Negli ultimi
giorni, ne abbiamo vite e sentite delle belle, dichiarazioni, promesse,
inviti, raccomandazioni e amatemi, che è difficile non ricondurre alle
vicende prereferendarie in cui, come tradizione vuole, chi ha il
coltello dalla parte del manico lo usa come può. Fatalità, in questo
caso, chi lo impugna è anche chi ha interesse a coronare il suo
progetto riformatore e, allo scopo, utilizza tutti gli specchietti per
le allodole che possiede. E così, nella rete, finiscono anche i precari
della scuola, un esercito, che guarda caso, adesso, dopo le infamanti
accuse di incompetenza e inadeguatezza, si trovano ad essere
"riconosciuti" dal Governo, che, sempre guarda caso, si è accorto del
valore professionale e della specificità.
Non era così l'estate appena trascorsa, quando per coprire l'ecatombe
del concorso, siamo stati definiti in ogni modo, a partire "gli ultimi
Giapponesi" di appena un anno fa quando, sotto al MIUR, manifestavamo
il nostro dissenso alle discriminazioni subite. Abbiamo dovuto
intentare persino migliaia di ricorsi per cercare di riequilibrare
quanto la politica ha determinato, ovvero lo sfruttamento reiterato di
decine di migliaia di docenti e il disconoscimento dei loro titoli
professionali. Per non parlare poi dei docenti della III fascia
d'istituto, anch'essi migliaia, che sono sfruttati ed esclusi da
qualsiasi canale di abilitazione e stabilizzazione, nonostante gli anni
di servizio alle spalle. Senza pudore e senza memoria, ora lo stesso
Governo che ci ha tartassato si rivolge a noi, agitando la bandierina
della stabilizzazione, a poche settimane da un referendum sul quale
mostra un interesse marcato, considerandolo il suggello di un percorso
splendido di riforme e cambiamento.
Ciò che è peggio, poi, è che questo miraggio è stato strumentalizzato
da chi, non essendo insegnante, non può sentire ancora il bruciore
dell'umiliazione subita in questi anni, tanto meno il disagio della
precarietà e la fatica economica sostenuta per costi, ricorsi,
spostamenti. Mai situazioni più ridicole si erano verificate prima
d'ora, soprattutto all'indirizzo di un segmento come quello dei docenti
che conduce la trasmissione culturale del Paese. Possibile che siamo
stati così incapaci di dimostrare senso critico e capacità logica di
media entità al punto da poter fare pensare che ci si possa raccontare
di tutto? Per cominciare, abbiamo contrastato la truffa che vedeva i
nostri like associati ad una idea da noi non condivisa ed ora, in
massa, gireremo le spalle a ogni proposta tardiva e strumentale che ci
offende, soprattutto se riciclata per acquisire consenso, da qualsiasi
parte provenga. Abbiamo chiesto sempre di riconsiderare ogni posizione,
appellandoci al semplice buon senso, ricevendo sorrisetti sprezzanti e
porte in faccia, come se ciò che chiedevamo fosse una concessione, non
il rispetto di un diritto, quello principale del riconoscimento.
Abbiamo dovuto lottare per vedere applicate le sentenze in nostro
favore, sentenze che ancora attendono applicazione corretta, frutto di
cause costate tantissimo agli interessati ma anche allo Stato.
Ci siamo rivolti al Governo a tutti i suoi livelli e ai parlamentari
che lo sostengono senza trovare mai alcuna possibilità di autentico
dialogo. Tutti, indistintamente, hanno fatto orecchio da mercante,
schierandosi a sostegno dello scempio, per poi simulare imbarazzo.
Vergognoso il trattamento e la gogna mediatica che abbiamo subito.
Vergognoso il tentativo di riacquistare consenso ora. Gli annunci e chi
li cavalca non ci ingannano più. Noi vogliamo i danni, non concessioni:
quanto abbiamo subito non ha prezzo!
Valeria Bruccola, Coordinatrice
nazionale Adida