Per sviluppare nel
suo insieme un ragionamento plausibile sui curricoli
per competenze, è opportuno tenere presente, anche per i suoi possibili
effetti istituzionali, la definizione di competenza che si trova negli
allegati della Raccomandazione del 23/4/2008 sulla costituzione del
Quadro Comune Europeo delle qualifiche per l'apprendimento
permanente. Così recita: "Una competenza è la comprovata capacità di
utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o
metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo
professionale e personale. Nel contesto del Quadro Europeo delle
Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e
autonomia".
Come si puo' constatare in questa definizione le conoscenze
costituiscono la prima e imprescindibile componente della
competenza; poi vengono le abilità, le capacità personali. Le
competenze
senza conoscenze sono vuote e per dirla con Perrenoud "non volgono le
spalle ai saperi, perchè esse non possono emanciparsene; ma è
necessario
accettare di insegnare meno conoscenze, se si vogliono sviluppare le
competenze" e ancora: "lo sviluppo delle competenze a scuola implica un
alleggerimento dei programmi al fine di liberare il tempo richiesto per
esercitare la mobilitazione dei saperi". Opinione in genere
contrastata, ma avallata anche dal Pellerey: "Occorre ridurre la
quantità dei saperi
da acquisire per dare spazio a un'attività sistematica che mira a
imparare a servirsene in maniera intelligente nel risolvere
problemi, elaborare progetti, produrre artefatti".
Sviluppare competenze per i sostenitori di questo approccio, non è una
nuova moda, ma un ritorno alle origini, alle ragioni d'essere di un
istituzione scolastica. Secondo M. Romainville l'approccio per
competenze
"mira (. . . ) a riconciliare la scuola con il senso più nobile e
umanistico del sapere:aiutare l'uomo a pensare il mondo e ad agirvi con
efficacia. Volge le spalle al sapere utilizzato come distinzione di
classe". L'approccio per competenze non confligge con la necessità di
acquisire conoscenze solide e rigorose, perchè senza di esse sarebbero
un castello di sabbia. Ricorda, però, l'obbligo ineludibile di dare un
senso ai saperi insegnati a scuola. Un senso all'esistenza, alle
relazioni con le persone con cui si vive, alla storia, alla propria
vita.
Possedere una competenza significa possedere dei saperi, perchè le
competenze esigono uno sguardo sulla realtà, che non è quello della
quotidianità, ma quello categorizzato dei saperi; l'intenzione di
acquisire saperi, non puo' essere divergente dall'intenzione di
acquisire competenze. "Ricordando che il saper è una risorsa, la
competenza cerca di mettere l'accento sull'uso nel senso più ampio del
termine, che potrà fare l'alunno dei saperi scolastici" (M.
Romainville).
LE DISCIPLINE SCOLASTICHE
L'approccio per competenze vuol rendere capaci di mobilitare le
conoscenze acquisite nelle molteplici situazioni della vita e del
lavoro e pone questo obiettivo come nuovo tratto distintivo delle
istituzioni formative. Per approfondire la riflessione sul rapporto tra
conoscenze e competenze è necessario cercare di comprendere la natura e
il significato delle discipline scolastiche.
Le discipline scolastiche sono gli strumenti creati per rendere le
conoscenze adatte all'apprendimento. Ogni disciplina è un insieme di
concetti che contiene le conoscenze di un particolare campo di
esperienza. Ha una propria storia, una propria letteratura, propri
principi distintivi, schemi concettuali, metodi di ricerca, un proprio
linguaggio simbolico. Consente l'intelligibilità e il senso dei fatti e
delle esperienze cui fa capo. Ogni disciplina è un sistema di
conoscenze
dichiarative(fattuali e concettuali); di conoscenze procedurali
(logiche
e metodologiche) e metacognitive. Ogni disciplina propone un proprio
originale inquadramento della realtà, un proprio punto di vista sul
mondo. "Una disciplina tende naturalmente all'autonomia con la
delimitazione delle sue frontiere, il linguaggio che essa si dà, le
tecniche che è portata ad elaborare o a utilizzare ed eventualmente con
le teorie che le sono proprie. (. . . ) Le discipline concernono la
sociologia della conoscenza". (E. Morin)
Il sapere per diventare disciplina di studio viene separato dalla sua
origine e dalla situazione storica di coloro che l'hanno elaborato. Il
sapere scientifico in modo particolare viene strappato alla sua storia
e consegnato alla scuola. Qui l'ordine dei contenuti non è quello che
della costruzione e della trasformazione delle teorie, ma quello
dell'apprendimento. "La scuola impone al sapere una mutilazione, una
distorsione e una dogmatizzazione, ma in un 'ottica più ampia che
potremmo chiamare antropologica; il sapere puo' costituirsi come tale
solo all''interno della forma sociale della scrittura, di cui la scuola
è un tassello determinante" (B. Rey).
Il bisogno di trasmissione incide sul sapere insegnato frammentando la
disciplina in unità compatibili col tempo degli studi (anni, trimestri
e/o quadrimestri, settimane etc. . ). C'è l'adattamento ai tempi, ai
gruppi
di alunni, al loro livello e al progetto di apprendimento, al contratto
didattico in vigore, agli imperativi della valutazione. Un fatto nè
buono, nè cattivo, ma necessario. La traduzione disciplinare del sapere
non è uno snaturamento; è la sua trasformazione normale se si vuole
trasmetterlo. Per evitare che la trasmissione di un sapere si
riduca ad una semplice riproduzione di formule, a volte
incomprensibili, occorre avere non solo una padronanza dei contenuti,
ma
anche quella dei problemi, dei paradigmi epistemologici che lo
distinguono, che l'hanno generato e strutturato; occorre fare sapere a
quali questioni danno delle risposte. (J. P. Astolfi).
"Se ogni sapere è una risposta, comprendere questa risposta esige di
conoscere a che cosa precisamente risponde. (. . . ) Bisogna legare
intrinsecamente sapere e problema, come domanda e risposta" (M. Fabre).
I
saperi scolastici non sono nè vivi, nè morti; nè teorici, nè pratici.
Su di
essi bisogna sviluppare un lavoro di riflessione teorica per
riscoprirne i concetti fondanti e viventi con pratiche di
sperimentazione, osservazione, formulazione di ipotesi e di confronto
(J. P. Astolfi)
LA FUNZIONE DELLE DISCIPLINE SCOLASTICHE
Le discipline scolastiche (con i loro schemi, con le loro distinzioni e
con i loro rapporti) considerate nella loro genealogie storiche ed
epistemologiche aiutano a sviluppare la comprensione della realtà e ad
assimilare le nuove conoscenze. Con le discipline scolastiche si
aiutano
le nuove generazioni a riflettere sui propri vissuti, sulle proprie
esperienze e sulla propria cultura personale; a confrontarsi
criticamente con i problemi della società, con i modelli sociali di
comportamento, con le tendenze culturali; a dare forma razionale ai
propri convincimenti e alle proprie conoscenze della realtà. Con le
discipline e i saperi scolastici si danno strumenti intellettuali per
dare un senso alla propria storia, per interagire con gli altri, per
trovare ragioni di vita.
Le discipline educano:
a) con i contenuti;
b) con il tipo di approccio
alla realtà (artistico, storico, tecnologico, filosofico etc);
c) con il tipo
di logica che privilegiano;
d) con i metodi e le tecniche con cui
ricercano e accostano il proprio oggetto;
e) con il linguaggio tipico
con cui intessono la trama del loro discorso.
L'insegnamento
disciplinare ha permesso di passare da una cultura "esperita e
frammentata ad una cultura intellettualmente ricostruita e
sistematizzata e personalmente padroneggiata" (C. Nanni).
Per tutto quello che è stato detto, dovrebbe risultare incomprensibile
la guerra che talvolta viene fatta alle discipline scolastiche in nome
e per conto delle competenze. L'approccio per competenze ha un senso
perchè cerca di rendere funzionali i saperi e le conoscenze,
incorporati nelle discipline, alle esigenze delle persone e della
società, restituendo ad essi la dimensione prasseologica eventualmente
perduta nella separazione tra teoria e momento della
pratica. L'approccio per competenze non è in grado di cancellare la
funzione conoscitiva del sistema di istruzione; ne vorrebbe dare solo
una particolare interpretazione. Il problema, allora, non è come
cancellare le discipline scolastiche, ma come arrivare alle competenze
lavorando con le discipline, tenendo presente che finora si sa come si
costruiscono i curricoli per discipline, come renderli coerenti e
sistematici, mentre non si sa altrettanto bene come si costruisce
un buon curricolo per competenze. Dei primi si puo' dire che cosa hanno
dato e che cosa non potrebbero dare; dei secondi si puo' dire per ora
come dovrebbero essere e che cosa dovrebbero dare.
continua. . .
prof. Raimondo Giunta