I bambini salveranno
il mondo! Lo salveranno nel futuro dall'ammorbante contaminazione
dell'utilitarismo. Ma di nascosto come solo i bambini sanno fare, già
lo salvano? perché loro, e non le generazioni adulte, sono i tenutari
di una tradizione orale secolare. Nella loro vita quotidiana,
nonostante i violenti lavaggi di cervello che subiscono da televisioni
e pc, ancora accade di riascoltare le vecchie tiritere infantili che
sentivamo e cantavamo da bambini uscire dalla bocca di un cittino, di
un picciotto, di un toso di otto anni in qualunque parte d'Italia. Le
vecchie tiritere, le conte, i girotondi: "Girogirotondo casca il
modo...", "ponte ponente ponteppi", "ambarabà ciccì coccò, tre civette
sul comò" sussistono anche se non gli arrivano in formato elettronico,
anche se la TV le ignora, anche se i giocattoli che gli regaliamo hanno
sì le canzoncine, ma sono quelle inglesi: "Twinkle twinkle little star"
eccetera. Anche le musichette che escono dagli apparati illuminanti
degli alberi di natale hanno musiche made in Usa... ma "Anghingò" e
"piove pioviccica...", "Ninna nanna ninna oh" resistono indisturbate. E'
un miracolo. Ed è un miracolo che resista "oh che bel castello
marcondirondirondello!", che ci ricorda la ballata di Fabrizio de André
intitolata Girotondo, che significativamente fa coincidere la fine del
modo con la follia e la perdita di memoria dei bambini che non riescono
nemmeno più a cantare la loro canzoncina.
Di questo miracolo dobbiamo dire grazie ad una categoria ignorata dai
massmedia: le maestre d'asilo, bistrattate culturalmente perché non
producono cose tangibili (parrebbe!): non insegnano a contare e a
leggere (questo sarà compito delle elementari) e per questo sembrano
inutili agli occhi miopi della cultura utilitarista. Invece forgiano la
personalità, in un mondo in cui i genitori oltretutto sono sempre meno
presenti e la famiglia è sempre più indecifrabile e fragile,
frammentata e rimpastata. E forgiano la personalità facendo ricorso
alla tradizione, che non significa per forza quella filosofica,
storica, ma quella popolare, umana, bella che raccoglie il meglio delle
precedenti. E la tradizione cosa è oggi? I ritornelli, i girotondi che
facevano i nostri nonni.
Spariti i giochi popolari (la campana, o il battimuro per esempio),
sparito il gusto di andare a spasso con la banda dei bambini coetanei
(oggi tutti chiusi in casa e si esce rigorosamente scortati dai
grandi), i bambini un tempo padroni di strade e piazze vengono piazzati
di fronte a pc e videogiochi, di cui possono scegliere mille versioni,
ma non possono permettersi di scegliere di vedere dal vivo un
uccellino, di salire su un vero albero, di rubare una mela all'albero
del vicino (non ci sono più alberi, e i vicini manco li hanno mai
visti). Ma le maestre suppliscono questo disastro culturale, le maestre
d'asilo, quelle che tengono su le materne, che sembrano agli occhi del
mondo e di certi amministratori un babysitteraggio, e invece creano,
costruiscono, ricordano e fanno ricordare. Nota bene: le mamme, anche,
potrebbero essere attive costruttrici di questa memoria... solo che è una
memoria collettiva e nella società in cui i bambini non si incontrano
più, le povere mamme riescono al massimo (a loro onore!) a raccontare
al proprio bambino la favola della buonanotte.
Che strano che nessuno si sia accorto di questo patrimonio: tutti
abbiamo ricordi di tiritere ancora cantate (clandestinamente), e
stupisce che - povera Italia! - non abbiano pensato a farci soldi, ma
questo ha un duplice motivo: il primo è la sudditanza a qualsiasi
cultura straniera, per cui le ninnenanne vanno bene se sono
rigorosamente delle "lullabies", magari per rendere "smart" il nostro
"baby" e fargli "improve his English"? il secondo motivo è che forse
nessuno ci ha pensato per sbadatezza e forse è meglio così: che la
cultura sotterranea underground delle ballate che facevamo con i denti
da latte resti sotterranea, che sia patrimonio geloso che i bambini
custodiscono.
Già, i bambini... forse sanno senza dircelo di fare un lavoro culturale
enorme, custodendo l'ultimo brandello di memoria di un popolo, le
canzoncine, "Quarantaquattro gatti" che cantavamo noi quando c'era mago
Zurlì, che loro non conoscono ma che insistono a cantare (la storia di
un popolo ha ovviamente ben altro spessore, ma che resti vivo "il
valzer del moscerino" significa che ancora qualcosa brilla sotto la
cenere). Sanno di fare un lavoro e si sforzano di farlo? sono dei
banditi della memoria che arditamente tramandano la storia. Poi
arriverà l'adolescenza che magicamente gli imporrà i vestiti firmati,
le canzoni commerciali, lo smalto alle unghie e il gel ai capelli... e
magicamente gli farà cancellare dalla mente questo loro titanico lavoro
che passerà miracolosamente ad altri centomila bambini senza i dentini
incisivi, che si rotolano nei sabbiai degli asili, accanto alle loro
maestre, le menti di questa rivoluzione.
Ilsussidiario.net - Carlo V Bellieni
"Analgesia and Pain" group of the
Italian Society of Neonatology