Precari della scuola nel Programma dell’Unione
Alcune proposte minime
Contributo di: Antonino Barbagallo
Argomento: Scuola, Università e Ricerca
I precari della scuola costituiscono un vero e proprio “esercito didattico di riserva”, funzionale alle strategie di demolizione dello stato sociale che si perseguono ormai da decenni.
L’esistenza di una massa ingente di lavoratori precari rende, infatti, sindacalmente debole la categoria. Inoltre, assicura quella flessibilità per cui è possibile ridurre di fatto gli organici senza creare eccessivo allarme sociale: le statistiche saranno sempre pronte a dimostrare che nessun governo fa perdere posti di ruolo nella scuola; e che il disagio che colpisce i precari non è altro che la conseguenza dell’azione dei vecchi governi.
Il futuro governo dell’Unione - così come deve restituire diritti e dignità a centinaia di migliaia di lavoratori che, in nome della flessibilità, vivono in condizioni drammatiche - non può disinteressarsi del problema dei precari della scuola. Ecco, perciò, alcune misure che non possono mancare nel programma di governo di una coalizione che si vuole minimamente progressista:
assunzione a tempo indeterminato dei precari con requisiti minimi di anzianità .
Nonostante le massicce immissioni in ruolo degli ultimi anni, l’area del precariato continua ad essere imponente anche perché migliaia di cattedre che restano ogni anno sistematicamente libere (a causa di assegnazioni provvisorie in altre province, distacchi sindacali ecc.) non possono essere destinate ai passaggi in ruolo dei precari. Si propone perciò il passaggio in ruolo dei precari che abbiano insegnato nella scuola pubblica per un certo numero minimo di anni (per esempio, tre anni consecutivi o 5 anni non consecutivi). E’ assolutamente inammissibile permettere allo Stato comportamenti (licenziamento e successiva riassunzione) per i quali un qualsiasi datore di lavoro privato sarebbe senz’altro condannato dal giudice. E’ necessario invece dichiarare incostituzionale la norma del Contratto Collettivo secondo la quale le nomine a tempo determinato non possono mai trasformarsi in nomine a tempo indeterminato.
Riconoscimento ai precari degli scatti di anzianità.
Lo stipendio del precario resta sempre alla prima fascia, qualunque sia la sua anzianità nella scuola. Ciò crea un’inammissibile disparità con gli altri insegnanti, violando il principio costituzionale della parità di retribuzione a parità di lavoro. Si propone, quindi, di collocare il precario (se si vuole, “il precario abilitato”) nella fascia di stipendio che gli compete, in base all’effettiva anzianità maturata nella scuola.
Diritto alla retribuzione nei mesi estivi .
Tale diritto va senz’altro riconosciuto ai precari che, dopo aver concluso un anno scolastico, sono impiegati senza soluzione di continuità anche nel successivo anno scolastico. Il provvedimento è “a costo zero” per le casse dello Stato: infatti, la spesa necessaria è pressoché equivalente alle somme che il precario percepisce per ferie non godute e indennità ordinaria di disoccupazione (compensi che, ovviamente, verrebbero a cessare).
Parità negli altri diritti.
Non deve più essere considerato ammissibile che il precario venga licenziato alla vigilia delle vacanze natalizie e pasquali per essere riassunto alla ripresa delle lezioni. La continuità (anche solo “di fatto”) nel rapporto di lavoro deve comportare la corresponsione della retribuzione anche per il periodo delle vacanze.
Criteri equi per la formazione delle graduatorie permanenti.
In particolare: eliminazione del doppio punteggio per i comuni di montagna. Un punteggio maggiorato può essere ammissibile solo per sedi particolarmente disagevoli, difficilmente raggiungibili ecc. Non è ammissibile dare un punteggio maggiorato per sedi che, ancorchè “di montagna” (lo sono quelle di mezza Italia), sono del tutto comode da raggiungere ecc.
Inoltre: dare ai precari della II fascia la possibilità di inserirsi nelle graduatorie di due province, come avviene già per quelli di I fascia.
Abrogazione di quelle norme della riforma Moratti suscettibili di incrementare l’area del precariato.
Il riordino delle scuole superiori previsto dalla riforma Moratti penalizza in modo abnorme certe discipline. Basta citare, per tutte, l’economia aziendale, le cui ore di insegnamento vengono addirittura più che dimezzate. Questa previsione, se applicata, porterà ad un aumento inverosimile del precariato nella disciplina in oggetto e ad un’assurda contrapposizione tra gli insegnanti di discipline diverse. Pertanto, anche a voler mantenere le tipologie di scuola ideate dal ministro, occorre assolutamente abrogare quelle norme che hanno stravolto la fisionomia di certi indirizzi tradizionali.
Antonino Barbagallo
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