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Costume e società: I Magi e l’Epifania del Signore

Redazione
Siamo ancora nel Presepe. Gesù è nato. I pastori, avvertiti dall'Angelo, sono giunti nella Notte Santa per adorare Colui che spaccò la storia umana e portò la Salvezza. I primi a sapere della nascita del Salvatore furono alcuni pastori del popolo eletto, avvisati da un angelo del Signore e poi il Salvatore si manifestò ai pagani.

«Da pochissimi giorni abbiamo celebrato il Natale del Signore», spiega sant'Agostino, «in questo giorno celebriamo con non minore solennità la sua manifestazione, con la quale cominciò a farsi conoscere dai pagani. In quel giorno i pastori giudei lo videro appena nato, oggi i magi venuti dall'Oriente lo hanno adorato. Era nato infatti colui che è la pietra angolare, la pace fra le due pareti, provenienti dalla circoncisione e dalla incirconcisione, provenienti da opposte direzioni; perché si unissero in lui che è diventato la nostra pace e che ha fatto dei due un popolo solo. Tutto è stato prefigurato per i Giudei nei pastori, per i pagani nei magi. Di lì ha avuto origine quel che doveva portare frutti e crescere per tutto il mondo» (Discorso 201, Epifania del Signore).

Che cosa videro i pastori prima e i Magi d'Oriente dopo? Non videro soltanto Gesù, ma una famiglia. Dio scelse una famiglia composta da madre e padre per entrare nel mondo, e scelse una famiglia composta da madre e padre per manifestarsi al mondo. Pastori e Magi dovettero chiedere il permesso a San Giuseppe e a Maria Santissima per vedere il Salvatore e il Re dei Giudei. Dio scelse la famiglia per nascere e per crescere e così facendo nobilitò divinamente la famiglia, la famiglia secondo il Cuore di Dio, intesa come unione stabile fra un marito ed una moglie, primo ed unico modello invariabile di famiglia cristiana. Tutti gli altri surrogati di coniugio non appartengono alla volontà di Dio e sono contro la stessa ragione umana.

La famiglia cristiana è, invece, quel luogo dove, essendoci Cristo al centro, ogni fatica ed ogni prova viene superata con serenità perché: «(...) io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 28-30). I pastori Giudei sono stati condotti all'Emmanuele grazie all'annuncio di un angelo, i Magi pagani grazie all'apparizione di una stella cometa.
Di fronte a pastori e Magi un incanto mistico e terreno insieme, il Regno di Dio armonicamente innestato nel mondo: una Santa famiglia, un angelo dal Cielo, affiancato da una moltitudine dell'esercito celeste ed una stella nel Cielo per l'entrata nella Storia del Verbo. «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà», così lodò l'Onnipotente il coro angelico. Quella buona volontà così rara da trovare, soprattutto in questi sbalestrati tempi, in cui si pensa di essere e di agire senza aver bisogno del Creatore. Che cosa sono scienza e tecnologia senza la coscienza di essere figli di Dio?

«Questa stella - spiega ancora sant'Agostino - ha scompigliato i computi privi di fondamento degli astrologi e i loro presagi, mentre ha fatto intendere agli adoratori degli astri (adoratori della scienza diremmo oggi, ndr) che bisogna piuttosto adorare il creatore del cielo e della terra. Nella sua nascita fece apparire una stella nuova colui che nella sua morte oscurò l'antico sole. In quella luce ha avuto inizio la fede dei pagani (...). Che cosa era se non splendida lingua del cielo per narrare la gloria di Dio, per gridare a tutti con insolito bagliore l'insolito parto di una vergine? Della sua mancata apparizione successiva ha preso il posto il Vangelo nel mondo intero. Che cosa dissero i magi giungendo a Gerusalemme? Dove è nato il Re dei Giudei? Che cosa significa questa domanda? Non erano nati precedentemente tanti re dei Giudei? Perché desideravano così ardentemente conoscere e adorare il re di un popolo straniero? Abbiamo visto infatti - aggiunsero - la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo. L'avrebbero ricercato con tanta passione, l'avrebbero desiderato con tanto pio affetto se non avessero riconosciuto nel re dei Giudei anche il re dei secoli?» (ibidem).

I Magi rappresentano la primizia del nostro Credo. Così esprime la grandezza della manifestazione dell'Unto di Dio papa Leone Magno: «E come essi dai loro forzieri presentarono al Signore i mistici doni, così dai nostri cuori presentiamo ciò che è degno di Dio. Quantunque egli infatti sia l'elargitore di tutti i beni, cerca tuttavia anche il frutto della nostra buona volontà: il regno dei cieli non è infatti per chi dorme, ma per chi fatica e veglia nella legge del Signore» e la legge del Signore si identifica con il vero bene di ciascuno. «Così, se non renderemo inutili i suoi doni, meriteremo, per ciò che ci ha dato, di ottenere ciò che ci ha promesso. Onde esortiamo la vostra carità che vi asteniate da ogni opera cattiva e vi dedichiate alla giustizia ed alla castità. I figli della luce devono infatti rigettare le opere delle tenebre (cf Rm 13, 12). Perciò fuggite l'odio, rigettate la menzogna, distruggete la superbia con l'umiltà, rifiutate l'avarizia, amate la generosità: è ben giusto che le membra si addicano al loro capo. In tal modo saremo degni di partecipare alla beatitudine promessaci» (Sermoni, 32, 4).

Quando la Chiesa presenta in questi termini l'Epifania del Signore allora possiamo essere tranquilli di professare la Fede in Cristo. Dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha temporaneamente scelto di farsi più umana e ogni anno che passa è sempre più umana; accantonando e spesso disprezzando la dimensione soprannaturale siamo costretti a sentirci dire:
«Le genti divengono discepole quando cercano con sincerità, si aprono con audacia e si mettono in cammino senza indugio. Quanti uomini e quante donne, dall'oriente e dall'occidente, dal nord e dal sud, come questi magi cercano il bene, si sentono viandanti, in cammino, si esercitano a riconoscere la salvezza come umanizzazione e lavorano perché l'umano sia sempre più umano. (...) L'Epifania è manifestazione della vera regalità a tutti, cristiani e non cristiani» (Enzo Bianchi, L'Epifania, manifestazione dell'anti-regalità di Gesù, «Sul loro esempio [dei Magi, ndr], noi cristiani siamo disposti a cercare con umiltà quella verità che sempre ci precede e che alla fine della storia ci accoglierà, insieme a tutti gli uomini, nel Regno?»

Finché non si tornerà a riconoscere che la regalità universale appartiene soltanto a Cristo e non all'uomo - uomo che si può salvare soltanto in virtù di Cristo - la Chiesa continuerà a perdere la fiducia dei credenti: l'emorragia è già iniziata e nessun Giubileo della Misericordia potrà porvi rimedio. I Magi andarono ad adorare il Re dei Giudei, il Figlio di Dio, incarnato e morto per riscattare ogni anima dalla schiavitù luciferina del peccato, e gli donarono l'incenso, che veniva usato nel tempio, per omaggiare il Sacerdozio di Gesù; l'oro, riconoscendo la sua regalità; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, indicando così l'espiazione dei peccati attraverso la morte. Che piaccia o non piaccia, la porta è stretta. Quando un tale chiese a Gesù «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», il Salvatore rispose con eloquenza: «Sforzatevi (letteralmente dal greco «agonizzate», ndr) di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno» (Lc 13, 23-34).
Non basta essere uomini per ottenere la salvezza.

Cristina Siccardi








Postato il Mercoledì, 06 gennaio 2016 ore 16:00:00 CET di Giuseppe Adernò
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