Diventa
sempre più visibile il gap che divide un docente italiano da quelli
degli altri paesi moderni: da Bruxelles, attraverso Eurostat, giunge la
notizia che l'Italia è prima per numero di maestri delle elementari
over 50, come anche per docenti della secondaria. Nella scuola primaria
italiana oltre un maestro su due ha superato i 50 anni (53%), mentre
alle medie e alle superiori si arriva al 58%. La media Ue è, invece,
rispettivamente del 32,4% e del 38,1%. I dati non riguardano solo
l’Europa, ma si estendono a livello Ocse. Le riforme hanno, inoltre,
prodotto un tonfo dei pensionamenti, con influssi negativi sul turn
over e anche l’Ape per i nati tra il 1952 e il 1954 non servirà a
molto; per non parlare dell’entità dell’assegno di quiescenza, visto
che per 41 docenti su 100 la pensione non arriva a mille euro netti.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Anief): anche il Governo ci ha
messo del suo, decidendo inopinatamente di escludere non abilitati e
laureati dall’ultimo Concorso a cattedra, facendo così fuori in
partenza tutti i giovani laureati con l’aggravante che ci saranno pure
oltre 20mila posti persi, per via della mancanza di programmazione del
Miur. In Italia i docenti continueranno, così, a essere immessi in
ruolo attorno ai 40 anni con diversi casi anche dopo i 50 e, in alcuni,
pure over 60. Anche gli esecutivi precedenti hanno fatto il loro, con i
200mila posti tagliati negli ultimi anni, oppure dimenticando e
abbandonando oltre 4mila ‘Quota 96’ che nel 2012 avrebbero dovuto
lasciare il servizio: diventa, così, una chimera il ringiovanimento dei
nostri insegnanti che, nonostante tutto, sono sempre pronti a
migliorare le proprie competenze e professionalità, anche in situazioni
lavorative di disagio e sempre più contrassegnate da stipendi da
fame.
Quest’oggi, in occasione della ricorrenza della Giornata Mondiale degli
Insegnanti, istituita dall’Unesco, diventa sempre più visibile il gap
che divide un docente italiano da quelli degli altri paesi moderni: da
Bruxelles, attraverso Eurostat, proprio in queste ore, giunge la
notizia che gli insegnanti italiani sono i più vecchi d'Europa:
l'Italia è prima nell'Ue per maestri delle elementari over 50 come
anche per docenti della secondaria. Nella primaria italiana oltre un
maestro su due ha superato i 50 anni (53%), mentre alle medie e alle
superiori si arriva al 58%. La media Ue è, invece, rispettivamente del
32,4% e del 38,1%. Gli altri paesi europei hanno un corpo insegnante
decisamente più giovane: alla primaria, i docenti over 50 sono
collocati in Bulgaria e Germania (42%) e Lituania (41%); alle medie e
alle superiori in Estonia (50%), Lettonia (49%), Bulgaria e Germania
(48%). Nessuno supera il 50%, come accade in Italia che rimane distante
anni luce da Malta (solo 15% over 50), Gran Bretagna (25%), Lussemburgo
(26%) e Polonia (27%).
I numeri anagrafici in forte aumento del rapporto Eurostat possono
essere estesi ai paesi Ocse perché, dal recente studio "Education at a
glance 2015", è risultato che “alla primaria, l'Italia è il paese
dell'Ocse con la quota maggiore di maestre over 50, il 44 per cento nel
2013, il 16 per cento oltre i 60 anni, nessuna sotto i 30. In
Francia, la percentuale di giovani maestre al di sotto dei 30 anni è
dell'8 per cento e gli ultracinquantenni sono il 23 per cento; alle
medie e alle superiori va anche peggio considerato che il 57 per cento
ha più di 50 anni, solo il 3% ha meno di 40 anni e il 19% ha 60 anni e
più. Le maestre più giovani sono nel Regno Unito, con 29 insegnanti su
cento under 30; alle medie, infine, i maestri più giovani sono in
Turchia, con 35 prof su cento al di sotto dei 30 anni”.
Purtroppo, nel corso dei prossimi anni, a seguito delle riforme
pensionistiche, l’ultima delle quali la devastante Monti-Fornero, l’età
media dei nostri insegnanti non potrà che peggiorare: nel 2016, abbiamo
assistito a un tonfo dei pensionamenti, con sole 16mila domande (- 40%
rispetto al 2015) e il turn over crollato al 2%: confermando, quindi,
l’andamento del 2014, quando nella scuola lasciarono il servizio appena
14.522 tra docenti e Ata (la metà di due anni prima). Anche la prossima
introduzione dell’Ape, la pensione anticipata per i nati tra il 1952 e
il 1954, non servirà a molto, visto che aderiranno in pochissimi per
via della decurtazione inammissibile; per non parlare, poi, dell’entità
dell’assegno di quiescenza, in considerazione del fatto che per 41
docenti su 100 la pensione non arriva a mille euro netti.
“Il vero problema è che il Governo non ha fatto nulla e continua a non
fare nulla per combattere la crescita dell’età media dei docenti -
commenta con amarezza Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e
segretario confederale Cisal – decidendo anche inopinatamente
diescludere non abilitati e laureati dall’ultimo concorso a cattedra,
facendo fuori così in partenza tutti i giovani laureati. Oltre 20mila
posti sono stati persi, per via della mancanza di programmazione del
Miur, come rilevato da Tuttoscuola: in Italia i docenti continueranno,
così, a essere immessi in ruolo attorno ai 40 anni, con diversi casi
anche dopo i 50 e in alcuni pure over 60. Anche gli esecutivi
precedenti hanno comunque fatto il loro, con 200mila posti tagliati
negli ultimi anni, dimenticando e abbandonando 4mila ‘Quota 96’ che nel
2012 avrebbero dovuto lasciare il servizio: diventa, così, una chimera
il ringiovanimento dei nostri insegnanti”.
A pesare sulla stima dei nostri docenti vi è poi la scarsa
considerazione sociale. Secondo un sondaggio realizzato da
ProntoPro.it, presentato proprio a ridosso della Giornata Mondiale
degli Insegnanti, risulta che su mille insegnanti il 51% ritiene che la
professione sia sottovalutata e non opportunamente apprezzata a livello
sociale. Qualche giorno prima, il Miur, nell’ambito del piano per la
formazione dei docenti, aveva chiesto ai nostri insegnanti come
migliorare la propria professionalità. Le risposte, riassunte da
Orizzonte Scuola, indicano la necessità di curare la propria formazione
continua (78%), lavorare in gruppo – network professionali (63%),
utilizzare in modo adeguato le tecnologie nella didattica (62%),
coinvolgere gli studenti nel loro apprendimento (57%), organizzare e
animare le situazioni di apprendimento (51%).
“Questo conferma che i docenti italiani sono sempre pronti a migliorare
le loro competenze e professionalità – dice ancora il presidente Anief
– anche in situazioni lavorative di disagio e sempre più contrassegnate
da stipendi da fame. Se è vero, infatti, che nel 2016 gli stipendi dei
lavoratori statali, fermi al 2009 nel nostro Paese hanno raggiunto il
punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982,
quelli della scuola, in media 30mila euro annui lordi, rimangonoi più
bassi della PA.In pratica, un docente neo-assunto, senza servizi
pregressi, percepisce per 10 anni circa 1.280 euro al mese e, forse,
anche per tutta la vita: l’indennità di vacanza contrattuale è stata,
infatti, congelata e rimarrà tale almeno sino al 2018, forse anche fino
al 2021”.
“Eppure, gli attuali stipendi non sono in grado di coprire neppure il
salario minimo per adeguare le buste paga all’inflazione, come
certificato nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti. Poco importa
allo Stato che la Consulta abbia reputato illegittimo il blocco dei
contratti e degli stipendi pubblici. Inoltre, per tutti comparti
pubblici sono previsti appena 800 milioni di euro, che andranno solo a
una parte dei lavoratori: a coloro che guadagnano meno e al 20-30 per
cento dei meritevoli individuati dai dirigenti. Si prevede, dunque, un
aumento stipendiale modesto e per pochi lavoratori. Intanto, sullo
sfondo, si lavora sulla riforma della Pubblica Amministrazione, con il
pubblico impiego che rischia pesantemente di vedersi sottrarre gli
scatti di anzianità: quelli che per i docenti – conclude Pacifico -
sono l’unica forma di carriera”.
Anief.org