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Formazione Superiore: FORMAZIONE DEI DOCENTI: IL TIROCINIO IN CLASSE

Istituzioni Scolastiche
Appunti di un diplomato SISS: l’esperienza del tirocinio in classe di Chiara Mongiardino*

Per noi giovani che abbiamo scelto la strada dell’insegnamento, il percorso formativo della SISS e il tirocinio in classe hanno certamente rappresentato occasioni importanti per venire a contatto diretto con le problematiche della scuola operante e non semplicemente teorizzata sui testi di pedagogia e di didattica generale. In particolar modo la fase del tirocinio diretto può essere definita una delle tappe più interessanti e proficue dell’intero iter di noi “sissini”, momento non sempre di facile ed immediata gestione, che ha previsto notevole impegno, costanza e serietà da parte di tutti i soggetti coinvolti. Ci è stato richiesto di mettere in campo per la prima volta, o quasi, la nostra professionalità, ragionando sull’importanza delle opzioni metodologiche, sui linguaggi, sugli obiettivi e sui criteri comportamentali oggi necessari all’interno delle classi; fattori che ci hanno palesato la difficoltà di essere insegnanti, ai quali è domandato un continuo aggiornamento ed una costante elasticità intellettuale per far fronte alla sempre più variegata ed eterogenea realtà scolastica. Tirocinio, quindi, quale momento che ci ha consentito, in buona sostanza, di realizzare un cammino capace di coniugare la ricerca, svolta durante i corsi SISS, con la pratica effettuata in aula e, in molti casi, come occasione per verificare le vere motivazioni circa la nostra scelta professionale. Sono convinta, infatti, che il lavoro dell'insegnante, per la sua peculiarità, abbia bisogno di un percorso in grado di trasformare le conoscenze teoriche da noi acquisite, in competenze pratiche, fatte di progettazione e programmazione sul campo. Per questo ritengo che “ricerca didattica” significhi oggi più che mai operare in “situazioni didattiche”, fondate sull’osservazione di differenti tipologie di classi in differenti realtà scolastiche, per calibrare su queste le nostre scelte metodologiche e le nostre strategie di insegnamento. Il mondo odierno della scuola esige che rimanga prioritaria la riflessione sui saperi disciplinari rispetto alla loro messa in opera, unica via attraverso la quale la nostra formazione potrà ritenersi veramente completa, maturando la convinzione che il mestiere dell’insegnante richieda, al pari di altri, un significativo apprendistato. Nel corso del tirocinio, inoltre, abbiamo preso contatto con i problemi connessi all’educazione scolastica nelle diverse fasce d’età; devo riconoscere che le circostanze analizzate e le problematiche emerse durante quest’esperienza mi hanno portato a ripensare, con più attenzione, alla necessità di saper gestire situazioni e contesti variabili. Uno degli aspetti sul quale personalmente mi sono trovata a riflettere con maggior scrupolo e attenzione è stato quello legato al cosiddetto “clima di classe”, fattore che incide profondamente sull’apprendimento dei discenti e più di altri penso possa ricondursi alla capacità del docente di essere empatico, comunicativo ed attento al proprio ruolo di educatore oltre che di depositario di saperi. I climi di classe non dipendono allora solamente dai comportamenti assunti dagli alunni, ma sono influenzati profondamente dagli atteggiamenti dei docenti. Mi sono accorta, attraverso l’esperienza diretta del tirocinio, di quanto non sia facile, specialmente oggi, scegliere i principi educativi sui quali basare la credibilità come insegnante e in riferimento a ciò che si fa all’interno del contesto scolastico; ciò richiede un costante controllo della propria funzione e un continuo ripensamento critico sul proprio operato. Nel tempo trascorso in aula ho compreso come l’insegnante, alla quale ero stata affidata in qualità di specializzanda, abbia in proposito saputo variare la sua metodologia e “plasmare” l’approccio alla disciplina a seconda della realtà-classe con la quale si trovava ad operare. La docente si è dimostrata quindi in grado di adottare modelli d’insegnamento e percorsi non solo diversificati sulla base dei prerequisiti raggiunti e delle attitudini dimostrate dagli alunni, ma anche di sapersi accostare alla classe a seconda delle situazioni contingenti. Un simile approccio esige però una forte coerenza e onestà di base, atteggiamenti mentali che si ripercuotono inevitabilmente su un determinato clima di classe, favorevole in tal caso all’apprendimento. Non è inoltre mai mancata la volontà di infondere negli alunni un senso di equità di trattamento: è fondamentale che essi imparino dagli adulti, i quali hanno la responsabilità della loro educazione, oltre che della loro formazione, i principi fondamentali della “democraticità” e dell’imparzialità nelle opportunità formative loro concesse. Diventa a tal scopo necessario riferirsi a parametri chiari ed unitari, sempre confrontabili e verificabili, che siano altresì utili alla gestione dell’errore ed al suo recupero in chiave formativa. In quest’ottica ho visto operare la mia docente, che ha sempre chiarito e motivato i risultati agli studenti attraverso griglie di valutazione comprendenti voci diversificate di giudizio. Un altro aspetto della didattica “operante”, cui il tirocinio ha dato risposte significative, è stato quello riferibile ai ritmi d’apprendimento e al fattore tempo. Posto che ogni discente possiede modalità differenti e differenti percorsi di apprendimento, il tempo a disposizione del docente e degli allievi rimane una problematica tutt’oggi aperta. Per questo motivo una buona progettazione iniziale è, a mio avviso, indispensabile per capire come gestire il tempo e come, conseguentemente, organizzare lo svolgimento delle lezioni durante l’intero arco dell’anno scolastico. E’ altrettanto importante ottimizzare il tempo anche per variare le metodologie d’insegnamento, strategia che può contribuire a stimolare l’attenzione e l’interesse dell’intera realtà/classe. Passare ad esempio da una lezione di tipo frontale ad un lavoro di gruppo può consentire una diffusa partecipazione alle attività didattiche proposte, utile infine a scongiurare passività ed un basso coinvolgimento da parte degli studenti. Questa attitudine a diversificare e scandire le lezioni con un ritmo appropriato penso dipenda in buona sostanza dalla professionalità messa in campo dal docente e dalla sua capacità di gestire e governare la disciplina d’insegnamento. Concludendo questo breve excursus sulla mia personale esperienza di tirocinante SISS, desidererei esprimere ancora una considerazione maturata anche attraverso l’osservazione degli atteggiamenti tenuti dalla docente in classe, comportamenti sempre indirizzati a stimolare un “pensiero critico” nei confronti degli argomenti e delle problematiche affrontate. E mia opinione che sia oggi, più che mai, prioritario puntare nella scuola allo sviluppo di un pensiero critico come pensiero creativo, che aiuti i giovani a trovare soluzioni a diversi problemi, non solo legati strettamente all’ambito scolastico. Una mente educata ed allenata a ragionare sarà sempre predisposta ad assimilare conoscenze, piuttosto che, semplicemente, a memorizzare informazioni in modo acritico e sarà sempre capace di creare mappe cognitive costituite da percorsi logici e funzionali.

Chiara Mongiardino* Diplomata SISS per l’insegnamento della Storia dell’arte


Appunti di un docente: l’esperienza di tutor di un tirocinante SISS di Maria Laura Picasso*

Da qualche tempo (almeno un decennio, anche oltre vent’anni nelle realtà scolastiche più dinamiche), alla funzione della docenza si affiancano, per l’insegnante che voglia interpretare in modo più articolato il proprio ruolo, altre funzioni, all’interno delle quali gli aspetti organizzativi e quelli didattici si fondono, così da creare, nella realtà dei fatti, se non nel riconoscimento legislativo (quel tanto agognato stato giuridico che tarda a venire, impigliato nella rete delle convenienze parlamentari), una vera e propria carriera dei docenti, con quelle diversificazioni e peculiarità che davvero disegnano, meglio di tante parole e di tante vane promesse, la figura di un autentico, moderno professionista della scuola. E non mi riferisco alle funzioni ormai istituzionalizzate, che ricevono almeno un riconoscimento in punteggio e un compenso economico (per quanto davvero modesto): il vicario e i collaboratori del Dirigente, le funzioni strumentali (lasciando stare il docente tutor degli studenti, al momento previsto dalla legge di Riforma, ma di fatto non ancora riconosciuto e in alcuni casi – scuola Primaria – nemmeno reso operativo). Personalmente, tra le varie esperienze compiute negli ultimi anni, sia sul piano organizzativo sia su quello didattico, e parallele a quella primaria della docenza, l’attività di tutor dei tirocinanti SISS è stata certamente la più significativa, anche per il suo carattere integrativo e in qualche modo conclusivo, si potrebbe dire di completamento all’attività di insegnamento della propria disciplina in classe. In fondo, non c’è nulla di più logico (e di più gratificante), per il cosiddetto docente esperto, che da anni svolge il proprio lavoro con serietà e perizia, che ha accumulato esperienza e – perché no? – mestiere, consolidata professionalità, dell’atto di trasmettere un ricco bagaglio ai docenti più giovani, forti della loro età e del loro entusiasmo, ma ancora bisognosi di essere guidati in situazioni reali, dove quanto appreso sui banchi dell’università spesso non è sufficiente e mostra i suoi inevitabili limiti. Ho conosciuto molti tirocinanti SISS, alcuni affidati al mio tutoraggio, altri a colleghi di svariate discipline (1): tutti indistintamente hanno individuato nell’esperienza del tirocinio uno dei momenti più formativi dell’intero corso SISS. La voglia di fare, la freschezza, la vivacità culturale di chi, fresco di studi, vuole mettere sul piatto tutto quello che ha imparato, sotto il profilo disciplinare e sotto quello didattico; ma anche certa ingenuità, o la delusione nel vedere che gli studenti che hai davanti non sono proprio sempre quelli descritti nel manuale di pedagogia (nel bene e nel male), la difficoltà nel superare gli ostacoli reali e nel rimettersi in discussione. Questi sono gli elementi che caratterizzano, in genere, i tirocinanti. I quali, quando sono davvero motivati, sanno anche rimotivare (se ce ne fosse bisogno) il loro tutor, sanno interagire con lui e con la classe, sanno arrivare a risultati talvolta ottimi e di alta professionalità, progettando, in collaborazione col docente tutor, un intervento didattico articolato rivolto agli studenti e svolto interamente, in tutte le sue fasi (definizione di un tema, sua elaborazione e approfondimento nella classe secondo le modalità prescelte, elaborazione di una prova finale, correzione degli elaborati, valutazione). Al docente tutor, al quale solo un eventuale Contratto di Istituto (sempre che la RSU ritenga positiva la presenza a scuola di tirocinanti e decida di destinare una piccola parte del Fondo di Istituto al pagamento dei tutors...) può disporre di assegnare un compenso (di solito molto modesto, ma il più delle volte del tutto assente), resta comunque la soddisfazione di aver trasmesso un po’ di ciò che costituisce il suo patrimonio professionale, la sua esperienza, la sua storia. Molto bello, molto utile... ma per quanto tempo ancora i docenti dovranno provvedere da soli a superare le proprie frustrazioni, costruendosi, nei fatti, quella carriera che lo Stato si rifiuta di riconoscere? (1) L’ordinamento SISS prevede un tirocinio biennale, con la frequenza a lezioni della propria e di altre materie e aree disciplinari, nei diversi tipi di scuola e di indirizzi.

Maria Laura Picasso Docente di Storia dell’arte, Docente tutor per il tirocinio – SSIS Univ. di Genova - Direzione Nazionale APEF

NOTA DI REDAZIONE

Le due esperienze vanno considerate insieme: si riferiscono infatti alla stessa situazione, vissuta dalle due docenti nei diversi ruoli di tirocinante e di tutor. Il giudizio decisamente positivo espresso da entrambe è senz’altro conseguente all’entusiasmo iniziale con cui l’esperienza è stata affrontata, alla volontà di collaborazione e al rapporto di stima e di fiducia creatosi e consolidatosi nei mesi di attività comune.












Postato il Martedì, 03 gennaio 2006 ore 00:05:00 CET di Silvana La Porta
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