Nato
a Berlington, nel
piccolo Stato del Vermont, il 20
ottobre 1859, John Dewey, il più grande pedagogista
del Novecento, viene oggi ricordato a Catania nella scuola
Primaria Paritaria che porta il suo nome.
Considerato il massimo esponente del pragmatismo americano, il filosofo esprime le ragioni profonde, educative e sociopolitiche, dell’attivismo pedagogico, divenendo Maestro del Learning by doing, che, attraverso l’imparare facendo assicura agli alunni un apprendimento efficace e significativo.
Nel 1897 il pedagogista aprì una scuola sperimentale presso l’Università di Chicago nella quale sostituì le «lezioni» della scuola tradizionale con una serie di «attività» o di «esperienze» che stimolano ancor più della trasmissione delle nozioni teoriche i processi di apprendimento dei bambini.
Le classi lasciano posto ai “laboratori”, scompaiono i banchi, con le loro postazioni individuali, e vengono sostituiti da tavoli per il lavoro collettivo, scompaiono le materie di studio, sostituite da attività che nascono dagli interessi degli alunni e ne motivano le ricerche; il Maestro scende dalla cattedra, e si fa facilitatore degli apprendimenti degli alunni, “guardando tutti e osservando ciascuno”.
Secondo Dewey l’attività umana, e in particolare l’attività del pensiero, nasce ed è motivata dall’azione che genera “interessi”, tende alla ricerca di soluzioni dei problemi reali che la stessa attività pone agli alunni nel corso delle loro esperienze come problemi individuali e/o collettivi. Scriveva, infatti, «Dobbiamo concepire il lavoro come metodi di vita e di apprendimento, non come insegnamenti a sé. Dobbiamo intendere il loro significato sociale, li dobbiamo considerare tipi dei processi mediante i quali la società progredisce, operazioni con le quali si rendono familiari ai fanciulli certe primarie necessità della vita in comune e modi mediante i quali queste esigenze sono state soddisfatte dalla crescente penetrazione e ingegnosità dell’uomo; in breve li dobbiamo considerare strumenti in virtù dei quali la scuola è destinata a diventare una forma schietta di attiva vita in comune, anziché un luogo appartato dove si apprendono lezioni”.
A differenza degli altri pedagogisti, Dewey non usa l’espressione comune di “ scuola attiva”, bensì “scuola progressiva” e indirizza, appunto, la sua visione educativa sul sentiero della pedagogia progressiva, intimamente connessa con lo spirito del metodo scientifico e dell’ideale democratico.
Nella comunità scolastica ciascuno è chiamato a portare il proprio contributo di originalità e creatività, che assume un valore sociale nella cooperazione interpersonale, rendendo la scuola palestra di democrazia e luogo privilegiato di sviluppo sociale in direzione democratica.
La democrazia – scrive Dewey – è qualcosa di più di una forma di governo. È prima di tutto un tipo di vita associata, di esperienza comunicata e congiunta di persone che partecipano e condividono un interesse comune, apportando ciascuno il proprio contributo.
E’ democrazia l’estendersi dell’area degli interessi condivisi e la liberazione di una maggiore varietà di capacità personali», come ha scritto Dewey ne “Il mio credo pedagogico-1897): “Il pensiero è un processo attivo che dipende da un comportamento e da una credenza”.
La pedagogia di Dewey anima e guida l’esperienza innovativa e sperimentale della scuola Primaria ad indirizzo internazionale, “scuola del pensiero intelligente”, ospitata presso la sede della Fondazione Valdisavoia, nella verde collina di Cibali, con tanto spazio verde e orti biologici.
I 18 bambini, genitori e docenti, festeggiano il compleanno del titolare della scuola, mettendo in atto azioni concrete di apprendimento e di crescita culturale e sociale in simbolica unione agli altri studenti dell’istituto John Dewey di San Martino in Pensilis, in provincia di Campobasso.
Giuseppe Adernò
Considerato il massimo esponente del pragmatismo americano, il filosofo esprime le ragioni profonde, educative e sociopolitiche, dell’attivismo pedagogico, divenendo Maestro del Learning by doing, che, attraverso l’imparare facendo assicura agli alunni un apprendimento efficace e significativo.
Nel 1897 il pedagogista aprì una scuola sperimentale presso l’Università di Chicago nella quale sostituì le «lezioni» della scuola tradizionale con una serie di «attività» o di «esperienze» che stimolano ancor più della trasmissione delle nozioni teoriche i processi di apprendimento dei bambini.
Le classi lasciano posto ai “laboratori”, scompaiono i banchi, con le loro postazioni individuali, e vengono sostituiti da tavoli per il lavoro collettivo, scompaiono le materie di studio, sostituite da attività che nascono dagli interessi degli alunni e ne motivano le ricerche; il Maestro scende dalla cattedra, e si fa facilitatore degli apprendimenti degli alunni, “guardando tutti e osservando ciascuno”.
Secondo Dewey l’attività umana, e in particolare l’attività del pensiero, nasce ed è motivata dall’azione che genera “interessi”, tende alla ricerca di soluzioni dei problemi reali che la stessa attività pone agli alunni nel corso delle loro esperienze come problemi individuali e/o collettivi. Scriveva, infatti, «Dobbiamo concepire il lavoro come metodi di vita e di apprendimento, non come insegnamenti a sé. Dobbiamo intendere il loro significato sociale, li dobbiamo considerare tipi dei processi mediante i quali la società progredisce, operazioni con le quali si rendono familiari ai fanciulli certe primarie necessità della vita in comune e modi mediante i quali queste esigenze sono state soddisfatte dalla crescente penetrazione e ingegnosità dell’uomo; in breve li dobbiamo considerare strumenti in virtù dei quali la scuola è destinata a diventare una forma schietta di attiva vita in comune, anziché un luogo appartato dove si apprendono lezioni”.
A differenza degli altri pedagogisti, Dewey non usa l’espressione comune di “ scuola attiva”, bensì “scuola progressiva” e indirizza, appunto, la sua visione educativa sul sentiero della pedagogia progressiva, intimamente connessa con lo spirito del metodo scientifico e dell’ideale democratico.
Nella comunità scolastica ciascuno è chiamato a portare il proprio contributo di originalità e creatività, che assume un valore sociale nella cooperazione interpersonale, rendendo la scuola palestra di democrazia e luogo privilegiato di sviluppo sociale in direzione democratica.
La democrazia – scrive Dewey – è qualcosa di più di una forma di governo. È prima di tutto un tipo di vita associata, di esperienza comunicata e congiunta di persone che partecipano e condividono un interesse comune, apportando ciascuno il proprio contributo.
E’ democrazia l’estendersi dell’area degli interessi condivisi e la liberazione di una maggiore varietà di capacità personali», come ha scritto Dewey ne “Il mio credo pedagogico-1897): “Il pensiero è un processo attivo che dipende da un comportamento e da una credenza”.
La pedagogia di Dewey anima e guida l’esperienza innovativa e sperimentale della scuola Primaria ad indirizzo internazionale, “scuola del pensiero intelligente”, ospitata presso la sede della Fondazione Valdisavoia, nella verde collina di Cibali, con tanto spazio verde e orti biologici.
I 18 bambini, genitori e docenti, festeggiano il compleanno del titolare della scuola, mettendo in atto azioni concrete di apprendimento e di crescita culturale e sociale in simbolica unione agli altri studenti dell’istituto John Dewey di San Martino in Pensilis, in provincia di Campobasso.
Giuseppe Adernò