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News: Ma con il Mattarellum avrebbe vinto Berlusconi

Recensioni

14-04-2006
di Francesco Billari dal sito www.lavoce.info 

L’analisi nel dettaglio

Vediamo l’analisi nel dettaglio. Non è possibile sapere con certezza chi avrebbe vinto le elezioni politiche 2006 se fosse stato in vigore il "Mattarellum" per alcuni motivi. In primis, non è detto che le coalizioni si sarebbero formate come è avvenuto, anche perché il sistema proporzionale fornisce incentivi del tutto diversi da quello precedente. Inoltre, non è detto che gli elettori avrebbero votato allo stesso modo se si fossero trovati di fronte al sistema precedente. Nel "Mattarellum", per esempio, era chiaramente visibile e rilevante, almeno per la componente maggioritaria, la contrapposizione tra due (o più) candidati del collegio.
Nel nuovo sistema, il confronto è stato a livello nazionale, Silvio Berlusconi contro Romano Prodi, e dentro le coalizioni tra partiti diversi. Forse accentuare il carattere nazionale della competizione elettorale era uno degli scopi espliciti della legge. Non disponiamo, infine, di dati definitivi a livello del singolo collegio per effettuare raffinate simulazioni, la cui validità teorica sarebbe comunque afflitta dai problemi citati.
Semplificando una situazione estremamente complessa e per definizione ipotetica, abbiamo utilizzato tecniche statistiche relativamente semplici per ottenere una stima relativa a cosa sarebbe potuto accadere il 9-10 aprile 2006 se fosse stato ancora in vigore il "Mattarellum".
Per la Camera, abbiamo ricostruito con una buona approssimazione il processo di assegnazione dei seggi maggioritari grazie a un modello di regressione lineare in cui, in ogni circoscrizione, la percentuale di seggi maggioritari conquistati dalla Casa delle libertà dipende dalla differenza delle percentuali di voto assegnate alle due coalizioni (nel caso del 2001, Ulivo e Casa delle libertà). Su 25 circoscrizioni, sui dati del 2001, il modello è capace di prevedere bene l’assegnazione dei seggi maggioritari, con una varianza spiegata pari al 91,4 per cento. (1) Il modello con i parametri stimati sul 2001 è stato poi applicato ai risultati elettorali del 2006 (inserendo cioè come variabile esplicativa la differenza percentuale dei voti ottenuti tra le due coalizioni in ciascuna circoscrizione) per simulare l'esito dell'assegnazione dei seggi nel caso teorico in cui le percentuali di voti ottenute nel 2006 fossero state convertite in seggi con le regole del 2001.
Secondo la simulazione, alla Camera la Casa delle libertà avrebbe ottenuto 320 seggi (più specificamente 245 dalla parte maggioritaria e 75 da quella proporzionale), senza tenere conto di eventuali seggi ottenuti in Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, e tra gli italiani all’estero. Il dettaglio a livello di circoscrizione per la componente "teorica" maggioritaria è riportato nella tabella successiva; è bene ricordare che il modello non è necessariamente valido per le singole circoscrizioni, ma può essere comunque utilizzato per il risultato complessivo.


 

CAMERA-Numero teorico di seggi con sistema maggioritario conquistabili nel 2006
  Seggi
I - Piemonte 1

4

II - Piemonte 2

15

III - Lombardia 1

23

IV - Lombardia 2

32

V - Lombardia 3

8

VII - Veneto 1

22

VIII - Veneto 2

13

IX - Friuli Venezia Giulia

8

X - Liguria

4

XI - Emilia Romagna

0

XII - Toscana

0

XIII - Umbria

1

XIV - Marche

3

XV - Lazio 1

12

XVI - Lazio 2

10

XVII - Abruzzi

4

XVIII - Molise

1

XIX - Campania 1

10

XX - Campania 2

14

XXI - Puglia

16

XXII - Basilicata

0

XXIII - Calabria

2

XXIV - Sicilia 1

15

XXV - Sicilia 2

21

XXVI - Sardegna

7

Totale (escl. TTA,VdA)

245

   
Seggi proporzionali

75

Totale (escl. TTA,VdA)

320

 

Perché il nuovo sistema è stato "peggiore" per la Casa delle libertà? La Cdl non ha sfruttato i grandi exploit in termini di voti concentrati in circoscrizioni e Regioni con un elevato numero di elettori (e di seggi), nelle quali avrebbe conquistato la totalità o la quasi totalità dei seggi maggioritari. Alla Camera è il caso, ad esempio di Lombardia 2, Veneto 1, Lazio 2, Sicilia 1 e Sicilia 2; per l’Unione la conquista totalitaria o quasi totalitaria sarebbe stata in un numero minore circoscrizioni, complessivamente meno "pesanti" (Emilia Romagna e Toscana).

Lo stesso procedimento è stato applicato al Senato. Sappiamo che la Casa delle libertà ha ottenuto, escludendo il voto degli italiani all’estero, un seggio in più dell’Unione. Il modello sul Senato riproduce meno bene l’assegnazione dei seggi maggioritari su base regionale del 2001, ma può comunque ritenersi soddisfacente con una varianza spiegata pari all’85,9 per cento. (2)

Secondo la simulazione, al Senato la Casa delle libertà avrebbe ottenuto 166 seggi (più specificamente 129 dalla parte maggioritaria e 37 da quella proporzionale), senza tenere conto di eventuali seggi ottenuti in Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, e tra gli italiani all’estero. Il dettaglio a livello di regione per la componente "teorica" maggioritaria è riportato nella tabella successiva.

 

SENATO-Numero teorico di seggi con sistema maggioritario conquistabili nel 2006
 

Seggi

Piemonte

10

Lombardia

35

Veneto

18

Friuli Venezia Giulia

4

Liguria

2

Emilia Romagna

0

Toscana

0

Umbria

0

Marche

1

Lazio

11

Abruzzi

2

Molise

1

Campania

12

Puglia

11

Basilicata

0

Calabria

0

Sicilia

20

Sardegna

2

Totale (escl. TTA,VdA)

129

   
Seggi proporzionali

37

Totale (escl. TTA,VdA)

166

Possiamo immaginare che modelli più sofisticati è più realistici potranno essere costruiti quando le informazioni a disposizione saranno abbondanti e definitive, e con sforzi di ricerca appropriati. Non sapremo comunque quali sarebbero state le coalizioni, né come avrebbero votato gli elettori se fosse rimasto in vigore il "Mattarellum". Il nostro, pur semplificato, esercizio di simulazione consente di mostrare, per la prima volta, che è corretta la sensazione dominante. La Casa delle libertà ha perso le elezioni politiche 2006 anche per il nuovo sistema elettorale che ha voluto creare.


(1) Per la Camera è stato utilizzato un modello di regressione lineare del tipo Y(i)=a+bX(i)+residuo(i) dove Y(i) è la quota di seggi (parte maggioritaria) conquistata dalla Casa delle liberta nella circoscrizione i-esima, e X(i) è la differenza tra i voti della coalizione di centrosinistra (Ulivo nel 2001) e quelli della Casa delle libertà. Le stime ai minimi quadrati di a e b sono rispettivamente 0.5376 e -2.9499, il coefficiente R^2 è pari a 0.914. Sono escluse dalla regressione Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. Il modello è poi utilizzato per "prevedere" l’assegnazione attraverso il maggioritario dei seggi (con limite inferiore pari a zero seggi e superiore pari al numero massimo di seggi). Per il 2001 il modello, che semplifica estremamente dal punto di vista statistico il sistema dei collegi, avrebbe "previsto" 278 seggi maggioritari alla Casa delle libertà contro 282 seggi effettivamente assegnati, con un errore relativo dell’1,4 per cento, sottostimando il numero di seggi effettivo.

(2) Per il Senato è stato utilizzato un modello di regressione lineare del tipo Y(i)=a+bX(i)+residuo(i) dove Y(i) è la quota di seggi (parte maggioritaria) conquistata dalla Casa delle liberta nella regione i-esima, e X(i) è la differenza tra i voti della coalizione di centrosinistra (Ulivo nel 2001) e quelli della Casa delle libertà. Le stime ai minimi quadrati di a e b sono rispettivamente 0.5275 e -3.4528, il coefficiente R^2 è pari a 0.859. Sono escluse dalla regressione Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. Il modello è poi utilizzato per "prevedere" l’assegnazione attraverso il maggioritario dei seggi (con limite inferiore pari a zero seggi e superiore pari al numero massimo di seggi). Per il 2001 il modello, che semplifica estremamente dal punto di vista statistico il sistema dei collegi, avrebbe "previsto" 144 seggi maggioritari alla Casa delle libertà contro 152 seggi effettivamente assegnati, con un errore relativo del 5.2 per cento, sottostimando il numero di seggi effettivo.

 

14-04-2006
Nonostante la legge elettorale
Tito Boeri
Massimo Bordignon

 

Finalmente si è votato. Date le nuove regole poteva andare molto peggio. Sia pure fortunosamente, una delle due parti politiche è riuscita a ottenere la maggioranza in entrambe le Camere. Ma bisognerà vedere se riuscirà a governare e in particolare se riuscirà a fare le riforme che servono davvero per l’economia. Qualcuno suggerisce la Grosse Koalition. Ma favorirebbe davvero le riforme? Offriamo delle riflessioni in merito, sostenute da qualche dato.

 

Legge elettorale e turnover della classe politicaa

 

In un precedente intervento avevamo documentato che: 1) chi, a pochi mesi dalle elezioni, cambia la legge elettorale a proprio vantaggio, spesso sbaglia i conti e finisce con l’essere penalizzato, piuttosto che avvantaggiato, dal nuovo sistema; e 2) le modifiche della legge elettorale sono tipicamente accompagnate da un maggior turnover della classe politica, e curiosamente, chi ci rimette più facilmente il posto sono proprio i parlamentari che hanno votato per la riforma. L’esempio italiano conferma questi aspetti?

La tabella che segue presenta alcune statistiche sul turnover della classe politica nell’ultima elezione rispetto a quelle precedenti per il Senato, l’unica Camera per cui disponiamo al momento di informazioni affidabili. Le prime tre colonne misurano l’eccesso di turnover per ciascun partito nelle ultime tre elezioni cioè la differenza tra il turnover vero e proprio (la somma dei nuovi entrati e dei “trombati”) e la variazione nei seggi ottenuti dal partito, in rapporto con la media dei seggi ottenuti nelle due elezioni considerate. Si tratta di una misura della mobilità dei rappresentanti di un partito in aggiunta alla “naturale” mobilità indotta dalla variazione nei seggi ottenuti alle elezioni. Le ultime tre colonne misurano, invece, semplicemente la percentuale dei senatori che hanno mantenuto il posto tra un’elezione e l’altra.

La tabella parla da sé. Per la maggior parte dei partiti, il turnover è nettamente aumentato in quest’ultima elezione. Fanno eccezione solo Rifondazione comunista, la cui variazione nei seggi al Senato è stata così forte (più ventiquattro) da annullare l’effetto della “mobilità” volontaria, e Forza Italia, che, evidentemente, ha scelto un alto tasso di conferma per i suoi parlamentari. Lo stesso effetto si vede anche per l’altra statistica; solo il 38 per cento dei senatori risulta confermato nell’aula che verrà, a fronte del 42 per cento nel 2001. E tolta Rifondazione (che ha confermato tre senatori sui quattro che aveva) la riduzione per gli altri partiti è ancora più netta.

Che la classe politica si rinnovi, non è necessariamente un male. Tutto dipende da come si è determinato il cambiamento. Siccome in questo caso i nuovi senatori non sono stati indicati ed eletti dai cittadini, ma cooptati direttamente dalle segreterie dei partiti, qualche preoccupazione è legittima. Certo, appare essenziale rimettere mano presto almeno a questo aspetto della legge elettorale: ridare agli elettori la possibilità di esprimere preferenze.

 

 

 

 

JT XII-XIII

JT XIII-XIV

JT XIV-XV

EXC JT XII-XIII

EXC JT XIII-XIV

EXC JT XIV-XV

RET XII-XIII

RET XIII-XIV

RET XIV-XV

Alleanza Nazionale

76.92

72.73

132.56

65.93

65.91

120.93

58.33

65.12

35.56

Lega Nord

112.64

127.27

133.33

36.78

81.82

106.67

31.67

29.63

29.41

Forza Italia

111.11

127.56

76.25

88.89

81.89

71.25

50.00

51.11

53.66

UDC ex CCD+CDU

167.57

88.89

152.00

97.30

74.07

120.00

25.00

60.00

20.69

Democratici di Sinistra

93.18

107.88

125.98

65.91

64.24

122.83

61.84

38.00

35.38

Rifondazione Comunista

89.66

146.67

19.35

41.38

53.33

12.90

44.44

18.18

75.00

totale

111.11

116.83

103.49

111.11

116.83

103.49

44.44

41.59

38.10

 

 

 

 

  

Un elettorato polarizzato ….

 

Ci vorrà del tempo perché siano resi disponibili dati che consentano analisi approfondite sul voto di domenica. Ma qualcosa si può già capire guardando ai dati sulle intenzioni di voto, a poche settimane dalle elezioni. Il sondaggio condotto da Ipsos per il Sole-24Ore nel marzo del 2006 ha il vantaggio di mettere a fuoco cambiamenti di orientamento elettorale e atteggiamenti nei confronti di riforme importanti da parte di gruppi sociali che hanno conosciuto andamenti divergenti del loro reddito negli ultimi cinque anni, quali i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti.

Il sondaggio conferma quanto in larga parte è già noto; i lavoratori dipendenti in maggioranza dichiarano di votare per il centrosinistra, mentre autonomi, liberi professionisti e imprenditori tipicamente per il centrodestra. Inoltre, c’è scarsa mobilità tra i poli: gli elettori in grande maggioranza dichiarano di confermare le scelte effettuate nelle precedenti elezioni. Ma qualcuno si muove o dichiara di volerlo fare; ed è interessante vedere in che direzione si muova a seconda della categoria professionale di appartenenza.

La mobilità verso destra o verso sinistra (da parte di chi aveva votato all’opposto o si era astenuto nelle precedenti elezioni, quelle del 2001) è illustrata nel grafico che segue per il totale degli intervistati e per le singole categorie considerate.

Due i fatti di maggiore rilievo. In linea con i risultati delle elezioni, c’è una chiara tendenza verso sinistra per il complesso degli intervistati: la percentuale di coloro che dichiarano di voler votare a sinistra nel 2006, avendo votato a destra (o essendosi astenuto) nel 2001, è di circa 3 punti maggiore di quelli che dichiarano di voler fare l’opposto. Ma, ecco il secondo rilievo, queste tendenze sono diverse per professioni. I lavoratori dipendenti si spostano in massa verso il centrosinistra, con un flusso netto di circa 6 punti percentuali. Viceversa, le altre categorie restano ferme, oppure addirittura si muovono nella direzione opposta, come i commercianti e i lavoratori autonomi.




Se queste tendenze sono state poi confermate dal voto, vuol dire che abbiamo nel 2006 un elettorato ancora più polarizzato di prima. Difficile immaginare che dietro queste tendenze non ci siano anche i risultati delle politiche scelte dal centrodestra nell’ultima legislatura, che lo hanno visto privilegiare fortemente il lavoro autonomo e le libere professioni - con le riforme non fatte e l’indulgenza verso l’evasione fiscale - rispetto al lavoro dipendente, in difficoltà di reddito, stabilità del lavoro e potere d’acquisto.

 

… e la Grosse Koalition

 

I due gruppi sociali, lo documenta sempre il sondaggio, si ergono a difesa dello status quo per quanto li riguarda più da vicino. Gli autonomi si oppongono alla liberalizzazione delle professioni, mentre i dipendenti sono in genere ostili a riforme del mercato del lavoro e delle pensioni. Si deve allora cercare una grande coalizione dei partiti centrali, che possano così varare le necessarie riforme economiche? Ma non c’è il rischio che una grande coalizione, che mette insieme due elettorati così polarizzati, risulti bloccata dai veti incrociati dei partiti, timorosi di perdere il proprio elettorato di riferimento?

Analisi in cui teniamo conto di queste e altre variabili (riportate nel pdf allegato) ci dicono che tra i lavoratori dipendenti, chi vota a destra è più favorevole all’allungamento della età pensionabile; tra i liberi professionisti, chi vota a sinistra, è maggiormente favorevole alla liberalizzazione degli ordini. Chi, invece, è favorevole a una grande coalizione ha atteggiamenti in linea con quelli del lavoratore medio della categoria, quindi è contrario alle riforme. 

Ne segue che allungare la vita lavorativa può essere molto costoso per il centrosinistra, perché i suoi elettori lavoratori dipendenti non sono favorevoli. Viceversa, abolire gli ordini professionali può essere molto costoso per il centrodestra, perché i suoi elettori liberi professionisti sono contrari. Interventi incrociati invece sono relativamente meno costosi, perché, per esempio i liberi professionisti che votano a sinistra sono già abbastanza favorevoli all’abolizione degli ordini e non verrebbero dunque “persi” da una politica in questa direzione. Gli elettori che sostengono la grande coalizione sembrano, invece, schierarsi sulla base dei propri interessi di categoria. Rimane perciò il dubbio: una grande coalizione può davvero rilanciare l’azione riformatrice in Italia? 

 

 

L’accesso ai dati del sondaggio ci è stato gentilmente accordato dal Sole-24Ore e dall’Ipsos.
Per informazioni sui campioni utilizzati: imprenditori; commercianti e artigiani; liberi professionisti; dipendenti privati; dipendenti pubblici.

 









Postato il Domenica, 16 aprile 2006 ore 13:18:00 CEST di Salvatore Indelicato
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