Il
Ministro Moratti, mentre il d.d.l. delega sulla riforma scolastica è fermo, di
fatto, in VII Commissione del Senato, ha inviato al CNPI una richiesta di parere
per l’emanazione di un decreto che consentirebbe già da settembre la
sperimentazione della riforma per la scuola dell’infanzia e per la classe I
elementare.
Il Segretario Generale, dopo la diffusione della nota inviata al CNPI, ha avuto
un incontro con il Sottosegretario on. Valentina Aprea, che ha la delega del
Ministro per le Riforme Scolastiche, durante il quale ha rappresentato la
contrarietà dello SNALS per una scelta del Ministro che vuole imporre, seppur
con una sperimentazione, un nuovo modello organizzativo e didattico delle scuole
dell’infanzia ed elementare che il Parlamento non solo non ha approvato, ma che
è ancora nella fase di esame da parte delle Commissioni.
Per quanto riguarda il merito del progetto di sperimentazione, la situazione si
prospetta particolarmente delicata per la scuola dell’infanzia, in quanto dai
documenti allegati alla nota inviata al CNPI sembrerebbe che per essa la
sperimentazione è obbligatoria.
Su questo aspetto attendiamo dal MIUR una comunicazione che faccia chiarezza.
Per quanto riguarda la scuola elementare, saranno le scuole a valutare la
fattibilità della sperimentazione e decidere se aderire o meno al progetto.
Rammentiamo che, tecnicamente, la sperimentazione si fonda sull’innovazione di
estendere la frequenza della scuola dell’infanzia ai bambini che compiano 3 anni
entro il 28 febbraio e della scuola elementare ai bambini che compiano 6 anni
entro la stessa data.
Detta innovazione comporta, nella sperimentazione, nuove modalità organizzative
e didattiche con ovvi riflessi sulla applicazione dei programmi, sulla
valutazione, sull’utilizzazione dei docenti (basti accennare che per quanto
riguarda la scuola dell’infanzia si introduce la figura del docente tutor del
bambino e per la scuola elementare è prevista la figura del maestro prevalente).
Proprio perché la valenza delle innovazioni è di enorme portata, la Segreteria
Generale ha invitato il Ministro a sospendere la sperimentazione per consentire
un confronto a tutto campo con le OO.SS., le associazioni professionali e quelle
delle famiglie e per rispetto delle scelte che il Parlamento opererà sulla
riforma (l’appuntamento con l’aula di Palazzo Madama è stato già fissato per il
24 settembre).Non è possibile – ha affermato il Segretario Generale dello Snals,
Fedele Ricciato – accettare sul piano del metodo e dei contenuti una proposta di
sperimentazione su una riforma così importante, quella degli ordinamenti
scolastici, sulla quale in Parlamento è avviato il dibattito attraverso il quale
lo SNALS auspica si possano realizzare le più ampie convergenze”.
“Non è proponibile – ha proseguito Ricciato – una rivoluzione sul piano
didattico ed organizzativo della scuola dell’infanzia ed elementare senza aver
individuato le necessarie risorse economiche, aver avviato adeguati piani di
formazione per i docenti e valutato le ricadute sul piano delle strutture, degli
organici e dei maggiori oneri e nuove responsabilità del personale”.
“Non si comprende, inoltre – ha precisato Ricciato – quale logica intende
seguire il Ministro Moratti che chiede al Consiglio Nazionale della Pubblica
Istruzione in tempi impossibili rispetto all’inizio del nuovo anno scolastico,
un parere sulla sperimentazione nella scuola dell’infanzia ed elementare mentre
non lo chiede sui protocolli d’intesa con diverse Regioni per le sperimentazioni
che riguardano la scuola secondaria”.
“Pensare poi – ha concluso Ricciato – di sconvolgere la scuola dell’infanzia ed
elementare dal prossimo settembre non mettendo in grado la scuola dell’autonomia
di programmare per tempo le proprie attività significa non dare tranquillità
alle famiglie, non garantire pari opportunità agli alunni, rimettendo, così, in
discussione il regolare avvio del prossimo anno scolastico, messo già in forse
dalle mancate assunzioni a tempo indeterminato del personale docente ed ATA”.
La
controriforma della scuola primaria
In questi ultimi giorni di luglio veniamo a conoscenza che due commissioni in
questi mesi hanno segretamente e alacremente lavorato nelle stanze di Viale
Trastevere.
Non sappiamo ancora chi ne facesse parte, ma sappiamo che hanno riscritto i
programmi e l'impianto ordinamentale della scuola dell'infanzia e della scuola
elementare.
Fino ad oggi, quando si sono affrontate imprese di tal fatta, sono stati avviati
complessi e articolati percorsi di ampio coinvolgimento del mondo della cultura
educativa e della scuola militante, sono stati aperti spazi di elaborazione e
discussione attraverso i quali tutti i punti di vista hanno potuto esprimersi e
confrontarsi.
Il Ministro Moratti preferisce le commissioni segrete e questo ci preoccupa per
tanti e gravi motivi.
Non dubitiamo certo che il Ministro non porterà alla discussione delle opportune
sedi istituzionali i documenti in questione, ma una proposta nata in assenza di
confronto pluralistico, senza la linfa vitale dello stretto rapporto con le
esperienze di qualità in corso, non può che rappresentare il tentativo
sbagliato, speriamo anche inutile, di imporre soluzioni inadeguate e non
condivise.
Preoccupa che, mentre il disegno di legge delega sulla scuola del governo è
ancora in discussione in Parlamento e non si prevedono tempi brevi per la sua
approvazione, si proceda al elaborarne le soluzioni attuative proprio sul punto,
l'anticipo, in cui il dissenso coinvolge persino settori della stessa
maggioranza.
Preoccupa che, dopo una campagna elettorale del centro-destra all'insegna de "la
scuola elementare non si tocca", ora, con estrema disinvoltura, se ne voglia
stravolgere l'impianto, nonostante i diffusi riconoscimenti internazionali
tributati al modello italiano.
Preoccupa, infine, il merito di questi documenti.
Il documento "Indicazioni Nazionali per i piani Personalizzati delle Attività
educative nelle scuole dell’infanzia" ci appare un grande passo indietro
rispetto all'idea di scuola dell’infanzia "primo anello" del sistema formativo e
al diritto dei bambini ad avere una formazione di qualità.
Negli ultimi anni con gran fatica e scarse risorse lo sviluppo della scuola
dell’infanzia è continuato. I progetti denominati Ascanio e Alice hanno prodotto
cultura pedagogica che non deve e non può essere sottaciuta. La scuola
dell’infanzia italiana è stata recentemente consultata (aprile 1999) per sapere
cosa ne pensa circa il suo stato di salute. Le scuole dell’infanzia degli enti
locali, paritarie, statali – queste ultime in ragione del 96% dell’esistente - ,
sono intervenute affermando che gli Orientamenti ’91 sono tuttora un valido
documento e che, semmai, devono essere individuati standard organizzativi e date
risorse per renderli attuabili ovunque, perché tutti i bambini e le bambine
hanno diritto ad una scuola dell’infanzia di qualità. Questo documento invece,
nel suo complesso, ignora il percorso evolutivo compiuto e per questo finisce
per banalizzare il ruolo svolto dalla scuola dell’infanzia rispetto allo
sviluppo di apprendimenti per i bambini dai tre ai sei anni.
Il documento sulla scuola elementare ignora 12 anni di dibattito e verifica di
attuazione della riforma, oltre ai circa 20 di esperienze ed elaborazione della
riforma, riproponendo il maestro prevalente al posto del gruppo docente: una
vecchia idea del Ministro Falcucci (il cosiddetto modello costellato) già
ampiamente battuta sul campo ai tempi dell'approvazione della riforma e non
riapparsa né durante l'ampia verifica dell'attuazione della riforma, né nelle
iniziative delle scuole autonome.
Emerge da questi documenti la volontà di imporre dal centro modelli di
organizzazione didattica, annullando la recente conquista dell'autonomia
didattica, organizzativa e curricolare.
Altrettanto chiaro è il disegno di individuare un tempo scuola obbligatorio
minimo, inferiore al curricolo nazionale rivolto a tutti, per affidare alle
famiglie che possono permetterselo una parte del percorso formativo, oggi di
competenza della scuola, utilizzando offerte formative esterne. Per le famiglie
povere, economicamente e culturalmente, rimarrebbe un servizio pubblico
residuale, con meno risorse e opportunità.
Questi sono i tratti principali che emergono da un primo approccio alle proposte
elaborate dalle commissioni. Naturalmente dovremo approfondire la lettura e
l'analisi alla ricerca di tutti gli aspetti di queste elaborazioni, dei punti di
debolezza e dei punti di forza, anche se è innegabile che ad oggi ci appaiono
prevalere gli elementi di restaurazione e destrutturazione.
È necessario informare, conoscere, discutere, elaborare, proporre.
Per questo pubblichiamo il documento relativo ai nuovi indirizzi per i piani
personalizzati nella scuola dell'infanzia e, i nuovi programmi della scuola
elementare.
Roma, 29 luglio 2002
Dichiarazione
stampa di DANIELA COLTURANI
Segretario Generale Cisl Scuola
Esprimiamo profondo dissenso oltre che incredulità e sconcerto per il proposito
del MIUR - appreso dalla stampa e maturato quindi al di fuori di qualsiasi
preventiva informativa alle parti sociali - di promuovere e sostenere una
sperimentazione nazionale che di fatto anticiperebbe fin dal prossimo anno
scolastico l'attuazione della riforma, tuttora oggetto di un dibattito
parlamentare difficile e controverso.
Seguivamo e seguiamo con attenzione e interesse lo sviluppo di questo dibattito
presso la 7ª Commissione Permanente del Senato, auspicando che si potesse
pervenire a scelte condivise e sostenute dal più ampio consenso, convinti come
siamo che la riforma del sistema scolastico e formativo - dispiegando i suoi
effetti su più legislature - non può essere oggetto di automatiche revisioni ad
ogni eventuale cambio di maggioranza.
La scuola non tollera l'ossessiva riproposizione di "punto e a capo".
Aggirare la sovranità del Parlamento attraverso una iniziativa sperimentale che,
peraltro, fa anche riferimento ad un ordine del giorno che ci risulta ancora non
votato in Commissione, configura a nostro avviso una forzatura
politico-istituzionale che rischia di compromettere qualsiasi possibilità di
ulteriore dialogo tra le forze politiche.
Esiste inoltre un oggettivo problema di tempi.
Non ci sembra ragionevole proporre un'iniziativa sperimentale in un periodo che
coincide con la chiusura delle scuole.
I Collegi dei docenti non possono essere chiamati a decidere - con la necessaria
responsabilità professionale solo ai primi di settembre e con pochissimi giorni
a disposizione prima dell'avvio delle lezioni - un nuovo assetto organizzativo e
funzionale delle sezioni e delle classi che comporta anche una redistribuzione
dei carichi di lavoro individuali e delle responsabilità pedagogiche,
metodologiche e didattiche di ciascun docente.
Altrettanto vale per la predisposizione da parte degli Enti Locali dei servizi
di supporto organizzativo e funzionale.
In sostanza, un'iniziativa che riteniamo inaccettabile sotto il profilo del
metodo, destinata ad acuire difficoltà, preoccupazioni e disagi di cui le scuole
non hanno in questo momento certamente bisogno.
Roma, 30 luglio 2002
Di
Menna:
Sperimentazioni decise ad agosto per settembre:‘Un bel pasticcio’
Occorre un incontro chiarificatore con il ministro
La Uil Scuola conferma la propria contrarietà ad introdurre - nel mese di agosto
per settembre - innovazioni che dovrebbero produrre effetti nel prossimo anno
scolastico.
Per poter sperimentare occorre - spiega il segretario generale della Uil Scuola
- conoscere, approfondire, discutere, progettare, avere certezze di risorse e di
strutture e questo - puntualizza Di Menna - richiede tempo.
I tempi della scuola - sottolinea Massimo Di Menna - vanno rispettati.
Non è possibile per le scuole, per gli insegnanti, per le stesse famiglie
affrontare il prossimo avvio di anno scolastico in questa incertezza.
La Uil Scuola - precisa il segretario generale della Uil Scuola - sollecita un
incontro chiarificatore con il ministro.
LA UIL SCUOLA SUI PROTOCOLLI DI INTESA CON LE REGIONI.
La UIL Scuola esprime un giudizio negativo sui "protocolli di intesa" tra
Ministero dell’Istruzione e Regioni, perché introducono elementi di burocratismo
e neo-centralismo in capo alle Regioni, dimenticando che la riforma del titolo V
della Costituzione ha sancito e tutelato il ruolo delle scuole dell’autonomia.
In particolare l’articolo 5 dei Protocolli - peraltro assolutamente identici pur
riferendosi a contesti socio-ecomici molto differenziati - per la UIL Scuola
risulta in contrasto con la vigente legislazione laddove affida ai corsi di
formazione professionale l’assolvimento dell’obbligo scolastico, senza prevedere
l’integrazione tra i due percorsi ed ignorando che la legge mette in capo alle
scuole la predisposizione della sperimentazione.
La UIL Scuola ritiene che debbano essere attivati confronti con le Direzioni
regionali e le Regioni coinvolte, al fine di realizzare l’attuazione di processi
integrati, con convenzioni in capo alle istituzioni scolastiche con i centri di
formazione professionale, prevedendo un ruolo della scuola nella progettazione,
il possibile supporto e la verifica dei percorsi attuati.
Tale sollecitazione della UIL Scuola si può concretizzare in coordinamenti
inter-istituzionali che individuino le scuole per le convenzioni. In tal modo si
rispetterebbe il decreto n. 323 del 9 agosto 1999 in attuazione della legge n. 9
e si favorirebbe il recupero della dispersione scolastica.
La scelta diretta di assolvimento dell’obbligo scolastico presso i centri di
formazione professionale, al di fuori di questa integrazione scuola-formazione
professionale, sarebbe illegittima, in quanto non prevista da alcune legge
esistente.
Roma, 31 luglio 2002
COMUNICATO
STAMPA
GILDA: SPERIMENTAZIONE DELLA RIFORMA – ERRORE TECNICO E POLITICO
Le intenzioni riformatrici del Ministro dell’Istruzione si sono finora arenate
quando dalle dichiarazioni di principio sono stati tentati i passaggi operativi.
Succederà la stessa cosa con l’annunciato decreto sulla sperimentazione della
Riforma.
Intanto il ministro dovrà acquisire il parere del Consiglio Nazionale della
Pubblica Istruzione, passaggio niente affatto scontato e che non può essere
aggirato senza una ulteriore gaffe istituzionale.
Le scuole sono chiuse e non potranno convocare gli Organi collegiali per le
prescritte programmazioni se non a settembre, dopodiché si dovrebbero attivare
le sinergie con gli Enti locali, solo successivamente a questi passaggi si
potranno riaprire i termini delle iscrizioni, valutarle, modificare gli organici
assumendo altro personale, naturalmente precario; agli inizi di novembre è
probabile che qualche scuola riesca far partire la sperimentazione.
Ma anche ammettendo che tutti questi dettagli tecnici possano essere superabili,
restano gli aspetti didattici e quelli più generali dell’opportunità politica e
culturale di una sperimentazione troppo frettolosa.
Le problematiche di natura didattico pedagogica che interverranno nelle classi
“anticipate” sono serie e presuppongono la messa a disposizione dei docenti di
una serie di strumenti di riferimento teorici ed operativi che vanno forniti con
un aggiornamento approfondito, che oggi non esiste nemmeno sulla carta.
Con queste premesse ipotizzare un fallimento della sperimentazione è abbastanza
facile, ciò che è intollerabile è che questa nostra martoriata scuola continui
ad essere luogo di scorribande pedagogiche e di inutili prove sulle pelle degli
alunni e dei docenti. Sarebbe tempo di lavorare tutti ad un progetto di riforma
che duri più a lungo dei mandati dei ministri.
ROMA, 31-07-2002
Il Coordinatore Nazionale