L'assalto costante
alla natura del sapere scolastico e alle sue
tradizioni, la sottovalutazione non sempre motivata dei suoi risultati
e delle procedure di lavoro che ad essi conducono sono
riusciti nell'intento di trasformare i curricoli delle scuole
europee, sottomettendoli ad una particolare e limitata
concezione delle competenze. Le competenze sono diventate la
fonte della legittimazione del lavoro scolastico e la loro
ascesa irresistibile nel mondo della scuola (M. Romainville)non
incontra
più ostacoli; intimidisce chi tenta di opporvisi. Niente succede a
caso. La nozione di competenza ha fatto irruzione nel mondo della
scuola per la sua difficoltà e i suoi impacci a rispondere
alle richieste della società e di quelle soprattutto del sistema
economico. Ci ricorda, però, autorevolmente Le Boterf che non esiste un
solo approccio per competenze. E noi dovremmo chiederci di un concetto
così diffuso non solo quali siano le ragioni del suo successo, ma anche
e soprattutto quali cambiamenti pedagogici rivela e pretende.
Ma che cosa sono le competenze?
Di definizioni delle competenze si possono fare consistenti dossier
senza arrivare a quella che dirime le controversie e accredita la
possibilità di poterci costruire serenamente e con sicurezza un
curriculum di formazione. Qualcuno si è chiesto se sia solo una nozione
mediatica o un concetto-slogan dalla semantica debole e qualche altro
come M. Crahay ha perentoriamente affermato che "il concetto di
competenza è un'illusione semplificatrice che non è sostenuta da una
teoria scentificamente fondata. E' una caverna d'Alì Babà concettuale
in
cui è possibile incontrare giustapposte tutte le correnti teoriche di
psicologia, anche se sono nei fatti contrapposte"(In "Café Pedagogique"
dell'1/6/2009). Per Ph. Perrenoud la competenza è un costrutto
sociale e in quanto tale è un concetto necessariamente provvisorio, il
cui valore è il valore d'uso. Lo si misura dalla sua fecondità, non
dalla sua verità assoluta. Opinione questa condivisa da G. Di
Francesco. A
suo parere ci sono processi che stanno costruendo il valore d'uso del
concetto di competenza e ne verificano in questo modo la possibilità di
essere funzionale come modello di riferimento. La costitutiva
polivalenza del concetto di competenza non impedirebbe che si formino
comunità di pratiche che lo utilizzano con efficacia rispetto
alle diverse finalità. Si tratterebbe di una soluzione pragmatica che
consiste nell'accettare la provvisorietà e ambivalenza teorica e nel
distinguere tre definibilità teorica ed utilizzabilità pratica del
concetto di competenza. (cfr "Il laboratorio della riforma-Annali P. I.
1999). S. Monchatre con esemplare semplicità: "La nozione di competenza
rende dei servizi, se si mettono in secondo piano i suoi limiti
teorici". "Gli usi che sono stati fatti della nozione di
competenza non aiutano alla sua definizione e la difficoltà di
definirla cresce col bisogno di utilizzarla"(J. Dolz-E. Ollagnier).
E' proprio questo il problema:un concetto polisemico e non ancora
stabilizzato come può diventare un principio sicuro ed
affidabile di regolazione e di organizzazione dei
curricoli?Perchè proporre curricoli per competenze se le difficoltà
d'uso del concetto sono non solo di ordine epistemologico e teorico, ma
anche pratico?
Per Jonnaert -Barrette-Masciotra-Yaya la competenza "è la messa
in opera di una persona in situazione, in un contesto determinato, di
un insieme diversificato ma coordinato di risorse. Questa messa in
opera
riposa sulla scelta, sulla mobilitazione e sull'organizzazione di
queste risorse e sulle azioni pertinenti che esse permettono per un
trattamento riuscito di questa situazione"(2006-Ginevra IBE-UNESCO).
Non
è per nulla facile redigere un curriculum di studi sulla
base di questa idea di competenza, innanzi tutto perchè nemmeno si
parla
del ruolo e della funzione delle conoscenze e poi perchè con
tutta la buona volontà di questo mondo e con buona pace di
tutti la scuola non è il luogo delle situazioni concrete
dove si esercita e si rivela una competenza, ma quello dove si
apprendono saperi che sono alcune delle sue risorse e dove con propri
mezzi si cerca di capire (stage/simulazioni/attività
laboratoriali)l'effetto che fanno. "Una persona o un collettivo di
persone non possono essere dichiarati competenti, se non dopo avere
trattato con successo la situazione con la quale si sono
confrontati, non prima"(Jonnaert).
LE COMPETENZE E LE CONOSCENZE
Che il sapere, di cui istituzionalmente tutte le scuole del mondo
dovrebbero ancora essere luoghi di trasmissione e di
rielaborazione, finisca per contare poco in orientamenti di questo
genere si può desumere anche da ciò che viene detto in altri parti del
documento(Un documento con l'imprimatur dell'Unesco.. ). "L'agire
competente in situazione si appoggia su una pluralità di risorse
e non soltanto su dei saperi disciplinari" e altrove "Il riferimento
unico e costante ai programmi disciplinari tradizionali della scuola è
un vero ostacolo epistemologico in senso bachelardiano per lo sviluppo
situato delle competenze". Come dire, meno se ne parla e meglio è. E'
una
posizione estremistica dell'approccio per competenze, ma che non è
estranea alla sua logica e che apre all'idea sciagurata di opporre
conoscenza e competenza.. Anche con definizioni più equilibrate e
quindi spendibili, però, il campo non si chiarisce completamente e non
si dimostra a sufficienza che le competenze, come dice Perrenoud, non
voltano le spalle ai saperi.
Se ne riportano due molto persuasive. A)"Una competenza è la comprovata
capacità di UTILIZZARE conoscenze, abilità e capacità personali
, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello
sviluppo professionale personale. Nel contesto del Quadro Europeo delle
Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e
autonomia"(Allegato 1 alla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 23-4-2008). B)"La competenza è la capacità di METTERE IN
MOTO e di COORDINARE le risorse interne
possedute(conoscenze, abilità, disposizioni interne stabili) e quelle
esterne disponibili per affrontare positivamente una tipologia di
compiti o di situazioni sfidanti"(M. Pellerey-2008).
Queste due definizioni, molto autorevoli, ci dicono che le competenze
non sono esse stesse dei saperi, dei saper fare o delle attitudini, ma
che MOBILITANO, INTEGRANO, COORDINANO tali risorse; ci dicono anche che
utilizzazione e mobilitazione sono pertinenti solo in
situazione. Se le competenze funzionano così è evidente che si pongono
due seri e grandi problemi:il primo è quello dei contenuti e il secondo
è quello delle metodologie. Non tutti i contenuti( o tutte le
discipline
o tutti i saperi)si piegano ad alcune particolari logiche di
utilizzazione, anche se universalmente sono parte imprescindibile
dei curricoli, e le metodologie devono innestarsi
sulle "situazioni" o riproporne la condizione per essere
idonee ad esercitare gli alunni alla
mobilitazione, all'integrazione, al coordinamento delle risorse interne
possedute e a quelle esterne disponibili.
DAL MONDO DEL LAVORO ALLA SCUOLA
La competenza entra con veemente imperiosità nel mondo della scuola
, perchè è diventata la parola d'ordine degli accadimenti e delle
relazioni sociali dei nostri giorni, ma ha cambiato molto
dell'antico significato che aveva nelle attività formative. Il suo
nuovo
senso della nozione di commpetenza nasce nelle profonde trasformazioni
del mondo del lavoro, dove è diventata strumento di analisi della
professionalità, modalità di classificazione dei lavori, categoria
giuridica per la definizione dei rapporti di lavoro, modello di
riferimento per la formazione, assumendo un significato
socio-professionale, contrattuale, formativo(D. Nicoli). Il possesso di
competenze pregiate, direbbe la Di Francesco, che il sistema di
istruzione si dovrebbe preoccupare di formare, viene ritenuto la
condizione per affrontare le molteplici sfide della complessità della
nostra società.
E' indubitabile il rapporto tra l'emergenza del concetto di
competenza e le esigenze attuali del mondo economico-aziendale. La
nozione di competenza, infatti, esalta la disposizione
all'adattabilità, alla mobilità e al senso dell'iniziativa, qualità
umane non solo richieste, ma quasi prescritte oggi dal mercato del
lavoro. Non c'è, però, da sciogliere inni e canti di gioia. Nel mondo
del
lavoro il ricorso alle competenze fa parte di un'offensiva contro i
diplomi e le qualifiche, per indebolirli più che per sostituirli per
inefficacia(M. Stroobants). "La logica delle competenze è innanzitutto
una tecnica manageriale di gestione che mira a sostituire con nuove
regole le antiche. Una logica di risultato che sostituisce la logica
del
posto; il riconoscimento del merito individuale che sostituisce la
progressione sistematica per anzianità; la retribuzione delle
competenze
che sostituisce la remunerazione del livello"(A. Dietrich). Nei posti
di
lavoro la gestione delle competenze è una tecnica al servizio di
obiettivi di razionalizzazione. "Il concetto di competenza permette di
fare dell'uomo un oggetto di gestione. Se Taylor scomponeva il lavoro
in gesti elementari per impiantare la misura dei tempi e dei movimenti
e ottimizzare il rendimento, la nozione di competenza identifica e
scompone le capacità e le attitudini di un individuo per mobilizzarle e
ottimizzarle in un contesto dove la reattività organizzativa diventa
essenziale. Ciascuna di queste capacità può essere misurata, sviluppata
con l'apprendimento, accresciuta con la formazione, trasferita con la
mobilità o il tutorato" (D. Cazal-A. Dietrich). L'azienda con le
competenze si appropria della dimensione personale interna e soggettiva
del lavoratore. Il giudizio di competenza, funzionale alla carriera
interna e alla progressione economica, rischia di essere a differenza
di quello inerente alla qualifica un giudizio su una persona in quanto
persona e non in quanto lavoratore. C'è di più. Mobilità, flessibilità
e
competenze, tratti strutturali dell'attuale organizzazione del lavoro,
cambiano le relazioni sociali e rendono transitori e fragili i legami
tra i lavoratori. La gestione delle risorse umane attraverso le
competenze può facilmente diventare funzionale alla strategia di
disfare ogni forma di solidarietà di categoria nel posto di lavoro. Le
competenze possono essere utilizzate, inoltre, per sottrarre potere
contrattuale al lavoratore, il cui patrimonio cognitivo-professionale
potrà essere riconosciuto e valorizzato non in sede di contrattazione
, ma in quello del giudizio non sempre sindacabile della
controparte. E qualcosa del genere sta entrando addirittura nel mondo
della scuola..
LA SFIDA DELLE COMPETENZE
Se nella sociologia del lavoro si incominciano a intravedere i rischi
della gestione delle competenze, nel mondo della scuola si continuano,
a
prescindere, a celebrarne le magnifiche sorti progressive. E questo non
è un fatto positivo. La mancanza di senso critico può condurre ad esiti
negativi nel processo di formazione. Se è corretto contrastare il
rifiuto pregiudiziale dell'approccio per competenze, è anche necessario
guardarsi bene dall'assunzione dogmatica delle indicazioni
istituzionali e dalle suggestioni economicistiche del
modello aziendale-economico.
Il sistema di istruzione svolge la sua funzione, se è in grado di
progettare curricoli che formano le competenze richieste, in una data
fase storica, dalla società nel suo insieme. La formazione dovrebbe
garantire alle nuove generazioni gli strumenti che consentono
l'adattamento al proprio ambiente, al proprio tempo, al proprio mondo
del lavoro. La scuola è servizio alla società; è servizio alla
persona:due compiti che devono armonizzarsi senza il bisogno di
doverne sacrificare uno dei due. "L'istruzione e la formazione hanno
sempre come funzione essenziale l'integrazione sociale e lo sviluppo
personale mediante la condivisione di valori comuni, la trasmissione di
un patrimonio culturale e l'apprendimento dell'autonomia. Ma oggi
questa
funzione essenziale è minacciata, se non è accompagnata dall'apertura
di una prospettiva in materia di occupazione"(Libro Bianco '95).
Per dare a scuola un orientamento corretto all'approccio per competenze
bisogna tenere sempre presente che "La competenza è una nozione di
frontiera tra economia ed educazione"(S. Monchatre)e che a scuola il
lato proprio della competenza è quello dell'educazione, anche se
questo non autorizza nessuno a chiuderla in un anacronistico isolamento
autoreferenziale. L'aspetto più significativo dell'approccio per
competenze è la forte sollecitazione a scoprire il senso dei saperi, a
renderli in prospettiva utili e significativi per lo sviluppo personale
e quello della società. L'approccio per competenze esige il
protagonismo
della persona in contesti di esperienza variabili per impegno cognitivo
e relazionale. "La nozione di competenza si inscrive nel quadro di una
pedagogia decisamente centrata sull'allievo"(B. Rey).
Il rischio più grave che bisogna evitare è quello di
circoscrivere le ambizioni del sistema di istruzione e formazione
, appiattendolo e costringendolo in una prospettiva utilitaristica di
saperi immediatamente spendibili. Se l'aria dei tempi esalta l'uomo
d'azione efficace, che sa risolvere i problemi che gli si presentano,
la
scuola per responsabilità educativa nei confronti delle nuove
generazioni non può inchinarsi agli idoli del momento e deve
lavorare per le altre dimensioni della persona umana, per il suo
integrale sviluppo, in modo da renderla capace di comprendere il
mondo, la società, l'altro e se stesso e di esercitare i diritti e i
doveri di cittadinanza attiva. La cultura è plurale e nessuna
componente
(scientifica, umanistica, professionale etc) può essere trascurata. E'
la
cultura nel suo insieme che ci fornisce gli strumenti per organizzare e
per capire il nostro mondo in forme comunnicabili. (J. Bruner).
Nell'approccio per competenze è insita una logica di adattamento che
può mortificare o cancellare la funzione emancipatrice della conoscenza
e rendere residuale il mondo dei valori; una logica che finisce, se
viene acriticamente sposata, per esaltare l'addestramento a
svantaggio della trasmissione dei saperi e della cultura.
"Per sviluppare competenze occorre lavorare perchè l'alunno possegga in
modo significativo, stabile e fruibile concetti e quadri concettuali,
saperi e conoscenze desunti dalle discipline e raggiunga
adeguate abilità intellettuali e pratiche sapendo come, quando e perchè
utilizzarle"(M. Pellerey). Le competenze non si insegnano
direttamente:si
creano le condizioni del loro sviluppo grazie a situazioni
d'apprendimento, a dispositivi di esercitazioni e di riflessione sulle
esperienze fatte. L'approccio per competenze richiede l'ancoraggio
all'esperienza, alle pratiche sociali, alla realtà. Formare competenze
significa richiedere prestazioni complesse e sfidanti basate sulla
produzione di soluzioni a problemi tratti dal mondo reale. Per
garantire, però, un percorso strutturato e sequenziale di formazione i
problemi, i
casi concreti, i contesti lavorativi devono essere sistemati in una
successione razionale ed organica, altrimenti rischia di saltare il
curriculum, frantumato in una collazione casuale di iniziative. di
progetti, di attività.
Fare agire gli alunni nelle situazioni di apprendimento per "costruire"
le conoscenze comporta un lavoro di innovazione serio e
rigoroso. Bisogna saperlo che il cantiere per raggiungere questo
obiettivo è aperto da molto tempo, ma che i risultati nella pratica
quotidiana sono ancora modesti o limitati (E. Vellas).
L'approccio per competenze pone nuovi problemi e suscita perplessità in
alcuni settori del mondo degli insegnanti, perchè confligge con le
tradizioni più accreditate e seguite del sistema scolastico e con le
consuetudini professionali. Richiede, infatti, un cambiamento
significativo nelle procedure didattiche e nel modo di pensare e agire
nei processi formativi. La preparazione delle attività, il processo
formativo e il coordinamento didattico in un curriculum per
competenze esigono tempo di lavoro molto più ampio di
quello attualmente contrattualizzato e soprattutto insegnanti
stabili, provetti, con notevoli capacità progettuali. L'approccio per
competenze mette in crisi l'individualismo magistrale, ma non può
svilupparsi in un contesto di precarietà e di sudditanza professionale.
prof. Raimondo Giunta