E SE FOSSI STATA IO LA SUA DOCENTE?
Sgomenta sentire parlare della morte di un ragazzo in seguito alla notizia della sua bocciatura. Sgomenta in particolare un insegnante che immediatamente pensa: e se fossi stata io la sua docente?
Sì , perché la scuola che facciamo oggi, mettiamocelo serenamente in testa non è, non può e non deve essere quella di cinquant’anni fa. Daniele sarà stato ribelle, scapestrato, vivace quanto si vuole; ma la funzione di un docente, in una società non autoritaria dominata da famiglie poco autoritarie, è precipuamente quella di capire, comprendere più che si può, valutare con attenzione situazioni, catturare i giovani con il cuore e con la mente.
Segno di debolezza? Può darsi. E se fosse invece intelligenza di una realtà profondamente mutata dove i “menefreghisti” e “superficiali” ragazzi risentono dell’assenza di veri modelli e la scuola annaspa tra rigurgiti di severità e lassismo imperante? Ricordiamoci che gli studenti spesso imparano per fascinazione, per coinvolgimento emotivo, come diceva già San Paolo: “Non intratur in veritatem, nisi per caritatem”, non si accede alla verità se non attraverso un contesto d’amore.
Resta il fatto che così assurdamente se ne è andato un giovane come tanti, svogliato come tanti, dinanzi agli occhi altrettanto sgomenti dei suoi increduli insegnanti, certamente non responsabili dell’accaduto, ma che forse avevano dimenticato una celebre affermazione di Freud del 1910: “ La scuola secondaria non deve mai dimenticare di avere a che fare con individui ancora immaturi, ai quali non è lecito negare il diritto di indugiare in determinate fasi, seppure sgradevoli, dello sviluppo.”
SILVANA LA PORTA
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