti)  e delle 40 ore  ( consigli di classe, interclasse, intersezione;  si precisa altresì la necessità che tali attività siano stabilite e calendarizzate nel piano annuale delle attività  medesime approvato dal Collegio dei Docenti.     

   FONDO D’ISTITUTO  NON FACCIAMO DIVENTARE LE SCUOLE DEI “PROGETTIFICI.  

 La distribuzione del Fondo d’Istituto, verso il quale la Gilda degli Insegnanti è da sempre fortemente critica,  (lo storno di molte risorse, nell’ultimo contratto biennale economico 2004/2005, dal fondo d’istituto alla RPD   è stato un successo politico ascrivibile alla nostra Associazione)  non è compito del Collegio dei docenti, ma  della trattativa tra il Dirigente e la RSU e di un successivo passaggio nel Consiglio di Circolo/Istituto. Tuttavia  i docenti devono fare attenzione quando vengono chiamati ad approvare le attività che saranno retribuite con  il fondo. Non bisogna , magari per soddisfare “l’ingordigia progettuale” di molti, siano essi dirigenti o docenti -  approvare miriadi di progetti.  Oltre a sottrarre energie e tempo alla funzione principale dell’insegnante, che è  quella di insegnare, senza  adeguata copertura finanziaria  gli insegnanti rischiano di lavorare per un misero compenso forfettario o, peggio ancora, gratuitamente.  Si tenga presente che - risolta la questione della trasparenza - risulta  legittimo  e doveroso chiedere la pubblicazione a fine anno del  riassunto relativo alla distribuzione del fondo d’istituto.

FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO.   

 Nei primi giorni di settembre i collegi docenti spesso sono chiamati ad approvare anche il piano  di formazione e aggiornamento professionale. E’ bene precisare che tale adempimento non costituisce più un obbligo,  la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento è volontaria e costituisce risorsa strategica per  il miglioramento della scuola nonché occasione di crescita professionale per i docenti.  Uno strumento importante è l’autoaggiornamento (acquisto di libri e riviste per l’insegnamento, abbonamento  ad internet, quote di spese per iscrizione a corsi  di aggiornamento e di formazione, a corsi di specializzazione, master,ecc...). Fatelo approvare in Collegio dei docenti ,  con una parte dei fondi destinati  all’aggiornamento e alla formazione ai docenti potranno essere rimborsate le spese di autoaggiornamento  sopra esemplificate, secondo criteri definiti in contrattazione d’istituto.   Poiché l’autoaggiornamento costituisce il riconoscimento della dimensione professionale della docenza e  degli oneri anche economici ad essa legati, per la Gilda degli insegnanti, è opportuno nei collegi dei docenti  d’ inizio anno spingere al massimo in questa direzione.  I docenti, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato possono usufruire dei 5 giorni di permesso  l’anno, previsti dal contratto (art. 62 commi 5, 6, 7 ) per partecipare a stage e incontri di formazione.   Il dirigente scolastico favorisce, nelle forme e in misura compatibile con il servizio, un’articolazione flessibile  dell’orario di lavoro per consentire la partecipazione, senza esonero dal servizio, ad iniziative di formazione  in aggiunta al limite dei 5 giorni.  Il personale docente che partecipa ai corsi di formazione organizzati dall’amministrazione centrale o regionale, da enti accreditati nonché dalle scuole anche in rete, è considerato in servizio a tutti gli effetti e ad esso  spetta l’eventuale corresponsione del rimborso delle spese di viaggio ( art. 62 CCNL 2003).   Per  le delibere del Collegio dei docenti per iniziative di formazione ed aggiornamento raccomandiamo di  specificare:  1.  che le iniziative in merito alla formazione e all’aggiornamento costituiscono “obbligo” per  l’amministrazione, ma “diritto” per il singolo;  2.  che esse costituiscono “ attività aggiuntiva”, quindi del tutto facoltativa, e con tale dicitura da inserire  nel Piano annuale delle attività;  3.  che esse dispongono risorse finanziarie che possono essere utilizzate per le iniziative progettate  dalla scuola o dalle scuole in rete, per le iniziative promosse dall’amministrazione regionale e nazionale e per le iniziative realizzate in autoaggiornamento, prevedendo anche la possibilità di accesso al rimborso per le spese relative all’autoaggiornamento.  Su formazione e aggiornamento si veda il CCNL 2003 da art 61 a art. 69, la direttiva n. 29 del 20.3.2006 e il  contratto regionale su formazione e aggiornamento.

POSSIAMO LEGITTIMAMENTE SALVAGUARDARE  IL NOSTRO ORARIO DI LAVORO. 

  Il Contratto attualmente in vigore disciplina con l’art. 26 -Attività di insegnamento- e l’art. 27 -Attività funzionali  all’insegnamento- l’orario di lavoro dei docenti che è infatti materia contrattuale (D.L. 29/1993 e successive  modifiche). Anche il Codice civile non lascia spazio ad utilizzi selvaggi dei lavoratori: la legge o le norme  corporative devono stabilire “i limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della maggiorazione...” (art. 2108).  Altra cosa è l’orario di servizio (la  configurazione dell’orario di lavoro) che può variare  a seguito di iniziative  di vario tipo previste dalla legge, nel nostro caso dal Regolamento dell’autonomia: flessibilità dell’unità oraria  di lezione, ecc. L’orario di servizio (non l’orario di lavoro!) deve essere funzionale al POF e funzionale ai progetti sperimentali avviati nelle scuole. Quindi attenzione a ciò che si approva nel Collegio (progetti, sperimentazioni, ...) e che può influire sull’orario di servizio.  Nello specifico per la scuola primaria l'art. 26, comma 5, recita: "nell'ambito delle 22 ore d'insegnamento, la  quota oraria eventualmente eccedente l'attività frontale e di assistenza alla mensa viene destinata, previa  programmazione, ad attività di arricchimento dell'offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi  ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da paesi extracomunitari. Nel caso in cui il Collegio dei docenti non abbia effettuato questo tipo di programmazione o non abbia impegnato totalmente la quota oraria eccedente l'attività frontale di  assistenza alla mensa, tali ore saranno destinate per supplenze in sostituzione di docenti assenti fino ad un  massimo di cinque giorni nell'ambito del plesso di servizio."    
   LA RIDUZIONE DELL’ORA DI LEZIONE.  

 Se deliberata dal Consiglio d’Istituto o di Circolo (fino a 50 min.) per motivi estranei alla didattica (orari dei  trasporti, mensa ecc.) non comporta alcun obbligo di recupero da parte dei docenti (circ. 243/79, circolare   192/80 ); la riduzione dell’ora di lezione, operata per motivi diversi dai precedenti e  deliberata dal Collegio  dei docenti, “comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica”  (CCNL  2002-2005, art. 26, comma 7 e 8) e ancora al D.P.R. 08.03.1999, n. 275 art. 4 c. 2b.  Negli ultimi anni si sta verificando una crescente tendenza da parte dei dirigenti scolastici a far recuperare ai  docenti i famosi “10 minuti” dovuti alla riduzione dell’unità oraria, convinti che possano in prima persona essere considerati responsabili di un danno erariale e dunque costretti ad un eventuale risarcimento. Bisogna nnanzitutto chiarire in quali casi è obbligatorio il recupero.  1) Il recupero per i docenti è obbligatorio nei casi di riduzione oraria dovute solo ad esigenze didattiche motivate in seno al Collegio Docenti in relazione al Piano dell’Offerta Formativa.  2) Il recupero non è dovuto nei casi in cui siano accertati cause strutturali, meglio note come “cause di forza  maggiore”, quali problemi legati ai trasporti ed elevato pendolarismo. Sulle cause strutturali è il Consiglio d’Istituto e il Dirigente Scolastico in ultima istanza a doversi pronunciare. Il Collegio Docenti può solo eventualmente dichiarare la compatibilità della riduzione oraria con le esigenze didattiche: la didattica è infatti di  stretta competenza del Collegio.  Bisogna ricordare che la normativa relativa alle riduzione oraria per cause di forza maggiore negli ultimi anni  non è cambiata, per cui le scuole che l’avevano adottata, verificando la persistenza delle condizioni che  l’avevano determinata, possono mantenerla con le stesse motivazioni. Ciò che invece è cambiato è la responsabilità sotto il profilo erariale: prima si chiedeva l’autorizzazione al Provveditorato ( oggi CSA), ora, con  l’autonomia, sono i dirigenti Sscolastici a doverne rispondere. Ecco che talvolta i Dirigenti Scolastici fanno  pressione sul Collegio Docenti affinché approvino la riduzione oraria per motivazioni meramente didattiche,  obbligando i docenti al recupero e quindi cautelandosi sia sotto il profilo economico che decisionale. Molti  Collegi Docenti, purtroppo si prestano al gioco e si pronunciano in tal senso, senza neanche richiedere una  verifica se siano mutate le condizioni che determinavano la “causa di forza maggiore”.  Qualora si verificasse un immotivato tentativo da parte dei dirigenti scolastici di mutare le cause di forza  maggiore in motivazioni squisitamente didattiche, l’unico comportamento non auto-lesionista da parte del  Collegio Docenti è quello di rifiutare di pronunciarsi sulla riduzione oraria o al limite votare l’unità oraria da 60  minuti.  Nel decidere la riduzione oraria per motivazioni didattiche dev’essere altresì ricordato che la determinazione  del monte ore annuale obbligatorio dei curricoli e delle singole discipline è di esclusiva competenza del Ministro e su di essa non può essere esercitata alcuna attività discrezionale da parte delle Istituzioni scolastiche.  Ciò è tanto vero ove si consideri che il D.M. 26 giugno 2000, n. 234, dopo aver determinato la quota di orario  obbligatoria nazionale di curricoli (85%) e quella  riservata  alle  Istituzioni  scolastiche  (15%),  nel  richiamare espressamente, con riferimento ad entrambe, la facoltà di utilizzare gli strumenti di flessibilità organizzativa e didattica previsti dall'art. 4 del medesimo D.P.R. n. 275/1999, sancisce però che l'adozione nell'ambito  del piano dell'offerta formativa, di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria, non può comportare la riduzione dell'orario obbligatorio annuale (nazionale e riservato alle scuole), nell'ambito del quale debbono essere recuperate le residue frazioni di tempo.  Dalla normativa citata si evince che, relativamente all'adattamento del calendario scolastico alle specifiche  esigenze del P.O.F., la discrezionalità delle Istituzioni scolastiche in regime di autonomia potrà esercitarsi  solo attraverso un'attenta valutazione, per un verso, della sussistenza dei 200 giorni minimi di lezione e, per  l'altro, del rispetto del monte ore annuale obbligatorio in termini complessivi e per singole discipline e/o attività.  Un commento finale è d’obbligo: spesso la riduzione oraria per motivazioni didattiche si riduce ad un puro  calcolo di tipo ragionieristico sulle più disparate modalità di recupero, dimenticando che così facendo si sottrae alle proprie classi una quota del monte orario che le spetta. Anche questo potrebbe configurarsi come  un danno sotto il profilo erariale di cui rispondere, ma sicuramente come un danno per gli studenti che si vedono privati, senza una reale ed effettiva restituzione, di parte del monte orario di cui hanno diritto e per il quale il docente è retribuito.  Inutile dire che la giurisprudenza, in relazione alla riduzione oraria, è assai controversa. In alcuni casi i dirigenti scolastici sono stati costretti a risarcire docenti ricorrenti perché non tenuti al recupero, in altri hanno  avuto ragione i Dirigenti Scolastici. Come si comporterebbe un tribunale nell’esaminare un ipotetico ricorso avverso un Collegio Docenti di genitori di alunni che chiedessero un risarcimento perché il recupero orario legato a motivazioni didattiche avviene secondo modalità, quali supplenze in altre classi, che impedisce ai propri figli di usufruire del monte orario  completo sancito dalla normativa anche in relazione alle singole discipline?        IL CALENDARIO SCOLASTICO 2006/2007.    Nell’ambito del trasferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti territoriali, ai sensi dell’art. 138,  comma 1, lett. d) del D. Lgs. n. 112/1998, è stata delegata alle Regioni la competenza alla determinazione  del calendario scolastico (vedi schema). Il MIUR conserva la competenza relativa a: 1) determinazione per  tutto il territorio nazionale della data di inizio degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione  secondaria superiore; 2) indizione eccezionale, in corso d’anno, di sessioni speciali di esami di licenza di  scuola media, di qualifica professionale e di licenza di maestro d’arte, per sovvenire alle esigenze di riconversione professionale dei lavoratori, specie se in mobilità; 3) determinazione del calendario delle festività a  rilevanza nazionale che comportino giorno di vacanza nelle scuole.   Ogni altra competenza sulla determinazione del calendario compresa quella della fissazione delle date di inizio e fine delle lezioni è attribuita alle Regioni.  Ai sensi dell’art. 5, comma 2, del regolamento sull’autonomia (D.P.R. 275/1999), le scuole (Consigli di circolo  o di istituto sulla base delle esigenze didattiche evidenziate dal collegio dei docenti), hanno facoltà di stabilire adattamenti del calendario ( anticipi o posticipi delle date di inizio e fine delle lezioni) in relazione alle esigenze derivanti dal P.O.F. nel rispetto delle funzioni esercitate dalle Regioni. Gli adattamenti  devono comunque rispettare il disposto dell’art. 74, terzo comma del D. Lgs. n. 297/1994 (svolgimento di almeno 200  giorni di lezione) oppure, in caso di organizzazione flessibile dell’orario complessivo del curricolo e di quello  destinato alle singole discipline ed attività, il disposto dell’art. 5, comma 3, del D.P.R. n. 275/1999 (articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di  ciclo previsto per le singole discipline ed attività obbligatorie, nel rispetto delle disposizioni contenute nel  CCNL del comparto Scuola). Gli adattamenti del calendario vanno comunicati alle Direzioni Regionali e agli  Enti Locali a cura del dirigente scolastico.  Con nota 4733/2003 il MIUR ha chiarito quanto segue: 1) le ore riservate alle assemblee studentesche di  classe, tenute con le modalità di cui al comma 6 dell’art. 13 del decreto legislativo 16.4.1994 n. 297, pur incidendo sul monte ore delle lezioni, non sono da recuperare; 2) le giornate riservate alle assemblee d’istituto,  durante l’orario delle lezioni, in numero non superiore a quattro, aventi ad oggetto problemi sociali, culturali,  artistici e scientifici e alle quali partecipano esperti autorizzati dal Consiglio d’Istituto (comma 7 art. 13 decre to legislativo 297/94), sono considerare come giorni di lezione; 3) le ore, su richiesta degli studenti, destinate  alle assemblee e utilizzate per lo svolgimento di attività di ricerca, di seminario o per lavori di gruppo, concorrono pienamente al computo dei 200 giorni destinati allo svolgimento delle lezioni. Il Collegio Docenti decide la scansione delle valutazioni periodiche degli alunni se del caso, seguendo le indicazioni di cui l’art. 74, comma 4, del D. Lgs. n. 297/1994. La deliberazione collegiale deve essere adeguatamente motivata, con speciale riguardo all’esigenza di assicurare la realizzazione di iniziative di recupero e  sostegno, di continuità e di orientamento; essa deve altresì prevedere adeguate forme e modalità di comunicazione periodica alle famiglie dei livelli di apprendimento degli alunni e delle date di svolgimento dei consigli  delle singole classi.  I dirigenti scolastici fissano le date di esame, ad esclusione di quelli di Stato conclusivi dei corsi di istruzione  secondaria superiore.   Gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore per l’anno scolastico  2006/2007 hanno inizio, per l’intero territorio nazionale, con la prima prova scritta, il giorno 20 giugno 2007  La data finale delle attività didattiche è il 30 giugno 2007.  Le date dell’anno scolastico dal punto di vista amministrativo sono 1° settembre 31 agosto, la circolare ministeriale n. 187/1994 ha individuato le date finali di riferimento per le diverse tipologie di personale docente  supplente: 31 agosto per i supplenti annuali su posto vacante con diritto alla retribuzione estiva e 30 giugno,  con eventuale proroga per esami, per supplenti su posto disponibile fino al termine delle attività didattiche,  per docenti supplenti annuali senza diritto a retribuzione estiva.     Il calendario delle festività per l’a.s. 2006/2007, in conformità alle disposizioni vigenti, è il seguente:    • tutte le domeniche;  • il 1° novembre, festa di tutti i Santi;  • l'8 dicembre, Immacolata Concezione;  • il 25 dicembre Natale;  • il 26 dicembre;  • il 1° gennaio, Capodanno;  • il 6 gennaio Epifania;  • il giorno di lunedì dopo Pasqua;  • il 25 aprile, anniversario della Liberazione;  • il 1° maggio, festa del Lavoro;  • il 2 giugno, festa nazionale della Repubblica;  • la festa del Santo Patrono (1)      (1)   La ricorrenza del Santo Patrono della località in cui il docente presta servizio è considerata giorno festivo solo se coincide con una giornata lavorativa. (art. 20 CCNL 4.8.1995 e art 14 CCNL 24.7.2003).

FUNZIONI STRUMENTALI AL PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA  (EX FUNZIONI OBIETTIVO).    Le funzioni strumentali sono identificate con delibera del collegio dei docenti in coerenza con il piano  dell’offerta formativa, cioè in relazione alle concrete esigenze del POF e non più in riferimento ad aree astrattamente precostituite come accadeva in passato con le funzioni-obiettivo. Il collegio dei docenti definisce  criteri di attribuzione, il numero e i destinatari delle funzioni strumentali, nel numero, svincolato da ogni indicazione ufficiale, non rientra il collaboratore vicario.  Le operazioni relative alle funzioni strumentali, dalla loro identificazione, alla definizione dei criteri e del numero, all’individuazione delle figure sono contestualizzate in un unico procedimento formale che si conclude  con l’elezione dei docenti affidatari degli incarichi funzionali a seguito di votazione a scrutinio segreto sempre  obbligatoria allorquando si fa riferimento a persone (cfr. D.Lgs. 16.4.2004 n. 297 art. 37 punto 4). Si veda altresì il parere del Consiglio di Stato ( Adunanza Sez. II 22.11.2000, n. 1356/2000, in d.p.r. 26.04.2001) che  dichiara accoglibile il ricorso straordinario al presidente della Repubblica di un docente contro la procedura  di assegnazione di funzioni senza indicazioni del numero dei voti riportati dai singoli candidati. Le risorse economiche utilizzabili per le funzioni strumentali, a livello di ciascuna istituzione scolastica, sono quelle complessivamente spettanti nell’a.s. 2002/2003, sulla base dell’applicazione dell’art. 37 del CCNI del 31.8.1999  e sono annualmente assegnate dal MIUR. ( Si veda la circolare ministeriale del 30.10.2003 applicativa  dell’art. 30 del CCNL del 24.7.2003 ).  Il compenso aggiuntivo per ciascuna funzione strumentale va caso per caso quantificato nella contrattazione  integrativa d’istituto di cui all’art. 6 del CCNL 24.7.2003( comma 2 art. 30), tenendo conto delle risorse complessive assegnate a tale scopo, del numero delle funzioni attivate dal Collegio dei docenti nonché  dell’impegno richiesto per ciascuna di esse.  Nel caso non si attivino le funzioni strumentali nell’anno di assegnazione delle relative risorse, le istituzioni  scolastiche possono utilizzare le stesse nell’anno scolastico successivo con le stesse finalità ( comma 4 art.  30).  Per il monitoraggio, le scuole invieranno tempestivamente al Direttore Regionale competente schede informative aggiornate in ordine alla quantità e alla tipologia degli incarichi conferiti.  Si ricorda che per le funzioni strumentali, rispetto alle precedenti funzioni obiettivo: scompare il numero predeterminato correlato alla tipologia dell’istituto, sono superate le modalità di assegnazione, prima previste  dal contratto integrativo del 31.8.1999, non si fa più riferimento ai corsi di formazione mirati, esse non sono  legate a una futura carriera dirigenziale e non c’è più alcun vincolo temporale per la loro identificazione.     Limitazioni previste dal contratto.  1)  L’esercizio di una funzione strumentale non può comportare l’esonero totale dall’insegnamento (comma 2 art. 30).  2)  Il compenso per le funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa non è cumulabile con il compenso  di collaboratore del dirigente scolastico ( art. 86 comma 2 lettera e del CCNL del 24.7.2003).

DELIBERAZIONI DEGLI ORGANI COLLEGIALI.    Per collegio deve intendersi un corpo costituito da una pluralità di persone dotate di pari potere, le quali assumono decisioni in seduta comune attraverso una deliberazione unitaria. La costante giurisprudenza ritiene  che, quando svolgono attività di valutazione e giudizio degli allievi, gli organi collegiali a ciò preposti  (consigli di classe, commissioni di esame) operano sempre come “collegi perfetti” con la necessaria presenza e  partecipazione , alla discussione e alla formazione del deliberato, di tutti i componenti. In tutti gli altri casi gli  organi collegiali scolastici operano come collegi c.d. virtuali o imperfetti.  La convocazione dell’organo collegiale è, di regola, disposta dal presidente. Può inoltre richiederla un numero qualificato di suoi componenti ( per il collegio dei docenti è sufficiente un terzo, art 7 comma 4 D.lgs.  297/94). La convocazione ordinaria per le attività collegiali deve avvenire con un congruo preavviso non inferiore a cinque giorni ( per le riunioni di organi che prevedono una partecipazione obbligatoria esso può essere oggetto di contrattazione integrativa di istituto). La seduta è illegittima e può essere annullata nel caso in  cui anche un solo membro non sia stato avvisato ( Cons. Stato, sez. VI n. 120/72).  L’avviso di convocazione deve riportare un ordine del giorno chiaro affinché i singoli membri, preventivamente informati sugli argomenti in discussione, possano intervenire adeguatamente preparati. Nell’avviso deve  inoltre essere indicata  la presumibile durata della riunione.    Non è consentito deliberare su argomenti non inseriti all’ordine del giorno a meno che non siano presenti tutti i membri aventi diritto e si decida all’unanimità.  Le riunioni si svolgono in orario compatibile con gli impegni di lavoro dei componenti eletti o designati (art 39  D.lgs. 297/94).  Gli organi collegiali decidono validamente con la contemporanea presenza del quorum costitutivo e del quorum deliberativo. E’ validamente costituito il collegio alla cui riunione sia presente la metà più uno dei componenti in carica (art. 37 comma 2 D.lgs. 297/94). In presenza del quorum è comunque fatta salva la validità  della costituzione pur se non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza(art 37 comma  1 D.lgs. 297/94). Sembra prevalere l’orientamento giurisprudenziale che non annette incidenza, ai fini della  permanenza del quorum costitutivo, ad un successivo allontanamento dalla riunione da parte di chi partecipa  all’adunanza.   Il collegio, costituitosi nei modi di rito, adotta deliberazioni a maggioranza dei voti validamente espressi, salvo che disposizioni speciali prescrivano diversamente. In caso di parità prevale il voto del presidente ( art. 37  comma 3 D.lgs. 297/94). Ai fini della determinazione del quorum deliberativo non rilevano quindi né le schede bianche né i voti nulli né le astensioni.  Nei collegi perfetti, coincidendo il quorum costitutivo col numero  dei componenti, non è ammessa l’astensione dal voto. La votazione è segreta solo quando si faccia questione di persone( art. 37 comma 4 D.lgs. 297/94).  La manifestazione di volontà dell’organo collegiale deve inoltre essere documentata mediante la redazione del processo verbale della seduta. La redazione del processo verbale può essere legittimamente fatta sulla  scorta di appunti che siano stati trascritti durante lo svolgimento della seduta e, perciò, successivamente alla  seduta stessa. La lettura e l’approvazione del verbale della seduta, infatti, costituiscono adempimenti che  possono essere assolti non necessariamente nel corso della stessa adunanza, ma anche nell’adunanza  successiva  (Cons. Stato – Sez. VI – 9 gennaio 1997, n. 1). Pertanto le correzioni del verbale portato all’approvazione dei componenti nella seduta successiva, vanno inserite nel verbale della seduta di approvazione del verbale medesimo, che, conseguentemente, andrà  corretto secondo le indicazioni di coloro che  non hanno riconosciuto corretta la verbalizzazione.Il verbale è l’unico mezzo attraverso il quale la deliberazione collegiale può essere conosciuta all’esterno e attraverso il quale ne può essere provata l’esistenza.  Esso, in particolare, non potrebbe essere sostituito da dichiarazioni postume rese dai componenti del collegio. Una costante giurisprudenza ( vedi per ultimo Cons. Stato, sez. VI dec. 166 del 13.2.1998) ritiene tuttavia che i vizi della verbalizzazione non necessariamente travolgano la validità dell’atto dell’organo collegiale.  I verbali vanno trascritti da chi svolge le funzioni di segretario dell’organo collegiale su appositi registri a pagine numerate (CM 177 del 4.8.1975 prot. 2571). Il verbale redatto e firmato dal solo  segretario e non anche  dal presidente è pienamente valido(Cons. Stato – Sez. IV dec. 323 del 22.5.1968)   e fa prova fino a querela  di falso (Cons. Stato – Sez. IV dec. 454 del 6.7.1982)   da sollevare di fronte all’autorità giudiziaria ordinaria  (Cons. Stato – Sez. IV dec. 600 del 27.10.1965).     Nel procedere alla verbalizzazione della seduta di un organo collegiale non è necessario che siano indicate  e trascritte minuziosamente le opinioni espresse dai singoli soggetti intervenuti nella discussione, essendo  sufficiente che siano riportate, anche in maniera stringata e sintetica, tutte le attività ed operazioni compiute.  (Cons. Stato - Sez. IV-  25 luglio 2001, n. 4074). Ogni singolo membro dell’organo collegiale può tuttavia richiedere che sue dichiarazioni siano riportate a verbale. Tale facoltà serve non solo a far sì che la verbalizzazione sia completa ma altresì a tutelare il membro dissenziente da rischi di responsabilità civile e penale  derivanti da delibere illegittime.   Per prevenire contestazioni  il collegio può, con proprio regolamento o con delibera  ad hoc, servirsi di un  registratore ( nota MPI Ufficio Decreti Delegati 1430/82) e in presenza di delibere particolarmente importanti   ricorrete alla verbalizzazione immediata.  Ai sensi dell'articolo 43 comma 1 D.lgs. 297/94 gli atti del consiglio di circolo o di istituto sono pubblicati in  apposito albo della scuola. L'affissione all'albo avviene entro il termine di otto giorni dalla seduta del consiglio; la copia della deliberazione deve essere esposta per un periodo di 10 giorni (circolare ministeriale  105/1975). Non sono soggetti a pubblicazione gli atti e le deliberazioni concernenti singole persone, salvo  contraria richiesta dell'interessato. La pubblicità è da intendersi riferita agli atti terminali deliberati dal consiglio con esclusione quindi delle sedute, dell'attività e degli atti preparatori (circolare tel. 69/1975). Nulla è detto invece per la pubblicità degli atti del collegio dei docenti.  In presenza di un interesse qualificato è possibile richiedere la copia del verbale avanzando alla scuola una  richiesta di accesso all'atto ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con il pagamento di € 0,26  per una o  due fotocopie o di € 0,52 per tre o quattro fotocopie e così via. La commissione per l'accesso, costituita  presso la presidenza del Consiglio dei ministri, con parere del 31 dicembre 1995 ha stabilito che “non si giustifica la sottrazione all'accesso per ragioni di riservatezza di tutti i   verbali delle sedute di organi collegiali in  quanto trattasi di documenti che non contengono necessariamente notizie rientranti tra quelle per le quali  l'articolo 8, comma 5 del DPR 352/1992 tutela la riservatezza”. DUE CONSIGLI PRATICI PER LA PARTECIPAZIONE AL  COLLEGIO.    E’ possibile, conosciuto l’ordine del giorno, preparare in anticipo e per iscritto eventuali proposte di delibera   (magari sottoscritte da più colleghi), che verranno presentate al Presidente del Collegio nel momento della  discussione del punto che interessa; così saranno votate e la mozione prodotta sarà allegata al verbale della  riunione, senza travisamenti.    Se qualcosa non vi convince e vi sembra una decisione illegittima, è bene chiedere che vengano verbalizzati  gli eventuali voti contrari o astenuti con la relativa motivazione, sarà in tal modo garantita la possibilità di  presentare un ricorso e non si verificherà corresponsabilità di delibere illegittime. “ Il presidente e i membri  del collegio che hanno partecipato alla deliberazione sono responsabili in solido per le decisioni assunte a  meno che non abbiano fatto constatare a verbale il proprio dissenso”  (Art. 24 del DPR 10.1.1957 n. 3).  
     QUELLE MISTERIOSE 80 ORE.  
 Normativa e chiarimenti  •  Scheda per il computo delle 40 ore 1° tipologia  •  Scheda per il computo delle 40 ore 2° tipologia  •  Modulo di trasmissione al dirigente    Le attività aggiuntive di insegnamento, le attività funzionali all’insegnamento ed ogni altra attività inerente alla funzione docente prevista dai diversi ordinamenti scolastici sono regolate dall’art. 26 comma 4 del CCNL  2003 e dall’art. 28 del CCNL 2003. Prima dell’inizio delle lezioni, il dirigente scolastico predispone, sulla base  delle eventuali proposte degli organi collegiali, il piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente che possono prevedere attività aggiuntive. Il piano, comprensivo degli impegni di lavoro, è  deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione educativa e con la stessa  procedura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte a nuove esigenze (comma 4 ad. 26  CCNL 24.7.2003).Le attività funzionali (all’insegnamento) di carattere collegiale riguardano tutti i docenti e si  dividono in due tipologie: 1° tipologia per un totale di 40 ore (art. 21 comma 3 lettera a del CCNL2 003)       a)  Partecipazione alle riunioni plenarie e ai collegi dei docenti;  b)  Riunioni di programmazione (gruppi di lavoro, per materie, ecc.); c)  Verifiche di inizio e fine anno scolastico;  d)  Informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e  sull’andamento delle attività educative nelle scuole materne e nelle istituzioni educative.             2° tipologia per un totale di 40 ore (art. 27 comma 3 lettera b del CCNL 2003)    a)  La partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse, di intersezione.  Nella programmazione occorrerà tener conto degli oneri di servizio degli insegnanti con un numero di classi superiore a sei in modo da prevedere di massima un impegno non superiore alle 40  ore (art. 27 del CCNL 2003).     ATTENZIONE.  Il contratto per la prima tipologia prevede un impegno” per un totale di 40 ore, per la seconda tipologia un impegno “non superiore alle 40 ore”, quindi le attività funzionali all’insegnamento di cui sopra  sono retribuite se prestate oltre il limite delle 40 ore (art. 28 comma l del CCNL 24.7.2003)         

CRITERI PER LA FORMAZIONE DELLE CLASSI.

   La prassi vuole che il dirigente scolastico si avvalga di una commissione con il compito di tradurre operativamente le indicazioni degli OO.CC. le cui competenze sono concorrenti ma che vanno esplicitate sotto forma di proposte, quelle del collegio docenti (con un occhio più attento agli aspetti più squisitamente didattici)  e con l’adozione di criteri direttivi da parte del consiglio di istituto (che può o recepire integralmente le proposte del collegio oppure integrarle con maggiore attenzione ai desiderata delle famiglie e alle esigenze del territorio). Tali criteri sono di solito inseriti nel POF o nel regolamento d’istituto. Se essi sono troppo generici è  chiaro che il ds e/o la commissione da lui incaricata hanno maggiore discrezionalità, dovendo comunque provvedere.    Per un istituto superiore, fermo restando ovviamente il rispetto delle norme di carattere finanziario attenenti  gli organici, i criteri che si incontrano più frequentemente sono le norme relative alla formazione delle classi  prime che tengono conto secondo un ordine di priorità adatto ai vari casi:  delle scelte dell’indirizzo all’atto dell’iscrizione  a)  della residenza degli alunni  b)  delle scuole di provenienza  c)  della necessità di costituire gruppi omogenei tra loro, con un'equa ripartizione del numero dei maschi  e delle femmine (ove possibile), tenendo conto dei giudizi finali di licenza media e dei dati forniti dai  docenti delle classi terze  d)  delle lingua straniera studiata nelle scuole medie  e)  della richiesta di iscrizioni in sezioni già frequentati dai fratelli  f)  della richiesta di essere assegnati alla stessa classe, da parte di più studenti, purché non si pregiudichi la costituzione di classi omogenee  g)  dell'assegnazione dei ripetenti nella sezione di appartenenza nell' anno precedente, salvo esplicita  richiesta contraria, o di esigenze nella formazione equilibrata delle classi  h)  dell’equa ripartizione di alunni portatori di handicap  i)  dell’inserimento proficuo di studenti stranieri  Vi sono, di solito, altre norme che per alcuni indirizzi maggiormente richiesti ( sia di inizio ciclo che di triennio) potrebbero richiedere test d’ingresso o anche sorteggio nonché regole tendenti a garantire, per quanto  possibile, l’unitarietà del gruppo classe in caso di contrazione di organici. 

     ASSEGNAZIONE DEI DOCENTI ALLE CLASSI, AI PLESSI E ALLE SEDI.

 Il dirigente scolastico dispone l'assegnazione dei docenti alle classi sulla base dei criteri generali stabiliti dal  Consiglio di Circolo o di  Istituto e di concrete proposte formulate dal Collegio dei Docenti in riferimento  all’applicazione dei criteri fissati dal  Consiglio; il dirigente scolastico ha l’obbligo di dare attuazione  all’applicazione dei criteri fissati dal consiglio di circolo e di istituto (articoli 7, 10 e 396 del decreto legislativo  297/94). Egli può discostarsene solo in casi eccezionali e motivatamente (Sentenza Consiglio di Stato, sez. VI, 145/95). Se il dirigente non applica i criteri fissati dal consiglio di Circolo o di Istituto e non tiene conto del  parere espresso dal Collegio dei docenti, il suo atto di assegnazione alle classi è nullo (Tribunale di Agrigento, sentenza 2778 del 3.12.2004).Generalmente la continuità didattica rimane un criterio prioritario, tranne  casi particolari (per esempio, l'incompatibilità del docente con la classe o una specifica e circostanziata richiesta di cambiare classe o corso da parte dello stesso docente). Vediamo in dettaglio la procedura dell’assegnazione delle classi.  Al Consiglio di Circolo o d’ Istituto il testo unico assegna il potere di fissare i  criteri generali per la formazione delle classi e per l’assegnazione dei docenti alle stesse ( articolo 10 comma  4 del decreto legislativo 297/94). La delibera che assume la natura di atto normativo, come si è detto, non  potrà essere ignorata dal dirigente scolastico che ne risulta vincolato in funzione del provvedimento finali.  Prima però di dare attuazione alla delibera del Consiglio d’Istituto, il dirigente scolastico convoca il Collegio  dei docenti che è tenuto a fornire al dirigente un parere per l’applicazione della delibera del Consiglio (art. 7,  comma 2, lettera b del decreto legislativo 297/94). La delibera del Collegio non è vincolante per il dirigente  scolastico, che tuttavia, per correttezza e buona fede, all’atto della decisione del Collegio ha il dovere di esplicitare il suo eventuale dissenso. In caso contrario si verificherebbe l’assurdo di un tacito assenso alla delibera del Collegio, da parte del dirigente stesso che, per contro, in sede di attuazione, si comporterebbe diversamente. Successivamente il dirigente scolastico ha l’obbligo di dare corso ai provvedimenti attuativi delle decisioni collegiali. A questo iter ora si aggiunge un passaggio ulteriore, quello derivante dall’introduzione  della contrattazione integrativa d’istituto,  infatti il contratto di lavoro all’art. 6 lettera d) dispone che, tra le materie di contrattazione a livello di singola scuola, rientri anche la determinazione dei criteri di utilizzazione dei  docenti in base al piano dell’offerta formativa. Questo ulteriore adempimento procedurale, concorre alla formulazione dell’atto finale da parte del dirigente scolastico.Se l'assegnazione dei docenti comporta spostamenti da un plesso all'altro, è necessario applicare la normativa tenendo conto anche di quanto stabilito nel  contratto d'istituto (cfr. art. 6, comma. 2 lett. e CCNL 2002-2005). In quest'ultimo caso, parte della giurisprudenza di merito appare orientata a ritenere prevalente l'anzianità di servizio rispetto alla continuità didattica  (Tribunale di Potenza sentenza del 5.7.2002). Riportiamo di seguito in corsivo il contenuto dell’art. 4 del   contratto integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente stipulato in data 6.6.2006, articolo che disciplina per l’anno scolastico  2006/2007 l’assegnazione nel circolo e  nell’istituto.  Nella scuola materna ed elementare, l’assegnazione ai plessi e alle scuole, nell’ambito  dell’organico funzionale, sono regolate dal contratto d’istituto. L’assegnazione a domanda ai plessi e alle  scuole del personale già titolare precede quella del personale neo trasferito e in tal senso, la continuità didattica non costituisce elemento ostativo.  Qualora il contratto d’istituto non venga definito, il dirigente scolastico  del circolo o dell’istituto comprensivo si atterrà all’art. 25 del CCDN del 18.1.2001, richiamato nelle premesse  al CCDN del 21.12.2001 e riportato nella nota 1 all’art. 4 del CCNI del  6.6.2006.Nella scuola secondaria,  quando le cattedre e/o i posti siano costituiti tra diverse sedi che non costituiscono autonoma dotazione organica, le modalità di assegnazione dei docenti alle stesse sono definite dal contratto d’istituto








Postato il Giovedģ, 31 agosto 2006 ore 00:46:14 CEST di Silvana La Porta
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