La crisi
economica planetaria, i conflitti promossi dall'Occidente contro il
ruolo crescente di Cina e Russia, l'incapacità dell'Europa di offrire
quelle risposte sociali fondate sulla solidarietà che i cittadini si
aspettano. E ancora, i cambiamenti strutturali dell'area mediterranea,
che vedranno milioni di giovani senza acqua corrente ed elettricità in
casa scegliere, come i nostri antenati un secolo fa, la via
dell'emigrazione, diventando i nuovi cittadini d'Europa. Il declino non
reversibile dell'Occidente per la fine della rapina delle materie prime
energetiche e alimentari dei popoli del sud del mondo.
A fronte dell'epocalità di tali avvenimenti, la quotidianità italiana
potrebbe essere trascurabile, sebbene proprio dalle risposte a questi
grandi temi dipenda la vita di tutti i giorni dei nostri concittadini:
lavoro, sicurezza, casa, istruzione, pensioni. In questo contesto il
ruolo della scuola e della formazione a tutti i livelli è fondamentale.
Un anno di cosiddetta "Buona scuola" ha mostrato tutti i segni, in
campo educativo e non solo, di un approccio approssimativo,
discriminatorio, lontano delle necessità della società, dei lavoratori,
degli studenti.
L'"alternanza scuola-lavoro", ben lungi nella stragrande maggioranza
dei casi dall'offrire opportunità di crescita personale dei giovani, ha
trasformato, con le parole di Tullio De Mauro, "le scuole in un
serraglio di Confindustria", con la riduzione in molti casi degli
"stages" a prestazioni di lavoro gratuito e anche poco qualificate.
La confusione rispetto al mondo del precariato ha offerto poche
stabilizzazioni e molta nuova burocrazia, un risultato che per altro
peggiora le già difficili condizioni di lavoro degli Uffici Scolastici
decentrati costantemente sotto-organico.
La richiesta di rispettare la legge italiana e non far coincidere
l'esame di terza media e la maturità con la festività religiosa del
Ramadan, da noi avanzata da anni, è ancora una volta rimasta
inascoltata, disattendendo la legge italiana e contribuendo a una
generalizzata intolleranza verso la diversità e più in generale verso
il mondo islamico che invece dovrebbe vedere la scuola italiana
protagonista di una promozione della conoscenza reciproca.
Il SISA aveva chiesto e chiede ancora che arabo, cinese e russo
diventino a tutti gli effetti lingue curricolari, al fianco
dell'inglese e delle altre lingue comunitarie.
Sul fronte della storia, della geografia, della storia dell'arte, della
musica i proclami governativi sono rimasti tali, senza nessun
sostanziale cambiamento, se non una tragica riduzione delle ore, non un
aumento, dovuto all' "alternanza scuola-lavoro".
Depotenziato è anche l'insegnamento dell'italiano nel mondo, le scuole,
i lettorati e i corsi di lingua italiana subiscono infatti la scure dei
tagli, quando proprio la conoscenza della cultura italiana, da Dante e
Leopardi a Verdi, dovrebbe essere, almeno per i paesi mediterranei, il
volano di una conoscenza capace di superare le barriere.
In egual misura poca attenzione viene prestata qui ai CPIA, i Centri
Provinciali Istruzione Adulti che hanno proprio la finalità di
promuovere la lingua e la cultura italiane ai cittadini di domani,
provenienti da tutti i continenti.
Un altro capitolo si potrebbe aprire sul rinnovo contrattuale, che,
ammesso che venga sottoscritto, rischia solo di regalare peggioramenti
normativi e nessun miglioramento salariale, meno che mai per una
retribuzione europea, mai presa veramente in considerazione da nessun
governo degli ultimi trent'anni.
Il bilancio è quindi quello di un anno enormemente deludente e le cui
premesse per il prossimo anno scolastico non sono migliori. La volontà
del presidente del consiglio di trasformare il referendum di ottobre
sulla pessima riforma istituzionale, da bocciare come insigni giuristi
hanno spiegato, in un referendum sul governo, raddoppia le ragioni del
NO ed è un invito al mondo della scuola perché il voto contrario alle
riforme possa significare anche il rifiuto di un governo che ha gridato
molto e realizzato poco, per di più sempre subalterno alle logiche
liberiste che oramai non solo sono superate, ma palesemente rifiutate
dai cittadini.
Davide Rossi
Segretario generale SISA