Uno studente si
fa male in bagno, durante l’orario delle lezioni, in assenza del
personale della scuola, il Miur deve rispondere dei danni subiti. In
questo caso l’istituto scolastico ha una responsabilità diretta sia di
natura extracontrattuale (quando un soggetto provoca ad altri un danno
ingiusto senza essere legato da alcun rapporto), sia di natura
contrattuale (quando è inadempiente di fronte ad un obbligo
preesistente).
Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, con la
sentenza 8047. La suprema corte ha accolto il ricorso presentato dai
genitori di una bambina che avevano portato il Miur in giudizio,
chiedendo il risarcimento dei danni subiti dalla figlia per un
incidente che si era verificato durante l’orario delle lezioni. La
bambina si era fatta male chiudendosi la mano destra dentro la porta
del bagno, dove era andata senza essere accompagnata dal personale
responsabile.
In particolare la famiglia della piccola, chiedendo il risarcimento dei
danni, aveva invocato la responsabilità di natura extracontrattuale
della scuola, ai sensi dell’articolo 2048 del codice civile.
I gradi di giudizio precedenti
Il tribunale di Napoli, prima, e la Corte d’appello, poi, avevano
rigettato la richiesta di risarcimento danni, assolvendo la scuola e il
Miur da ogni responsabilità diretta.
Con la sentenza del 29 gennaio 2013, la Corte di secondo grado aveva
motivato la sua decisione affermando che «alla luce della sentenza
delle sezioni unite della Corte di cassazione del 27 giugno 2002, la
n.9346, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la
responsabilità dell’istituto scolastico non ha natura
extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso il complesso degli
obblighi che la scuola assume all’atto dell’iscrizione».
Pertanto la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda non potesse
essere esaminata sotto il profilo contrattuale, «venendo altrimenti
meno il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato».
La pronuncia della Cassazione
I giudici supremi, invece, accogliendo il ricorso dei genitori della
bambina, hanno affermato che «se la parte che agisce in via
risarcitoria deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono
indifferentemente comportare responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, il suo esclusivo riferimento alle norme sulla
responsabilità extracontrattuale non impedisce al giudice di
qualificare diversamente la domanda, a condizione che i fatti
coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo
elementi di differenziazione della disciplina delle due forme di
responsabilità sui quali non si sia formato il contraddittorio». Un
principio, questo, che la Corte d’appello di Napoli non ha tenuto in
considerazione.
«Trattandosi di un caso di lesioni cagionate dall’allievo a se stesso –
si legge ancora nella sentenza – era pacifica la natura contrattuale
della responsabilità del Ministero (v sentenza n. 2413 del 2014). Ma
era errata la deduzione fatta dalla Corte di merito, pensando che la
richiesta di risarcimento era vincolata ad una responsabilità
extracontrattuale. Per i giudici, invece, non solo questo vincolo non
esisteva, ma la decisione nel merito della domanda sotto il profilo
contrattuale non avrebbe comportato alcuna violazione del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato».
La Cassazione ha quindi rinviato il caso alla Corte d’appello di Napoli
che ora dovrà decidere nel merito della questione, attenendosi però al
principio di diritto enunciato dai giudici supremi.
Francesca
Malandrucco
Il Sole 24 Ore