Della scuola si
parla per dire come dovrebbe essere e quello che
dovrebbe fare, dimenticando a volte di dire come veramente
è e che cosa ragionevolmente si può realizzare, considerate
tutte le sue vere condizioni. Forse è la natura stessa della
scuola a favorire questo modo di impostare i discorsi, a spingersi
costantemente, ingenuamente o maldestramente nel futuro e a
sottovalutare il peso della realtà . La scuola per statuto non può che
lanciare lo sguardo oltre l'ostacolo, lavora in funzione di chi
deve pensare al proprio avvenire ed è naturalmente proiettato verso il
domani. La scuola ha coltivato sempre l'ambizione di potere dire
che cosa possa e debba essere; purtroppo oggi, più di ieri, la scuola
non sarà come essa vorrebbe essere, ma come la vogliono gli
altri, come la vuole la sua amministrazione. Sono evidenti le
intenzioni di farne un'istituzione che replichi le scelte e i
comportamenti del mondo economico - aziendale, elevato con animo
subalterno a modello da imitare; è palese la volontà di piegarla alle
esigenze di una società che pratica largamente la competizione, la
discriminazione e la selezione sociale, la gerarchizzazione dei
rapporti umani e sociali e che irride ogni forma di sapere che non
abbia i crismi dell'immediata utilità.
Nell'organizzazione che si è voluto dare alla scuola l'accoglienza, il
successo formativo, le pari opportunità, la partecipazione, il dialogo
professionale, di cui si sono nutrite per decenni le pratiche formative
per l'impegno di tanta parte degli insegnanti, col tempo faranno parte
delle retoriche da recitare, ma non avranno più incidenza nella
quotidianità delle attività scolastiche. Saranno confinate nel mondo
delle illusioni e dei pii desideri, di cui devono pascersi le rimanenti
belle anime degli insegnanti.
L'organizzazione, si sa, modella le coscienze più di molte prediche
pedagogiche.
Oltre la sacralizzazione dell'organizzazione, il tema della
rendicontabilità e la cultura del risultato sicuro e immediato sono
stati i prestiti del mondo economico che con fatuo e
indiscriminato zelo si è cercato e si cerca ostinatamente di impiantare
nel mondo della scuola, stravolgendo il significato che possono
avere questi stessi processi nella formazione, dove di sicuro e di
immediato c'è molto poco e nel rendere conto non si possono' trascurare
le caratteristiche culturali e valoriali del contesto, i tratti
costitutivi del sistema scolastico, la carenza delle risorse
disponibili, le condizioni economico-sociali delle famiglie. Peraltro
non
si dà conto solo agli organi superiori, ma nei nostri giorni ad ogni
gruppo di pressione che pretende qualcosa della scuola, non
conoscendone
spesso le modalità operative e le responsabilità istituzionali.
Sta venendo fuori una scuola impaziente e frettolosa, stiracchiata da
ogni parte, quasi costretta a trascurare la dimensione educativa, che
ha
bisogno di tempi lunghi di elaborazione e di riflessione. Nè può essere
taciuto che senza adeguata vigilanza, la cultura del risultato,
costantemente professata e inoculata da parte dell'amministrazione,
conduce alla costituzione di un modello di istruzione, estraneo
ai bisogni reali di formazione degli alunni, che sono contestuali al
luogo, al genere, alla condizione sociale, alle tradizioni.
La scuola è servizio alla persona e istituzione della società e
queste funzioni si esprimono principalmente nella salvaguardia e nella
trasmissione delle conoscenze, dei valori, della storia, della cultura,
delle tradizioni accumulate nel passato. Nella trasmissione di
questo patrimonio la scuola aiuta a definire nella coscienza dei
giovani la continuità e l'identità della comunità
d'appartenenza, diventa ancoraggio per la salvaguardia della
civiltà. Trasmettere è associare una persona ad un percorso, ad una
storia; è indicare la lunha vicenda della nostra libertà
intellettuale; è fare partecipare all'avventura delle scoperte che ci
hanno fatto crescere ed hanno allargato il nostro orizzonte. La
funzione
cruciale di ogni sistema di istruzione è proprio questa ed è
irresponsabile alleggerirla per rendere la scuola ancilla docile delle
ingiunzioni del sistema economico.
Negli ultimi tempi si è proceduto a innovazioni curriculari senza
adeguato e approfondito dibattito pubblico e non credo che
si sia tenuto nel dovuto conto che le scelte effettuate su ciò
che si insegna nelle scuole non sono prive di importanza e di
significato. A seconda di ciò che si insegna o non si insegna gli
studenti acquisiscono diversi valori, diverse competenze sociali o
economiche, diverse visioni del mondo.
La scuola ha sempre avuto dei problemi, ma gli ultimi
provvedimenti l'hanno fatto diventare un problema. Si sta perdendo il
senso del destino della scuola, della sua funzione conoscitiva e della
sua funzione politica ed educativa. La scuola dovrebbe essere il
luogo della riflessione e dei tempi lunghi e invece si
cerca di praticare la soddisfazione immediata delle diverse
pulsioni pubbliche che si scaricanio dentro di essa. La scuola dovrebbe
essere il luogo dell'appropriazione della conoscenza e dell'esercizio a
saperla trasferire e invece si esercitano gli alunni alla ripetizione
mimetica e alla risposta immediata ai tests da pubblicità o da
propaganda. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui si professa e si
pratica la ricchezza della lingua scritta e strutturata e invece si
riducono di numero le prove scritte di ogni genere e i tempi necessari
per elaborarle come si deve. La scuola dovrebbe essere il luogo della
costruzione del senso di comunità e invece con premi e cotillons si
mettono gli uni contro gli altri sia gli insegnanti, sia gli alunni. Si
dice società della conoscenza e si fa, invece, la scuola dove si è
perduto di vista la funzione autentica della conoscenza, il senso dei
saperi e della cultura.
prof. Raimondo Giunta