L'amarezza degli insegnanti precari della Scuola
31 ottobre 2005 - Contributo di: Paolo Malerba a www.lafabbricadeprogramma.it
Scrivo perché, come moltissimi altri colleghi, ho sempre creduto nell'estrema importanza di quella agenzia di socializzazione incarnata nella scuola come mezzo per arginare la xenofobia, il razzismo e la superficialità dilagante e credo nella Costituzione della nostra Repubblica che sancendo il diritto allo studio dei suoi cittadini conferma l'importanza fondamentale che i Padri Costituenti hanno attribuito alla Scuola di tutti
Chi scrive lavora, ormai da sette anni a questa parte, nella Scuola come insegnante con sincera passione e con spirito di servizio, entusiasmo e devozione, credendo nell'utilità sociale del suo mestiere nonostante i contratti con il proprio datore di lavoro, lo Stato, siano a tutt'oggi a tempo determinato.
Ciò che, nonostante tutto, mi ha permesso di andare caparbiamente avanti, di continuare a studiare nella Scuola di Specializzazione all'Insegnamento Secondario dell'Ateneo della mia città per ben quattro anni dopo la Laurea, oltre a quanto già detto, è il sincero affetto che mi manifestano quotidianamente i ragazzi e la consapevolezza che la loro crescita culturale deriva, almeno in piccola parte, anche dal mio impegno.
La Riforma Moratti e il nuovo Decreto sulla formazione iniziale degli insegnanti che vanifica quella già intrapresa da tanti colleghi, mi coglie con un deciso senso di amarezza, di disillusione e di stanchezza. Sentimenti che immagino accomunare la mia biografia a quella di migliaia di insegnanti precari, specializzati e non, che servono quotidianamente e fedelmente la Carta Costituzionale e che sono ricambiati dallo Stato, eufemisticamente parlando, in modo non adeguato.
L'impegno profuso nella formazione e nel lavoro quotidiano unito spesso alle centinaia di chilometri percorsi quotidianamente per recarsi a Scuola sono ricambiate dallo Stato con l'instabilità del posto di lavoro e con uno stipendio che di fatto calpesta la dignità professionale dei docenti.
La stanchezza che mi coglie, invece, è quella derivata dal lavoro interrotto e lasciato incompiuto ad ogni fine di supplenza: a lungo andare risulta affettivamente spossante lasciare i ragazzi senza mai terminare con loro un ciclo completo di studi.
Il centro-sinistra ha l'obbligo di dar voce nel suo programma a chi non ha alcuna forza contrattuale perché spezzato, solo e precario, come scrisse recentemente Michele Serra "milioni di solitudini non fanno una coscienza di classe, non formano un linguaggio comune, non fanno sindacato [...] tutto avviene lungo itinerari individuali separati, nascosti, impalpabili".
Confido che la risoluzione del problema del precariato diventi, per importanza e giustizia, improcrastinabile per un governo che si richiami sinceramente ai valori socialisti e cristiani. L'unica soluzione possibile è il ruolo per tutti coloro che da anni servono, mal ricambiati, lo Stato italiano.
Prof. Paolo Giovanni MALERBA (44 anni, precario)
Liceo G. Marconi Chiavari - GE
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