La
legge 107 che accompagna il progetto de “La Buona scuola”è stata
approvata e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, entrando in
vigore il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo che ricorda
l’apparizione del 16 luglio 1251 al carmelitano san Simone Stock,
durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare in tessuto,
rivelandogli notevoli privilegi connessi al suo culto.
Un nuovo “scapolare” viene oggi consegnato alla scuola italiana e che
sia di fortuna e di protezione per una legge da tanti osteggiata e
criticata.
Intervistando suor Anna Monia Alfieri, presidente regionale della Fidae
Lombardia (associazione che riunisce la quasi totalità degli istituti
cattolici italiani), emerge la differenza e l’originalità
nell’accogliere la nuova legge della scuola italiana.
D) Suor Anna Monia la sua voce si distanzia dal coro di proteste e di
rifiuto della “buona scuola” considerandola un buon punto di partenza
per la riorganizzazione del sistema scolastico italiano?
R) In questi ultimi mesi, a
partire dallo scorso settembre quando è partita la consultazione sulla
“Buona scuola”, abbiamo assistito ad un alternarsi di proteste e
contrapposizioni esasperate tra le forze politiche e le forze sociali,
tra i sindacati e il Governo, che, a qualunque colore politico
appartenga, tenta ogni volta di rinnovare l’organizzazione del
sistema-scuola.
Adesso che la legge è approvata spetta a noi la responsabilità di
contribuire in modo propositivo e intelligente alla redazione dei
decreti e delle circolari applicative della legge affinché definiscano
ciò che non è chiaro, senza porre ulteriori vincoli e puntare a
potenziare tutti gli aspetti positivi che la Legge n. 107 ha. E non
sono pochi!
D) Quali sono gli aspetti positivi di questa legge sulla scuola per la
quale lei crede che insieme occorra scendere in campo? Se potesse
proporre un patto con le parti sociali, su quali temi verterebbe?
R) Lancio una sfida: “ottimismo
corresponsabile”. Dire che le cose non vanno bene è per assurdo più
semplice e meno impegnativo che lavorare per un cambiamento. Io vorrei
dire ciò che di positivo questa riforma propone per interrompere anni
di disfattismo; allo stesso tempo vorrei richiamare ciascuno di noi, e
tutte le parti sociali alle proprie responsabilità. Possiamo scegliere
di essere coinvolti in questa riforma in modo costruttivo, oppure di
non esserci, o cosa di gran lunga peggiore, collaborare in modo
disonesto. Quando avviene un cambiamento, le posizioni sono diverse:
c’è chi lo sostiene, c’è chi lo ostacola, si deve scegliere da che
parte stare. Possiamo lavorare potenziando gli aspetti positivi
presenti nella Legge n. 107.
Innanzitutto una maggiore attenzione al percorso formativo dei ragazzi,
con l’introduzione del curriculum dello studente, con la possibilità di
personalizzare il piano di studi tramite le discipline opzionali, e il
potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro, sia a livello finanziario
sia in termini di percorsi; tutto questo identifica una scuola più
flessibile e con maggiore attenzione alle esigenze provenienti dalle
famiglie e dal territorio.
D) A proposito di
docenti: quali gli aspetti positivi nella Legge scuola?
R) La legge prevede l’organico
dell’autonomia, ovvero un certo numero di docenti assegnati alle scuole
per il potenziamento dell’insegnamento curricolare: occasione per
offrire una proposta formativa davvero più rispondente ai bisogni dei
ragazzi.
È previsto inoltre un investimento innovativo sulla responsabilità
professionale dell’insegnante e il sistema degli ambiti territoriali
offre ai dirigenti e alle scuole la possibilità di inserire nel proprio
organico nuovi docenti non in base a rigide e astratte graduatorie, ma
creando l’incontro tra Piano dell’Offerta Formativa progettato per il
triennio e la piena adesione alle problematiche occupazionali in vista
della missione fondante della scuola: l’educazione e la formazione
dello studente.
D) Sr Anna, nelle
scuole statali aumentano i docenti, e nelle scuole paritarie?
R) Ovviamente sono
preoccupazioni che comprendo molto bene. Però è altrettanto importante
dire che non ci sono alternative. Il SNI non può ripartire se non sana
piaga sociale del precariato. Svuotate le GAE, è necessario avere la
forza di domandare ai sindacati di farsi carico di rivendicare “buoni
docenti” per una “buona scuola”.
I docenti che lasciano le scuole paritarie per le scuole statali
operano una scelta libera, ma è pur vero che a parità di titolo i
compensi sono differenti. Dobbiamo arrivare a garantire la libertà di
scelta educativa della famiglia e la libertà d’insegnamento in un
pluralismo educativo reale.
Non dobbiamo combattere per trattenere gli insegnanti, ma per chiedere
che sia garantita la pari dignità con la parità di stipendi a parità di
titolo di studi. Non dobbiamo nemmeno combattere per la difesa della
scuola paritaria, ma per la libertà di educazione e della famiglia, da
cui poi discende la parità.
D) Nella legge 107
ci sono dei benefici economici per le famiglie che scelgono le scuole
paritarie?
R) Tra le novità che alcuni
contestano c’è anche la detraibilità delle spese sostenute dalle
famiglie per la frequenza scolastica anche presso le scuole paritarie.
Anche se il beneficio è minino, irrisorio e quasi simbolico, è da
ritenersi una conquista, quale riconoscimento verso la famiglia che
sceglie la scuola per i figli e tale provvedimento dovrebbe portare
verso il costo standard per allievo, fattore di efficienza e di
sostenibilità nel buco nero della pubblica istruzione. Se i detrattori
della scuola paritaria (cattolica e laica) sono cosi certi della loro
idea raccolgano la sfida che forse questo governo ha lanciato: la
laicità pura non teme mai il confronto e, se non genera autentica
libertà di scelta, smette di chiamarsi laicità e si chiama dittatura.
Si dia alla famiglia la possibilità di scegliere e se nessuna di queste
scuole sarà scelta, bene: chiuderanno la loro attività per mancanza di
allievi e si dedicheranno ad altro. Allora chiuderanno non a causa di
una difficoltà economica, bensì perché la loro offerta formativa non ha
più nulla da dire e da comunicare.
D) Il 20 giugno
scorso un milione di cittadini sono scesi in piazza per dire che
l’insegnamento dell’ideologia gender non deve essere introdotto nella
scuola, statale o libera che sia.
R) Su questo e su altri
contenuti non solo il mondo cattolico, ma tutta la società civile, deve
combattere di più ed essere presente in maniera unitaria, altrimenti
sul fronte politico si resterà deboli. Occorre fare cultura se si vuole
generare consenso. Ora abbiamo due alternative: possiamo usare la
riforma come una leva su cui fare forza per togliere il tappo a una
scuola classista, regionalista e discriminatoria, o come un
chiavistello da mettere su un portone. E’ importante applicare il
principio del consenso informato dei genitori nel caso specifico
dell’insegnamento sulla parità di genere previsto al n.16.
D) Sr Anna Monia,
abbiamo parlato di tanti aspetti e per il futuro?
R) In estrema sintesi i
problemi sono davvero tanti e solo cittadini responsabili possono
pretendere una politica responsabile. E questo percorso l’ha
dimostrato, se ne prenda atto con onestà.
Si chiude una fase di riforme annunciate; ora ad essere chiamata in
causa, più di prima, è la responsabilità dei soggetti - dirigenti,
docenti, famiglie, realtà sociali - di interpretare ed utilizzare in
maniera intelligente le nuove norme nella prospettiva di un cambiamento
di sostanza e non di facciata arroccato sul baluardo della difesa delle
proprie posizioni.
Occorre abbandonare la leva utilizzata da chi ci strumentalizza per
interessi di parte e si contribuisca ad un effettivo miglioramento.
Questa è una domanda di libertà nella convinzione che si tratta di una
battaglia in difesa di un diritto proprio, connaturato ed inalienabile,
già sancito dalla Costituzione.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it