Bergamo,
Armando Persico è l’unico italiano tra i finalisti del Global Teacher
Prize. I suoi ragazzi creano startup e depositano brevetti: “Il segreto
è trasmettere passione” - Il prof da un milione di dollari insegna in
mezzo alla campagna. Non quella di un campus inglese o americano, ma
della Bergamasca. San Paolo d’Argon, all’ombra di un campanile che
rintocca ogni mezz’ora, fra i chiostri di un’ex abbazia benedettina.
Qui l’ora et labora si è trasformato nel moderno «studia e lavora»
della scuola chiamata «la fabbrica degli imprenditori» o di cui si dice
«vai lì che trovi lavoro». Lo dicono perché l’88% dei suoi studenti ha
un contratto alla fine del percorso.
Siamo venuti a vederla questa scuola delle meraviglie, si chiama it’s
Experience ed è una Fondazione Its (Istituto Tecnico Superiore), una di
quelle nuove creature del sistema dell’Istruzione nate con un decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2008 e frutto di una
collaborazione fra pubblico (Provincia, Camera di Commercio) e privato
(aziende del territorio). Biennale o triennale, post diploma, per chi
vuole perfezionare una formazione tecnica o professionale trovando
un’alternativa all’università.
Qui insegna Armando Persico, l’italiano finito tra i 50 finalisti del
Global Teacher Prize, il superpremio – un milione di dollari, appunto –
che ogni anno va a un insegnante eccezionale. Lo ha istituito un
miliardario filantropo indiano, Sunny Varkey, figlio di due emigrati
che andarono a Dubai per insegnare inglese agli arabi; lui ha creato un
impero sulla formazione ed è convinto che gli sforzi dei docenti vadano
riconosciuti perché il loro impatto non è solo sugli studenti ma sulle
comunità intorno a loro. Così una commissione ha analizzato i profili
di oltre 20mila docenti provenienti da tutto il mondo, alla fine ne ha
scelti 50 e il prof Persico è fra questi. A «pesare» sono i tanti premi
ricevuti a livello europeo dai suoi allievi e il fatto che il 20% di
loro gestisca imprese che hanno creato brevetti vari e 800 posti di
lavoro.
In questi giorni il prof è a Dubai perché il vincitore verrà annunciato
domenica, ma lui con i suoi studenti sa rendersi presente con mail e
whatsapp e anche a noi risponde alle domande sull’«eccezionalità» del
suo metodo e in particolare alla curiosità più morbosa che suscita la
sua storia, specie in Italia: e cioè perché uno che faceva il
commercialista abbia abbandonato studio & parcella per cattedra
& stipendio da insegnante. «Perché la scoperta di me stesso come
uomo che ha domande profonde sulla vita è stata molto più importante
del denaro» risponde a stretto giro da Dubai.
Quanto alle performance poco brillanti degli studenti italiani in
generale e al ruolo degli insegnanti lui, con positività, ne ha per
tutti: «noi docenti per primi dobbiamo trasmettere noi stessi, la
nostra passione per quello che facciamo; i genitori dovrebbero avere
stima del lavoro dei docenti dei figli e trasmetterla ai ragazzi; se
trovano in tutti noi persone autorevoli, non autoritarie né lassiste, i
nostri ragazzi potranno scalare le vette delle classifiche».
E i «suoi» ragazzi sono qui, nel silenzio della campagna e dei
chiostri, in aule ben fornite di tecnologia e laboratori attrezzati, a
confermare quel che dice. «Lui ci insegna “autoimprenditorialità”»
racconta Giada Ottaviano, del corso di store management «Ci sprona a
sviluppare idee, a non fermarci mai, ci dice “ogni idea che avete non
buttatela, anche alla vostra età potete farci qualcosa; e se avete
bisogno chiedete, io vi supporterò sempre».
Sara Gritti lo ha sperimentato: «Venivo da Scienze umane, quindi
arrivata qui avevo lacune enormi di economia; lui mi ha fatto
recuperare tutto e ora lavoro a un progetto di startup di un punto
vendita di prodotti che vengono da un’altra startup che coltiva frutti
tropicali sui colli bergamaschi». Stefano Piacentini, invece, è
approdato qui per una delusione: «Non d’amore ma brutta uguale; ho
fatto l’aeronautico e non ho passato i test accademici, troppo magro».
Invece di «gonfiarsi» ha deciso di cambiare strada e entrare
nell’azienda familiare, ma preparandosi al passaggio qui. Anche lui ha
trovato il prof. Persico sulla sua strada: «Non ha peli sulla lingua,
se deve farti i complimenti ti manda e-mail lunghissime, ma se secondo
lui hai sottovalutato un lavoro, viene anche a tirarti fuori
dall’aula…».
Alla fine della visita, però, si intuisce che il successo di questa
scuola (+50% di iscritti ogni anno) non è solo dovuta al
professore-star. «Diciamo che da noi ha trovato un terreno fertile»
sorride il direttore Stefano Casalboni, «Allievi a cui era stato
pronosticata poca attitudine allo studio, per noi sono talenti; il
nostro primo compito, al di là delle tante cose che facciamo per
rispondere alle esigenze delle imprese, è riconsegnare ai ragazzi la
voglia di intraprendere, di rischiare, sia da dipendenti sia da
imprenditori; perché non sia il divano l’orizzonte unico delle loro
giornate».
Sara Ricotta Voza
San Paolo D’Argon
(BG)
La Stampa