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Manifestazioni non governative: FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS Confsal hanno proclamato lo sciopero nazionale generale della scuola per venerdì 20 maggio

Sindacati
Per il contratto non rinnovato da sette anni:
la Corte costituzionale e una successiva pronuncia del Tribunale di Roma hanno sentenziato l’illegittimità di ulteriori rinvii. Il  5 aprile, inoltre, è stato sottoscritto l’Accordo Quadro che definisce le nuove aree contrattuali della Pubblica Amministrazione; il Governo non ha ormai più alcun alibi per giustificare il mancato avvio della contrattazione.

Per il personale amministrativo tecnico e ausiliario (ATA):
ignorato dalla legge 107 ma oggetto di attenzioni inaccettabili dalle varie leggi di Stabilità che tagliano l’organico, riducono la possibilità di sostituire il personale assente, riversano sulle segreterie scolastiche profluvi di adempimenti che nulla hanno a che fare con la funzione istituzionale della scuola. Assunzioni, concorsi per i DSGA,  incremento dell’organico, semplificazione amministrativa sono i punti rivendicativi fondamentali.

Per la scomparsa completa e definitiva del lavoro precario:
attraverso il riconoscimento pieno di chi ha maturato diritti all’impiego per aver prestato servizio per almeno 36 mesi (limite imposto dalla Corte di Giustizia europea) da supplente e per aver acquisito titoli validi alla stabilizzazione. Per una valorizzazione della professione docente, centrata – diversamente da quanto prevede la legge 107 - sulla valutazione del lavoro collegiale e sull’impegno individuale, alleggerito dagli attuali eccessi burocratici - attraverso l’introduzione di meccanismi oggettivi di progressione della carriera da definirsi in ambito contrattuale. Il salario va ricondotto all’accordo fra le parti e sottratto all’arbitrio di un organo monocratico.

Per la libertà d’insegnamento:
e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione incompatibili con la “chiamata diretta” dei docenti da parte del dirigente scolastico. Solo dei meccanismi oggettivi, non discrezionali, di assegnazione dei docenti alle scuole garantiscono la libertà d’insegnamento, l’uguale accesso al diritto all’apprendimento e scongiurano il rischio insito nella legge 107 di una più grave divaricazione tra scuole e tra zone avvantaggiate e svantaggiate.

Per i dirigenti scolastici:
non è più accettabile la sperequazione con la dirigenza pubblica, né il sovraccarico di incombenze e responsabilità cui fa riscontro un calo delle retribuzioni percepite. Si profila inoltre una modalità di valutazione ingiusta e offensiva.

Per investimenti nell’istruzione:
che colmi il gap con la media degli investimenti dei paesi Ocse (5,9%) incrementandoli di un punto di PIL.

A questi temi generali si aggiungono quelli specifici della Sardegna che detiene ben tristi record. Uno su tutti quello della dispersione scolastica (25%). Non bastano i timidi tentativi di replicare progetti che hanno avuto successo in altre regioni italiane (la Puglia) come il progetto i “Tutti a Iscol@”, se non inseriti in un disegno organico per il sistema dell'istruzione in Sardegna. Serve un'idea forte per rivendicare, di fronte al governo, l'esigenza di un sistema d'istruzione strutturato e organico che tenga conto delle nostre specificità e della nostra idea di sviluppo. 
Numeri e parametri validi per le grandi città del nord, infatti, poco si adattano ad un realtà che vive la concentrazione della popolazione in alcune zone costiere e lo spettro della scomparsa di tanti centri a causa della denatalità in nelle zone interne entro qualche decina d'anni. I nostri record negativi non vengono dal nulla: organici tagliati a caso e scuole chiuse lasciando il territorio senza alcun presidio culturale, che risultato avrebbero dovuto dare altrimenti?
Abbiamo bisogno di un riordino legislativo in Sardegna che ridia certezze e sicurezze al nostro sistema d'istruzione e che renda esigibili diritti fondamentali per i cittadini. Se un cittadino sardo paga le tasse come (e in certi casi) più di un cittadino lombardo o piemontese perché non dovrebbe avere il diritto alla stessa qualità del sistema d'istruzione e alle stesse chances di successo per i propri figli?
 Se le condizioni culturali, economiche e valoriali  di partenza sono diverse, spetta allo Stato rimuoverle: così impone la nostra costituzione. La Regione deve difendere questo diritto e richiamare il governo centrale ai suoi obblighi costituzionali. In Sardegna non e’ facile, fare una scuola, con  27/30 alunni per classe. Non e’ facile, fare  scuola educare al bello, far nascere la passione per la conoscenza e motivare gli alunni in ambienti inadatti; Non è facile, fare scuola, realizzando una didattica moderna, adeguata al tempo che viviamo, senza strumenti! Non è facile organizzare l'attività con autonomie scolastiche che abbracciano più di venti comuni distanti decine e decine di chilometri l'uno dall'altro. Non è facile organizzare la farsa dell'alternanza scuola lavoro  dove il lavoro non c'è senza la possibilità di adattarsi didatticamente a questa realtà.
Tutto questo va risolto e per questo il 20 maggio chiederemo alla Regione Autonoma della Sardegna gli investimenti necessari e di voler rappresentare i bisogni dei propri cittadini a testa alta e con la schiena dritta di fronte a questo governo. Su questo ribadiamo che l'Unione fa la forza e le forze sindacali sarde sono pronte a questa battaglia.

FLC CGIL
CISL SCUOLA
UIL SCUOLA
SNALS Confsal
Ivanoe Vacca
Maria  Giovanna Oggiano
Alessandro Cherchi
Maria  Biosa








Postato il Venerdì, 20 maggio 2016 ore 07:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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